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Marcella Vannozzi è la responsabile del Turismo Culturale della Cooperativa Archeologia, che gestisce le Navi Antiche di Pisa. Ritengo che la sua gentile testimonianza sia essenziale per comprendere meglio i legami del museo con il territorio, i rapporti che lo legano alla Cooperativa che lo gestisce e tutte le strategie di promozione che vengono attuate per accrescerne la fama e valorizzarlo.

D: Di cosa si occupa in generale la Cooperativa Archeologia e quali sono invece i compiti della Cooperativa nell’ambito della gestione del Museo delle Navi di Pisa nello specifico? So che la Cooperativa ha vinto un bando biennale per la gestione del Museo, in che anno? L’associazione come intende portare avanti il rapporto nel tempo, nel senso quali sono i vostri obbiettivi di medio-lungo termine rispetto alla gestione di questo museo?

R: Cooperativa Archeologia è una delle più grosse realtà che opera nell’ambito dei beni culturali in Italia. Nasce quasi 40 anni fa come una cooperativa fondata da giovani archeologi e finalizzata essenzialmente allo scavo archeologico a Firenze, in Toscana. All’epoca si lavorava molto sul territorio: c’erano delle esigenze, cominciavano i primi scavi importanti a Firenze (mi sto riferendo agli

scavi in Piazza della Signoria negli anni 80). La cooperativa ha poi creato tutta una serie di rapporti sul territorio e piano piano, dalla fine degli anni 90, con lo sblocco delle grandi opere infrastrutturali, in particolare l’alta velocità, altre opere a sud e vari metanodotti l’impresa è fortemente cresciuta. Questo è avvenuto anche per una serie di acquisizioni dovute appunto alle sorveglianze archeologiche. Poi, in quegli stessi anni, abbiamo aperto anche un nuovo settore: quello del restauro monumentale-architettonico e del restauro specialistico. Per quanto riguarda invece la parte dei servizi culturali quella è in realtà sempre esistita. Una delle attività che veniva realizzata agli inizi, quando la Cooperativa è nata, era infatti quella della didattica nelle scuole. Si occupava anche di piccoli progetti di allestimenti museali e piccole gestioni. Ha quindi sempre avuto queste tre anime: da una parte l’archeologia vera e propria, dall’altra il restauro monumentale e specialistico e i servizi culturali. Ad oggi la Cooperativa Archeologia è un’impresa molto grossa, che conta circa duecento addetti tra soci e collaboratori, vari milioni di fatturato e opera in tutta Italia e all’estero. All’estero abbiamo per esempio fatto dei lavori di recente, come il restauro in Libano del Tempio di Baalbek. Quello delle gestioni museali è un settore in cui ci siamo lanciati da alcuni anni: chiaramente essendo una Cooperativa il cui core business è un altro, il discorso gestione e servizi museali è un pochino diverso. In questo caso il fatto di aver vinto il bando per il Museo delle Navi di Pisa ci ha dato particolare soddisfazione essenzialmente perché, dal 2013 in poi, noi vincemmo appunto il bando per il completamento degli scavi e dei restauri delle imbarcazioni e quindi è stato un po’ come proseguire e concludere un percorso che era e sentivamo molto nostro. Noi organizzavamo delle visite guidate straordinarie agli scavi in corso, così come quando il museo era in allestimento abbiamo comunque organizzato sempre visite. Questo aspetto di provare a rendere fruibile un progetto archeologico in corso d’opera è una cosa che ci è sempre piaciuta, fin dall’inizio; anche se non sempre è stata possibile perché chiaramente le problematiche relative alla sicurezza non sono indifferenti. Però quando è possibile cerchiamo di farlo. Per esempio al momento stiamo scavando l’Anfiteatro a Volterra: una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni in Italia. Anche qui viene fatto un percorso di valorizzazione, che è ovviamente in collaborazione con la soprintendenza, che prevede l’organizzazione di visite guidate.

