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Il nodo della valutazione

FOCUS DELLA VALUTAZIONE L IVELLO P UNTEGGIO Linguistico

Step A, B1, C Punti di ogni step 20 Padronanza Corrispondenza livelli-punti Gradi punti 0 non raggiunto 1 basilare 2 intermedio 3 elevato 1 - 11 12 - 14 15 - 17 18 - 20 Professionale: realizzazione B 100 punti 1 - 55 60 - 73 74 - 87 88 - 100 Rispetto delle norme di sicurezza e tutela della salute B 20 punti 1 - 11 12 - 14 15 - 17 18 - 20 Professionale: programma- zione, verifica e consuntivo B 80 punti 1 - 32 48 - 58 59 - 69 70 - 80 Matematico C 30 punti 1 - 17 18 - 22 23 - 26 27 - 30 Scientifico C 30 punti 1 - 17 18 - 22 23 - 26 27 - 30 Tecnologico A, B1, C 20 punti 1 - 11 12 - 14 15 - 17 18 - 20 TOTALE

(da dividere per 10) 300 VALORE DI SOGLIA: 180/300

SCHEMA PER LA VALUTAZIONE: LIVELLI E PUNTEGGI

SCHEDA DI RACCOLTA DATI Cognome Nome

Classe Prova:

FOCUS DELLA VALUTAZIONE LIVELLO PUNTEGGIO Linguistico

Professionale: realizzazione

Professionale: rispetto delle norme di sicurezza e tutela della salute Professionale: programmazione, verifica e consuntivo

Matematico Scientifico Tecnologico Luogo ... Data ... Commissione ...

Dare sostanza alle competenze: il valore delle Rubriche

L’ordinamento nazionale del sistema di IeFP si è limitato ad evidenziare gli “stan- dard minimi” di riferimento, un elenco di abilità minime e saperi essenziali che aiu- tano ad inquadrare il campo dell’azione formativa, ma non offrono riferimenti per ciò che concerne il processo di valutazione e quindi per una certificazione attendibile, ancorata a evidenze reali. Per questo, la Federazione CNOS-FAP ha già da tempo optato per lo strumento della Rubrica delle competenze. Questa rappresenta una ma- trice che consente di identificare, per una specifica macro-competenza oggetto di formazione e valutazione, il legame che si instaura tra le sue componenti:

– le conoscenze ed abilità essenziali mobilitate dal soggetto nel corso dell’azione di apprendimento;

– le evidenze ovvero le prestazioni reali, significative e necessarie che costitui- scono il riferimento valutativo periodico e finale;

– i livelli di padronanza (EQF) che consentono di collocare la prestazione del soggetto entro una scala ordinale;

– i compiti che indicano le attività suggerite per la gestione del processo didattico. La Rubrica ha l’ambizione di colmare il vuoto lasciato dalla Conferenza Stato- Regioni il cui passaggio da un ordinamento centrato sui “programmi nazionali” ad un altro che predilige i “risultati di apprendimento” (knowledge outcome) risulta larga- mente incompiuto, e quindi equivoco, nel momento in cui ha prodotto gli “standard formativi” che sono in realtà standard di competenza poiché descrivono le cono- scenze, abilità e/o competenze necessarie per una determinata professione, mentre ha omesso di indicare gli standard di apprendimento e di valutazione-certificazione, ovvero le caratteristiche ed i livelli delle prestazioni attese affinché si possano rila- sciare i titoli ed i certificati previsti, limitandosi ad enunciare le competenze-tra- guardo articolate in conoscenze ed abilità.

La Rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sottogruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i seguenti tre utilizzi:

– Individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro prevalente- mente interdisciplinare;

– Verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo pertinen- te ed efficace da parte degli allievi;

– Rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indirizza- re l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormontare le cri- ticità emerse.

La Rubrica è uno strumento indispensabile di supporto dell’azione didattica nella logica della costruzione del percorso formativo, in modo condiviso tra i for- matori che compongono l’équipe. Essa inoltre fornisce un linguaggio operativo che consente di attribuire ad ogni enunciato circa i risultati di apprendimento, definiti

in forma di competenze articolate in abilità e conoscenze, le necessarie evidenze concrete. È uno strumento che esige un riscontro o validazione, composto di due passi:

– nel momento dell’elaborazione essa richiede una validazione provvisoria, che consiste nel riflettere sulla sua struttura, sul linguaggio, sul suo carattere evoca- tivo e di facilitazione dell’azione didattica;

– a seguito della sua applicazione essa chiede di essere validata rilevando i ri- scontri provenienti dal campo in cui si è sperimentata così da poter giudicare della sua consistenza e procedere ad una rielaborazione migliorativa.

