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L’approvazione delle “leggi eccezionali” tra la fine del 1925 e il 1926, sancisce definitivamente l’affermarsi della dittatura fascista e l’abolizione dello Stato liberale. Sono anni questi in cui le politiche di regime tentano di orientare la cultura popolare delle masse attraverso la diffusione capillare di mezzi di informazione sul territorio nazionale. L’Istituto Luce, sotto l’egida del regime, è il principale di questi mezzi atto a produrre e a diffondere film “didattici” o “scolastici” negli istituti italiani ed “educativi” per la popolazione in genere, ma soprattutto è chiamato a diffondere opere per la propaganda fascista. Generi di film molto simili tra loro, in cui spesso è lo scopo della produzione a far la differenza e a determinarne il carattere. Nel 1926, sotto la guida del pioniere del cinema educativo Luciano De Feo, il Luce amplia la propria struttura con la costituzione di otto cinemateche tematiche1 che dovranno diffondere le opere acquisite e/o prodotte. Molto probabilmente la prima acquisizione del Luce di film scientifico-didattici risale al 1924, quando, non ancora assorbito dal regime, era denominato Sic (Sindacato Istruzione Cinematografica) e guidato sempre da De Feo. Ricostruendo un incontro tra quest’ultimo e Mussolini nel 1924, Fiamma Lussana, racconta di una proiezione tenutasi a Napoli in occasione di una visita del Duce per l’inaugurazione di opere pubbliche e della Mostra dell’Emigrazione. Trovata una «mezz’ora da destinare alla eventuale visione di film di propaganda e di cultura; il Duce aderì»2. Furono proiettati dei film scientifici sulle piante e il corpo umano realizzati da Roberto Omegna durante la sua esperienza con la Ambrosio film: La vita delle piante, «che perfettamente mostrava il germoglio di un pisello», e

1 Sull’organizzazione delle cinemateche cfr. Fiamma Lussana, Cinema educatore. L’Istituto Luce dal

fascismo alla Liberazione (1924-1945), Roma, Carocci, 2019, pp. 48-49 e Maria Teresa Mazzatosta, Il regime fascista tra educazione e propaganda (1935-1943), Bologna, Cappelli, 1978, p. 159.

Per un ulteriore approfondimento sull’Istituto Luce cfr. Ernesto G. Laura, Le stagioni dell’aquila, Roma, Ente dello Spettacolo, 2000; Mino Argentieri, L'occhio del regime. Informazione e propaganda

nel cinema del fascismo, Roma, Bulzoni, 2003; Francesca Anania, Piero Melograni (a cura di), L'Istituto Luce nel regime fascista: un confronto tra le cinematografie europee, Roma, Istituto Luce,

2006; Silvio Celli, L’Istituto Nazionale Luce, in Leonardo Quaresima (a cura di), Storia del cinema

italiano 4: 1924/1933, Venezia, Marsilio Edizioni Bianco e Nero, 2004, pp. 427-436; Daniela Manetti, Un'arma poderosissima. Industria cinematografica e Stato durante il fascismo 1922-1943, Milano, Franco Angeli, 2013; Alfonso Venturini, La politica cinematografica del regime fascista, Roma, Carocci, 2015.

2 Luciano De Feo, Come nacque l’Istituto Nazionale LUCE, “Lo schermo. Rassegna mensile della cinematografia”, n. 7, 1936, p. 21.

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La circolazione del sangue3. L’episodio trova ulteriore riscontro in un documento nel

