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FMI e indebitamento: una nuova forma di colonialismo?

3. La Tunisia dopo il 14 Gennaio 2011

3.3 Al Ḥarakah Al-Nahḍah nei fatti: le politiche socio economiche

3.3.5 FMI e indebitamento: una nuova forma di colonialismo?

Per la terza volta, dopo la conquista della sua indipendenza, la Tunisia ha richiesto assistenza al Fondo Monetario Internazionale (FMI). La prima volta, nel 1964, gli aiuti si erano tradotti in una svalutazione del dinaro pari al 20% e in un impegno volto alla soppressione del deficit finanziario mai mantenuto; la seconda occasione risale al 1986, quando una nuova svalutazione del dinaro e un piano di aggiustamento strutturale avevano chiamato il mercato a rimpiazzare le pianificazioni statali e il settore privato a sostituire le imprese pubbliche264. La terza volta non è molto diversa rispetto alle prime due, ma sembra più drammatica: la “Tunisia rivoltosa” deve fare i conti con una nuova crisi. Nel Novembre 2012 il paese ha concordato un prestito con la Banca Mondiale per un valore di 500 milioni di dollari e il governo si è inoltre impegnato ad ottenere un altro prestito precauzionale dal FMI di circa 2 miliardi di dollari per allontanare le preoccupazioni legate al bilancio del 2014, poi concluso ad Aprile con un Accordo di stand-by265. Tuttavia, gli istituti di credito internazionale sono delle banche e non delle organizzazioni caritatevoli, di conseguenza hanno forti interessi a concedere prestiti ai paesi in difficoltà economica come la Tunisia. Per questo motivo in molti si oppongono alla politica di indebitamento, ribattezzandola come una nuova espressione del colonialismo, attraverso la quale i governi nazionali perdono gran parte della loro sovranità rispetto alle decisioni socio-economiche.

Mentre il governo vede nel prestito del FMI la chiave per la ripresa economica, partiti di opposizione come Et-Taḥrīr, hanno accusato il FMI di violazione della sovranità tunisina. Dello stesso tono è il comunicato stampa diffuso dal Fronte Popolare tunisino che “non riconosce alcuna legittimità al FMI nel continuare a decidere delle sorti del popolo tunisino e considera il suo nuovo piano come la continuazione

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Tunisie: partenaire privilégié de l’Europe: quels défis?, in « Leaders.tn », 13 Giugno 2013, http://www.leaders.com.tn/article/tunisie-partenaire-privilegie-de-l-europe-quels-defis?id=11616. 264 J. P. Séréni, La Tunisie aux portes du FMI, in « Le Monde Diplomatique », 23 Aprile 2013, http://www.monde-diplomatique.fr/carnet/2013-04-23-Tunisie.

265 M. Carro, Accordo raggiunto tra Tunisia e FMI, in “Meridiani Online”, 24 Aprile 2013, http://www.meridianionline.org/2013/04/24/tunisia-fmi-accordo/.

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dell’aggressione contro il paese266.” A questo proposito è significativa l’immagine pubblicata dal portale Nawaat267, per il quale i prestiti del FMI e della Banca Mondiale

non sono altro che strumenti nelle mani delle potenze occidentali grazie ai quali queste ultime possono mantenere una forte ingerenza nelle economie dei paesi del globo. Ricadere nel circolo vizioso per il quale un debito è usato per pagarne un altro, significa ritornare alle politiche adottate da Ben ‘Alī all’inizio degli anni ’90, che, con il loro disastroso impatto sociale avevano

contribuito a portare il paese alla crisi degli ultimi anni e a beneficiare esclusivamente il suo governo. E’ indiscutibile infatti che il debito estero della Tunisia abbia giovato in primo luogo la dittatura di Ben ‘Alī: il despota aveva infatti messo il paese e le

generazioni future in ostaggio con un debito che aveva permesso al regime totalitario di reprimere il popolo, nascondere la miseria, installare l’oscurantismo, banalizzare la corruzione, istituzionalizzare il culto della personalità e arricchirsi allegramente, facendo man bassa su ampi settori dell’economia.

Per mettere al sicuro la restituzione del prestito, il FMI ha suggerito il suo classico set di “riforme strutturali”, definite da molti esperti “dolorose” per via del loro impatto negativo sull’economia nazionale e sullo standard di vita dei cittadini.

Tra i provvedimenti suggeriti vi è la rimozione dei sussidi statali per calmierare i prodotti sensibili, che porterà ad un aumento dei prezzi del carburante e quindi dei costi del trasporto, provocando una crescita generale dei prezzi di mercato268. Un’altra ricetta caldeggiata dal Fondo è la creazione di tasse per le società votate all’esportazione e l’abbassamento per quelle esportatrici, nonché il ricorso all’aumento dell’IVA, che porterebbe all’innalzamento dei prezzi e all’erosione del potere d’acquisto dei tunisini, dal momento che i salari non godranno di un aumento paragonabile. Inoltre la spinta alla liberalizzazione potrebbe aprire la strada ad un massiccio processo di privatizzazioni nel settore pubblico con un impatto pessimo sui servizi sociali per la

266 M. Carro, Accordo raggiunto tra Tunisia e FMI, op. cit.

267 M. Ben Abid, Deux documents confidentiels révèlent la sous-traitance de la politique économique de la Tunisie par la BM et le FMI, in « Nawaat.org », 28 Marzo 2013,

http://nawaat.org/portail/2013/03/28/deux-documents-confidentiels-revelent-la-sous-traitance-de-la- politique-economique-de-la-tunisie-par-la-banque-mondiale-et-le-fmi/.

268 M. Ben Abid , Un Etat mendiant et un peuple qui s’appauvrit, in « Nawaat.org », 3 Marzo 2013, http://nawaat.org/portail/2013/03/03/un-etat-mendiant-et-un-peuple-qui-sappauvrit-explication-tres- simplifiee-du-pret-fmi/.

Fig. 6: Rappresentazione dell’ingerenza de BM e FMI nell'economia tunisina secondo il portale Nawaat.org

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salute, l’educazione e il trasporto, che invece dovrebbero rimanere accessibili alla popolazione. Una svendita necessaria alle casse dello stato che però non risponde alle esigenze di sviluppo del paese.

Un altro impatto da prendere in considerazione è inoltre quello legato agli accordi di libero scambio. Senza dazi doganali in entrata, le imprese locali non sopravvivrebbero all’invasione dei prodotti stranieri; perdendo la loro fetta di mercato sarebbero costrette alla chiusura, dando un’ulteriore colpo al tasso di disoccupazione269. L’eliminazione dei tetti dei tassi di interesse, che garantisce alle banche la possibilità di migliorare i loro rendimenti ed eliminare le perdite, farebbe portare il peso di anni di cattivo governo ai cittadini, i quali vedrebbero aumentare il costo del loro indebitamento mentre i vertici degli istituti bancari continueranno ad occupare i posti più alti nella piramide dei salari270. L’analisi delle reali conseguenze dei prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie internazionali e quindi, delle riforme strutturali, mostra come il meccanismo del debito diviene espressione del neo-colonialismo271: gli stati indebitati, infatti, privati della sovranità decisionale delle loro politiche economiche e sociali, sono costretti ad ritornare ad essere sottomessi alle richieste dell’Occidente.