Gli standard di competenza lasciano ai progettisti di percorsi formativi la libertà di fare le proprie scelte tenendo conto anche dei propri valori, dei propri modelli di rife- rimento e della tipologia della filiera formativa su cui lavorano. Se lo standard di com- petenza è il punto di arrivo di riferimento, la definizione del percorso per arrivare allo standard è lasciata alla libertà e alla responsabilità del soggetto che eroga formazione. È importante, quindi, tenere presente che lo standard non è una gabbia per i progettisti di formazione: è semplicemente un punto di riferimento condiviso da più soggetti. La libertà della progettazione formativa non è coartata dalla presenza degli standard. Anzi, la responsabilità dei progettisti di formazione ne viene esaltata. Se ben compre- si, gli standard sono un fattore di “liberalizzazione” della formazione e della didattica. Nell’ambito di questa libertà si può evitare un’interpretazione, per così dire, “al ribasso” del riferimento agli standard, volta ad appiattire i percorsi solo sulle com- petenze “minime” previste dagli standard medesimi. Il riferimento agli standard da parte dei progettisti delle UdA dovrebbe piuttosto essere dettato dall’orgoglio. Essi dovrebbero, infatti, sentire l’orgoglio di dimostrare che i risultati di apprendimento previsti dall’insieme delle UdA da loro progettate sono qualitativamente superiori (per ampiezza, per livello, ecc.) a quelli previsti dagli standard di competenza nazio- nali, non fosse che per il fatto che questi standard sono definiti come “minimi” per l’acquisizione della qualifica. Se gli standard di competenze fossero progressivi sti- molerebbero maggiormente, anche attraverso la loro strutturazione, a considerare ogni gradino degli standard non tanto un punto di arrivo minimo, ma un punto di partenza verso altri gradini verticali o orizzontali.

La valutazione osservativa e narrativa

Nell’ambito di una visione integrale ed unitaria della persona umana e del com- pito educativo teso al suo perfezionamento, va posta particolare attenzione al tema delle capacità personali e del comportamento. Il formatore deve saper porre attenzione a queste dimensioni in fase di progetto personale, di gestione delle esperienze di apprendimento, infine di valutazione. Quest’ultima ha come oggetto non soltanto la dotazione di risorse della persona sotto forma di conoscenze ed abilità, ma anche di un insieme di fattori che si pongono in tensione tra due poli:

a) il polo delle capacità personali, ovvero dei tratti della personalità dell’individuo che lo rendono un soggetto distintivo rispetto agli altri e che si propongono come potenziali- tà che richiedono di essere riconosciute e mobilitate così da divenire competenze; a) il polo dei comportamenti, ovvero l’investimento che tale individuo esprime in rife-

rimento ad un determinato ambito di vita che ne sollecita la responsabilità.

Le capacità personali rappresentano le caratteristiche della persona possedute su ba- se innata e appresa che riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazio- nale, socio-interpersonale. Esse riflettono i valori ed i contenuti propri dell’educazione che la persona vive specie nell’età evolutiva; si riferiscono quindi alla famiglia di appar- tenenza, alle agenzie educative e formative ma anche ai legami significativi individuali e di gruppo. Esse rappresentano le potenzialità dell’allievo che richiedono di essere ricono- sciute (innanzitutto a favore del destinatario stesso) e attualizzate. Tali capacità, raramen- te coltivate in modo formale dalle istituzioni formative, sono attualmente considerate pre- ziose per l’adattamento personale, interpersonale, scolastico e professionale. Viste nella prospettiva dell’azione, tali capacità consentono alla persona di sviluppare una particola- re disposizione nei confronti del contesto, rendendola capace di affrontare una serie specifica di problemi e compiti:

– scoprire le proprie preferenze cognitive – riconoscere le proprie tendenze emotive – individuare il proprio stile comportamentale – identificare i propri limiti e le proprie risorse – esplicitare le proprie mete

– sintonizzarsi con gli altri – comunicare con efficacia – collaborare e lavorare in gruppo – gestire i contrasti e negoziare – pianificare il proprio agire

– risolvere problemi e prendere decisioni

– potenziare le proprie strategie di apprendimento e di azione – diagnosticare il contesto di lavoro in cui si opera

– autoregolare il proprio comportamento organizzativo.

