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fondazione della Cineteca Autonoma per la Cinematografia Scolastica attraverso le riviste di settore

Come riporta una relazione del direttore dell’Istituto Luce Paulucci di Calboli32, la prima “uscita” pubblica della Cineteca Autonoma per la Cinematografia Scolastica è avvenuta a Roma dopo un anno dall’istituzione nell’ottobre 1939, alla presenza del ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai.

Ma se il 1938 rappresenta l’anno decisivo per la costituzione dell’ente, tutta la seconda metà degli anni Trenta vede le due riviste di settore più importanti impegnate in uno studio approfondito sull’argomento. “Cinema”e “Bianco e nero”in quegli anni rappresentano un fenomeno di “contaminazione” che permette ad autori e studiosi provenienti da diversi ambiti disciplinari di essere ospitati tra le pagine delle riviste. Autori che con i loro interventi agiscono come «germi capaci di annidarsi […] per attendere il momento più propizio per riprodursi e diffondersi [con] un sano spirito pragmatico, dettato dalla necessità di costruire una moderna didattica del cinema, e l’amore per l’arte cinematografica»33.

Il risultato di tale “contaminazione” lo si nota consultando le due riviste nella possibilità di individuare come anche il dibattito sul cinema nella scuola trovi spazio e prenda forma affrontando diverse tematiche: dalle possibilità applicative del cinema scientifico nella scuola, passando per le innovazioni tecnologiche applicabili per l’insegnamento, ai tentativi di decodificazione del “nuovo genere” cinematografico e ai diversi interventi che tentano di orientare la legislazione futura da applicare per il necessario inserimento del mezzo cinematografico nel sistema scolastico.

Cronologicamente sono due interventi del 1937 ad inaugurare la serie di articoli su quest’ultimo argomento, fornendoci i primi dettagli sul futuro cambiamento e la volontà del governo fascista di intervenire con prontezza e decisione sfruttando l’onda positiva delle attività realizzate in campo cinematografico tramite l’IICE. È necessario tuttavia un passo indietro ed analizzare un intervento del 1936 apparso su “Cinema” redatto da Balbino Giuliano. Potremmo considerare l’articolo Scuola e

32 La relazione è riportata e approfondita nel volume di Fiamma Lussana, Cinema educatore. L’istituto

Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 194.

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cinematografo del Senatore Balbino Giuliano34 una sorta di apripista per la quantità di tematiche trattate, anche in breve, intorno al tema più ampio del cinema nella scuola, successivamente riprese e approfondite in numerosi articoli a partire dal 1937:

1. Le evoluzioni apportate dal governo fascista: i “veri miracoli” fatti dal regime per l’edilizia scolastica con la costruzione di quasi 20mila aule per scuole elementari, laboratori universitari, biblioteche per creare un continuo perfezionamento di tutta la scuola e l’introduzione della radiofonia;

2. Le possibili applicazioni del cinema nel tempo scolastico che deve adattarsi ai bisogni dell’insegnamento, caso per caso, materia per materia, evitando che lo schermo serva soprattutto ad appagare qualche curiosità o sia sintesi di concetti ben più ampi: «Nelle Scienze naturali, nella Geografia, nella Storia dell’arte il cinema può giovare all’insegnamento facendo risparmiar tempo e fissando l’idea nella mente giovanile con la chiarezza dell’immagine sensibile»35;

3. Le possibili applicazioni del cinema nel tempo extra-scolastico. Il cinematografo «può giovare all’economia di tempo non solo dello scolaro ma anche dello studioso, al quale concede di osservare più rapidamente il comportarsi di un fenomeno nella più varia molteplicità di circostanze»36;

4. Le evoluzioni tecniche che possono giovare alla scienza. Tecniche di ripresa realizzate con “l’acceleramento” e il “rallentamento”, possono sopperire alle difficoltà della scienza, all’“eterna lotta” di «esser costretta a fissare in schemi immobili la mobilità perenne dei processi della natura»37.

