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Focus sul sistema bancario italiano: i principali grupp

2. L’IMPATTO DI BASILEA 3 SUL CAPITALE DELLE BANCHE

2.3. I possibili impatti di Basilea 3 sul sistema bancario italiano

2.3.1. Focus sul sistema bancario italiano: i principali grupp

Il 2016 è stato un anno di svolta e di cambiamenti per il sistema bancario italiano. Il settore è stato interessato da importanti novità regolamentari, sia a livello nazionale, come la riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo, foriere di una nuova ondata di aggregazioni tra gli istituti, sia a livello europeo, con il recepimento della direttiva UE BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), che tra le varie novità ha introdotto, dal 1° gennaio 2016, il cosiddetto bail-in di cui ci siamo occupati nei capitoli precedenti, uno dei meccanismi di risoluzione delle crisi bancarie previste dal Supervisory Resolution Mechanism (SRM). La nuova regolamentazione ha portato con sé nuove regole e procedure armonizzate a livello europeo per prevenire e gestire le eventuali situazioni di crisi degli istituti bancari.

Al fine di valutare e interpretare i principali trend che stanno interessando il sistema bancario italiano, con riferimento in particolar modo alla composizione del capitale e al rispetto dei requisiti minimi, andremo adesso ad analizzare nello specifico la situazione patrimoniale dei maggiori gruppi bancari italiani, per poi concentrarci sui 2 maggiori. In seguito agli scandali bancari che hanno colpito migliaia di persone nel nostro Paese, la solidità patrimoniale delle banche italiane è diventata un parametro di enorme importanza per i risparmiatori, dal punto di vista patrimoniale la solidità di una banca si riconosce si riconosce tramite l’analisi del CET1 e del Total Capital Ratio, tali indicatori sono di comprensione immediata se si vuole valutare l’affidabilità di una banca, tuttavia nel valutare quanto è sicura una banca non sono gli unici parametri di riferimento in quanto è necessario effettuare un’analisi approfondita tenendo conto di altri fattori come il livello di sofferenze del gruppo e il loro grado di copertura, fattori che tuttavia tralasceremo per concentrarci sulle tematiche del capitale.

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Nella tabella successiva sono riepilogati i valori del Common Equity Tier 1 (CET1) e Total Capital Ratio delle prime 20 Banche italiane (dati a fine 2015):

Tabella 2.1 Coefficienti Patrimoniali delle prime venti banche Italiane

Banca/Gruppo Bancario CET1 ratio TOTAL CAPITAL ratio

Mediolanum 18,80% 18,80%

Banca IFIS 15,34% 16,03%

Credem 13,64% 14,92%

Banca Generali 13,40% 15,10%

Intesa San Paolo 13,40% 17,30%

UBI Banca 13% 15,31% Banco Popolare 12,75% 15,60% Medio Banca 12,45% 15,30% Banca Carige 12,20% 14,90% Mps 11,98% 16,32% Bper 11,62% 13,10% Bpm 11,44% 14,36%

Banco Popolare di Bari 11,03% 14,55%

Cariparma 11% 13,30%

Banco di Desio 10,60% 13,20%

Unicredit 10,53% 14,11%

Banca Popolare di Sondrio 10,14% 12,06%

Banca Sella holding 9,37% 11,93%

Bnl 9% 11,70%

Veneto Banca 7,12% 8,13%

Banca Popolare di Vicenza 6,81% 7,63%

La soglia minima di CET1 prevista dalla BCE per le banche italiane come già detto è del 10,5%, nel nostro Paese, come si evince dalla tabella, ci sono alcuni istituti che vanno ben al di sopra di tale cifra, vediamo nel dettaglio i sei che spiccano maggiormente:

o FinecoBank: Tale banca appartenente al gruppo Unicredit è quella che al momento, nel nostro Paese, vanta la maggiore solidità patrimoniale in assoluto. A fine 2015 il suo CET1 ratio era del 20,43%, quasi 10 punti percentuali sopra la soglia minima, inoltre nei primi tre trimestri del 2015 Finecobank ha realizzato un utile netto di quasi 150 milioni di euro ed ha superato il milione di clienti. Nella tabella tuttavia tale banca non viene considerata in maniera separata in quanto appartenente al gruppo Unicredit che considerata nell’insieme ha un coefficiente Patrimoniale molto più basso che rasenta la soglia del 10,5%;

o Mediolanum: Al secondo posto si piazza l’istituto bancario milanese. Il suo CET1 è poco superiore al 18%, dato che la mette diversi gradini sopra rispetto alla media

