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LA RISPOSTA DELL'OTTOCENTO ITALIANO

II.6 Il caso Pinocchio: un successo insperato

II.6.1 Un finale forzato

La vicenda del burattino che da essere vegetale si trasforma in animale e dopo un'infinità di peripezie riesce con fatica a ottenere fattezze umane come premio del suo impegno è nota anche al pubblico dei giovanissimi, grazie soprattutto alle riproduzioni cinematografiche degli ultimi tempi.78

Se la natura eclettica dell'opera di Collodi non è facilmente riconducibile a un unico genere letterario, risulta allora di massima importanza riuscire a individuare i filoni letterari cui fa riferimento.

Le pagine di Pinocchio dimostrano un profondo radicamento tematico e linguistico alla Toscana dell'Ottocento. Il primo riscontro è ravvisabile già nel titolo originario, Storia di un

burattino, il cui ultimo termine richiama la tradizione popolare del teatro dei burattini.

Sappiamo che Carlo Lorenzini frequentava spesso quel genere di rappresentazione popolare dal quale, secondo le ricerche di Fernando Tempesti, avrebbe attinto il gusto per la parola viva della tradizione orale, ricca di sfumature e di frasi memorabili che conferiscono a

Pinocchio uno stile inconfondibile e salace in cui la simbologia della parola trova ragion d'essere

«in quei momenti eroici o poveramente profetici».79

Si esemplifica lo humour toscano in alcune battute di comicità: «Guadagna tanto, quanto ci vuole per non avere mai un centesimo in tasca»,80 oppure nelle svariate situazioni ironiche che

vengono a crearsi quando il punto di vista del narratore assume i tratti di ingenuità del 78 Si ricorda che il 21 febbraio 2013 è uscito nelle sale cinematografiche il film d'animazione Pinocchio di Enzo D'Alo caratterizzato da una variazione sul personaggio di Geppetto. Attraverso il ricorso a una serie di flashback, veniamo a conoscere l'infanzia creativa e sognatrice del padre del burattino. Questa suggestione, mettendo sullo stesso piano padre e figlio, attenua i tratti dissoluti del giovane protagonista. Per andare di poco indietro con il tempo, possiamo ricordare il Pinocchio di Roberto Benigni (2002) che però non ottenne il favore della critica, a differenza del pluripremiato sceneggiato televisivo di impianto neorealista del 1972 diretto da Luigi Comencini con l'omonimo titolo del romanzo, Le avventure di Pinocchio.

79 FERNANDO TEMPESTI, Collodi, la scena, il simbolo laico, in C'era una volta un pezzo di legno, cit., p. 49.

80 CARLO COLLODI, Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino, prefazione di Giovanni Jervis, Torino, Einaudi,

protagonista. A questo proposito esemplare è la scena della “cena leggera” consumata dal Gatto e la Volpe (capitolo XIII).

Ma gli studi di Fernando Tempesti diventano determinanti grazie alla scoperta di una profonda analogia tra Pinocchio e Stenterello, maschera del teatro fiorentino con la quale il burattino condivide il naso prominente ma soprattutto il fatto che in esso è rappresentato il popolano di bassa estrazione oppresso da avversità al quale però non manca il gusto della risata.

Il secondo influsso viene dal mondo della fiaba, come è chiaramente esplicitato nell'incipit:

C'era una volta...

-Un re!- diranno subito i miei piccoli lettori.

-No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.81

Non dimentichiamo che Collodi arrivò a Pinocchio dal precedente della traduzione dei

Contes di Perrault dai quali attinse categorie tipologiche e stilistiche. Per fare solo gli esempi più

vistosi, l'invenzione della Fata, della Volpe, del Gatto, oltre alla carrozzina color d'aria di Medoro ripresa direttamente dalla celebre fiaba di Cenerentola. Dal maestro francese, che egli presenta in una versione per buona parte toscanizzata, eredita inoltre la lezione morale in chiusura del racconto, il fascino per l'avventura come il gusto per la semplicità del mondo domestico, oltre che un impianto realistico che non edulcora gli aspetti più truci.

Inoltre Pinocchio rispecchia la questione della fiaba iniziatica che celebra le prove d'accesso del ragazzo alla comunità adulta e ha un impianto trifasico che prevede l'allontanamento e il successivo rientro nella sfera domestica.

E infine il terzo ingrediente, quello che maggiormente si avvicina al nostro discorso: Le

avventure di Pinocchio, titolo definitivo, ci introduce nel mondo del romanzo moderno che vede

come protagonista un'individualità ben delineata, a partire dal nome proprio, e le sue peripezie. La vicenda del burattino presenta una struttura aperta, caratterizzata dalla successione di episodi narrativi tra loro diversi ma accomunati dal senso ultimo, ossia dall'inosservanza dei precetti impartiti. La riluttanza a far tesoro degli insegnamenti ricevuti contraddistingue il burattino disubbidiente che presenta un carattere incostante, da birbante che si ostina a sbagliare e, contemporaneamente, offre allo scrittore la possibilità di infinite variazioni narrative sul tema dell'errore.

Pinocchio discende in linea diretta dalla tradizione picaresca e in particolar modo dal 81 C. COLLODI, Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino, cit., p. 3.

testo castigliano cinquecentesco Vida de Lazarillo de Tormes che abbiamo trattato nel capitolo precedente. I due protagonisti condividono l'itinerario erratico del furfante che cerca di passare a un altro grado della gerarchia sociale; vivono in mezzo alla miseria, alla fame e alla crudeltà ma riescono a redimersi dopo una serie di tentativi: Lazarillo arriva a comprarsi cappa e spadino, simboli di un possibile avanzamento sociale, mentre Pinocchio si inserisce nel mondo del lavoro.