Abbiamo fatto questo bando per il Museo delle Navi che ancora dal punto di vista giuridico non è un museo ma un’esposizione temporanea. Per il bando abbiamo creato un progetto in cui abbiamo messo veramente tutti noi stessi: c’era questo valore aggiunto dato proprio dal fatto che noi avremmo messo in campo, nella gestione del museo e nelle attività che avremmo realizzato nello stesso, le persone che queste navi le avevano scavate, le persone che avevano studiato i contesti archeologici e quelle che avevano anche contribuito all’allestimento. Infatti molti dei nostri collaboratori sono stati selezionati proprio tra gli archeologi che avevano lavorato sul cantiere, e questo è un aspetto che ci piace molto. La gestione è un tipo di gestione che possiamo definire “pura”, abbiamo proprio preso in mano le chiavi del museo. Un museo in cui sono nostri gli onori e gli oneri, nel senso che tutto quello che dal punto di vista della gestione costa è a carico nostro a fronte del fatto che sono nostri tutti gli introiti che derivano dalla vendita dei biglietti, del merchandising del bookshop e di qualsiasi altra attività che viene svolta all’interno del museo. Noi quindi introitiamo tutti i ricavi di questo museo e affrontiamo di conseguenza tutte le spese: dalle utenze, dove c’è comunque un minimo garantito dalla Soprintendenza, cioè a fronte di una spesa annuale in utenze se queste spese eccedono una certa cifra allora interviene il lato Soprintendenza e di conseguenza il Ministero. Noi ovviamente paghiamo anche il personale, e tutte le spese, qualsiasi cosa. Per esempio ora quando abbiamo dovuto stilare il programma della riapertura post-Covid, tutta l’impostazione del nuovo piano di sicurezza, così come la creazione del nuovo percorso, gli erogatori per il gel, i presidi di sicurezza ecc. ci siamo occupati di tutto noi e tutto è stato a carico dell’impresa che gestisce, che in questo caso è la Cooperativa Archeologia. I ricavi che introitiamo derivano dalla bigliettazione, dalla vendita nel bookshop, dalla realizzazione di attività che sono i cosiddetti “servizi aggiuntivi”. Questa gestione a tutto tondo era anche quanto richiesto nel bando e noi in questo ci siamo impegnati quando abbiamo fatto il progetto per la gara; tutto viene sempre condiviso con la direzione scientifica, in questo caso il Dottor Camilli, che è molto presente, e sente suo questo museo come anche noi lo sentiamo nostro. Anche lo staff, tutti ragazzi giovani – tenga presente che il più grande ha 34 anni, tutti laureati e molti sono archeologi che già avevano lavorato allo studio di alcuni materiali – lo sentono veramente cosa loro. Questo è bello perché dà veramente la possibilità di progettare con loro. Dal momento che un

museo tu lo devi animare in qualche maniera, e questo è quello che veniva chiesto dal bando e che ci siamo impegnati a fare, chi meglio delle persone che lo vivono può aiutarti a creare un progetto, per esempio di didattica? E questo è quello che facciamo con i nostri ragazzi, con i nostri dipendenti. Ci piace molto questa cosa perché non c’è un rapporto “gestore/dipendente”, ma si lavora molto insieme. Noi abbiamo l’idea che questo sia possibile proprio per la tipologia di museo e anche per come siamo noi come Cooperativa, per il fatto che siamo giovani e nuovi in questo ambito specifico. Abbiamo sempre avuto questa umiltà di dire: benissimo, noi questo contesto lo conosciamo e lo conosciamo bene però abbiamo queste persone, che comunque collaborano con noi da molto tempo, e perché allora non ci deve essere questa condivisione, questo farsi venire e condividere idee? E questo è stato fatto, anche quando abbiamo fatto il progetto per la didattica delle scuole. L’anno scorso, prima del passato anno scolastico, l’avevamo presentato con una serie di iniziative in museo, avevamo fatto degli workshop per gli insegnanti e avevamo tantissime prenotazioni prima del lockdown che poi ha mandato tutto a monte. Avevamo 220 attività prenotate e, occupandomi di didattica per le scuole anche su altri progetti a Firenze, le posso assicurare che 220 attività per l’anno scolastico successivo, per un museo nuovo aperto a giugno, era un discreto risultato.