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italiana (10,5% circa). In vista degli stress test che la BCE effettuerà l’anno prossimo per le banche di piccole-medie dimensioni, si tratta di un risultato brillante che garantisce tranquillità ai suoi risparmiatori;

o Banca IFIS: Sul gradino più basso del podio si piazza la veneziana IFIS, specializzata nella gestione dei crediti commerciali e fiscali. Secondo i dati aggiornati a fine 2015, l’istituto vanta un CET1 superiore al 15%. Inoltre il 2015 si è chiuso con un utile netto che ha sfiorato i 180 milioni di euro;

o Credem e Banca Generali: entrambe le banche sono un esempio di solidità patrimoniale. Secondo i calcoli effettuati con i dati disponibili a fine 2015, infatti, il CET1 è rispettivamente del 13,64% e del 13,4%, un risultato sopra la media nazionale per entrambi gli istituti;

o IntesaSanpaolo: L’indice di solidità patrimoniale di un’altra delle ‘big’ italiane è identico a quello di Banca Generali: 13,4% anche per il gruppo IntesaSanpaolo, un dato che evidenzia una solidità maggiore rispetto ad uno dei suoi diretti concorrenti (Unicredit, il cui CET1 è del 10,5%).

Veneto Banca e Popolare di Vicenza hanno requisiti patrimoniali pessimi, al limite dell’insolvenza e devono ottenere capitali dal mercato. Un eventuale fallimento nell’ottenimento di capitali freschi determinerebbe in automatico la procedura di salvataggio bancario conosciuta come Bail-in, inoltre è attualmente in corso la procedura di fusione tra il gruppo bancario Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, la BCE ha approvato il progetto di fusione imponendo però un aumento di capitale a carico del nuovo soggetto che nascerà dalla fusione, tale aumento è stato imposto soprattutto a causa dei NPL (Non Performing Loans)47 che sono sempre stati una spina nel fianco per il Banco Popolare,stando al prospetto, la BCE ha chiesto che il nuovo soggetto, una volta completata la fusione, abbia un livello di coperture delle sofferenze pari al 62% della media delle prime tre banche del Paese. E’ da notare inoltre la strana situazione di Unicredit, la quale ha coefficienti di patrimonializzazione molto bassi, ma ha scelto di non fare aumenti di capitali e di ripatrimonializzarsi per linee interne con un aggressivo

47 I Non Performing Loans (prestiti non performanti) sono attività che non riescono più a ripagare il capitale e gli interessi dovuti ai creditori. Si tratta in pratica di crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per ammontare dell’esposizione. I non performing loans nel linguaggio bancario sono chiamati anche crediti deteriorati e si distinguono in varie categorie fra le quali le più importanti sono gli incagli e le sofferenze.

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piano industriale di taglio dei costi (e dunque licenziamenti), la controllata Fineco viceversa si trova al top o quasi della classifica.