Una serie di tematiche queste che, come si è detto, saranno riprese a più tratti da numerosi studiosi nel tentativo di fornire la propria idea sulle diverse sfaccettature

34 Docente universitario. Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione Pubblica nel biennio 1924-1925, divenne successivamente Ministro dell’Educazione nazionale e del Regno d’Italia dal 1929 al 1932. Eletto senatore nel 1924. Per un approfondimento cfr. il portale storico della Camera dei Deputati (https://storia.camera.it/deputato/balbino-giuliano-18790104) e Roberto Pertici, Giuliano, Balbino, in “Dizionario biografico degli italiani”, Vol. 56, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana 2001.

35 Balbino Giuliano, Scuola e cinematografo, “Cinema”, n. 11, 1936, p. 415.

36 Ibidem.

37 «Il cinematografo riuscirà a portare anche un altro aiuto oltre quello dell’economia del tempo. La scienza incontra nella sua opera la difficoltà di esser costretta a fissare in schemi immobili la mobilità perenne dei processi della natura. È una difficoltà che risale alla eterna lotta del pensiero coll’infinito. E per quanto la scienza si affatichi per avvicinare i suoi schemi al divenire della realtà, però la contraddizione resta e resterà sempre. Ora, mi domando, il cinematografo non può portare qualche aiuto al pensiero scientifico in questa lotta? Aiutandolo ad osservare con paziente metodo i processi naturali nel loro farsi, non lo avvicina al divenire della realtà, cioè alla sorgente intima della sua vita?». Ibidem.

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che il cinema presenta nella scuola. Anche Balbino infine, riconosce che è un problema universale, molto ampio, su cui è necessario dibattere e proporre iniziative «nel tentativo di risolverlo»:

«Ritornando ora al problema primo che ci siamo posti, non pretendo certo che né il cinema né la radiofonia né altra futura scoperta possa mai risolvere la contraddizione fra la via che è sempre lunga e il tempo che è sempre breve. È una contraddizione che ha origine nell’essenza stessa della vita, e ci sono anzi dei momenti storici come il nostro in cui la si sente più acuta. Vedere l’universalità di un problema non deve significare passiva rinuncia al tentativo di risolverlo, poiché anche le soluzioni provvisorie hanno un loro valore di vita e costituiscono forse la preparazione necessaria per trovarne la soluzione definitiva oltre la storia.

Ecco perché oggi che la contraddizione si sente più acuta e anche nel campo particolare della scuola, si ha più preciso il dovere di reagire e di cercarne di ogni modo una pur modesta soluzione provvisoria»38.

Anche se l’articolo è recensito in maniera assolutamente positiva nel numero 8 di “Cinema” dello stesso anno (due numeri più avanti) da Luigi Chiarini, bisogna attendere ancora qualche mese per trovare una serie di articoli che intervengono sull’argomento.

Il primo è un lungo editoriale apparso su “Cinema”, a firma della redazione, che anticipa di qualche mese l’articolo realizzato per “Bianco e nero” dall’ispettore del Ministero dell’Educazione Nazionale Aristide Campanile. Entrambi gli articoli riportano alcuni estratti del discorso del ministro Giuseppe Bottai tenuto al Senato il 22 marzo 1937 e rendono note una serie di inchieste avviate e coordinate dal Ministero diretto dallo stesso Bottai. Commentandone il contenuto, gli articoli fanno leva sullo spirito propositivo del ministro dimostrato con l’istituzione presso il suo Gabinetto di un apposito ufficio per la radiofonia e la cinematografia scolastica («il ministro Bottai non intende fare un esperimento: vuol creare una vera e propria carta

del cinema nella scuola»)39, con la quale tenta di proporre una serie di soluzioni ai “problemi” del cinema nella scuola che si presentano sotto un duplice aspetto: finanziario e artistico-didattico. L’idea di una soluzione al problema tecnico-finanziario nasce dall’esperienza della diffusione della radio nei plessi scolastici