D: La Cooperativa ha avuto una parte nel recupero dei reperti e nell’allestimento del Museo?

R: La Cooperativa, che ha anche una specializzazione nel restauro ha contribuito ai restauri delle imbarcazioni, in particolare con l’Alkedo. Non abbiamo finanziato lo scavo ma, vincendo il bando, siamo proprio andati lì a lavorare con il nostro staff di archeologi e restauratori. Essendo lì, quando poi è partito il discorso dell’allestimento vero e proprio del museo, e quindi il trasporto delle imbarcazioni in museo, l’allestimento di alcuni materiali all’interno delle vetrine, abbiamo anche noi contribuito e abbiamo continuato a fare delle visite guidate a museo in allestimento. Poi il bando per la gestione dell’esposizione è uscito a gennaio 2019, noi lo abbiamo vinto e poi il museo è stato aperto a giugno 2019. Il museo ha poi chiuso ai primi di marzo del 2020 per il lockdown imposto dall’emergenza

sanitaria per Covid-19, ha nuovamente riaperto il 19 giugno del 2020... e ora si richiude.

Come aveva detto anche lei all’inizio questa gestione è di 2 anni rinnovabile, noi speriamo che venga rinnovata anche perché quando abbiamo preso in gestione il museo questo era allestito e terminato, però c’era da allestire anche tutta una serie di servizi come per esempio il bookshop e il suo merchandising e la biglietteria, tutti gli ambienti per i dipendenti (banalmente i mobili e gli armadietti). La Cooperativa ha fatto degli investimenti iniziali di diverse migliaia di euro che si pensava di ammortizzare addirittura in un anno. Poi c’è stato il Covid ed è stato quindi impossibile ammortizzarli in 12 mesi. Noi speriamo che la Soprintendenza tenga conto di questa eccezionalità e che ci rinnovi la concessione in modo da ammortizzare l’investimento iniziale e pure l’investimento che abbiamo fatto per mettere in sicurezza il museo durante questa emergenza sanitaria nel momento in cui abbiamo riaperto. Noi speriamo di rimanere gestori delle Navi Antiche il più a lungo possibile, poi ovviamente non appena l’esposizione avrà lo status di museo allora verrà fatta una nuova gara per l’affidamento dei servizi aggiuntivi: perché a quel punto il personale interno e di sorveglianza sarebbe ministeriale, cosa che non è ora perché è personale della Cooperativa; noi l’abbiamo selezionato e formato, ne siamo molto orgogliosi, e uno dei feedback più belli del libro delle firme è proprio quello relativo al personale. Se non dovessimo avere tutti i requisiti richiesti si andrebbe probabilmente a creare un’associazione momentanea di imprese con altri enti per cercare di mantenere comunque un’acquisizione che è per noi veramente importante. Non so riesco a farmi capire, ma c’è veramente del sentimento da parte nostra nei confronti di questo progetto.

D: Riguardo alla promozione quali sono le vostre strategie? Pensate che il museo possa diventare un polo di attrazione tale da creare un nuovo flusso turistico secondario rispetto a quello di Piazza dei Miracoli-Corso Italia, rivalutando così la zona della Cittadella? In quale modo il museo si integra con gli altri centri di attrazione per creare un’offerta turistica completa e strutturata?

R: Chiaramente da quando il museo è aperto noi abbiamo cercato sin da subito di relazionarci con gli attori principali del turismo pisano e del territorio, oltre che