Fondo Gaetano Paulucci di Calboli presente presso l’Archivio di Stato di Forlì studiato da Lussana. «Ricordo», scrive Paulucci di Calboli, «che fu proiettata una magnifica pellicola sulla “Vita delle Piante” che illustrava il processo della germinazione a mezzo di visioni piene di interesse, riprese con la macchina acceleratrice e rallentatrice»4. Omegna nel giro di poco tempo diventerà direttore della sezione scientifica del Luce5 e la sua serie di film scientifici verrà riproposta dal Luce con la produzione di nuovi film6 e la loro distribuzione nelle scuole («Nel luglio 1925 un primo nucleo di pellicole entrava nelle scuole medie del Regno» a detta di De Feo)7. La prima probabile produzione scientifica realizzata dall’Ente, che intanto aveva preso la denominazione di Istituto Luce, è una serie di film medico-chirurgici realizzati presso il Policlinico Umberto I di Roma 8 dal 1926; un’operazione voluta fortemente da De Feo nell’intenzione di proseguire «il suo programma di cinematografia educativa e scientifica»9. Sia la serie scientifica che quella medico-chirurgica saranno riprese alla fine degli anni Trenta per la Cineteca Scolastica. La prima sarà diretta dallo stesso Omegna, la seconda da Francesco Pasinetti presso l’Ospedale Rizzoli di Bologna. Questi sono anche gli anni in cui attraverso una serie di provvedimenti legislativi e di politica aziendale interna, il Luce acquisisce potere diventando il principale organo propagandistico del regime in

3 Ibidem. Il film è consultabile sul portale dell’Istituto Luce codice filmato M007602 (Ultima visita agosto 2019).

4 Fiamma Lussana, Cinema educatore. L’istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 38.

5 Roberto Omegna, La sezione scientifica dell’Istituto Nazionale LUCE, “Lo schermo. Rassegna mensile della cinematografia”, n. 7, 1936, p. 33.

6 Per un approfondimento sulle produzioni di Omegna per il Luce e la Cineteca Scolastica cfr. par. 3. 2. 1.

7 «Il primo obiettivo dell’Istituto Luce è la diffusione capillare del cinema didattico e scientifico senza sovrapporsi o entrare in rotta di collisione con la programmazione ordinaria delle 3.400 sale cinematografiche sparse su tutto il territorio nazionale, affollate ogni giorno da quasi due milioni di persone. La politica culturale del regime diventa sempre più ramificata: non basta aver istituito, già nei primi mesi del 1925, le cineteche scolastiche presso i provveditorati agli studi, con l’impegno di fornire pellicole educative a tutte le scuole medie del Regno, e aver cominciato a predisporre le prime cineteche per le classi elementari». Fiamma Lussana, Cinema educatore. L’istituto Luce dal fascismo

alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 47.

8 Lussana riporta un’intervista a Mario Serandrei pubblicata sul quotidiano “Il Tevere” nel 1930 in cui l’autore afferma di aver collaborato alla realizzazione nel 1926 di una serie di documentari medico-chirurgici in accordo con il Prof. Roberto Alessandri, direttore della clinica universitaria. Tra le opere realizzate: Cancro alla mammella, Cistoma ovarico, Resezione gastroduodenale per ulcera callosa,

Trapanazione del cranio, Asportazione di un gozzo, Resezione gastrica per cancro allo stomaco. Ibidem.

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assoluto monopolio. Il regio decreto legge Provvedimenti per la propaganda a mezzo

della cinematografia del 1926 è sicuramente uno dei segnali più forti. Agli esercenti

proprietari di sale cinematografiche si fa obbligo di inserire pellicole fornite dal Luce prima delle normali proiezioni; la mancata ottemperanza all’ obbligo potrebbe causare anche la chiusura dell’attività.

«Mantenendo formalmente la finalità didattico-scientifica con la produzione delle mirabili pellicole “entomologiche”, ispirate alla grande opera di Fabre sulla vita degli insetti e affidate da De Feo alla tecnica impareggiabile di Roberto Omegna, il fine del Luce diventa la propaganda politica»10.

Tale ingerenza è accentuata con l’inizio della realizzazione, nel giugno 1927, con conseguente obbligo di proiezione nelle pubbliche sale, dei cinegiornali Luce. Una lunga serie di produzioni che raccontano notizie di politica, d’attualità, cronaca italiana e internazionale grazie anche agli scambi di “notizie filmate” provenienti da paesi stranieri. Oltre mille cinegiornali sono stati realizzati dal Luce tra il 1927 e il 1932, a volte con quattro numeri settimanali, senza tralasciare la produzione di documentari che, con la solita retorica, («principale motivo ispiratore del cinema Luce»)11, diventano «“fonte” storica per illustrare la vita e la storia del nostro paese»12:

«Massiccia sarà inoltre la produzione di documentari di corto, medio e lungo metraggio che, dalla Fabbricazione del cappello di pelo di coniglio al XV Giro ciclistico d’Italia, dal reportage sulla spedizione al Polo Nord dell’aeronave Italia alla Coltivazione dello

zafferano, riprenderanno luoghi e immagini della vita artistica, sportiva e produttiva del

paese. Oltre ai progressi della modernizzazione, i filmati Luce documentano in presa diretta paesaggi, monumenti, riti costumi, tradizioni locali»13.