38 Ibidem.

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italiani attraverso l’Ente Radio Rurale qualche anno prima40; un’operazione risultata dispendiosa dal punto di vista economico considerando l’ampio raggio di copertura su tutto il paese (oltre novemila apparecchi per due milioni di alunni)41. La soluzione da studiare insieme al Ministero della Propaganda per evitare la dispersione di mezzi e utili, scaturisce da due inchieste riguardanti la presenza dei proiettori negli istituti di scuola media («questi ammontano a 540: a passo normale 359; a passo 16mm soltanto 26; 72 a passo 9,5; 83 dei più diversi tipi») e le possibilità economiche delle casse scolastiche «allo scopo di stabilire quante Scuole potrebbero eventualmente, con mezzi propri, dotarsi di proiettore»42. Il problema artistico-didattico per Bottai, invece, dovrebbe prendere in considerazione una soluzione più ampia e distribuita nel tempo. È necessario infatti trovare una soluzione graduata che possa attuarsi negli anni a venire per creare una nuova concezione del cinema come indispensabile elemento ausiliario all’istruzione: «Graduata, soprattutto, voglio precisare, per dar tempo alla didattica di assimilare la nuova tecnica. La radio e il cinema nella scuola non vogliono significare una aggiunzione bruta di mezzi eterogenei ai libri, alle carte e tabelle illustrative e dimostrative; ma creazione d’una attitudine nuova all’insegnamento e dell’apprendimento»43. In linea con lo spirito propagandistico del periodo, l’editoriale di “Cinema” sostiene la linea del programma proposto da Bottai con l’impiego del cinema come «parte integrante di quella vasta riforma degli ausili didattici che oggi s’impone in conseguenza dei mezzi che tecnica e scienza han posto a disposizione»44:

«E come più di una volta si è verificato nella storia, anche in questa ora (che per la scuola segna una data importante, perché da essa prenderà lo slancio una metodologia rinnovata se non nella sostanza per lo meno nella forma), è doveroso registrate la vittoria di un esiguo gruppo di pionieri. “Pedagogisti, sociologi, politici, cineasti – rileva il Ministro nella sua esposizione – sono concordi nell’affermare che la cinematografia ha vasti compiti didattici ed etici”. […] La speranza di veder finalmente il proiettore insediato nelle scuole, speranza che sino a pochi mesi addietro era dai più considerata un’utopia, è alla vigilia di tramutarsi in tangibile realtà. La scuola moderna, la scuola Fascista, già allietata dai giardini e dalle palestre, avrà a sua disposizione un altro

40 Per un approfondimento cfr. Deborah Toschi, Il paesaggio rurale. Cinema e cultura contadina

nell’Italia fascista, Milano, Vita e Pensiero, 2009.

41 Aristide Campanile, Cinematografia didattica o cinematografia politica?, cit., p. 37.

42 Ivi, pp. 38-39.

43 Il cinema nelle scuole italiane, cit., p. 246

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grande ausilio, che pur non rinnegando la normale dotazione didattica, non deve confondersi con questa, ma mantenere integro il suo carattere di complemento animato dell’opera dell’insegnante che come tale richiede speciali accorgimenti pedagogici e tecnici. […] L’introduzione della radio nelle scuole rurali è ormai fatto compiuto. È ora la volta del cinema. La soluzione integrale – avverte il Ministro – sarà appositamente graduata nel tempo»45.

Anche Campanile è dello stesso avviso; riportando i risultati delle inchieste proposte dal governo, e riconoscendone l’efficacia, ricorda come si è lontani, ora che si è passati da una situazione d’interesse puramente teorica alla realizzazione pratica, «dalle isolate discussioni di studiosi, pedagogisti e amatori; dagli atteggiamenti sospettosi degli insegnanti, i quali temevano di essere diminuiti, nella loro dignità di maestri, dall’ingresso del cinema nella scuola»46.