Gli Stress Test EBA 2016

Per valutare gli impatti e monitorare la situazione patrimoniale delle nostre banche è molto importante prendere in considerazione i risultati degli ultimi stress test effettuati dall’EBA. Il 29 Luglio 2016 infatti è stato un giorno importante per le banche ed i mercati, in quanto l’EBA ha pubblicato i risultati dei 2016 EU-wide stress test delle maggiori banche Europee fra cui le principali cinque italiane (Unicredit, IntesaSanpaolo, Banca Monte dei paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca) condotti in collaborazione, per quanto riguarda le banche italiane, con Banca d’Italia, Banca Centrale Europea (BCE), Commissione Europea e Comitato Europeo per il rischio sistemico (CERS)48. Si tratta di un esercizio severo, che valuta la capacità di tenuta delle grandi banche europee in condizione economiche e finanziarie avverse con bassa probabilità di realizzarsi, gli stress test sono uno strumento di monitoraggio e vigilanza molto importante, possono essere utilizzati per quantificare immediate esigenze di rafforzamento patrimoniale, o per fornire alla Vigilanza indicazioni utili ai fini dell’ordinaria attività di supervisione. Gli stress test non hanno stabilito una soglia minima di promozione o bocciatura ma hanno fornito informazioni cruciali nell’ambito del processo di revisione prudenziale nel 2016. I risultati hanno consentito alle autorità competenti di valutare la capacità degli istituti testati di rispettare i relativi requisiti minimi e aggiuntivi di fondi propri, a fronte di scenari di stress basati su metodologia e ipotesi comuni. Lo scenario avverso dello stress test è stato definito da BCE e CERS e copre un orizzonte temporale di tre anni, fino al 2018. Nello scenario avverso si ipotizza per l’Italia una caduta del PIL reale nel triennio 2016-18 di quasi sei punti percentuali rispetto alle previsioni dello scenario di base. Nel 2018 il livello del prodotto sarebbe di circa 10 punti percentuali inferiore a quello osservato all’inizio della crisi finanziaria (2007); si tratterebbe di una perdita senza precedenti dall’ultimo conflitto mondiale. Lo scenario avverso ipotizza inoltre un aumento nel triennio del rendimento dei titoli di Stato italiani a lungo termine di circa 100 punti base, che comporterebbe una svalutazione del 12 per cento di tali titoli

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Tabella 2.2 Evoluzione delle principali variabili macroeconomiche italiane nell’esercizio di stress (valori percentuali)

Scenario di Base Scenario Avverso

Deviazione (1) 2016 2017 2018 2016 2017 2018

Tasso di crescita del PIL 1,5 1,4 1,7 -0,4 -1,1 0,0 -5,9

Tassi a lungo termine 1,8 2,0 2,1 2,9 3,0 3,0 1,0

Fonte: ERSB/EBA, Adverse macro-financial scenario for the EBA 2016 EU-wide bank stress testing exercise, 29 gennaio 2016.

(1) Cumulata della differenza tra scenario avverso e scenario di base nel caso del PIL; media delle differenze tra i livelli nei due scenari nel caso dei tassi.

Lo stress test è stato condotto in base a un’ipotesi di bilancio statico al dicembre 2015, ciò significa che al fine di valutare la solidità delle banche sottoposte all’esercizio secondo un quadro analitico comune e in base a informazioni comparabili, l’approccio trascura volutamente le azioni che le banche potrebbero mettere in atto nel corso del triennio per attenuare gli effetti negativi degli shock. Nell’esercizio di quest’anno si rileva inoltre l’introduzione di uno shock idiosincratico, che ipotizza l’immediato declassamento del rating della banca di due livelli con effetti irreversibili lungo tutto il triennio considerato. Per le banche con bassi rating iniziali (ad es. B-) questo declassamento determina, a sua volta, un significativo aumento del costo della raccolta, fino a 220 punti base per l’emissione di titoli senior, per le banche con rating deboli, la combinazione del principio del bilancio statico con l’ipotesi dello shock idiosincratico è particolarmente penalizzante, in quanto assume l’erogazione di nuovi finanziamenti già in perdita fin dal momento della concessione. Al fine di assicurare confronti omogenei tra le banche, a prescindere dai trattamenti fiscali dei differenti paesi, la metodologia vieta inoltre il riconoscimento dei benefici fiscali da differenze temporanee, come ad esempio quelli derivanti dalla svalutazione degli strumenti finanziari iscritti nel portafoglio disponibile per la vendita (Available For Sale, AFS). Dopo aver esposto in sintesi le caratteristiche e le condizioni dell’esercizio andiamo adesso ad analizzare i risultati per le banche italiane49.