Ma la realtà dell’individuo, oltre che di capacità, è caratterizzata anche da un’altra dimensione che nell’ambito didattico prende il nome generico di “comportamento” ma che possiamo più precisamente definire “virtù personali” ovvero la disposizione a cercare e fare il bene, che si evidenzia nel modo in cui la persona si pone nei confronti di un parti- colare contesto, nel nostro caso quello formativo, e dei compiti e delle responsabilità che ad essa si propongono. Il comportamento può essere quindi reso con una serie di disposi- zioni morali che possono essere così articolate:

– in primo luogo si evidenzia attraverso la fiducia nella propria realtà personale ovve- ro la stima e la coscienza del proprio originale valore;

– in secondo luogo la capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, non solo ciò che si è scelto sulla base di una specifica predilezione ma anche ciò che si è obbligati a fare, significati buoni per sé e per la collettività;

– successivamente, esso indica la disposizione a mettersi in gioco in questo parti- colare contesto, ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole di fronte ai compiti ed ai doveri connessi in vista dell’accrescimento del bene personale, comunitario e sociale;

– ciò comporta quindi la dimensione dell’impegno che a sua volta significa mo- destia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fedeltà e senso dell’onore), forza d’animo e coraggio nel momento in cui si presentano avversità che posso- no essere costituiti da ostacoli oppure da distrazioni;

– tutto ciò si esprime attraverso l’assunzione di una disciplina, che consiste nel- l’apprendere una regola di vita e saperla tenere in modo rigoroso, ma anche nel- la pazienza che a sua volta significa saper tollerare i limiti altrui e quelli propri e disporsi ad una reciproca correzione resa convincente dal sentimento di frater- nità che si fonda sulla dedizione, l’affezione e la donazione personale in forza di una comune visione del bene.

In sintesi, le virtù personali che si intendono considerare nel giudizio circa i com- portamenti dei destinatari sono le seguenti:

– Fiducia nella propria realtà personale

– Modestia (moderazione nel considerare se stessi)

– Attribuzione di senso (cogliere significati buoni per sé e per la collettività) – Consapevolezza del valore della vita comunitaria

– Responsabilità e lealtà (fedeltà nei confronti degli altri circa le responsabilità assunte) – Impegno (grado di dedizione al compito)

– Pazienza (tollerare i limiti altrui e quelli propri)

– Forza d’animo e coraggio (resistenza a fronte delle avversità) – Disciplina (apprendere una regola di vita).

Mentre le capacità personali corrispondono ad un insieme di prestazioni poste in atto dall’allievo su specifici aspetti della propria realtà personale, le virtù indicano il suo orientamento al bene evidenziato tramite la manifestazione di atteggiamenti e comportamenti che ne indicano la dimensione prettamente morale. In questo senso, vi è continuità tra i due fattori, e nel contempo si può dire che l’analisi delle capaci- tà personali trova il suo sbocco naturale nella riflessone circa le caratteristiche morali della persona.

La riflessione circa le capacità personali consente di cogliere specifiche presta- zioni in ordine alle dimensioni evidenziate (autodiagnosi, relazione e comunicazio- ne, progettualità e metodo); accanto a questa riflessione ne va condotta un’altra che mira a cogliere nel “comportamento” della persona la manifestazione di virtù che ne indicano la dimensione prettamente morale. Di conseguenza, le virtù morali posso- no essere individuate attraverso un giudizio che connette i comportamenti della per- sona con ciò che può essere definita come la “Deontologia dello studente” – spesso inserita nel Regolamento – che indica i valori di riferimento dell’educazione, li fissa in regole ed atteggiamenti e ne fa oggetto di uno specifico Patto formativo che impegna reciprocamente i soggetti dell’educazione.

Come procedere quindi nelle pratiche di valutazione delle capacità e quindi delle virtù personali?

