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Come emerso dall’intervento del sindaco Michele Conti – a chiusura del paragrafo precedente – uno dei problemi turistici della città di Pisa risiede proprio nella difficoltà di decentrare i flussi. Basta dare un’occhiata veloce su internet, banalmente accedendo ai classici siti web dal titolo “le 10 cose da fare a Pisa” per rendersi conto che le attività proposte si concentrano, ad oggi, in specifiche zone della città, a discapito di altri percorsi altrettanto interessanti che condurrebbero il turista alla scoperta di zone della città con un interesse artistico e culturale di grande valore, ma ampiamente sottovalutato.

79https://www.pisatoday.it/cronaca/museo-navi-antiche-pisa-numeri-ognissanti.html (25/10/20). 80https://www.lanazione.it/cronaca/beatrice-olanda-museo-navi-antiche-1.4869162 (25/10/20). 81https://www.gonews.it/2020/02/25/museo-delle-navi-antiche-di-pisa-21mila-visitatori-in-6-mesi/

Selezionando su TripAdvisor82 la città di Pisa e la sezione “attività” possiamo

notare come le Navi Antiche sia solo al 66esimo posto. Nonostante la posizione così bassa la valutazione dell’attività è comunque eccellente: cinque su cinque con quarantasei recensioni.

Tenendo conto della sua recente apertura, questi dati fanno ben sperare che il nuovo centro di attrazione culturale riuscirà, negli anni a venire, a creare un flusso turistico, parallelo al principale, ma non per questo di minore interesse.

Ad oggi però, se andiamo ad analizzare il principale flusso turistico della città, a partire per esempio dalle mappe scaricabili di Sygic - una delle maggiori compagnie che fornisce software di navigazione per Iphone e Android - possiamo notare come, nonostante il Museo delle Navi sia presente sulla mappa, questo non sia ancora segnalato come centro di attrazione83. Nella categoria “10 cose

da vedere” del sito della sopracitata compagnia ritroviamo invece addirittura l’aeroporto Galileo Galilei84.

Figura 24 - Mappa di Pisa scaricabile sul sito Sygic

L’analisi della Mappa Sygic di Pisa e delle attività proposte su applicazioni come TripAdvisor, la mia esperienza personale come front office presso la reception 82Azienda statunitense di rilevanza mondiale e dal fatturato di 1.56 miliardi di dollari solo nel 2019,

si occupa principalmente di raccogliere recensioni su strutture ricettive, ristoranti, monumenti e attività che si possono svolgere su un determinato territorio.

83È infatti solo indicata la Cittadella Vecchia.

del Grand Hotel Duomo di Pisa - che mi ha messo in contatto con turisti provenienti da tutto il mondo - e non ultimo l’aver vissuto nel centro della città negli ultimi sei anni, mi portano a rilevare che Pisa conosce principalmente un flusso turistico che si sviluppa sull’asse Piazza dei Miracoli-Corso Italia (evidenziato in rosso nella cartina 1); l’esistenza di questo unico flusso turistico principale è confermata anche dal direttore del museo Andrea Camilli e da Marcella Vannozzi, responsabile del Turismo Culturale di Cooperativa Archeologia, le cui interviste saranno riportate in seguito nell’elaborato.

Sicuramente lo sviluppo di questo asse principale è dovuto alla forte attrattiva del sito di Piazza dei Miracoli, patrimonio unico nel suo genere, che vede nella Torre Pendente uno dei simboli per cui l’Italia viene riconosciuta in tutto il mondo, in particolare nel mondo orientale. La difficoltà di influenzare e modificare questo flusso risiede principalmente nel fatto che questo è indirettamente creato dai grandi tour operator internazionali. A fronte di queste dinamiche, come sottolinea Vannozzi nell’intervista riportata nel Cap. III dell’elaborato, risulta impossibile decentrare il flusso Corso Italia-Piazza dei Miracoli al fine di intercettare i turisti che ne fanno parte. Gran parte di questi arrivano infatti dall’Asia e dall’America e visitano Pisa come parte di un pacchetto turistico, in cui le tappe nei vari luoghi di interesse hanno tempistiche strette e le cui tabelle di marcia puntano sulla visita dei centri di attrazione più conosciuti, senza lasciare spazio a quelli “minori” o emergenti. Questo è uno dei motivi per cui il museo delle Navi ha cercato in questi mesi di apertura non tanto di decentrare un flusso troppo forte e consolidato per essere spostato – e le cui dinamiche dipendono direttamente da grandi tour operator stranieri – ma piuttosto di crearne uno secondario puntando sulla rete turistica locale e sulla promozione presso agenzie e tour operator specializzati in slow tourism o in archeologia.