con la Giunta comunale; devo dire che, nonostante non sia un museo comunale, il comune ha guardato sempre con molto entusiasmo a questa nuova opportunità per Pisa e ci hanno dato anche una mano sotto certi aspetti. Abbiamo creato delle convenzioni per fare biglietti con sconti reciproci con tutte quelle che sono le realtà pisane, non con quelle grossissime come l’Opera Primaziale, ma comunque con le Mura, con Palazzo Blu con la passata mostra, con l’Ippodromo di San Rossore e tutta un’altra serie di realtà. Avevamo anche contatti per provare a fare una campagna pubblicitaria all’aeroporto di Pisa anche se, purtroppo, i costi sono risultati troppo elevati. Sarebbe stato bello mettere anche solo un cartellone oppure dei video spot da 20/30 secondi che passano nei vari schermi che ci sono per esempio nel punto in cui le persone aspettano agli arrivi o al ritiro bagagli. Abbiamo partecipato a due fiere, ad esempio alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico l’anno scorso a novembre con un piccolo aiuto economico che ci ha dato il Comune di Pisa. E conti che la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico è un appuntamento molto importante durante il quale abbiamo partecipato ad un workshop con dei tour operator stranieri. Poi a febbraio abbiamo partecipato anche a TourismA a Firenze dieci giorni prima del lockdown: anche in questo caso abbiamo partecipato con una certa soddisfazione devo dire e un buon riscontro.

Il problema di intercettare e spostare flussi turistici di una città come Pisa è un problema che non possiamo risolvere da soli come gestori del Museo delle Navi, questo perché, purtroppo, almeno prima del Covid (poi bisognerà vedere quali scenari si apriranno dopo) i grossi flussi li determinano alcuni tour operator internazionali. Noi non siamo partiti arresi, semplicemente abbiamo sempre avuto questa considerazione ben chiara in testa. Se i flussi grossi sono quelli che vengono dall’Est asiatico o da oltreoceano e sono viaggi che prevedono in 10/15 giorni di girare tutta Italia venendo solo per tre ore a Pisa è chiaro che al Museo delle Navi queste persone non ci verranno mai. Noi abbiamo impostato una piccola strategia nei pochi mesi da giugno a febbraio in cui siamo potuti restare aperti, in cui ci siamo rivolti a un altro tipo di pubblico. Non mi fraintenda, non voglio dire che il nostro sia un museo da pubblico specializzato, perché è estremamente didattico, divulgativo ed accessibile. Però pensiamo che, a meno che questi flussi non cambino atteggiamento e non maturino, per noi resta impossibile intercettarli. Avevamo già un buon numero di richieste ed avevamo

fatto già molte attività con tour operator e agenzie di viaggi italiane e straniere, però molto specializzate, per esempio in viaggi archeologici o comunque nel settore del turismo lento, allora sì, si riesce a chiamare ed intercettare. Noi ovviamente siamo entrati nel progetto “Terre di Pisa” della Camera di Commercio di Pisa che ha creato questo brand, che ha un portale e che fa tutta una serie di azioni di promozione per l’appunto delle terre di Pisa e di tutte le sue eccellenze, che vanno ben oltre Pisa e la Piazza dei Miracoli. Questo progetto vuole proprio rivolgersi a chi viene sul territorio per un tipo di turismo individuale, familiare, di chi viene al mare però magari sta 10 giorni sul territorio ed ha la possibilità di muoversi e di girare.

D: Quindi più che spostare quel flusso crearne uno secondario?

R: Esatto, che è quello che stavamo cominciando a fare, nonostante tutto il problema della viabilità. Un altro problema grosso è quello della riqualificazione della zona. Ultimamente meno ma all’inizio dell’apertura del museo è capitato più di una volta che dei visitatori rientrassero nel museo disperati perché le macchine in sosta su quel tratto del Lungarno venivano scassinate. Lì c’è sempre stato un giro poco bello di spaccio e cattive frequentazioni. E lì è l’ente pubblico, l’amministrazione, che deve darti una mano per creare le condizioni affinché tutto sia messo in sicurezza. Ora davanti al museo hanno iniziato a fare dei lavori di qualificazione che vanno avanti dalla fine della primavera e che tra poco si dovrebbero concludere. Ecco, queste sono tutte azioni volte alla riqualificazione generale della zona. Non posso creare un flusso turistico secondario, sia che le persone arrivino con i pullman piccoli o grandi o con le macchine, senza che tutto sia messo in sicurezza. Non è pensabile che un visitatore entri per due ore nel museo e nel frattempo gli venga rubato tutto. Sono azioni che vanno fatte integrandosi con tutti gli attori coinvolti. Devo dire che questo lavoro era cominciato bene, ora purtroppo questa situazione che stiamo vivendo ci sta veramente frenando molto. Anche perché gli scenari che si apriranno dopo non sono molto chiari. Mi sembra evidente comunque che un tipo di turismo come quello che è stato fatto sino ad ora non è più pensabile perché non è sostenibile.

