• Non ci sono risultati.

97fondo della scelta di operare degli interventi spesso violenti, non edul-

corati. Più avanti, sugli stessi appunti, scrive ancora che “Il restaurare

va visto non in senso storico-formale ma deve essere sottoposto ad un’analisi nella quale si riveli la funzione degli elementi statico-struttu- rali che sono parte integrante della forma stessa”, e aggiunge che “l’im- postazione teorica (del restauro realizzato, NdA) viene, sul piano tec- nico, confermata dalla correttezza della realizzazione”2. quando si ar- riva al museo dalle anguste stradine del centro storico di Salerno co- me prima cosa si vede un frammento di portico colonnato che imme- diatamente dichiara la complessa cifra strutturale e figurativa dell’in- tervento: una breve serie di due archi murari su esili colonne, resto di quello che era un tempo un portico interno al convento oggi non più vi- sibile essendo attraversato dalla strada che ha separato appunto il cor- po del convento più a monte, sostenuta da una struttura retrostante con putrelle a vista che struttura anche il volume superiore, il cui solaio ha un intradosso in lamiera grecata a vista appena ingentilita da elemen- ti lignei posti nelle nervature metalliche. Esili putrelle hE nere in vista, poste in asse alle tre colonne per sostenere il nuovo corpo, dichiara- tamente reggono il resto del paramento ad archi su colonne che non sarebbe in grado di sostenersi per molto tempo senza l’aiuto delle nuo- ve strutture. questa soluzione genera una sorta di pronao coperto che, segnalando l’ingresso al museo, lascia al contempo intravedere dietro di sé, attraverso una serie di pannelli in ferro ed intonaco stuccato bian- co di albiniana memoria, un piccolo orto concluso con resti di colon- ne e statue. Ma è appena si entra nello spazio interno che si palesa in pienezza al visitatore, in un solo momento, la complessità e la bellez- za dello spazio che questo grande architetto ha generato interagendo con quelle poche vestigia rimaste. Una serie di archi su colonne di spo- lio, oramai prive di relazioni con gli altri muri portanti per l’assenza di mu- ri trasversali di spina o travi o altri elementi strutturali di connessione, chiaramente bisognosa di aiuto strutturale per restare in vita, trova in un sistema di travi IPE in acciaio, ad esso ortogonali, il necessario col- legamento ai due muri portanti delimitanti l’unica navata interna del museo. questa soluzione genera un nuovo livello su cui si appoggia una leggera passerella lignea (semplice ma raffinatissima nel dichiarato disegno ad incastro degli elementi tra loro) sul lato opposto a chi entri, sostenuta da un sistema strutturale di sostegni metallici secondario ri- spetto alle IPE sopra descritte che genera anche il sistema della rin- ghiera in ferro e vetro e allo stesso tempo la solleva, come galleggias- se leggera nello spazio della memoria. A sinistra, entrando, una scala in acciaio e legno con un raffinatissimo ballatoio intermedio in calce- struzzo, finito con bocciardatura a grana grossa, porta al livello supe- riore che prima avevamo notato appena entrati. Sulla destra, sempre rispetto all’accesso al museo, un sistema di travi IPE intrecciate gene- ra una successione ritmica di cavalletti strutturali dalle multiple funzio- ni. Essi sono sostegno di una controfacciata in legno, inclinata verso l’in- terno del museo, che diviene al livello superiore una vetrata. Grazie al-

Lo spazio superiore del museo con la nuova facciata interna inclinata e la loggia esterna (foto di N.F.)

1In Cocchieri M., Ezio Bruno De Felice, architetto, Firenze, 2006, p. 5. 2Il testo riportato di De Felice, come il precedente, è tratto da appunti di pu- gno dell’architetto manoscritti su fogli sparsi contenuti nei faldoni conservati nello studio dell’architetto, oggi fonda- zione Ezio De Felice, a palazzo Don- n’Anna a Napoli, citato in: Cocchieri M., cit…, p. 82.

