Sulle ricette e su quali veleni si fossero concentrati nei secoli il materiale archivistico non sempre offre risposte precise. Nella legge che vietava la vendita di veleni si elencano napello, oppio, cantaride, “verme di caffa”, arsenico, argento sublimato, risagallo270. In una ricetta del 1540 proveniente dall’archivio segreto del Consiglio di Dieci si riprendono buona parte delle stesse sostante: la radice di napello, l’acqua di ciclamino detta “pan porcin”, l’arsenico, il sublimato, il verde rame, l’antimonio, l’aconito e l’orpimento271. Nel 1686 gli Inquisitori inviano una richiesta al capitano di
264 Mss. A. Vallisneri, Tesoro farmaceutico, o rimedi varii o provati da me, o da altri, e dati per lo più per segreti raccolti da me Antonio Vallisnieri in Padova nella vacanze dell’anno 1709 – Segreti del Sig. Serpicelli veneto favoritemi il di X di gennaio 1705 in Padova, Biblioteca Comunale “A. Panizzi” di Reggio Emilia, Mss. Regg. F. 411.
265 B. Gemelli, Entre l’eartifice et la pertinence: La composition des consultations médicales de Antonio Vallisneri, in Medicina & Storia, 9 (2005), pp. 36-60.
266 ASV, IS, b. 1011, reg. archivio degli inquisitori di stato cassa, c. alla data 30 maggio 1693, 16 giugno 1693, 22 agosto 1693, 9 settembre 1693. ASV, IS, b. 1016, reg. Cassa segretario 1671-1796, c. 31 marzo 1690, 17 aprile 1690, 29 luglio 1690, 17 agosto 1691.
267 Preto, I servizi segreti di Venezia, cit., p. 369.
268 G. Cosmacini, Il medico saltimbanco. Vita e avventure di Buonafede Vitali, giramondo instancabile, chimico di talento, istrione di buona creanza, Bologna, Laterza, 2008.
269 ASV, IS, b. 958 ricevute 1729-1735, c. alla data 5 gennaio 1730. Preto, I servizi segreti di Venezia, cit., p. 369.
270 ASV, Compilazione leggi, b. 368 lettera V, c.sn. 22 giugno 1410.
271 F. Manzonetto, Congiure veneziane in Levante, Venezia, Centro Internazionale della Grafica, 1990, p. 32.
Padova affinché si procurasse tutto il necessario per la creazione di un veleno. Nello specifico richiedono «radice di solatro magiore o vero herba beladona, radice di Ranoncolo quinto del Matioli272 fibre da sorte, radice di napello fibre tre, vipere che sia veramente prese nelli monti euganei numeri tre»273. Queste sostante che singolarmente sono tossiche sono spesso lavorate, distillate, bollite, ridotte in polvere, mescolate con acqua e lasciate evaporare. Il risultato diventa controproducente rendendole di sovente inefficaci274. Girolamo Maggi (1523-1572) nei suoi Ricordi per la difesa di Famagosta, inviati al Consiglio di Dieci, si era soffermato sull’uso del veleno contro il nemico e aveva proposto di porre vipere e rospi in un sacchetto di lino tormentandoli per aumentare il potenziale del veleno. Successivamente sotto il sole si sarebbe raccolto il liquido da mescolare alla «bile et fiele...et della saliva et grasso liquefatto»275. Il tema di questi rospi detti “bufone” ricorre anche nel Settecento276.
Il medico Buonafede Vitali nel 1730 fa ricercare un particolare rospo che si poteva trovare solo a Padova o Treviso, oltre a «due opiati un fluido l’altro solido»277. La credenza che dal rospo si potesse ottenere un veleno persiste per tutto il Settecento e la ritroviamo anche in un caso di uxoricidio avvenuto nel 1778 nel quale, oltre alle bacche di belladonna, l’avvelenatrice tenta di usare anche un rospo, un uovo bollito per due sere, l’olio venefico di scorpione, l’arsenico, nonché la polvere di diamante. Quest’ultima indicazione suggerisce come anche nel popolo si sapesse dell’uso della polvere di diamante come sistema efficace278. Proprio dai processi settecenteschi seguiti dagli Inquisitori di Stato e dal Consiglio di Dieci per vari avvelenamenti avvenuti nel
272 Il riferimento al medico Pietro Andrea Mattioli (1501-1578) è inerente la sua opera Discorsi di Pier Andrea Mattioli sull’opera di Dioscoride edito a Venezia nel 1544 nella quale si nomina la radice di ranuncolo già denominata da Apuleio come “erba scellerata”.
273 ASV, IS, b. 61 lettere ai Rettori di Padova 1590-1725, fasc. 2 lettera alla data 25 maggio 1686. 274 F. Rolfe, Cronache di Casa Borgia, Roma, Lit Edizioni Srl, 2014.
275 M. Dal Borgo, Le invenzioni militari di Girolamo Maggi per la difesa di Famagosta 1570, in Atti del convegno I Greci durante la venetocrazia: Uomini, spazio, idee (XIII-XVIII sec.) Venezia 3-7 dicembre 2007, Venezia, Istituto Ellenico di studi Bizantini e Postbizantini di Venezia, 2009, pp. 397-408: p. 405.
276 N. Graniti, Dell’antica e moderna medicina teorica e pratica meccanimente, II, Venezia, presso Domenico Occhi, 1739, p. 244: «I Veleni, che gli Animali comunicano all’uomo sono i seguenti: il veleno della vipera, dell’aspide, della tarantola pugliese, d’ogni sorte di ragno, dello scorpione, dello Bufone da Toscani nomato Botta, e da noi Rospo, e delle Cantarelle, da noi detti Cantarides.». 277 ASV, IS, b. 958 ricevute 1729-1735, c. alla data 5 gennaio 1730. Preto, I servizi segreti di Venezia,
cit., p. 369.
territorio si evince che le sostanze maggiormente utilizzate fossero l’arsenico279, orpimento (auropimentum, trisolfuro di arsenico)280, gli estratti oppiati281.
Nella documentazione afferente agli Inquisitori di Stato generalmente si citano acque venefiche e in polvere, racchiuse in ampolle o in cartine. Le cartine sono numerate e spesso suddivise per tempo d’azione o per utilizzo. Alcune vanno poste in infusione la sera nel vino e la mattina successiva si vuotano in altro contenitore per non lasciare tracce sul fondo282. A metà secolo possiedono veleni specifici per ogni occasione: da porre in liquido, nei condimenti dove si usi i garofani o nella cioccolata283.
La polvere di diamante persiste nella documentazione e sul finire del Seicento dalla famiglia Tiozzi, che possedeva l’oreficeria all’insegna del Sanson in Ruga a Rialto, gli Inquisitori si procurano a più riprese la polvere di diamante284. Un sistema che viene ritenuto ancora efficace e proposto anche per la morte del vescovo di Cetinje nel Montenegro nel Settecento «un gropetto di polvere di diamante, poco meno della metà sarà una presa»285.