10 Ivi, pp. 51-52.

11 Ivi, p. 53.

12 Ibidem. Il riferimento di “fonte” storica è ripreso da Lussana dall’articolo di Lando Ferretti

Documentario “Luce”: “fonte” della nuova storia in “Lo schermo. Rassegna mensile della

cinematografia”, n. 7, 1936. Questo numero de “Lo schermo” fornisce una particolare ricostruzione del Luce con il particolare punto di vista di chi lavora nei vari reparti sia tecnici che amministrativi, con regolamenti organizzativi e funzioni anche commerciali. Infatti, tra gli altri troviamo: La sezione

scientifica dell’Istituto Nazionale LUCE(Roberto Omegna);In A.O. col Reparto fotocinematografico dell’Istituto Nazionale LUCE (Giuseppe Croce); Stile «LUCE»(Corrado d’Errico), Come nacque

l’Istituto Nazionale LUCE (Luciano De Feo); Film turistici (Giorgio Ferroni); Il Planetario di Roma

(Giovanni Andrissi); L’organizzazione dell’Istituto Nazionale LUCE (Alberto Spaini).

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A seguire, il secondo provvedimento approvato su disposizione del capo del governo, è il nuovo ordinamento dell’Istituto Luce «all’inizio del 1929, in forza della legge “fascistissima” n. 100 del 31 gennaio 1926, che consente al Consiglio dei Ministri di emanare norme giuridiche al di fuori della garanzia e del controllo del Parlamento»14. Il nuovo ordinamento dell’Istituto Luce (regio decreto legge n. 122 del 24 gennaio 1929) dichiara l’autonomia parastatale dell’ente (art. 1) con finalità di «diffusione della cultura popolare e della istruzione generale per mezzo di visioni cinematografiche e riproduzioni fotografiche messe in commercio o distribuite a scopo di propaganda nazionale in Italia e all’estero, nonché per mezzo del cinema parlante e sincronizzato»15 (art. 2). Coordinando le diverse attività concernenti la cinematografia, l’Istituto provvede alla produzione e alla diffusione di pellicole «aventi carattere didattico, educativo, artistico, culturale, scientifico, di propaganda sociale, economica, igienica, agraria, professionale, nazionale, o comunque destinate al completamento della istruzione e alla elevazione della cultura generale» (art. 2). Puntando con evidente decisione al controllo ramificato di tutti gli enti e le amministrazioni «per il raggiungimento delle loro finalità ovvero nell’interesse generale della cultura o della documentazione storica delle imprese e delle opere della Nazione» (art. 4), il nuovo ordinamento prevede l’obbligo di affidare i lavori all’Istituto Luce concordando apposite “convenzioni” per ogni singolo caso. Ripensando alla struttura della futura Cineteca Scolastica si nota un forte legame con l’Istituto Luce, in quanto il reparto tecnico-produttivo del Luce si impone come principale produttore di pellicole per la scuola per conto della Cineteca.

Con l’avvento del sonoro e nei successivi primi anni Trenta, il cinema “parlante” adempie ad una nuova funzione educativa diventando «a tutti gli effetti una fonte visiva di incomparabile valore per ricostruire la storia sociale, artistica e culturale del nostro paese»16. Le produzioni realizzate dal Luce nei primi anni Trenta sono

14 Ivi, p. 63.

15 Ordinamento dell’Istituto L.U.C.E. pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 1929, p. 722. Stessa fonte anche per i riferimenti successivi.