Considerando il cinema un potente mezzo per istruire, educare e suscitare stati d’animo che «deve far leva, come l’arte, oltre che sull’intelligenza, sul sentimento e sulla fantasia» 47 , Campanile porta all’attenzione un’altra serie di problemi apparentemente secondari «ed invece tutti essenziali»: dai problemi di natura tecnica che riguardano la preparazione degli insegnanti all’utilizzo dei proiettori, all’inappropriata edilizia scolastica per ospitare le proiezioni.

Per Campanile il problema più importante è la grande responsabilità che il governo ha nei riguardi della produzione cinematografica perché «d’altra parte, il genere di pellicole prodotte negli stati a regime ben definito sta a testimoniare la grande importanza riconosciuta alla cinematografia come strumento di educazione e propaganda»48.

Sul numero 10 del 1937 della rivista “Bianco e Nero” che ospita il saggio di Campanile, sono presenti altri tre articoli sul cinema didattico. Il primo è un saggio di Carlo Foà estratto da un intervento tenuto ad un convegno medico-chirurgico, mentre gli altri due sono relazioni tenute, rispettivamente da Nazareno Padellaro e Giovanni Rossi, ad un convegno sul cinema didattico tenutosi a Como. Lo stesso dal

45 Ibidem.

46 Aristide Campanile, Cinematografia didattica o cinematografia politica?, cit., p. 35.

47 Ivi, p. 42.

48 Ivi, p. 41. «È per questo che noi auspichiamo una cinematografia anche scolastica, che sia nostra, italiana e fascista e chiediamo che anche la pellicola d’insegnamento, per esempio sul ferro, il carbone, il Mediterraneo, abbia un contenuto educativo corrispondente ai bisogni, alle idealità, diciamo agl’interessi della nostra politica». Ivi, 43.

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quale è tratto il saggio di Campanile visto in precedenza49; tutti e quattro i saggi sono relazioni tenute durante convegni inseriti nella più ampia manifestazione del II Concorso di cinematografia turistica e scientifica svoltasi presso Villa Olmo a Como dall’11 al 26 settembre.

È un numero dal nostro punto di vista di grande importanza, in quanto anticipa di poco meno di un anno la fondazione della Cineteca Scolastica e dimostra come gli interventi abbiamo uno spiccato spirito propagandistico, anche a scapito di un dibattito più concentrato sulla pedagogia. Inoltre, la cornice del concorso quale manifestazione dedicata alle pratiche sperimentali in cui è inserito anche il cinema didattico, come luogo di «costruzione identitaria» e sistema espositivo «dell’eclettismo culturale», è certamente «un fattore determinante dell’organizzazione di una cultura cinematografica, della formazione di un canone, dell’istituzionalizzazione di pratiche di fruizioni e produzioni cinematografiche, ma [è] anche e soprattutto gli spazi dell’incontro e della metabolizzazione della modernità»50.

Un ingente dibattito pedagogico sul cinema nella scuola e i rapporti con l’educazione, prenderà invece forma nel dopoguerra, alla ripresa delle attività della Cineteca Scolastica (seppur in gestione commissariale dal 1946), grazie anche al rilancio della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica e con l’istituzione al suo interno, nel 1949, di una vera e propria rassegna parallela dedicata al cinema per i più giovani: il Festival Internazionale del Film per Ragazzi51.

