La distinzione tra aziende e imprese nella rilevazione del settore agricolo costituisce un problema analitico che si rivela attuale ad ogni scadenza censuaria.
Nonostante i termini impresa e azienda siano spesso usati come sinonimi, essi fanno riferimento a due realtà diverse: Il censimento dell’agricoltura si pone l’obiettivo di rilevare la struttura dell’agricoltura intesa come “industria” o “branca di produzione”. Per questo rileva unità di attività economica locale cioè “aziende di produzione agricola”, definendo l’universo statistico di riferimento in base a parametri strutturali/oggettivi (tipologia di attività attivata e dimensione fisico economica minima) delle attività di produzione e non a caratteristiche delle istituzioni (famiglie, imprese) che le gestiscono. I soggetti di cui le aziende rilevate sono espressione, di conseguenza, sono eterogenei sia come tipologia (persone fisiche e soggetti giuridici) che per quanto riguarda la natura degli obiettivi perseguiti con l’attività agricola. La natura del settore agricolo, inoltre, rende difficile individuare in modo chiaro quali unità di produzione siano espressione di una vera e propria “impresa” e quali no. In molti casi le attività agricole non vengono gestite con il fine primario di produrre redditi, rappresentando piuttosto gestioni famigliari nelle quali si manifestano forti interdipendenze tra decisioni produttive e di consumo; spesso inoltre il capitale fondiario costituisce una quota preponderante dei risparmi famigliari ed viene gestito secondo un’ottica più patrimoniale (conservazione del valore e godimento delle utilità) che imprenditoriale (produzione di reddito).
classificazione delle aziende rilevate dal censimento proprio con l’obiettivo di individuare quelle che possono essere considerate espressione di attività di impresa. L’aspetto della imprenditorialità in agricoltura viene affrontato anche nell’ analisi che segue, seguendo tuttavia un approccio leggermente diverso. Nel tentativo di sfuggire al problema condiviso da tutte le classificazioni tipologiche, che nella loro applicazione empirica implicano inevitabilmente un certo grado di arbitrarietà, si è preferito infatti tentare una “misura” del livello di imprenditorialità attraverso la costruzione di uno specifico punteggio.
Il primo passo necessario nella realizzazione di una tale analisi è quello di chiarire il fenomeno che ci si propone di studiare: la presenza di un atteggiamento “imprenditoriale” nella gestione dell’azienda agraria. Il concetto di imprenditorialità in questo studio è stato inteso come prontezza nel cogliere le opportunità esistenti nel sistema dei prezzi per intervenire nel processo di coordinamento tra domanda e offerta, ottenendo un vantaggio economico (Kirzner, 1973 e 1997). Una simile visione della funzione imprenditoriale è stata proposta anche nella tradizione italiana degli studi economico agrari per interpretare lo sviluppo del settore agricolo (Bandini, 1959; Amadei, 2002). Secondo questa prospettiva l’imprenditore usa le sue capacità per prendere decisioni finalizzate a massimizzare i flussi attesi di reddito “scommettendo” sulla differenza tra il prezzo futuro dei prodotti e prezzo corrente dei fattori della produzione. La presenza di un atteggiamento imprenditoriale (nel senso appena definito) nella gestione di un’attività di produzione può essere variabile, dipendendo dalle caratteristiche peculiari del soggetto economico aziendale, dagli obiettivi che assegna all’azienda e dai vincoli strutturali (interni ed esterni) alla realizzazione di una vera gestione imprenditoriale, questi ultimi spesso rilevanti in agricoltura dove il fattore della produzione fondamentale (la terra) ha caratteristiche e mercati del tutto peculiari.
Nell’analisi che segue sono stati considerati tipici dell’atteggiamento imprenditoriale:
il sistematico sfruttamento delle opportunità create dalle differenze tra i prezzi dei fattori e dei prodotti e quindi l’orientamento al mercato dell’attività produttiva;
la separazione tra le decisioni economiche relative alla famiglia e quelle relative all’azienda (Davis, 2001);
la sistematica ricerca di opportunità di reddito sia all’interno che all’esterno dell’azienda (miglioramento delle tecniche di produzione, modifica dell’ambiente operativo aziendale finalizzato alla costruzione di vantaggi competitivi):
la valorizzazione dei fattori produttivi di cui si detiene un controllo esclusivo.