La nostra prospettiva ci porta a delineare due gradi del lavoro di valutazione: – in un primo tempo occorre rendersi consapevoli di quali sono le capacità della

persona, sia intese come corredo personale di partenza, sia di disposizione nei confronti di una specifica serie di compiti;

– ma questa tappa va vista in rapporto ad un passo ulteriore, quello della riflessio- ne circa la disposizione della persona al bene, ricavato dai valori su cui si fonda il patto formativo tra istituzione e studente.

Nella valutazione delle capacità personali il formatore deve fare i conti con una serie di difficoltà. Una prima difficoltà risiede nel fatto che le capacità personali non possono essere trattate alla stessa stregua delle competenze tecniche. Essendo, infat- ti, capacità strettamente legate al sé dell’allievo e che risentono fortemente della sua storia di apprendimento (familiare, scolastica, sociale) richiedono una valutazione prevalentemente formativa piuttosto che sommativa.

Ne deriva che, a differenza delle competenze tecniche, per le quali la valutazio- ne si basa su azioni e prestazioni osservabili fornite dall’allievo e intese come indi- catori di padronanza, le capacità personali necessitano di riferirsi, per la loro valuta- zione, non solo alle prestazioni osservabili, ma anche ai processi ad essa sottesi, os- sia alle procedure attraverso le quali le capacità sono potenziate e raggiunte.

In secondo luogo, anche quando ci si vuole riferire alle prestazioni osservabili, non si dispone di strumenti idonei che descrivano operativamente, per le singole ca- pacità personali, gli obiettivi perseguiti con i relativi criteri di padronanza; di qui il rischio di incorrere in giudizi valutativi che risentono del soggettivismo e dell’ap- prossimazione.

Infine, poiché gran parte del lavoro sulle capacità personali è indirizzato ad am- pliare l’autoconoscenza e a stimolare le promozione della propria realtà personale, da parte degli allievi, è indispensabile che il processo valutativo consenta, a questi ulti- mi, di controllare l’andamento del proprio apprendimento in fase di attuazione, per- mettendo gli aggiustamenti dovuti; ne deriva la necessità di ricorrere a modalità al- ternative di valutazione che includano la possibilità di monitorare i dati in evoluzio- ne da parte degli allievi stessi. In sintesi, nel valutare le capacità personali si è chia- mati a verificare non solo ciò che un allievo sa, ma anche ciò che sa fare con ciò che sa e tramite quali processi arriva a farlo. Tutto questo obbliga inevitabilmente a ri- pensare e ad innovare il processo di valutazione.

Nella valutazione delle virtù personali occorre considerare innanzitutto l’insie- me dei comportamenti che la persona ha tenuto e di cui è rimasta traccia nelle varie attività che essa ha svolto, oltre che nelle conversazioni che ha sostenuto come pure nelle vicende che ha vissuto, ivi comprese anche quelle non strettamente di caratte- re didattico, ma comunque significative, come la vita di gruppo, i trasferimenti, i mo- menti di inattività.

mento che specifica sia le regole di comportamento sia i criteri deontologici che le ispirano, a loro volta manifestazioni di una “disposizione al bene” dell’allievo, tali quindi da renderli un fattore del processo educativo complessivo.

I comportamenti, se visti in questa prospettiva, sono rivelativi di atteggiamenti a loro volta connessi a categorie di valore che vanno perciò esplicitate sin dall’inizio nel modo più chiaro e comprensibile.

Non basta dire “ci si deve comportare così”: occorre evidenziare il valore su cui tale atteggiamento si fonda; inoltre quest’ultimo dev’essere espresso in modo da chia- rire il “bene” che ne deriva alla persone/alle persone.

Ciò significa non solo sollecitare un comportamento conforme ad una norma, ma soprattutto favorire l’adesione ad una prospettiva morale che contribuisce a rendere la persona più persona ovvero più autentica, più socievole, maggiormente in grado di contribuire con i propri talenti ad un’opera buona. Una prospettiva che viene assun- ta in primo luogo dalla comunità educante per poter essere credibile nei confronti degli allievi.

Ecco un esempio di regola costruita nella logica di mero comportamento conforme:

“Per poter svolgere con profitto l’attività didattica è richiesto a tutti un atteggiamento responsabile circa la puntualità, l’uso corretto delle aule, l’ordine e la calma negli spostamenti dalle aule ai laboratori (e viceversa) e il rispetto per le esigenze degli altri”.