49 L’intervento di Foà è tratto dal “Convegno medico-chirurgico”, gli interventi di Padellaro, Rossi e Campanile sono tratti dal “Convegno sul cinema didattico”, predisposto dal Ministero dell’Educazione Nazionale. Durante le giornate del Concorso di cinematografia turistica e scientifica si è svolto anche un convegno delle varie sezioni cinematografiche dei Guf. Diverse invece la nazioni partecipanti al concorso: Germania, Svizzera, Ungheria, Italia, Austria, Olanda e Argentina. Per un approfondimento sulla prima edizione cfr. Luigi Chiarini, La prima mostra del documentario a Como, “Cinema”, n. 8, 1936, p. 311. All’interno della manifestazione comasca si svolgono altre due importanti attività: «una mostra della scenografia cinematografica (la prima in Italia) e il “primo congresso della cinematografia universitaria”: il convegno ufficiale dei Cineguf». Giovanna D’Amia, Andrea Mariani, Le Manifestazioni Internazionali di Cinematografia Scientifica e Turistica a Como

(1936-1937), “Immagine. Note di storia del Cinema”, n. 15, 2017, p. 89.

50 Ivi, pp. 85-86.

51 Cfr. par. 2. 4. Per un ulteriore approfondimento cfr. Riccardo Triolo, Per una storia della Mostra

Internazionale d’Arte Cinematografica: revisione e studio della serie cinema conservata presso l'archivio storico delle arti contemporanee della biennale di Venezia, tesi di dottorato presso

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Soffermandosi su alcune applicazioni in campo medico del cinema precedenti all’invenzione del cinematografo da parte dei Lumière, Carlo Foà52 ricorda alcuni applicativi utilizzati da diversi fisiologi, attribuendone così l’invenzione al campo della medicina.

Il primo riferimento è rivolto al “fucile cronografico”53 messo a punto dal fisiologo Etienne-Jules Marey nel suo studio di Parigi; un fucile nel cui tamburo erano disposte piccole lastre fotografiche utilizzate per catturare il moto degli animali cercando di fissarne le varie fasi (passo, salto, volo, corsa etc.). Le lastre fotografiche venivano esposte dinnanzi all’obiettivo mentre si faceva scattare l’otturatore a breve distanza di tempo.

Per quanto riguarda invece le prime realizzazioni di film scientifici, il Foà menziona le produzioni della Pathé che già dal 1919 aveva realizzato una prima serie di film: «riuscitissimi film illustranti le principali operazioni chirurgiche ed ostetriche, le fasi del parto normale e patologico, una perfetta iconografia delle malattie nervose e mentali, minuziosi esperimenti di batteriologia, lo shock anafilattico e tanti altri fenomeni biologici. Possiamo ben dire che la Casa Pathé sia stata all’avanguardia del movimento che oggi perseguiamo»54. Oltre alla compilazione di un catalogo internazionale di film scientifici e all’istituzione di una filmoteca scientifica in Italia, per il fisiologo modenese il principale apporto che il cinema può dare all’insegnamento è l’esplorazione di fenomeni troppo rapidi o troppo lenti per l’occhio umano e la possibilità di riprendere fenomeni osservati al microscopio55:

«Col metodo della cinematografia accelerata è possibile studiare il fenomeno in tutte le sue fasi […]. Quando si fissa sullo schermo la successione delle immagini il fenomeno

52 Docente di fisiologia presso l’Università di Messina dal 1914, insegnò presso le università di Parma, Padova e Milano e fu socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Con l’entrata in vigore delle leggi razziali nel 1938, fu costretto ad abbandonare il paese per rifugiarsi a San Paolo, in Brasile, dove continuò la sua attività di docente. Rientrato in Italia al termine del conflitto, negli anni Cinquanta ricopre il ruolo di presidente della Società italiana di biologia sperimentale. Per un approfondimento cfr. Salvatore Vicario, Carlo Foà, in Dizionario biografico degli italiani, Vol. 48, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1997.

53 Foà ha già analizzato le possibilità d’utilizzo del fucile cronografico e di altre apparecchiature cinematografiche in Movimento e cinematografia sulla rivista “Il Secolo XX” nel 1907. Per un approfondimento è possibile consultare l’articolo in Silvio Alovisio, L’occhio sensibile. Cinema e

scienze della mente nell’Italia del primo Novecento, Torino, Kaplan, 2013, pp. 139-148.