16 «Accanto alle cronache propagandistiche del regime e oltre la retorica e l’enfasi sulle grandi opere realizzate, sperimentando nuove e più sofisticate tecniche di ripresa, la missione del cinema “didattico” o “scolastico” si arricchisce di nuovi prodotti. Il documentario Luce diventa strumento straordinario per illustrare la bellezza dell’arte e della natura e anche le manifestazioni popolari che si svolgono nei centri abitati del Nord, nei paesi e nei villaggi più sperduti del Sud e delle Isole italiane». Fiamma Lussana, Cinema educatore. L’istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 73.

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fortemente orientate verso una duplice funzione: le produzioni didattiche, come le serie viste sopra, vengono affiancate da produzioni dal carattere “educativo” che dovranno diventare «il mezzo principale per formare le nuove generazioni secondo i principi dell’ideologia nazionalsocialista. Ovvero, l’educazione popolare tende sempre più a configurarsi come propaganda di regime e il Luce si appresta a diventare il suo principale strumento. L’uso del cinematografo non può più essere solo di ausilio per imparare l’alfabeto o conoscere la vita delle piante e degli animali»17.

Un’importante relazione del 1934, presente nel fondo dell’allora direttore del Luce Gaetano Paulucci di Calboli (subentrato ad Alessandro Sardi18 nell’estate del 1933. Sardi divenne direttore generale del Luce nel 1928, quando De Feo prese in mano le redini del neonato IICE)19, ci offre una visione della situazione del cinema scolastico

17 Ivi, p. 64.

18 «Ad Alessandro Sardi, che è del tutto inesperto di cinema, va riconosciuto il merito di aver portato le questioni della cinematografia educativa e del ruolo dell’Istituto Luce in sede di dibattito parlamentare: nel giugno del 1929, intervenendo in Aula sulla previsione si spesa del ministero dell’Interno, il presidente del Luce spezza vigorosamente una lancia in favore del cinema educativo, intendendo senza equivoci per “educazione” non solo l’insegnamento scolastico, ma soprattutto la costruzione di un “modo di pensare e di agire”, ovvero la “formazione di coscienze”». Gli estratti dell’intervento di Sardi presso la Camera dei Deputati (XXVIII Legislatura, Discussioni, Tornata di giovedì 6 giugno 1929, Anno VII, p. 726) sono tratti da Fiamma Lussana, Cinema e educatore.

L’istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 70.

19 Il programma di lavoro dell’IICE iniziò con la raccolta di materiale informativo riguardante tutte le ditte e le istituzioni che in qualsiasi modo orientassero le loro attività nel campo del cinema educativo, con la compilazione di un catalogo internazionale di tutti i film educativi esistenti e con la raccolta di tutti i provvedimenti fiscali e disposizioni di censura in materia cinematografica. Nei dieci anni di attività dell’Ente furono diverse le iniziative atte a «favorire la produzione, la diffusione e lo scambio, fra diversi paesi, delle pellicole educative concernenti la istruzione, l’arte, l’orientamento e l’insegnamento professionale ed agricolo, la propaganda igienica e di educazione sociale e tutti quegli altri infiniti e vari campi di attività e di studio che hanno fondamento primordiale e necessario o legami inscindibili con ogni espressione di cultura applicata allo schermo e derivano dalla influenza sociale e morale che il cinema può avere ed ha sulle masse, ed in specie sui fanciulli» (Introduzione, “Rivista del cinema educatore”, n. 1, 1929, p. 7). Tra le iniziative più importanti si annoverano la nascita, nel luglio 1929, del mensile “Rivista Internazionale del Cinema Educatore”, edito in cinque edizioni (pubblicato fino al 1935 in italiano, francese, tedesco, inglese e spagnolo), con contributi incentrati su una serie di temi: la censura cinematografica, la protezione del diritto d’autore, la cinematografia al servizio dell’organizzazione scientifica ed educativa. (Cfr. Silvio Celli, L’IICE e la