D: Mi potrebbe parlare un po’ più nello specifico delle vostre strategie promozionali?

R: Ovviamente tutti questi accordi di cui le ho parlato, l’inserirsi nella realtà pisana, sono fattori molto importanti. Pisa è una città conosciuta a livello internazionale ma per alcuni aspetti è una città chiusa e molto campanilista, noi però abbiamo cercato di farci conoscere e di creare relazioni. Poi abbiamo comunque il sito del museo che è stato rinnovato l’anno scorso prima che il museo venisse aperto, in cui c’è una sezione relativa agli eventi che facciamo come mostre temporanee, attività per bambini, ecc.; questa estate abbiamo fatto un programma molto interessante di concerti nel cortile esterno del museo, proprio per creare richiamo e per portare persone in un momento in cui era da poco che avevamo riaperto. L’estate in generale, e questa maggiormente, le persone non vogliono stare chiuse dentro il museo, vogliono andare fuori e al mare, invece questi concerti hanno avuto un buon successo di pubblico. Un’altra attività che facevamo era quella di rendere il museo disponibile per eventi privati che avessero una specificità che ci piaceva. Per esempio si era creata una collaborazione con il convento delle Benedettine dove venivano svolte molte conferenze e convegni legati all’Università e noi avevamo dato gli spazi del museo per cene aziendali dopo i convegni dei vari dipartimenti (come per esempio Ingegneria informatica per cercare anche questo connubio tra tecnologia ed archeologia), sempre con la visita guidata prima della cena per gli ospiti. Erano stati eventi molto belli perché poi se le cose vengono fatte con buon gusto e con rispetto non si sciupa niente ma lo si valorizza. Bisogna cercare il giusto mezzo.

Poi abbiamo i social e un ottimo ufficio stampa che è una cosa molto importante. Il nostro ufficio stampa ci cura anche altre attività di Cooperativa Archeologia e si occupa anche appunto del Museo delle Navi. Devo dire che quando c’è qualche evento - in questo periodo per esempio è in esposizione il Carro celeste di Populonia - il nostro ufficio stampa lavora molto bene: non siamo ovviamente i suoi unici clienti, ma si occupa prettamente di eventi culturali, sono molto specializzati, hanno il linguaggio giusto e ci aiutano molto consigliandoci su come e quando uscire, per esempio con un comunicato stampa. Devo dire che per

quanto riguarda la stampa cartacea non solo locale ma anche nazionale ed internazionale in quest’anno o poco più di visita del museo le uscite sono state tante, belle, fatte bene ed interessanti.

D: Per quanto riguarda la bigliettazione: su quali piattaforme sono acquistabili i biglietti oltre che in loco e sul sito? Perché ho visto che su Facebook non c’è un link diretto all’acquisto, ma solo il link del sito in generale

R: Noi quando abbiamo vinto il bando e prima di aprire il museo ci siamo rivolti ad una serie di piattaforme specializzate anche sulla vendita dei biglietti ed abbiamo scelto Vivatiket. I biglietti sono acquistabili online dal sito del museo, dove però si viene reindirizzati sul portale di Vivatiket. Non vendono solo biglietti per i concerti ma gestiscono anche tutta una serie di vendite online di musei anche importanti. Di conseguenza i biglietti sono acquistabili anche nei punti vendita e sul portale di Vivatiket. Con la riapertura post-Covid molti musei che non avevano la possibilità di acquisto del biglietto online (consigliabile in questo periodo per evitare di fare fila) hanno dovuto attivarla mentre noi ce l’abbiamo sempre avuta e abbiamo dovuto solo ricordarlo.

D: Gli investimenti in attività promozionale quali sono e come sono suddivisi ?(ex: social, pubblicità giornali, aggiornamento sito, eventi)

R: Al momento la priorità come investimento si dà all’ufficio stampa. Questo perché se si ha un ufficio stampa che funziona e che lavora bene ti porta la