Alcuni anni precedenti la pace di Passarowitz (1718), al concludersi del conflitto con l’Impero Ottomano, la Repubblica di Venezia si trova a gestire una situazione delicata in una delle zone di maggiore conflitto.
338 ASV, IS, b. 48 ai provveditori generali in Dalmazia ed Albania 1755-1764, c. 344 alla data 13 gennaio 1755.
339 ASV, IS, b. 139 Lettere ai provveditori Generali di Mar 1776-1781, nr. 463; Preto, I servizi segreti di Venezia, cit., p. 341.
340 Carica suprema nominata dal Maggior Consiglio che divenne stabile a partire del 1597 con sede a Zara. Possedeva attribuzioni politiche, militari ed economiche. Autorità giudiziaria di seconda istanza.
341 Deteneva il comando supremo della flotta armata e risiedeva a Corfù. Dopo la guerra di Candia divenne il governatore militare e civile dell’Eptaneso. Era eletto dal Senato.
Il provveditore generale d'Albania e Dalmazia, Angelo Emo, aveva ricevuto il 19 settembre del 1716 una missiva da parte degli Inquisitori di Stato nella quale si comandava «l'essecuzione per un risoluto rimedio» del «noto vescovo di Cettigne». La decisione del tribunale teneva in considerazione «il giusto peso alle conseguenze derivar possono dal mal talento d'un tal uomo»342, «il di lui mal genio, e le preggiudicialissime conseguenze che produr possono le di lui velenose insinuazioni à quei popoli»343. La missiva pone subito in risalto che ci si trovava di fronte a un fomentatore che avrebbe potuto avere un peso sulla politica veneziana di quella zona. Il provveditore rispondendo in cifra alcuni mesi dopo inviava una descrizione di come il monastero fosse stato trasformato in una fortezza con guardie armate, situazione che non poteva che prevedere un attacco per strada o qualche stratagemma. Cetinje era una città della Regione Balcanica e aveva avuto una guarnigione veneta dal 1688 al 1692 ricoprendo il ruolo cruciale di centro della resistenza contro i Turchi. Nel 1696 il giovane monaco del monastero di Cetinje, Danilo Petrović chiamato Njeguš (1677- 1735)344, era stato eletto vladika, titolo equivalente a quello di vescovo, del Montenegro. Fin dal 1711 Danilo Petrović si era orientato maggiormente su posizioni filorusse, accusando Venezia, in una lettera inviata allo zar Pietro I, di attentati con il veleno.345 Una scomoda verità. Tre anni dopo l’attacco del pashà Bosniaco, il vescovo si era recato in Russia dallo Tsar, Pietro il Grande, il quale riconobbe al Montenegro aiuti finanziari. Questo aspetto era il principale motivo per il quale Venezia lo voleva morto. Allo stesso tempo l’Assemblea generale montenegrina prese parte alla guerra in corso al fianco della Repubblica di Venezia che ratificò nel senato un trattato il 7 marzo 1717 nel quale il Montenegro diventava protettorato della Repubblica in cambio dell’autonomia politica e religiosa. Si venivano a creare due partiti: pro-Russia capeggiati dal vescovo Danilo e pro-Venezia e successivamente l’Austria che trovavano il loro rappresentante in Vukadin Vukotić. La situazione, pertanto, si era complicata. Nei registri delle annotazioni alla data 14 maggio 1717 in Consiglio di Dieci viene presa in considerazione la posizione del vescovo di Cetinje in Albania346.
342 ASV, IS, b. 258, c. alla data 11 novembre 1716.
343 ASV, IS, b. 46 lettere ai provveditori generali in Dalmazia ed Albania 1624-1736, c. nr. 126 alla data 19 settembre 1716.
344 D. Caccamo, Venezia, Pietro il Grande e i Balcani, in Studi balcanici. Pubblicati in occasione del VI Congresso internazionale dell’Assocation Internazionale d’études sud-est européennes, Sofia 30 agosto – 5 settembre 1989, a cura di F. Guida e L. Valmarin, Carucci, Roma, 1989, pp. 61-83. 345 Preto, I servizi segreti di Venezia cit., p. 340.