CARTINA 1: Flusso creato utilizzando l'opzione My Maps di Google

Questo flusso secondario (evidenziato in verde nelle cartine 2 e 3) auspicato sia dal Museo stesso che dalla municipalità di Pisa – e promosso ad oggi con convenzioni con altri centri culturali “minori” (alcuni dei quali illustrati da Marcella Vannozzi durante l’ intervista al capitolo III) in occasione di eventi nazionali e internazionali – porterebbe anche ad una rivalutazione di tutta la zona dell’Antica Cittadella: un’area della città che, come sottolinea la stessa Vannozzi, si presenta ad oggi, nonostante la sua posizione centrale, come una zona defilata spesso colpita dagli attacchi della piccola criminalità. La promozione del museo comporterebbe dunque una valorizzazione di tutto il percorso dei Lungarni pisani, oltre Ponte di Mezzo e il Lungarno Gambacorti (quest’ultimo visitato principalmente per la presenza della Chiesa di Santa Maria della Spina) facendo conoscere altri centri di attrazione minori della città, come ad esempio il Museo degli strumenti per il Calcolo.

CARTINA 2: Flusso creato utilizzando l'opzione My Maps di Google

CARTINA 3: focus sul possibile nuovo flusso turistico. Flusso creato utilizzando l'opzione My Maps di Google

La creazione di nuovi flussi turistici e la valorizzazione delle diverse zone della città – la cui visita è facilitata dal fatto che quasi tutti i punti di attrazione sono facilmente raggiungibili a piedi dal centro – è a mio avviso fondamentale per superare quello che è sempre stato considerato uno dei maggiori problemi del turismo pisano: il cosiddetto, con espressione ormai idiomatica, “turismo mordi e fuggi”. Il fatto che Pisa sia conosciuta in tutto il mondo per il complesso di piazza dei Miracoli, sito patrimonio dell’Unesco85, può essere un’arma a doppio taglio.

Questo ha permesso alla città toscana di diventare uno dei simboli dell’Italia all’estero; d’altra parte tutta l’attenzione dei turisti si è sempre concentrata su questo importante sito, spesso a discapito di centri di attrazione meno conosciuti ma di grande valore. Una collaborazione tra i vari centri di attrazione e la creazione di un’offerta strutturata sul territorio pisano porterebbe sicuramente ad un aumento non solo degli arrivi ma anche delle presenze. Grazie ai dati raccolti dal Centro Studi Turistici di Firenze, che mi sono stati gentilmente forniti dal Firenze Convention and Visitors Bureau, mi è stato possibile confrontare la media delle presenze dei comuni toscani e delle province con la media regionale. Per quanto riguarda il file Excel su arrivi e presenze nei vari comuni della Toscana ho deciso di ordinarli in ordine decrescente e mantenere solo i primi dieci comuni (il comune di Pisa sarebbe in realtà il 243° su 275) così da poter analizzare non solo la situazione del Comune di Pisa rispetto alla Regione ma anche rispetto ai comuni toscani più performanti da questo punto di vista. Ho inoltre aggiunto la colonna “presenza media” in cui ho calcolato il numero di notti medie dividendo il numero delle presenze per il numero degli arrivi.

Tabella 1 - Dati del Centro Studi Turistici di Firenze

Come possiamo notare dai dati presi in considerazione la media di presenze del Comune di Pisa negli ultimi due anni risulta smentire il luogo comune che vede il turismo pisano come un turismo “in giornata”. Nonostante ciò è evidente che la presenza media (2,39 per il 2019), si stacca in negativo di quasi un giorno rispetto alla media della Toscana (3,34 per il 2019). Le performances di altri comuni toscani devono essere uno stimolo per la città a sviluppare un’offerta che sia sempre più strutturata sul territorio, così da intercettare ed attrarre turisti che decidano di rendere la città la propria base da cui poi eventualmente spostarsi per visitare anche i comuni limitrofi.

