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1. Primavera araba: fattori economici e socio-politici delle rivolte

1.5 Le fonti dell’autoritarismo politico: “la Tunisianité”

1.5.3 L’informazione monopolizzata

Il paradosso per quanto riguarda il rispetto dei diritti dell’uomo in Tunisia, sta nel fatto che il governo di Ben ‘Alī si è sempre impegnato a portare avanti una propaganda, a livello internazionale, atta a far apparire lo stato come un paradiso per i diritti umani. Il Presidente infatti non ha mai esitato a dichiarare il suo impegno nel rispettare i diritti dell’uomo, presentandolo come uno dei punti fondamentali del suo programma politico. Diverse Conferenze sul tema sono state organizzate ogni anno con una grande opera di pubblicizzazione. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo era affissa in tutti i distretti di polizia; gli stessi posti in cui la violenza ingiustificata sui cittadini era una abitudine. L’Organizzazione Amnesty International lanciava nel 1999 un sito per portare avanti una contro-informazione al regime, tentando di smentire le falsità diffuse dallo stesso, in materia di diritti umani. Tuttavia in poco tempo sarà vietato ai tunisini l’accesso al sito41; nulla di più facile per un regime che è sempre riuscito a bloccare la connessione a tutte le fonti di informazione ostili, grazie ad uno stretto controllo delle reti.

1.5.3 L’informazione monopolizzata

La censura è stata un’arma per il presidente Ben ‘Alī sin dal momento in cui ha preso il posto del suo predecessore: i vertici politici hanno cercato di monopolizzare l’informazione, con ottimi risultati. L’informazione in uno stato poliziesco come quello di Ben ‘Alī è un elemento fondamentale e veniva creata direttamente da una cellula del palazzo presidenziale insieme alla collaborazione della direzione generale dell’informazione, poi rilevata dall’Agenzia Ufficiale di Stampa (TAP). Tutte le istituzioni capaci di costituire una minaccia sono state poste sotto tutela, dalla magistratura al Parlamento, dal sindacato ai partiti e alle università. Quello che il presidente ha voluto costruire all’esterno e all’interno del suo paese, attraverso un appiattimento dei toni di ogni tipo di informazione, era la concezione di uno stato fittizio, in cui l’unico garante della sicurezza e del benessere fosse proprio la figura di Ben ‘Alī42. In particolare, dopo l’inizio della prima guerra del Golfo, il governo ha approfittato del “pericolo islamista” per dare il via alla persecuzione degli attivisti islamisti all’interno del paese e quindi ai mezzi d’informazione da loro gestiti. Ad

41

N. Beau, J. Tuquoi, op.cit.

42

ARSF (Association Reporters Sans Frontières), Silence, on réprime, in «Reporters sans frontières» , http://fr.rsf.org/predator-silence-on-reprime.

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esempio, il direttore del giornale islamista Al - Faǧr è stato condannato nel 1992 per “aggressioni intenzionate a cambiare la natura dello Stato”43. In realtà l’interesse era rivolto ad eliminare ogni tipo di avversario politico mettendolo a tacere, e in questa situazione i giornalisti generalmente avevano deciso di non avere un ruolo nella difesa dell’informazione autentica. L’Associazione dei Giornalisti Tunisini (AJT), infatti, per difendere la sua sopravvivenza ha evitato di entrare in polemica con lo Stato; non è un caso che quasi tutti i suoi membri posseggono la tessera del partito RCD, requisito fondamentale per essere assunti da un qualsiasi tipo di ente statale.

Ad una conferenza stampa, il 4 maggio 2009, alcuni giornalisti che appoggiavano il governo di Ben ‘Alī hanno impedito a Nāği Al- Baǧurī, capo del Sindacato Nazionale dei Giornalisti Tunisini (SNJT), di terminare alcune osservazioni in cui faceva riferimento al declino della libertà di stampa in Tunisia. L’episodio ha mostrato che il regime del presidente Ben ‘Alī ha perso la pazienza perfino con un’organizzazione che esso stesso aveva contribuito a creare nel gennaio del 2008, per fare terra bruciata intorno ai giornalisti più critici del paese44. Nonostante le autorità avessero messo in piedi una “facciata” di allentamento delle restrizioni, la legislazione dei media era piena di espedienti che favorivano il controllo del regime. Le licenze per le radio private, i canali televisivi e i giornali vengono date a giornalisti compiacenti o a persone vicine al regime. Ad esempio nell’aprile del 2009 un genero di Ben ‘Alī, Ṣaḫr Al-Māṭirī, ha preso il controllo di As-Ṣabah, uno dei gruppi mediatici storici in Tunisia che, malgrado il declino nel corso degli anni, non aveva mai partecipato a campagne di diffamazione contro i nemici del regime. Il cambiamento nella politica editoriale è stato immediato: il quotidiano As-Ṣabah, fiore all’occhiello della compagnia, è diventato uno strumento di disinformazione nelle mani del regime.

Le stesse logiche sono condivise dagli altri media statali: la radio-tele diffusione statale non diffonde che le notizie favorevoli al regime e i canali francesi e italiani sono soggetti ad un controllo scrupoloso. Il notiziario serale esordisce con un dettagliato resoconto delle attività del presidente, seguito dalle informazioni concernenti il partito statale. Parallelamente a queste strategie, il regime ha incoraggiato la diffusione del gossip tra gli spazi informativi, metodo volto a distrarre il pubblico dalle notizie più

43 ARSF (Association Reporters Sans Frontières), Silence, on réprime, op. cit.

44 B. Bounenni, Dictatorship, Tunisia’s undeserved fate, in “The Daily Star Lebanon”, 28 Maggio 2009, http://www.dailystar.com.lb/Opinion/Commentary/May/18/Dictatorship-Tunisias-undeserved- fate.ashx#axzz2gScGXZO1.

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scomode e spesso per calunniare i vari personaggi dell’opposizione, mettendoli in cattiva luce agli occhi della superficiale opinione pubblica45.

Un contesto legale appropriato è parte fondamentale della struttura istituzionale necessaria per una società aperta e democratica, nulla di più lontano dalla Tunisia di Ben ‘Alī. Ciò che sostiene J. Stiglitz in proposito non fa che conferire una chiara lettura della situazione tunisina: l’assenza di trasparenza delle azioni del governo, ha inibito la partecipazione dei cittadini alla società, scoraggiando anche le possibilità di creare un’opposizione al regime, che potesse presentarsi come un’alternativa credibile ad un governo fatto di ingiustizie manifeste, con a capo un dittatore di cui per più di vent’anni si è celebrato il culto della persona46. La prova è un’intervista ad una docente di informatica di 28 anni, che spiega: “Io, come la maggior parte dei giovani tunisini, sono politicamente ignorante. La nostra generazione è sempre stata apolitica, dato che fin dalla nostra infanzia abbiamo visto personaggi politici che non erano altro che marionette”47.

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ARSF (Association Reporters Sans Frontières), Silence, on réprime, op. cit.

46 A. Sen, Lo sviluppo è libertà, perché non c’è crescita senza democrazia, O. Mondadori, Milano, 2000. 47 E. Acquarone, La Tunisia dopo Ben Ali: problemi, incertezze, speranze, Fusiorari.org, 23 Febbraio 2011, http://www.fusiorari.org/world/politica/341-tunisia-ben-ali-problemi-certezze-speranze.html.

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