346 ASV, IS, b. 529, Annotazioni 1701-1723, reg. 4 principia 1701 4 novembre sin tutto luglio 1719, c.94r..
Al Provveditore Generale rimaneva ben chiara il ruolo del principe-vescovo all’interno di un triangolo costituito dalla popolazione cristiana, quella turca e dalle stesse mire dello Zar di Moscovia.
I Capi del Consiglio di Dieci avevano rimesso la questione agli Inquisitori di Stato il 14 luglio del 1717347. Il 19 settembre gli Inquisitori di Stato inviarono nuovamente al Provveditore Generale in Dalmazia ed Albania Angelo Emo l’ordine di levarlo dal mondo. Le motivazioni della sentenza di morte, che come abbiamo letto, si ritrovavano fin dall’anno precedente, trattavano una materia delicata sulla quale gli Inquisitori non nutrono dubbi che ci debba essere un pronto e risoluto rimedio per togliere di mezzo «un istrumento che si và facendo alle cose pubbliche».
Fin dal 15 luglio 1717 gli Inquisitori avevano fatto presente al Provveditore Generale che la questione del vescovo rientrava nella materia di loro competenza e per tale motivo doveva riferire direttamente a loro. Così come avrebbe dovuto fare il Procuratore straordinario di Cattaro. Lasciano decidere allo stesso rappresentante come agire nel bene della giustizia e dello Stato, aggiungendo sul finire della lettera «mentre oltre quei mezi che sono in di lei mano, e de quali potesse servirsi con prudenza e cautella, se ne và facendo appuntare qui alcun altro di genere diverso che sarà colla possibilità celerità trasmesso»348.
Il termine “mezzi” sostituiva quello di veleni che arriveranno come da prassi all’interno di una cassa verso fine mese. Nella lettera specificano anche che allegano «un gropetto di polvere di diamante, poco meno della metà sarà una presa»349. La scatola conteneva due «bozete grandi d’acqua, et un gropeto di polvere». Il tribunale al 7 agosto gli comunica di sospendere l’uso dell’acqua, e di tenerla riservata in altra occasione, e di servirsi esclusivamente della polvere di diamante350. Il veleno “d'acqua” doveva essere una nuova formula, nei registri di spesa di questo periodo gli Inquisitori avevano pagato tale C.C.B. oltre un centinaio di ducati per veleni e al Bevilacqua per esperimenti fatti per veleni circa dieci ducati351.
347 ASV, CX, deliberazioni, segrete, registro 22 anni 1705-1717, c.157r..
348 ASV, IS, b. 46 lettere ai provveditori generali in Dalmazia ed Albania 1624-1736, c. nr. 128 alla data 15 luglio 1717.
349 Ibid., c. nr. 129 alla data 31 luglio 1717. 350 Ibid., c. nr. 130 alla data 7 agosto 1717.
351 ASV, IS, b. 1016 cassa segretario 1671-1796, Reg. Denaro maneggiato da me Vendramino Bianchi segretario degli Ecc.mi Inq.ri di Stato. Principia marzo 1716 e da me Gasparo Marino segretario ut supra principiando a primo ottobre 1717, c. sn. Alla data agosto 1717.
L’anno successivo lo stesso Provveditore Alvise Mocenigo richiede il 7 ottobre 1718 di poterlo avvelenare nuovamente, ma la situazione incerta rende cauti gli Inquisitori che ritengono che il vescovo possa essere una risorsa352.
Questi luoghi rimasero sotto l’occhio vigile degli Inquisitori di Stato che meno di cinquant’anni dopo si troveranno a cercare di assassinare l’impostore Stefano il Piccolo, il finto zar Pietro III. Ancora una volta con il veleno, consegnato il 5 marzo del 1768 al sottotenente Zorzi Cadich353. L’impostore morirà assassinato cinque anni dopo probabilmente per volontà del Pascià di Scutari354.