Proponiamo ora un esempio di regola che richiama un valore reso in modo esplicito:

“Il rispetto delle persone è il valore primario che sta alla base di ogni rapporto, indipendentemente dai ruoli e dalle competenze di ciascuno. Nelle relazioni che si in- staurano a scuola, gli allievi ed i docenti sono i primi protagonisti delle forme dell’esi- stere insieme. Ai docenti è richiesto il rispetto dell’alunno e delle sue opinioni. La valu- tazione terrà conto del profitto, della continuità dell’impegno, dell’attenzione e della partecipazione”.

Ecco infine un ultimo esempio di espressione di valore che indica una recipro- cità tra docenti ed allievi:

“La puntualità è un valore non solo per l’orario di ingresso ma anche per quello di uscita, non solo per gli allievi ma anche per gli insegnanti. Gli allievi hanno diritto a spiegazioni chiare e complete, secondo la metodologia didattica della Formazione Professionale”.

Ma la valutazione del comportamento/delle virtù personali non può essere ricondotta unicamente ad una verifica del rispetto o meno del regolamento.

Infatti, l’aspetto morale rappresenta una dimensione rilevante dell’educazione della persona che non può essere rappresentata solo (ed in alcuni casi neppure) come conformità, ma segue piuttosto una dinamica di scoperta, di prova, di consapevolez- za del limite, di superamento verso una nuova maturazione.

Quindi, i comportamenti conformi alla regola sono un elemento rilevativo degli atteggiamenti, ma non possono essere concepiti come “il” bene in sé. Ciò comporta alcune conseguenze:

– occorre sempre passare dal riscontro del comportamento alla riflessione in co- mune sul senso dello stesso, affinché la persona sia sollecitata ad una consape- volezza circa il proprio modo di condursi ed i valori o le pulsioni cui fa riferi- mento;

– esiste infatti il caso di una condotta conforme che mira unicamente ad acquisire prestigio presso l’autorità scolastica, ma non è già fattore di bene;

– vi sono poi personalità che non richiedono sforzo nell’adempiere ai compiti ri- chiesti: si tratta di soggetti dotati di notevoli capacità personali o predisposizio- ni alle regole, mentre altre impiegano molte più energie nel perseguire veri pro- gressi che ai primi possono sembrare invece minimi;

– in taluni casi ben circoscritti, la trasgressione della regola può anche essere vista come manifestazione di una coscienza di bene, quando questo si associa ad esempio ad un aiuto rivolto ad una persona in stato di difficoltà, per soccorrere la quale è necessario contraddire una regola sancita;

– l’errore, se gestito opportunamente, può essere fonte di maturazione e di miglioramento; quindi l’enfasi non va posta tanto sul conteggio aritmetico delle inadempienze, quanto sullo sforzo teso al superamento di tendenze non confor- mi al bene;

– nell’attuale stato delle relazioni intergenerazionali, va considerata la forte ne- cessità di certezza e di coerenza che i giovani richiedono agli adulti, mentre que- sti ultimi tendono ad essere più problematici a causa della cultura relativistica di cui sono imbevuti; ciò impone di adottare sempre il punto di vista dei ragazzi, e non di attribuire loro un vissuto che è tipico degli adulti.

Evidentemente, tutto l’ambito dei comportamenti e delle capacità personali richiede una strategia di valutazione che può prevedere le seguenti attenzioni: Osservazione in aula e fuori dall’aula

Parte integrante del processo di valutazione è rappresentata dall’osservazione. Quest’ultima, se realizzata con accuratezza e nella variabilità spazio-temporale, con- sente di ottenere informazioni preziose sui comportamenti e sulle prestazioni degli al- lievi. Per questo, si richiede al formatore di osservare e registrare quei comporta- menti degli allievi che possono essere indicativi della presenza o meno di determinate capacità personali e virtù morali. Le osservazioni possono essere libere oppure basa- te su schede già predisposte.

Il diario delle attività

Nella valutazione del comportamento e delle capacità personali ampio spazio è dato all’autovalutazione. È, infatti, importante che gli allievi considerino la cono- scenza delle loro possibilità e competenze, oltre che delle disposizioni morali, come un obiettivo formativo e non semplicemente come un impegno sporadico e occasionale.

Per questo può essere utile il ricorso al diario delle attività. Al termine di uno spe-