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81quindi un intervento complesso, teso a riqualificare ampie parti del-

la città, a prolungare la Metropolitana e legarne le nuove stazioni a punti strategici della città ed al Porto, a relazionare elementi preesi- stenti e nuovi interventi, particolarmente attento alle questioni am- bientali e paesaggiste (tra l’altro il progetto include la demolizione del “viadotto Gatto” che incombe sull’area est della città). I percorsi via- ri si sviluppano in parte in gallerie che -tenuto presente anche il limite di 50 km/h come massima velocità urbana- sono attentamente stu- diate sia nelle loro spazialità e finiture interne, sia nei loro imbocchi, tutti diversi e contestualizzati. Dopo il progetto di concorso, sulla ba- se di primi saggi specifici viene sviluppato un dettagliato vero progetto

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preliminare, approvato nel 2008. Prende quindi avvio il progetto de- finitivo, un iter complesso perché richiede puntuali analisi geologi- che ed idrogeologiche, una campagna di saggi archeologici, e la ne- cessità di raccogliere i pareri della Soprintendenza archeologica e della Soprintendenza ai BB.AA.AA., dell’Autorità di Bacino, del- l’ANAS, delle Autostrade Meridionali, del Ministero dell’Ambiente, del Comune e della Provincia di Salerno, e quant’altro. Tutto poi vie-

ne sottoposto al Consiglio Superiore dei LL.PP. che nell’ottobre 2011 approva con prescrizioni alle quale il RT adempie con rapidità. Nel 2012 il RINA completa la validazione del progetto ormai perfeziona- to che viene poi messo a base di un appalto integrato con chiara prescrizione di non modificabilità delle geometrie e dell’architettura. Nel 2013 dalla gara di appalto sorprendentemente però emerge una proposta del tutto diversa, di fatto ridotta ad una banale autostrada che si sviluppa in una lunga galleria fra il casello autostradale in al- to ed il porto in basso, e che, nello succes-

sivo sviluppo esecutivo -altra sorpresa- per motivi di costo elimina l’intero intervento in località Cernicchiara, cioè il raccordo con l’Autostrada, e per ragioni tecniche non con- sentirà più la demolizione del viadotto Gatto. Tra l’altro quasi contestualmente vengono sospesi i lavori in corso per l’attuazione del 1°stralcio che prevedeva il ponte sul vallone Cernicchiara, attentamente studiato per il particolare delicato inserimento in un conte- sto che comprende aree ad elevato rischio idrogeologico. La proposta migliorativa del- l’impresa presenta cinque simulazioni pro- spettiche alternative a quelle del contenute nel progetto Pica Ciamarra: la commissione di gara approva. Da un concorso molto bene impostato, aperto, che consentiva una ri- sposta complessa di grande interesse per la città, si perviene ad un chiaro disastro urba- nistico ed ambientale: la questione raggiun- ge anche attenzione nazionale tramite RAI3 che nel dicembre 2013 la inserisce in una trasmissione di “Ambiente Italia”. Nulla da fare; inutile ogni segnalazione, ogni appello, ogni richiesta di intervento; stasi anche dal Consiglio dell’Ordine Professionale dovero- samente coinvolto; inutile qualsiasi azione. Attualmente il cantiere di Salerno Porta Ovest, totalmente difforme da quanto era emerso dal concorso internazionale del 2006/2007 e successivamente sviluppato da un articolato gruppo interdisciplinare attra- verso vari anni di lavoro, dopo aver ormai in parte realizzato gallerie e quant’altro, da giu- gno 2015 è sotto sequestro da parte della DIA.

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La misura del mutamento intervenuto negli ultimi trent’anni nel di- battito disciplinare sulle città storiche e nelle strategie d’intervento per “la Salerno del futuro” può essere restituita rileggendo il numero del 1988 di «AS», all’epoca rivista dell’Ordine degli Architetti della provincia di Salerno, dedicato al tema del recupero, individuato, nel- l’editoriale di Giovanni Giannattasio, come antidoto alla lunga crisi tradottasi in una sorta di “agonia”. L’orizzonte di significato del re- cupero travalicava la sfera della tecnica urbanistica, riflettendo al- cuni indirizzi generali, ampiamente condivisi in quegli anni contras- segnati dall’emergere, rispetto all’ideale del “nuovo”, della gregot- tiana “modificazione” e del “costruire nel costruito”, vale a dire il “ri- torno alla città storica” dopo l’insoddisfazione suscitata dalla città “moderna”, alla quale andare a riannettere (recuperare appunto) quelle parti che un crescente fenomeno di degrado, fisico e funzio- nale, stava espellendo dal suo organismo vitale. Nell’articolo di Ales- sandro Dal Piaz si sottolineava “la dimensione urbana del recupero”, quale piano di riferimento e verifica di interventi riferiti alla scala e alla sfera dell’architettura, il che si risolveva essenzialmente, in linea alla ricerca di Gianfranco Caniggia, nel rispetto del patrimonio di re- gole tipologiche inscritte nei tessuti storici, con evidente applicazione all’edilizia residenziale – modello restava la Bologna di Cervellati – ma ammettendo un discorso a parte per le emergenze monumen- tali, eccezioni rispetto alla preponderanza dell’“edilizia corale”. Co- m’è noto, tuttavia, nel caso di Salerno, questo più consueto rapporto si ribalta nella fascia interna al circuito murario che dal decumano di via Tasso risale le pendici del colle Bonadies, il Plaium montis, ampliamento longobardo divenuto sede privilegiata dell’insedia- mento, dapprima delle comunità benedettine, poi degli ordini men- dicanti e controriformisti, che ancora alle soglie dell’Ottocento si tra- duceva in una quasi ininterrotta sequenza di monasteri e conventi immersi nel verde degli orti e dei giardini (S. Maria della Consola- zione, S. Nicola della Palma, S. Lorenzo al Monte, S. Francesco e S. Antonio, S. Pietro a Maiella e S. Giacomo, S. Maria di Monte- vergine, S. Maria delle Grazie, S. Maria della Porta e S. Domenico, S. Maria della Mercede, S. Maria Maddalena, S. Sofia,). La straor- dinaria concentrazione di “grandi contenitori” – un’espressione cor- rente alla fine degli anni ottanta – in un’area di superficie limitata, raggiunti da gradonate e labirintici passaggi tra gli alti muri dei re- cinti claustrali, pone problemi di recupero diversi dai quartieri meri-

IL PLAIUM MONTIS: DAL “RECUPERO

DEI GRANDI CONTENITORI”