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1. Primavera araba: fattori economici e socio-politici delle rivolte

1.5 Le fonti dell’autoritarismo politico: “la Tunisianité”

1.5.2 Uno stato liberticida

Uno stato autoritario pone la sua forza ultima sui corpi di sicurezza. La Tunisia di Ben ‘Alī si è configurata come uno stato poliziesco, dove le libertà individuali dei cittadini sono state sistematicamente sacrificate in cambio di discreti livelli di vita. A

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differenza del suo predecessore Būrqībah, che partecipando alla lotta contro i coloni francesi si era guadagnato la legittimità politica del governo, al nuovo presidente tale legittimità mancava. La sua figura era priva di ogni tipo di consenso da parte del popolo tunisino, dal momento che l’inizio del suo incarico è coinciso con una vera e propria auto proclamazione, urgenza celata dietro la malattia del predecessore. Di conseguenza, il neo raìs nutriva la sua figura attraverso simboli, gigantografie e manifesti che decoravano le strade del paese, gli uffici pubblici, i locali. Accanto a questi tuttavia, il sistema di Ben ‘Alī si appoggiava sulle sue forze di polizia, le quali avevano il compito di mettere a tacere le voci del dissenso, nonché tutte le attività che avrebbero potuto mettere in discussione la sua autorità. In tale sistema la tortura trova motivo di diffusione: si effettua quotidianamente sia nelle stazioni di polizia, che nelle prigioni. Dall’inizio degli anni ’90 si diffonde una nuova pratica, sconosciuta dal governo di Būrqībah: la persecuzione dei parenti dei dissidenti, i quali venivano interrogati, terrorizzati, imprigionati, solo per aver avuto un legame con un oppositore del regime36. La Ligue Tunisienne des Droits de l’Homme (LTDH)37 aveva dichiarato che diverse migliaia di tunisini sono state vittime di tortura tra il 1990 e il 199838. Allo stesso modo, nel suo rapporto, Human Rights Watch dichiara che “nessuno stato ha mai dedicato così tanto tempo nell’ergersi a difensore dei diritti dell’uomo esercitando, allo stesso tempo, molestie nei confronti dei suoi cittadini, e imbavagliando coloro che riportavano versioni meno brillanti e più veritiere degli avvenimenti all’interno del paese39.

I giovani membri dell’organizzazione studentesca UGET, ad esempio, erano stati imprigionati con l’accusa di aver fatto parte di un’associazione che semina odio, atta a turbare l’ordine pubblico, diffondendo false notizie e organizzandosi senza autorizzazione. Centinaia di studenti sono stati arrestati e torturati, soprattutto se islamisti. Faysal Barakat, uno studente dell’Università di Tunisi, militante di Al- Nahḍah, durante un dibattito televisivo aveva reclamato con audacia la libertà sindacale40. Una settimana più tardi, la famiglia annunciava la sua morte in un incidente stradale: una fatalità troppo frequente per i militanti politici tunisini.

36 N. Beau, J. Tuquoi, Notre amie Ben Ali, La Découverte, Parigi, 2002. 37

La Lega più antica del mondo arabo, aveva ottenuto diverse vittorie durante l’epoca di Bourguiba, conservando la sua autonomia dal potere e pubblicando articoli a sostegno di quella parte della popolazione vittima di violazione dei diritti umani.

38 N. Beau, J. Tuquoi, , op.cit. 39 Ibidem.

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Il paradosso per quanto riguarda il rispetto dei diritti dell’uomo in Tunisia, sta nel fatto che il governo di Ben ‘Alī si è sempre impegnato a portare avanti una propaganda, a livello internazionale, atta a far apparire lo stato come un paradiso per i diritti umani. Il Presidente infatti non ha mai esitato a dichiarare il suo impegno nel rispettare i diritti dell’uomo, presentandolo come uno dei punti fondamentali del suo programma politico. Diverse Conferenze sul tema sono state organizzate ogni anno con una grande opera di pubblicizzazione. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo era affissa in tutti i distretti di polizia; gli stessi posti in cui la violenza ingiustificata sui cittadini era una abitudine. L’Organizzazione Amnesty International lanciava nel 1999 un sito per portare avanti una contro-informazione al regime, tentando di smentire le falsità diffuse dallo stesso, in materia di diritti umani. Tuttavia in poco tempo sarà vietato ai tunisini l’accesso al sito41; nulla di più facile per un regime che è sempre riuscito a bloccare la connessione a tutte le fonti di informazione ostili, grazie ad uno stretto controllo delle reti.

1.5.3 L’informazione monopolizzata

La censura è stata un’arma per il presidente Ben ‘Alī sin dal momento in cui ha preso il posto del suo predecessore: i vertici politici hanno cercato di monopolizzare l’informazione, con ottimi risultati. L’informazione in uno stato poliziesco come quello di Ben ‘Alī è un elemento fondamentale e veniva creata direttamente da una cellula del palazzo presidenziale insieme alla collaborazione della direzione generale dell’informazione, poi rilevata dall’Agenzia Ufficiale di Stampa (TAP). Tutte le istituzioni capaci di costituire una minaccia sono state poste sotto tutela, dalla magistratura al Parlamento, dal sindacato ai partiti e alle università. Quello che il presidente ha voluto costruire all’esterno e all’interno del suo paese, attraverso un appiattimento dei toni di ogni tipo di informazione, era la concezione di uno stato fittizio, in cui l’unico garante della sicurezza e del benessere fosse proprio la figura di Ben ‘Alī42. In particolare, dopo l’inizio della prima guerra del Golfo, il governo ha approfittato del “pericolo islamista” per dare il via alla persecuzione degli attivisti islamisti all’interno del paese e quindi ai mezzi d’informazione da loro gestiti. Ad

41

N. Beau, J. Tuquoi, op.cit.

42

ARSF (Association Reporters Sans Frontières), Silence, on réprime, in «Reporters sans frontières» , http://fr.rsf.org/predator-silence-on-reprime.