“Rivista del Cinema Educatore”, in Storia del cinema italiano 4: 1924/1933, cit., p. 444). Al 1929 i

titoli di libri e periodici, custoditi presso la biblioteca e l’emeroteca ospitate a Villa Torlonia, ammontano ad oltre 11 mila. Numeri destinati a crescere negli anni a venire: l’11 ottobre 1933 l’Italia attraverso l’IICE riuscì a far approvare la Convention pour faciliter la circulation internationale des

films ayant un caractère éducatif, sottoscritta da 25 paesi ed entrata definitivamente in vigore nel

gennaio 1935 (ratificata in Italia con la legge n. 294 del 29 gennaio 1934). La Convenzione si applicava a 5 diverse categorie di film su cui veniva applicata l’esenzione dei diritti doganali e di altre tasse per l’importazione: film propagandistici sull’operato della SdN, film per l’insegnamento, film per la formazione e l’orientamento professionale (film di tecnica industriale, film per l’organizzazione

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ed educativo in quegli anni. È una relazione realizzata da una Commissione di studio per la cinematografia educativa nelle scuole composta interamente da tecnici20 e presentata al Ministro dell’Educazione Nazionale contenente le conclusioni di uno studio sulle possibilità del cinema nella scuola. Se da un lato gli estratti del documento dattiloscritto, Relazione sull’introduzione della cinematografia nelle

scuole, del Fondo Paulucci di Calboli a Forlì proposti da Maria Teresa Mazzatosta

nel suo volume, Il regime fascista tra educazione e propaganda 1935-1943, mettono in evidenza la necessità di persuadere gli insegnanti alla didattica nuova attraverso «la creazione di un’anima cinetecnica degli insegnanti, affinché apparecchi e pellicole agiscano nel modo migliore»21, dall’altro, l’analisi che propone Lussana del documento, mette in chiaro le vere problematiche sia tecniche che finanziarie a cui

scientifica del lavoro, film relativi all’igiene, all’educazione fisica, alla previdenza sociale, film di ricerca tecnica o scientifica). Per tentar di uniformare le pratiche tra i diversi Paesi, il 28 maggio 1934, l’IICE organizza a Baden-Baden un incontro per trovare un’intesa fra i paesi produttori del formato ridotto: durante l’incontro fu raggiunto un accordo con la casa di produzione francese Pathé che in cambio di un compenso economico accettò di uniformarsi al formato 16mm permettendone così la diffusione come formato sub standard internazionale.

Ma l’evento più importante che esplicita tutti gli obiettivi di internazionalizzazione dell’organismo preposti dalla Società delle Nazioni, ha luogo a Roma dal 19 al 25 aprile 1934 durante il Congresso internazionale del cinema d’insegnamento e di educazione, a cui parteciparono 419 congressisti in rappresentanza di 45 Paesi. L’inizio della crisi dell’IICE è causato dal conflitto attuato dall’Italia ai danni del popolo etiope nell’ottobre 1935; anche il direttore De Feo perderà il suo incarico per passare a dirigere il Reparto Foto-Cinematografico per l’Africa dell’Istituto Luce. Nel dicembre 1937 Mussolini comunica l’uscita dell’Italia dalla SdN e ciò ha come conseguenza la chiusura dell’IICE: «Le scelte politiche e militari del fascismo in direzione colonialista, culminate con l’occupazione dell’Etiopia e le conseguenti sanzioni economiche nei confronti dell’Italia, determinarono inevitabilmente la perdita della fiducia internazionale e quindi la crisi dell’ICE». Roberto Farnè,

Diletto e giovamento. Le immagini e l’educazione, Torino, Utet, 2006, p. 214.