Il concetto di imprenditorialità è stato reso operativo per l’analisi empirica assegnando un punteggio a partire dai valori assunti da una serie di variabili rilevate dai censimenti generale dell’agricoltura.
In particolare il punteggio è stato assegnato considerando i seguenti aspetti:
la presenza e la completezza di sistemi di rilevazione contabile, considerati come una proxy della separazione imprenditoriale tra azienda e famiglia;
il livello di utilizzazione delle attrezzature informatiche nella gestione e la partecipazione del capo azienda a corsi professionali, intesi come indicatori di un atteggiamento di sistematica ricerca di opportunità per lo sviluppo della gestione aziendale;
la realizzazione di pratiche colturali conservative dal punto di vista ambientale, la diversificazione delle attività aziendali e il livello di qualificazione delle produzioni intesi come indicatori di una modalità di gestione finalizzata alla valorizzazione delle caratteristiche esclusive dei fattori produttivi a disposizione;
la qualità e il livello di presenza del capo azienda, cioè di colui che decide le strategie di sviluppo e assume le decisioni correnti di gestione nell’attività aziendale;
il livello di integrazione con i mercati a valle considerato
come proxy dell’orientamento al mercato dell’attività aziendale.
Il totale ottenuto sommando i punteggi assegnati a ciascuno degli aspetti elencati esprime il livello di imprenditorialità con cui l’azienda rilevata dal censimento viene gestita. La scala può assumere un punteggio massimo di 21 punti1. Il punteggio
mostra un buongrado di coerenza interna, con tutti gli indicatori utilizzati che si “muovono” in modo coerente verso l’alto o il basso nel misurare il fenomeno osservato. Il coefficiente alpha di Cronbach (Cronbach, 1951), un indicatore normalmente utilizzato per valutare la coerenza delle scale multi item è pari a 0,597nel caso del punteggio calcolato con i dati del censimento 2010,un valore soddisfacente se si considera che i dati utilizzati erano stati rilevati con altre finalità2.
Livelli di imprenditorialità nell’agricoltura toscana
In un loro recente lavoro Arzeni e Sotte si sono posti il problema di individuare quali tra le aziende rilevate dall’ultimo Censimento Generale dell’agricoltura potessero essere considerate gestite da vere “imprese”. Nella classificazione tipologica da loro proposta le imprese vengono distinte dalle “non imprese” sostanzialmente in base a soglie di dimensione economica (misurata in termini di output standard). La tipologia è inoltre resa più dettagliata dalla considerazione di caratteristiche strutturali relative al livello di autoconsumo, all’impiego di lavoro e al ruolo assunto dai servizi di contoterzismo nella gestione delle attività aziendali.
A differenza del lavoro qui presentato Arzeni e Sotte si limitano a suddividere le aziende agrarie in gruppi “omogenei” per le caratteristiche appena delineate, con l’obiettivo di isolare un nucleo “imprenditoriale” all’interno dell’agricoltura italiana per studiarne le caratteristiche. Si tratta di un approccio evidentemente complementare a quello proposto in questo lavoro: studiare il fenomeno dell’”imprenditorialità agricola” in un sottoinsieme delle aziende rilevate dal censimento individuato tramite un’analisi tipologica.
Nella tabella 1 la tipologia aziendale proposta da Sotte e Arzeni viene posta a confronto con il punteggio di imprenditorialità utilizzato in questo lavoro. Per ogni gruppo di aziende viene mostrato il valore medio, mediano e massimo assunto dal punteggio imprenditoriale. Come atteso, passando dalle “aziende non imprese” alle “aziende imprese”, il punteggio cresce. All’interno del gruppo della aziende che per Arzeni e Sotte sono gestite da “imprese” la dimensione economica (piccole vs. grandi) sembra correlata positivamente con il livello di imprenditorialità. E’ anche interessante notare, tuttavia, come il punteggio non costituisca semplicemente una proxy della dimensione economica delle aziende (cioè dell’asse di classificazione fondamentale considerato da Sotte e Arzeni nella definizione delle loro tipologie), ma sembri capace di segnalare l’esistenza forme di imprenditorialità anche tra le aziende classificate da Sotte e Arzeni come “non imprese”: anche questi gruppi infatti presentano valori massimi molto al di sopra di media e mediana di tutti gli altri gruppi.