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Nonostante la severità dell’esercizio e le forti tensioni degli ultimi anni, quattro delle cinque principali banche italiane comprese nel campione EBA mostrano una buona tenuta. Per queste banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca) l’impatto ponderato sul capitale (CET1) derivante dallo scenario avverso è pari a 3,2 punti percentuali a fronte del 3,8 per cento della media del campione EBA. Comprendendo anche il Monte dei Paschi, l’impatto sarebbe, in termini ponderati, di 4,1 punti percentuali. Nello specifico i risultati sono i seguenti: Per IntesaSanpaolo evidenziano un coefficiente patrimoniale Common Equity Tier 1 ratio (CET1 ratio) risultante dallo stress test al 2018, anno finale della simulazione, pari a: - 12,8% nello scenario base; - 10,2% nello scenario avverso, rispetto al 13% di partenza registrato al 31 dicembre 2015. I risultati di UniCredit nel 2018 sono i seguenti: Scenario base: CET1 ratio all’11,57%, 98pb in più rispetto al CET1 ratio transitional a fine dicembre 2015; Scenario avverso: CET1 ratio al 7,12%, 347pb in meno rispetto al CET1 ratio transitional a fine dicembre 2015, sulla base di questi risultati Unicredit ha dichiarato che lavorerà con il Single

Supervisory Mechanism (SSM)50 per capire fino a che punto azioni manageriali credibili possano compensare parte dell'impatto dello scenario avverso, per valutare l'impatto dei risultati su piani di capitale forward looking di Unicredit e la sua capacità di soddisfare la necessità di fondi propri. Gli stress test di UBI Banca hanno condotto ai seguenti risultati: nello scenario di base: un impatto di +139 punti base, con un conseguente CET1 ratio fully loaded al 31 dicembre 2018 pari al 13,01%; nello scenario avverso: un impatto di - 277 punti base, con un conseguente CET1 ratio fully loaded, si nota però che circa il 50% dell’impatto è ascrivibile alle ipotesi particolarmente severe sulla svalutazione dei titoli governativi in termini di riserva AFS, tema peraltro già indirizzato nel recente Piano Industriale 2019/2020, che prevede la riduzione e la ricomposizione del portafoglio titoli di proprietà. I risultati del Banco Popolare sotto le condizioni imposte dagli scenari dello Stress Test 2016 portano ai seguenti multipli: CET1 ratio post impatto Stress Test baseline scenario pari a 14,61%; CET1 ratio post impatto Stress Test adverse scenario pari a 9,05%, l’istituto puntualizza che nelle proiezioni non di CET 1 sopra indicate non è incluso l'aumento di capitale che il Banco Popolare ha completato nel mese di giugno 2016. Il Monte dei Paschi di Siena, che supera il test nello scenario di base, mostra nello

50 Il meccanismo di vigilanza unico (SSM) è il nome del meccanismo che ha concesso alla Banca centrale europea (BCE) un ruolo di supervisione per monitorare la stabilità finanziaria delle banche con sede in Stati partecipanti a partire dal 4 novembre 2014, il ruolo del SSM sarà approfondito più avanti nel paragrafo riguardante il Comprehensive assessment.