20 «La Commissione per lo studio del problema relativo all’impiego del cinematografo nelle scuole come mezzo didattico, era così composta: S.E. il prof. Arrigo Salmi, Sottosegretario di Stato per l’educazione nazionale, Presidente; Marchese Giacomo Paolucci de’ Calboli Barone, Presidente dell’Istituto Nazionale L.U.C.E.; G. Uff. Luciano De Feo, Direttore dell’Istituto internazionale della cinematografia educativa; Prof. Sabato Visco, della R. Università di Roma; Prof. Ugo Bordoni, della R. Scuola d’ingegneria di Roma; Dr. Comm. Carlo Calcagni, Ispettore Generale del Ministero; Dr. Gr. Uff. Giuseppe Mastropasqua, Direttore Capo Divisione nel Ministero; Dr. Comm. Camillo Quercia, Direttore Capo Divisione nel Ministero; Dott. Comm. Giuseppe Caruso, Ispettore Superiore del Ministero; Dr. Comm. Gino Belardinelli, Ispettore Superiore del Ministero; Comm. Ing. Raimondo Pellegrini, Ispettore Centrale dell’istruzione tecnica; Comm. Prof. Lino Vaccari, Ispettore Centrale dell’istruzione media; Comm. Prof. Riccardo Olivieri, Preside del R. Liceo scientifico di Roma». Maria Teresa Mazzatosta, Il regime fascista tra educazione e propaganda 1935-1943, cit., pp. 160-161.

21 «Abbandonando a sé le scuole e gli insegnanti si verificherebbe, su scala straordinariamente più vasta, quello che si è verificato fin qui. Apparecchi e pellicole verrebbero messi in un bell’armadio, se pure non verrà loro riservato asilo più infelice e verrebbero così abbandonati alla ruggine e all’umidità. Le centinaia di apparecchi, tipo Michetti, forniti dal Ministero nel 1923-24, giacquero per mancanza di quest’anima cinematografica degli insegnanti». Ivi, p. 160.

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sono andati incontro gli interventi governativi per l’introduzione del cinematografo nelle scuole fin dal 192422. L’alto costo delle attrezzature, le particolari misure di sicurezza da adottare a causa dell’elevata infiammabilità delle pellicole, l’inesperienza e la mancanza di “un’anima cinetecnica” degli insegnanti sono alcuni dei fattori che hanno finora ostacolato la diffusione di una cinematografia educativa. In conclusione, la commissione, tenta una prima distinzione tra i diversi generi “scolastico” ed “educativo”: «mentre il primo dovrà affiancare efficacemente i programmi di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, il cinema “educativo” dovrà contribuire a formare la coscienza nazionale»23. Una distinzione tra i generi, come approfondiremo più avanti, molto labile e mai ben definita che ha generato confusione anche nella fase produttiva.

L’Istituto Luce è il principale punto di riferimento in un’«ottica di una cinematografia protetta e supportata dallo Stato»24, ma negli anni Trenta vive anche una crisi dovuta ad una serie di scelte politiche e produttive25.

Tra le principali iniziative messe in atto dal governo per l’uscita dalla crisi e la modernizzazione cinematografica del paese, vi è il cambio societario dell’Istituto Luce nel gennaio 1935, che autorizza l’Ente ad assumere e rilevare partecipazioni

azionarie in aziende aventi per scopo l’esercizio cinematografico26 e la nascita, qualche mese prima nel settembre 1934, della Direzione generale per la

22 «“l’alto costo degli apparecchi”, le difficoltà della loro installazione e “la quasi impossibilità di procurare le pellicole adatte” si erano rivelati fin dall’inizio ostacoli insormontabili. Malgrado l’istituzione di apposite cineteche regionali attrezzate dall’Istituto Luce presso i 19 provveditorati agli studi e l’imposizione del “contributo annuo di lire una” alla direzione di ciascuna cineteca da parte degli allievi, a tali difficoltà si erano poi aggiunti problemi di vario tipo come la gestione didattica delle pellicole, la loro alta infiammabilità, che richiedeva apposite misure di sicurezza, l’inesperienza con cui erano maneggiate, che le rendeva “abrasate, striate, intaccate, tagliate”». Fiamma Lussana,

Cinema educatore. L’istituto Luce dal fascismo alla Liberazione (1924-1945), cit., p. 64.

23 Ivi, p. 65.

24 Ivi, p. 79.

25 A provocare questa crisi sicuramente hanno contribuito i maggiori sforzi economici e la produzione fallimentare del film Camicia nera del 1933, la costituzione di un reparto foto-cinematografico per l’Africa orientale per documentare l’invasione fascista in Etiopia del 1935 (un secondo reparto sarà posizionato in Somalia nel 1936). Per un approfondimento cfr. Fiamma Lussana, Cinema educatore.