Con l’intenzione di approfondire il dato della permanenza media ho ricavato gli arrivi e le presenze per provincia a partire dai dati dei vari comuni toscani. Ho proceduto infatti identificando per ogni comune la provincia di appartenenza e le ho raggruppate ottenendone così il dato aggregato.

Tabella 2 - Dati ricavati a partire dai dati del Centro Studi Turistici di Firenze

Avendo poi a disposizione, sempre tramite il Convention Bureau, i dati del Centro Studi Turistici di Firenze relativi ai trend della domanda turistica in Toscana (tabella 3) ho proceduto a riparametrare il dato da me ricavato (tabella 2) di modo tale da avere arrivi e presenze nella provincia di Pisa suddivise in ambiti di interesse (tabella 4).

Tabella 4 - Dati ricavati a partire dai dati del Centro Studi Turistici di Firenze

Come si può notare dalla tabella 3 il Centro Studi ha identificato e suddiviso arrivi e presenze in sei diversi ambiti di interesse: arte/affari, montagna, balneare, termale, campagna/collina e altro interesse. Per quanto riguarda la provincia di Pisa (tabella 4) notiamo come la presenza media per l’ambito di interesse “arte e affari” (pari a 2,27 giorni), di cui fa parte anche il museo, è un dato molto vicino alla presenza media del Comune di Pisa (2,39). Pisa città è infatti una località che attrae principalmente turismo artistico e culturale. Si può assumere dunque che il dato dedotto da questa analisi confermi quanto precedentemente esposto in merito alla presenza media del 2018-2019 della tabella 1 e che sfaterebbe il luogo comune del turismo pisano come un turismo “mordi e fuggi”.

Lo sviluppo di un’offerta turistica strutturata, basata sulla collaborazione ed il reciproco aiuto dei centri di attrazione pisani meno conosciuti – pratica ben sviluppata ed applicata dalle Navi Antiche, come si potrà constatare dall’intervista a Marcella Vannozzi nel capitolo seguente – non solo porterà alla creazione di un nuovo flusso turistico, ma andrà ad impattare in positivo sulla permanenza media di Pisa e provincia in virtù del fatto che maggiore è l’offerta, più propenso sarà il turista a rimanere a lungo sul territorio.

III INTERVISTE

1. Intervista a Andrea Camilli

Andrea Camilli è l’attuale responsabile di progetto per la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Pisa e Livorno nonché direttore degli scavi e del Museo delle Navi Antiche di Pisa. Ho deciso di intervistare Camilli poiché ritengo che la sua testimonianza sia un elemento chiave per poter comprendere le dinamiche che hanno portato alla progettazione e alla nascita dell’esposizione delle navi Antiche.

D: Dal punto di vista amministrativo l’allestimento del Museo delle Navi in quale istituto si incardina? Quale ruolo ha la Soprintendenza di Pisa e Livorno e quale sarà il suo ruolo in futuro?

R: Le Soprintendenze che si sono succedute hanno gestito in prima persona la realizzazione del museo, sia come ristrutturazione degli edifici sia come progettazione ed esecuzione dei lavori. Per quanto riguarda la parte relativa alla gestione futura il discorso si fa complesso. O meglio, non è complesso il discorso in sé ma è una soluzione un po’ anomala in quanto il museo non consentiva immediatamente una piena valutazione dei costi di gestione, trattandosi di un museo completamente nuovo. Quindi la soluzione scelta è stata quella di affidarlo per un periodo di due anni, rinnovabili, attraverso gara ad una struttura esterna che lo gestisse sotto la nostra direzione . La ditta che ha vinto la gara di gestione, la Cooperativa Archeologia, si è assunta onori e oneri della gestione e quindi tutte le spese relative sia alla gestione (le bollette e quant’altro) che alla manutenzione ordinaria, ed effettua la bigliettazione. Dato che il museo è in fase di completamento – non è finito sotto molti aspetti e non è ultimato il complesso generale a cui il museo fa riferimento – questa soluzione ha permesso di mantenere la direzione del museo nella Soprintendenza; quest’ultima mantiene in carico tutti i materiali conservati nel museo che non è un museo di collezione ma un museo in continua trasformazione. Il ruolo futuro della Soprintendenza sarà da definire in base a quale sarà il risultato di questa gestione, è una