54 Carlo Foà, Il cinema nelle ricerche medico-biologiche, “Bianco e Nero”, n. 10, 1937, p. 25.

55 «Accanto al fagocitismo (incorporazione di sostanza liquida) un altro fenomeno che è stato scoperto mercé l’aiuto della cinematografia, e cioè la pinocitosi, ossia l’incorporamento di gocciole liquide».

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ci riappare continuo, falso nei rapporti di tempo, ma tale da darci la concezione esatta di ciò che è avvenuto in un lasso di tempo molto più lungo. Accanto ai movimenti estremamente lenti ve ne sono di quelli estremamente rapidi, che sfuggono alla nostra analisi diretta. Come ad esempio, potrebbe l’occhio analizzare come scoppi una bolla di sapone colpita da un piccolo proiettile?»56.

Dopo queste discussioni sulle nuove possibilità che il cinema offre agli studiosi, Foà racchiude il suo pensiero sul cinema didattico e il suo utilizzo in campo medico nelle battute finali:

«Accanto al film di divulgazione scientifica per il grande pubblico deve sorgere il film didattico specializzato per le scuole medie e superiori, mentre lo scienziato si varrà del cinematografo come mezzo di indagine, là ove esso valga a sostituire ed a integrare l’osservazione diretta, come ad esempio pei movimenti troppo rapidi o troppo lenti […]. Un possibile mercato per il film didattico sarà dato dalle stesse nostre scuole. Come possiamo dimostrare a più di dieci persone per volta un atto operativo od un esperimento biologico? Impossibile! Bisogna diffondere la persuasione che l’insegnamento tecnico della medicina deve essere fatto con l’uso del cinematografo, talora parlato, od anche muto se intervenga a spiegarlo la viva voce dell’insegnante»57.

Le tesi avanzate da Foà sul tempo cinematografico e sui fenomeni troppo lenti o troppo rapidi per la percezione umana, ci permettono di collegarci al successivo intervento di Nazareno Padellaro58, pedagogista molto vicino a Giuseppe Bottai, dal titolo Cinematografia, tempo fisiologico e orario scolastico (tesi già affrontata da Padellaro in un intervento precedente su “Cinema” n. 28, 1937, dal titolo Tempo

psicologico e cinema nell’orario scolastico. Il contenuto è lo stesso). Per l’analisi sul

tempo psicologico che divide fanciulli e adulti in universi separati, Padellaro imposta il suo studio partendo da una considerazione sull’evoluzione del fanciullo che, sin dall’apparizione del linguaggio, si sviluppa su due piani: «con l’assimilazione sensorio motrice, struttura l’ambiente e organizza la sua attività, con l’assimilazione razionale egli elabora l’universo dell’azione in termini di pensiero ed organizza la

56 Ibidem.

57 Ivi, p. 27.

58 Per un approfondimento sulla figura di Padellaro cfr. Juri Meda, Padellaro Nazareno, in Giorgio Chiosso e Roberto Sani (a cura di), Dizionario Biografico dell'Educazione (1800-2000), Milano, Editrice bibliografica, 2013, pp. 266-267.

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ragione»59. Suddividendo successivamente il tempo tra tempo subbiettivo e tempo obiettivo, tra tempo spirituale e tempo materiale, tra tempo dell’anima e tempo fisico ne deduce che l’utilizzo dei potenti mezzi messi a disposizione degli educatori è la nuova strada su cui deve battere l’insegnamento, sia per eliminare «quella impermeabilità dell’esperienza costituita da quegli strati invisibili creati da un insegnamento esclusivamente verbalistico»60, sia per la formazione del senso sociale, per la formazione del carattere dell’uomo:

«Potrà il cinematografo divenire uno strumento didattico, un sussidio metodico capace di saldare per così dire in unità viventi i vari insegnamenti? Qui non si tratta di