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scenario avverso un risultato negativo. Infatti il MPS insieme a Raiffeisen in Austria, Banco Popular in Spagna e due delle principali banche irlandesi hanno ottenuto i peggiori risultati negli stress test 2016. Le condizioni del Monte dei Paschi di Siena sono da tempo all’attenzione dell’SSM. Dal novembre del 2013 il gruppo è sottoposto a un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea, tuttora in corso, durante il quale sono stati conseguiti risultati notevoli, sul piano della razionalizzazione organizzativa e dell’abbattimento dei costi, circa la metà della complessiva riduzione di capitale registrata dal Monte dei Paschi è attribuibile alla diminuzione del margine di interesse; la restante parte è dovuta all’incremento delle deduzioni patrimoniali e delle perdite su crediti e alle svalutazioni sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio AFS. Per due terzi circa l’impatto a conto economico è dovuto alla riduzione del margine di interesse. In particolare, l’entità dello shock idiosincratico (pari a 220 punti base), commisurato al rating di partenza della banca (B-), è di gran lunga superiore a quello previsto per banche con rating migliori (25 punti base, per le banche con rating AAA), specie se si considera che tale shock produce i suoi effetti per tre anni consecutivi, Il Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi ha oggi deliberato un piano che prevede la cessione dell’intero portafoglio di crediti in sofferenza e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, che consentirà di incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti crediti deteriorati. Per effetto di tale operazione, la banca deterrà prestiti deteriorati, ma non in sofferenza, in linea con quelli medi del sistema bancario italiano. Il patrimonio di Vigilanza della banca si manterrà sugli attuali livelli e la redditività potrà risentire di miglioramenti sia sul fronte dei costi della provvista e del credito sia su quello del rendimento dell’attivo e della liquidità Dopo uno sguardo generale dei coefficienti patrimoniali delle maggiori banche italiane, e un analisi dei risultati dello stress test 2016, ci soffermeremo adesso sull’analisi dei requisiti patrimoniali dei 2 maggiori gruppi bancari italiani in termini di totale attivo. Tali due gruppi bancari sono Unicredit e IntesaSanPaolo, quest’ultime sono le due banche italiane più grandi in termini di totale attivo e sono le uniche (insieme al Monte dei Paschi di Siena) ad avere una dimensione internazionale e ad essere considerate in un’ ottica di vigilanza a livello Europeo oltre ad essere le uniche a poter reggere il confronto con le “Big” mondiali, per tale motivo le abbiamo scelte in modo da approfondire la loro situazione economico-finanziaria con un focus specifico sui requisiti patrimoniali; si vuole in questo modo tramite la seguente analisi dare un riscontro pratico per quanto riguarda i prospetti di vigilanza delle due banche in modo da avere un’ idea di quali

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strumenti è effettivamente composto il patrimonio di vigilanza delle nostre banche italiane dopo aver affrontato tale argomento in maniera dettagliata nel capitolo primo.

Unicredit

Il Gruppo Unicredit ha risentito della grande crisi finanziaria del 2007-2011 e ha, perciò, provveduto nel corso degli anni a porre in essere una serie di interventi volti al rafforzamento patrimoniale che hanno allineato definitivamente i coefficienti patrimoniali di Unicredit ai migliori standard mondiali, permettendo alla banca di non ricorrere agli aiuti statali. Nel 2012 il Consiglio di Amministrazione di Unicredit procede ad un aumento di capitale per quasi 7,5 miliardi di euro integralmente sottoscritto e durante l’esercizio 2013 viene deliberato un nuovo rafforzamento patrimoniale pari a 6.907.674 euro in seguito alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di performance definiti nel Piano delle risorse strategiche del Gruppo approvato dall’Assemblea dei soci nel corso dell’anno precedente. Dal bilancio consolidato del Gruppo Unicredit in base ai dati sul secondo trimestre del 2016 si evince un patrimonio di vigilanza di 56.325.889 euro, suddiviso in patrimonio di base per 45.500 milioni di euro (composto al 92,2% da Capitale primario di classe 1) e in patrimonio supplementare per 10.825 mln, rispetto all’anno scorso il PV ha avuto un incremento di circa un punto percentuale, anche se in confronto col 2014 ha avuto un brusco calo di quasi il 5%. Se si effettua un confronto con l’anno 2011 inoltre è possibile vedere come negli anni a seguire sia aumentata la componente del Common Equity a scapito del T1, in linea con quanto disposto dalla nuova normativa che vede assegna al Common Equity un ruolo primario.