valutazione che andrà fatta nelle opportune sedi. Già nel progetto generale iniziale, come pure nello studio di fattibilità economica e nel business plan che la Soprintendenza Archeologica fece sviluppare all’epoca, il museo si intende un tutt’uno inscindibile con il Centro del Restauro del Legno Bagnato che proprio attualmente stiamo trasferendo accanto al museo. Ne consegue che questa decisione dovrà comprendere anche la gestione del centro di restauro; quindi quello su cui stiamo lavorando è una gestione mista pubblico-privato, un accordo che permetta, mantenendo il ruolo di tutti gli enti pubblici coinvolti, una gestione oculata anche dal punto di vista del privato dato che il centro di restauro non è solo un luogo in cui si restaura ma sarà un centro di formazione. Il museo in questo momento è gestito dalla cooperativa Archeologia, è comunque un museo statale, anche se il fine sarebbe quello di farlo diventare un museo nazionale. Già di fatto lo è, solo di fatto però. Infatti se ha notato, la denominazione non è “Museo delle Navi di Pisa” ma “le Navi Antiche di Pisa” proprio per questo: perché non è ancora istituzionalizzato il ruolo del museo e, attualmente, è aperto con la formula dell’esposizione temporanea. È questa la soluzione studiata per avere il tempo di poter stabilire quale era il risultato ottimale della gestione. Altrimenti non ci sarebbe stata la possibilità di aprirlo, poiché il Mibac non aveva personale a sufficienza, e se avessimo istituito un museo avremmo dovuto esperire tutte le necessarie, complesse procedure di affidamento. Al contrario, organizzandolo giuridicamente come mostra temporanea, abbiamo avuto la possibilità di aprirlo immediatamente, alla fine dell’allestimento.

D: Per quanto riguarda i finanziamenti: ci sono stati interventi oltre quelli del Mibac? Ritiene siano stati sufficienti? Nel futuro prossimo, ove siano previsti, a quanto ammontano e da chi saranno erogati i nuovi finanziamenti?

R: I finanziamenti sono stati interamente e integralmente statali, non ci sono state altre forme di finanziamento. Ci sono stati degli ausili esterni, per esempio il Comune di Pisa ha effettuato i lavori esterni, o ancora la Provincia ha finanziato dei piccoli restauri con un progetto per una mostra, però non ci sono mai stati dei finanziamenti diretti altri che quelli dei fondi statali. Per quanto riguarda se li ritengo sufficienti... mi consenta di dirle che nessun funzionario le risponderà mai

positivamente a questa domanda. Però oggettivamente dipende per fare cosa: il Museo delle Navi ha dimostrato inequivocabilmente che si può fare un ottimo lavoro senza delle spese mostruose. Perché, oggettivamente, il completamento dei restauri dell’edificio e l’intero allestimento del museo è costato complessivamente cinque milioni di euro. E se mi permette, a parte ovviamente i costi dei restauri, è una cifra che è inferiore alle spese di funzionamento annuali di un grande museo, e questa è una cosa di cui vale la pena di tenere conto. Per quanto riguarda i finanziamenti nel futuro prossimo: di norma i finanziamenti che vengono attribuiti a questo genere di strutture sono più finanziamenti strutturali che di funzionamento, non essendo la struttura istituita. Quindi si danno dei fondi per completare determinati tipi di lavoro dietro nostra progettazione. Io ho fatto il conto che la sistemazione complessa e definitiva di tutto il complesso di Sanvito dovrebbe costare definitivamente tra i tre e i cinque milioni di euro ulteriori; ma tale cifra comprenderebbe la realizzazione del parco pubblico sul retro degli Arsenali, il restauro totale di due ali dell’edificio, il trasferimento completo della Soprintendenza in quella struttura. Cioè tutta una serie di grossi interventi che riguardano questo genere di complesso. Per ora andiamo avanti con dei piccoli – ma non poi piccolissimi – progetti: quest’ anno abbiamo ricevuto centomila euro per i restauri e per completare i lavori del museo e la sistemazione delle strutture, sempre tutti contributi statali.

