Luca Ruini, Roberto Ciati, Carlo Alberto Pratesi, Ludovica Principato, Massimo Marino, Sonia Pignatelli
Introduzione
È generalmente noto che una corretta alimentazione è una condizione essenziale per la salute. Questa è una legge naturale che, tuttavia, non ha ricevuto la dovuta attenzione negli ultimi decenni. Prova ne è la recente e dilagante diffusione di patologie dovute a eccesso di alimentazione (dall’obesità alle malattie cardiovascolari, passando per il diabete) e alla concomitante riduzione dell’attività fisica in tutte le fasce d’età, comprese quelle giovanili (Must et al., 1999; Burton et al., 1985). Negli anni Settanta, è stato il fisiologo americano Ancel Keys a spiegare al mondo la dieta da lui battezzata “mediterranea”, basata sul consumo equilibrato di alimenti naturali (olio di oliva, frutta, cereali, legumi, ecc.), grazie alla quale la mortalità per cardiopatie risultava più bassa rispetto alle diete ricche di grassi saturi, tipiche del Nord Europa. Nel 1992 l’US Department of Agriculture progettò e diffuse la prima piramide alimentare, che in modo sintetico ed efficace spiegava come adottare un tipo di alimentazione equilibrato.
Negli ultimi anni la Food and Agricultural Organization (Fao) insieme con Biodiversity International, ha sottolineato l'importanza delle "diete sostenibili" intese come regimi
(i) l’impronta di carbonio (Carbon Footprint), che rappresenta le emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici ed è misurata in massa di CO2 equivalente; (ii) l’impronta idrica
(Water Footprint), che quantifica i consumi e le modalità di utilizzo delle risorse idriche ed è misurata in volume di acqua; (iii) l’impronta ecologica (Ecological Footprint), che misura la quantità di terra (o mare) biologicamente produttiva necessaria per fornire le risorse e assorbire le emissioni associate a un sistema produttivo; si misura in m2 o ettari globali.
I dati utilizzati per costruire la piramide ambientale provengono da studi e fonti pubbliche (Ecoinvent Database; Environmental Product Declaration Database; Lca Food Database; Andersson, 2000; Baroni et al., 2006).
Tuttavia, una volta che i risultati sono stati ottenuti, per necessità di concisione e chiarezza comunicativa è stata considerata come indicatore di base per la costruzione della doppia piramide solamente l'impronta ecologica. La scelta è stata guidata dalle seguenti considerazioni: (i) l’Ecological Footprint è il più completo dei tre indicatori analizzati perché prende in considerazione sia l’utilizzo del territorio sia le emissioni di CO2;
(ii) l’Ecological Footprint è l’indicatore più semplice da comunicare perché l’unità di misura (ettari globali) è facilmente riproducibile visivamente; (iii) l’Ecological Footprint è l’indicatore ambientale identificato tra quelli da promuovere secondo un recente studio condotto per conto della commissione europea (Ewing et al., 2010).
Come si vede dalla figura 1 la piramide alimentare raffigura i vari gruppi di alimenti in modo scalare. Alla base si trovano gli alimenti di origine vegetale (caratteristici della dieta mediterranea) ricchi in termini di nutrienti (vitamine, sali minerali, acqua) e di composti protettivi (fibre e composti bioattivi di origine vegetale) e con ridotta densità energetica. Salendo progressivamente si trovano gli alimenti a crescente densità energetica (molto presenti nella dieta nordamericana) che andrebbero consumati con una frequenza minore.
Dalla doppia piramide si può osservare che gli alimenti per i quali è consigliato un consumo più frequente, sono anche quelli che presentano gli impatti ambientali minori. Viceversa, gli alimenti per i quali è raccomandato un consumo meno frequente, sono anche quelli che hanno maggior impatto sull’ambiente. In altre parole, da questa nuova elaborazione della piramide alimentare emerge la coincidenza, in un unico modello, di due obiettivi diversi ma altrettanto rilevanti: salute e tutela ambientale (Bcfn, 2009, 2011, 2012).
Figura 1 - La doppia piramide alimentare ambientale
Fonte: Bcfn, 2012
Per poter stimare in quale misura le scelte alimentari dei singoli individui incidono sull’ambiente il Bcfn ha analizzato molte ricette e molti menu. Due di questi, entrambi equilibrati da un punto di vista nutrizionale, sono analizzati di seguito ed evidenziati in figura 2. Mentre nel primo le proteine sono prevalentemente di origine vegetale, nel secondo vengono utilizzati maggiormente
alimenti di origine animale. L’analisi degli impatti ambientali di questi due menu permette di evidenziare come quello basato sulle proteine animali sia caratterizzato da valori due volte più elevati rispetto a quello basato su proteine vegetali. Basti vedere, infatti, che il menu vegetariano ha un’impronta di carbonio pari a 1.700 grammi di CO2 equivalente, mentre quello
a base di carne presenta un’impronta di 7.200 grammi di CO2
equivalente.
Figura 2 - Impronta di carbonio, ecologica e idrica di un menu vegetariano e di uno
a base di carne
Conclusioni
Il modello della doppia piramide dimostra quindi che seguire la dieta mediterranea proposta dalla tradizionale piramide alimentare-nutrizionale non solo porta a un miglioramento della qualità della vita, ma produce anche un impatto decisamente inferiore sull’ambiente.
A questo punto, il prossimo obiettivo del Bcfn sarà quello di promuovere tra le persone regimi alimentari più sostenibili e in particolare quello della dieta mediterranea.
Occorrerà inoltre studiare i fattori che influenzano le persone verso scelte alimentari sbagliate e capire come cambiare il loro comportamento. Riguardo a questa tematica, la prima variabile da affrontare a nostro avviso è quella del prezzo degli alimenti, giustamente considerato un potenziale ostacolo, in particolare durante l'attuale crisi economica. Gli studi raccolti indicano che la situazione è ancora discutibile, anche se sembrerebbe possibile affermare che la dieta sostenibile generalmente non costa di più, soprattutto se i suoi costi sono valutati in base a criteri più appropriati. Dopo alcune analisi, il Bcfn ha evidenziato come la dieta mediterranea sia, seppur di poco, più sostenibile economicamente (Bcfn, 2012). Tale confronto non include i costi indiretti di una dieta poco equilibrata in termini di ambiente e, soprattutto, della salute delle persone.
Nei prossimi studi inoltre, sarà approfondito il tema della sostenibilità economica della dieta mediterranea, specialmente per i paesi in via di sviluppo che non sono ad oggi inclusi nell'analisi. Come rendere una dieta sostenibile veramente accessibile "a tutti", sarà l’oggetto delle prossime pubblicazioni del Bcfn.
Riferimenti bibliografici
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Keys A., Aravanis C., Blackburn H.W., Van Buchem F.S.P., Buzina R., Djordjevic B.S., Dontas A.S., Fidanza F., Karvonen M.J., Kimura N., Lekos D., Monti M., Puddu V., Taylor H.L. (1967), Epidemiologic studies related to coronary heart disease: characteristics of men aged 40-59 in seven
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Keys A., Aravanis C. et al. (1980), Seven Countries. A Multivariate Analysis of Death and Coronary Heart Disease. Harvard University Press, Cambridge, MA and London. 1- 381
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Must A., Spadano, J., Coakley, E.H., Field, A.E., Colditz, G., Dietz, W.H. (1999), The Disease Burden Associated With Overweight and Obesity. In: Jama. 282(16):1523-1529
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www.silsoe.cranfield.ac.uk