98

la distanza tra la vetrata e le aperture ad arco della muratura esterna si genera una loggia profonda per chi guardi il fronte del museo dalla strada ed un ballatoio coperto per chi percorra il piano superiore del mu- seo esse inoltre. Gli stessi cavalletti in acciaio poi incatenano e so- stengono il muro con archi e colonne centrale e infine sostengono an- che una serie di bacheche espositive in ferro, legno e vetro che realiz- zano i principali, raffinati espositori del piano inferiore. Saliti dalla bella scala, prima di passare sulla passerella che avevamo già visto dal bas- so, siamo richiamati da un vano profondo, sulla sinistra, che ricono- sciamo essere quello che sovrastava la loggia di ingresso. qui vedia- mo sistemata (faremmo meglio a dire “avremmo visto sistemata”, aven- do una nuova e peraltro interessante sistemazione allestitiva alterato l’originaria scelta defeliciana), sul fondo al di sopra di un sostegno di scarpiana memoria, la testa di Apollo - importante ritrovamento di un raffinato elemento scultoreo ellenistico - leggibile in tutta la sua bellez- za anche grazie alla abbondante luce naturale che arriva dalle due am- pie vetrate laterali. queste generose aperture a tutta altezza peraltro avevano, nella soluzione di De Felice, il merito di rendere visibile il re- perto più prestigioso del museo, la testa di Apollo appunto, già a chi in strada avesse avuto la curiosità di alzare lo sguardo, consegnando esplicitamente alla città un pezzo che in tal modo non sarebbe stato congelato nelle chiuse stanze di un museo-luogo-della-segregazione, Particolare della scala in

ferro con il pianerottolo in calcestruzzo bocciardato (foto di N.F.) La passerella del livello superiore vista dal basso: si nota il sistema di sostegno

in ferro che struttura la ringhiera (foto di N.F.) La passerella lignea del livello superiore (foto di N.F.)

ma che così veniva posto quale patrimonio vivo della Salerno del futuro, vere e proprie memorie

attive nello spazio urbano e col-

lettivo. Insomma una macchina

per esporre che con felicità l’ar-

chitetto napoletano, oramai nel- la pienezza della maturità espressiva, rendeva viva nello spazio interno e negli spazi di relazione tra esterno ed interno generando un raffinato rapporto tra persone, oggetti, spazio e cit- tà nel modo in cui solo la gran- de architettura sa fare. Una ar-

chitettura del palinsesto di altis-

simo profilo, dunque, carica di visioni di futuro ancora capace di dare indicazioni operative al nostro presente.

100

Approccio metodologico

Trattandosi di un intervento in un’area ricadente nello stratificato tes- suto del centro antico di Salerno, oggetto tra la fine degli anni ’90 del Novecento e i primi anni del 2000 di numerosi interventi di restauro e di riqualificazione anche a livello urbanistico, è stato particolar- mente importante che gli aspetti relativi al progetto siano stati seguiti da un gruppo diretto e coordinato da Stella Casiello, comprendente specialisti in restauro, progettisti architettonici, oltre che figure di in- gegneri strutturisti e impiantisti. Le necessità per un progetto di tale portata, in un sito particolarmente strategico sia per gli aspetti turi- stici che per quelli sociali e culturali, sono evidenti. La generazione di valori sociali prima ancora che culturali, ha indotto scelte del pro- getto che possano valorizzare appunto tali aspetti nel rispetto del va- lore architettonico - ambientale del monumento. Da sempre al cen- tro della vita sociale, culturale e artistica della città, il sistema di strade e piazze sulle quali si apre il complesso rappresenta un uni-

cum di funzioni ininterrotte di socialità, a partire dalla sua genesi.

L’approccio metodologico con il quale il raggruppamento si è rap- portato al progetto del restauro pone come obiettivo principale quello di proporre soluzioni di alto livello scientifico e di grande rigore. Nel campo del restauro architettonico si ritiene, infatti, che un intervento possieda caratteri di “qualità” quando la fase progettuale si basa su ampie conoscenze preliminari. L’intervento non può ignorare queste importanti acquisizioni, che consentono di formulare un percorso progettuale completo, culturalmente fondato e criticamente consa- pevole delle scelte tecniche. Da qui la convinzione che il concetto di “qualità” nel progetto di conservazione non si riferisca soltanto ai materiali posti in opera singolarmente o assemblati (per esempio il tempo di stagionatura della calce spenta, la provenienza e le ca- ratteristiche degli aggregati, le percentuali d’impasto ecc.), ma ri- guarda anche il tipo, il livello e il modo con il quale sono condotte tutte le fasi del processo progettuale a partire dai rilievi diretti della fabbrica e dalle indagini documentarie delle fonti storiche bibliogra- fiche e archivistiche. qualsiasi intervento deve porsi come obiettivo la conservazione del bene e al tempo stesso deve tendere a resti- tuirgli la leggibilità in parte perduta. Riconosciuta all’oggetto del re- stauro la duplice valenza storica ed estetica, qualsiasi soluzione va ricercata di volta in volta, affrontando le problematiche che si pre- sentano; ogni intervento infatti costituisce un episodio a se, non in-

IL RESTAURO E L’ADEGUAMENTO

FUNZIONALE DELL’Ex COMPLESSO

CONVENTUALE DI S. SOFIA

A SALERNO (1998-2001)

Gianluigi de Martino

L’intervento diconservazione della capriata lignea

DOSSIER

SALERNO

101