Grafico 2.2 Composizione fondi propri del Gruppo Unicredit (in milioni di euro)

41997 41375 41955 2054 3501 3544 14913 10658 10825 0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 2014 2015 2016

Composizione Fondi Propri Unicredit

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Dal prospetto di composizione del Patrimonio di Vigilanza di Unicredit, presente nell’informativa al pubblico (Pillar 3) e riportato qui sotto, si osserva che vi è stata una riduzione delle riserve sovrapprezzo per copertura perdita dell’esercizio 2015 della capogruppo UniCredit SpA ed incremento della Riserva Legale, come deliberato dall’Assemblea straordinaria del 14 aprile 2016, vi è anche stato un aumento di capitale (per 548 milioni) connesso all’operazione di scrip dividend come deliberata dall’assemblea straordinaria del 14 aprile 2016 oltre ad aumento gratuito di capitale mediante emissione di azioni da assegnare ai dipendenti per piani incentivazione.

Tabella 2.3 Prospetto di composizione del Capitale Primario di classe 1 (CET1) in milioni di euro

CAPITALE PRIMARIO DI CLASSE 1(CET1) 30.06.2016 31.12.2015 31.12.2014

Strumenti di capitale e le relative riserve sovrapprezzo azioni 34.543 35.551 35.222

Utili non distribuiti 11.158 8.832 6.761

Altre componenti di conto economico complessivo accumulate 531 1.445 2.854

Interessi di minoranza 1.906 2.306 2.640

Utili di periodo verificati da persone indipendenti al netto di tutti gli oneri o dividendi

prevedibil

1.321 1.445 1.311

Capitale Primario di classe 1 prima delle rettifiche regolamentari

49.460 49.124 48.790

Rettifiche regolamentari:

Rettifiche di valore supplementari -194 -200 -399

Attività immateriali (al netto delle relative passività fiscali) -5.708 -5.776 -5.595

Aggiustamento transitorio connesso allo IAS 19 1.397 1.463 2.711

Attività fiscali differite che dipendono dalla redditività futura, escluse quelle derivanti da differenze temporanee

differenze temporanee

-197 -123 -51

Riserve di valore equo relative agli utili e alle perdite generati dalla copertura dei flussi di

cassa

-335 -492 -579

Importi negativi risultanti dal calcolo degli importi delle perdite attese

-1 - -177

Utili o perdite su passività valutate al valore equo dovuti all'evoluzione del merito di credi

-303 -214 -195

Attività dei fondi pensione a prestazioni definite -47 -43 -43

Strumenti propri di capitale primario di classe 1 detenuti dall'ente direttamente o indirettamente

indirettamente

-20 -30 -20

Importo dell'esposizione degli elementi, che possiedono i requisiti per ricevere un fattore di ponderazione del rischio pari al 1250%, quando l'ente opta per la deduzione

-234 -172 -155

Rettifiche regolamentari applicabili al capitale primario di classe 1 in relazione agli importi

soggetti a trattamento pre-CRR

-410 -362 -402

Rettifiche regolamentari relative agli utili e alle perdite non realizzate ai sensi degli articoli 467 e 468

467 e 468

-1.449 -1.796 -1.884

Totale delle rettifiche regolamentari al Capitale primario di

classe 1 (CET1) -7.505 -7.749 -6.793

Capitale primario di Classe 1 (CET1) - Totale 41.955 41.375 41.997

La voce Interessi di minoranza include l’ammontare degli interessi di minoranza ammessi nei Fondi Propri consolidati ai sensi delle disposizioni transitorie di cui agli articoli 479

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e 480 del CRR. La diminuzione rispetto al 31 dicembre 2015 è prevalentemente connessa alla progressiva riduzione della quota computabile nel Capitale Primario di Classe 1 durante il regime transitorio (40% ammesso per il 2016). L’utile del primo semestre 2016, pari a 1.321 milioni, è pienamente riconosciuto nei Fondi Propri in coerenza con l’autorizzazione formale da parte dell’Autorità competente, al 30 giugno 2016 la riserva di valutazione delle perdite attuariali nette, negativa per 2.964 milioni e ricompresa