D: Quali pensa siano i punti di forza del museo? In che cosa potrebbe essere migliorato?

R: Il punto di forza del museo è il linguaggio. Il museo è stato pensato non per gli archeologi ma per il pubblico. I suoi punti di forza quindi sono: brevità e semplicità di linguaggio sia narrativo che scritto, istantaneità del messaggio, l’utilizzo dei modelli, dei plastici, poco virtuale. Perché il virtuale ormai è diventato un dato di fatto che è diventato talmente usuale da annoiare. E l’eliminazione del feticismo nei confronti del reperto. I reperti sono utilizzati quasi come oggetto di arredo e sono quasi a portata di mano del visitatore, abbattendo la distanza psicologica che crea la vetrina. Questi sono, secondo me, i punti di forza del museo. Come

può essere migliorato? Riducendo ulteriormente le parti virtuali e trovando nuovi sistemi di comunicazione che cerchiamo sempre di aggiornare.

D: A suo avviso cosa rende unico il Museo delle Navi e in cosa si distingue dagli altri centri culturali di attrazione pisani?

R: “Unico”.. ogni museo è unico. Dipende dal racconto che si vuole fare. Quello non è il Museo delle Navi ma è il racconto della storia di Pisa, che è quello che volevamo fare. Per quanto riguarda la sua differenza rispetto agli altri musei pisani beh, è un museo archeologico, ed è l’unico, non ce ne sono altri. Ma soprattutto è un complesso polifunzionale: l’idea è che sia un luogo da vivere più che da andare a visitare. È un museo che è rivolto soprattutto non tanto al turismo che sta avvelenando il nostro messaggio culturale ma è un museo che è rivolto alla popolazione, ai locali, tant’è che abbiamo il 50% di visitatori locali, che è per noi una grande soddisfazione.

D: A livello di dati, visto che si parla molto di “valore economico della cultura”, quanto riusciva a fatturare il Museo delle Navi prima dell’emergenza COVID? E tali introiti consentono in proiezione un guadagno, un pareggio o risulta comunque una perdita?

R: Prima della pandemia il museo aveva dei risultati estremamente lusinghieri, soprattutto sulla didattica ma anche sui visitatori: consideri che nei primi sei mesi ha staccato ventunmila biglietti con un’apertura di soli tre giorni a settimana. Il museo è sostenibile da un punto di vista di gestione, ovviamente non le manutenzioni straordinarie, che sono imprevedibili. Per quanto riguarda il concetto del valore della cultura e della sostenibilità secondo me, mi permetta, è una domanda sbagliata. Va gestita in relazione all’indotto che l’aumento dell’attenzione turistica può creare. Va quindi fatto uno studio relativo all’indotto e non alla bigliettazione del museo.

D: Sono state fatte delle statistiche che consentano di rilevare informazioni sui visitatori - quali ad esempio il genere, la fascia di età dell’utenza, la nazionalità - così da poter al meglio sviluppare le strategie di promozione?

R: Si, embrionali perché ovviamente un solo campione semestrale basato sul periodo post inaugurazione non consente delle stime attendibili. Comunque c’è un 50% di visitatori locali e toscani. Per quanto riguarda gli stranieri abbiamo principalmente spagnoli, francesi, inglesi, australiani (non mi chieda perché) e poi una discreta percentuale anche di russi e qualche ispanoamericano. A livello di fascia di età posso esprimermi di più per gli italiani: data l’elevata didattica è maggiormente rappresentata la fascia giovanile (età scolare, soprattutto elementari e medie) da un lato e poi gli over sessanta dall’altro.

D: Quanti sono i visitatori annui? Quale è il target a cui si rivolge il museo?

R: C’è anche un discreto nucleo di visitatori tra i venti e i trentacinque anni che però è un pubblico specialistico (metà degli archeologi d’Italia sono venuti a vederlo, quindi non è un campione attendibile). Per quanto riguarda il target questo è stato progettato per essere differenziato su diversi livelli di lettura: come dico io, “dal giapponese al tedesco”. C’è sia il filologo che si legge ogni singola nota e cartellino sia quello che vuole fare il toccata e fuga, e soprattutto l’attenzione è diversificata per fascia di età e target. Già nel progetto originale