Tabella 1 - Livelli di imprenditorialità nelle diverse tipologie di azienda
Elaborazioni su dati Istat
Tipologie di unità di produzione aziende % livello imprenditorialità media mediana massimo Non imprese solo autoconsumo 32.6 1.0 1.0 12.0 Non imprese autoconsumo prevalente 11.8 2.0 1.0 15.0 Non imprese attività commerciale 21.7 3.0 3.0 16.0 Aziende intermedie disattivate 5.1 2.8 2.0 18.0 Aziende intermedie imprese potenziali 6.1 5.1 5.0 17.0 Imprese totalmente o parzialmente
disattivate 3.0 3.9 4.0 17.0 Imprese piccole 13.4 6.4 6.0 19.0 Imprese grandi 6.3 7.8 8.0 19.0
I dati sembrano anche indicare almeno una parziale sovrapposizione tra le “aziende intermedie imprese potenziali” e le “imprese totalmente o parzialmente disattivate” nella descrizione del fenomeno “imprenditorialità”: le prime mostrano un livello medio del punteggio leggermente più alto mentre le seconde raggiungono un valore massimo maggiore.
Secondo i dati presentati nella tabella 1, dunque, nell’agricoltura toscana circa un quarto delle aziende che operano sul territorio possono essere considerate espressione di una vera e propria impresa agraria. Tuttavia in tutti gli strati di aziende individuati, anche quelli corrispondenti ad aziende di piccole dimensioni fisiche ed economiche (classificate come “non imprese” da Arzeni e Sotte), è in realtà possibile individuare attività gestite con un atteggiamento che può essere definito imprenditoriale (punteggio di imprenditorialità superiore alla mediana).
Esiste anche una differenziazione territoriale nel fenomeno della “imprenditorialità agricola” in Toscana? La realizzazione di un indicatore unico del “livello” imprenditorialità ha reso più semplice l’analisi della distribuzione “spaziale” di questo fenomeno economico. L’analisi è stata condotta considerando nei 287 comuni della Toscana il valore medio assunto dal punteggio di imprenditorialità (dal momento che si tratta di un’analisi della distribuzione spaziale nel calcolare la media il punteggio assegnato alle singole aziende è stato ponderato in base alla Sau). Nella figura 1 viene presentato il grafico a dispersione che costituisce la base del calcolo di un indicatore di autocorrelazione spaziale, il cosiddetto Moran I (Anselin, 1995). Ogni punto rappresenta uno dei comuni toscani: sulle ascisse viene rappresentato il valore assunto dal punteggio nel comune mentre il valore sull’asse delle ordinate corrisponde la media ponderata del valore che il punteggio assume nei comuni “vicini” a quello considerato3. L’indicatore Moran I è dato dalla pendenza della retta di interpolazione dei punti: il valore assunto (0.41) indica con chiarezza che esiste una autocorrelazione spaziale, cioè che il fenomeno della “imprenditorialità agricola” non è distribuito uniformemente sul territorio toscano ma segue uno specifico pattern geografico.
Figura 1 - Autocorrelazione spaziale del livello di imprenditorialità
Elaborazioni su dati Istat
Sulla base degli stessi dati è possibile individuare le aree dove la presenza delle aziende ad alta imprenditorialità è particolarmente alta o bassa4. Nella figura 2 sono rappresentati
con retinatura colorata nei toni del grigio i comuni dove l’indicatore di imprenditorialità mostra una significativa correlazione spaziale. Le aree colorate in con un tono di grigio più chiaro sono quelle dove gruppi di comuni confinanti mostrano sistematicamente un valore dell’indice più alto della media; quelle più scure sono viceversa le aree dove si ripetono valori bassi. I comuni non colorati, infine, non presentano un
“pattern” spaziale del fenomeno “imprenditorialità agricola” significativo dal punto di vista statistico5.
L’area dove l’incidenza della Sau di aziende gestite con alto livello di imprenditorialità è sistematicamente più elevata si colloca a meridione della valle dell’Arno e corrisponde sostanzialmente alle provincia di Siena, Grosseto, e in parte alle provincie di Livorno e Pisa. E’ facile osservare la forte sovrapposizione con le principali aree vitivinicole della regione (con esclusione della provincia di Firenze dove invece non sembra emergere un chiaro pattern territoriale)6. Massa e Lucca
mostrano viceversa un incidenza sistematicamente più bassa.
Figura 2 - Livello medio di imprenditorialità - Lisa Cluster Map (livello di
significatività 5%)
Elaborazioni su dati Istat