La struttura del romanzo d'appendice inoltre si presta perfettamente a questo meccanismo: Collodi infatti riesce a ritardare di volta in volta lo scioglimento finale della trama, facendo sudare a lungo il suo burattino prima di trasformarlo in un essere umano.

L'assetto del romanzo d'avventura non è però sufficiente per descrivere la natura dell'opera di Collodi dal momento che la dimensione di Pinocchio non si esaurisce nella realtà di chi vive il presente senza imparare dal passato e ignaro del futuro.

Il suo percorso non procede unicamente in orizzontale ma prevede un lieto fine dovuto al raggiungimento della maturità che comporta uno sviluppo in verticale, in un'ottica di ascesa.

La conclusione de Le Avventure introduce la tematica del romanzo di formazione edificante e ribalta d'improvviso la prospettiva: Pinocchio diviene un ragazzo perbene, un giovane borghese che ha imparato la lezione. È vero, questo momento era già più volte stato annunciato nel corso de Le Avventure soprattutto dalla Fatina ma tutti si erano oramai abituati al carattere da briccone di Pinocchio e alle sue promesse tradite tanto che la conversione risultava poco credibile e in un certo senso quasi indesiderata se ci affidiamo alle considerazioni di Sergio Givoni:

È vero, infatti, che l'esito delle avventure di Pinocchio ci fa incontrare un Pinocchio irriconoscibile e insignificante, mentre il nostro affetto va al burattino accasciato e inerte «col capo girato sur una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocchiate e ripiegate a mezzo, da parere un miracolo» (cap. XXXVI). […] Perché la conversione di Pinocchio fallisce sempre e quando riesce è come se fallisse due volte?82

In epoca contemporanea, Pinocchio con gli stivali, di Luigi Malerba, offre una risposta narrativa che si muove in questa direzione. Il romanzo dello scrittore parmense inizia dal penultimo capitolo de Le Avventure e ha come scopo quello di restituire libertà al burattino che passa da una fiaba all'altra per non raggiungere mai il capitolo finale e la trasformazione in bambino che non desidera.

Verso la fine del capitolo trentacinque Pinocchio stava nuotando in mezzo al mare con il

82 SERGIO GIVONI, Figure della tradizione ebraico-cristiana in Pinocchio, in C'era una volta un pezzo di legno, cit.,

babbo Geppetto sulle spalle. Il mare era tranquillo, la luna splendeva, il Pescecane dormiva. E nuotando pensava che non aveva nessuna voglia di entrare nel capitolo seguente, cioè l'ultimo, perché lì sarebbe diventato un ragazzino per bene e a questo Pinocchio, burattino scapestrato, non piaceva né punto né poco.83

Non sorprende dunque scoprire che Collodi nella prima versione, Storia di un burattino, uscita a puntate sul «Giornale per i bambini» tra il 7 luglio e il 27 ottobre 1881, interrompe la narrazione al capitolo quindicesimo, con la morte di Pinocchio impiccato al ramo della Quercia grande.

Furono le insistenze dei suoi giovani lettori e, di conseguenza, del suo editore, a spingere Collodi a riprendere in mano la storia conferendogli un messaggio meno truce e più edificante.

La seconda e definitiva stesura, con il nuovo titolo Le avventure di Pinocchio raggiunse alla fine i trentasei capitoli della versione che fu in seguito anche pubblicata in volume.

Dunque un finale forzato che, oltre alle differenze generali nella composizione,84 ci

permette di parlare di «un romanzo che contiene in sé, non in modo semplicemente materiale, un romanzo più breve come matrice»,85 un Pinocchio uno e bino, per riprendere il fortunato titolo di

Emilio Garroni che vede l'edizione finale come un inscatolamento di due racconti.86

E così, il 16 febbraio 1882, a quattro mesi dall'ultima puntata uscita sul «Giornalino», Pinocchio riprese vita come ci testimoniano le parole dell'autore stesso:

Tutti quei bambini piccoli e grandi (dico così perché dei bambini in questo mondo ce ne sono di tutte le stature), ripeto, dunque, tutti quei bambini piccoli e grandi che volessero per caso leggere Le avventure di Pinocchio faranno bene a ridare un'occhiata all'ultimo capitolo della

Storia di un burattino: capitolo uscito nel numero 17 di questo stesso giornale, il 27 ottobre

1881. Lettore avvisato, mezzo salvato.87

83 LUIGI MALERBA, Pinocchio con gli stivali, Roma, Cooperativa Scrittori, 1977, p. 1.

84 Seguendo le considerazioni di MARCO D'ANGELO, Lettore avvisato, Burattino salvato, in Le avventure di

Pinocchio. Tra un linguaggio e l'altro, a cura di Isabella Pezzini e Paolo Fabbri, Roma, Meltemi, 2002, si

individuano delle differenze tra i primi quindici capitoli e quelli successivi nella gestione del tempo e dello spazio. La prima parte infatti è caratterizzata da capitoli brevi e compatti nei quali la vicenda si dipana in tre o quattro giorni e ha luogo in un unico paese. I capitoli successivi sono divisi in spazi aperti e chiusi, presentano una certa lunghezza e ricoprono un arco temporale di qualche mese nel corso del quale l'eroe raggiunge mete dai nomi fantasiosi.

85 ISABELLA PEZZINI, Tra un Pinocchio e l'altro, in Le avventure di Pinocchio. Tra un linguaggio e l'altro, cit., p. 9.

86 EMILIO GARRONI, Pinocchio uno e bino, Bari-Roma, Laterza, 2010.

87 L'annuncio fu pubblicato come preludio alla puntata iniziale de Le avventure di Pinocchio, cinque mesi dopo la fine della Storia di un burattino. Questo dato viene precisato nell'edizione critica al testo curata da ORNELLA