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Con ciò mi sembra sia emerso come la profezia stessa possa essere detta, propriamente, una relazione profetica. Il suo statuto si svolge superando quello tipico di un atto linguistico a sé stante. Nel movi-mento che va da Dio al profeta, dal profeta ai lettori-ascoltatori, da questi alla vita rinnovata, ogni momento attua un passaggio relazio-nale nel quale soggetti diversi si incontrano, fino a che s’incontra la vita vera.

La parola e la lettura profetica riguardano la possibile maturazio-ne di una comuniomaturazio-ne imaturazio-nedita e tale comuniomaturazio-ne ha luogo maturazio-nella misura in cui i soggetti coinvolti, aperti alla parola che li interpella, ricono-scono se stessi e nel contempo giungono a partecipare a un grado più profondo di realtà.

C’è un rapporto essenziale tra il conoscere e il conoscersi. La co-noscenza offerta dalla profezia è ben diversa dall’avere informazioni su qualcosa. Non si tratta di sapere questo o quello. Si tratta di cono-scere la vera identità di ogni presenza data nel reale: il male e il bene, Dio e noi, se stessi e gli altri. È una conoscenza essenziale, dove ogni termine è illuminato nel suo significato effettivo. Da questo punto di vista si potrebbe dire che la fenomenologia di Husserl, tanto cara a Ricoeur, rappresenti, nel suo progetto di fondare la conoscenza eide-tica dell’umano e del mondo, una sorta di trasfigurazione razionale e trascendentale di quella che, nella tradizione biblica, è la conoscenza profetica. A riguardo si scopre una convergenza inattesa: il principio fondamentale e propulsivo della filosofia trascendentale – da Descar-tes a Kant sino a Husserl – per cui non c’è conoscenza senza autoco-scienza si ritrova, in un altro orizzonte, nella dinamica della profezia. Ogni conoscenza essenziale rinvia alla conoscenza di sé. La parola profetica è uno specchio dove improvvisamente ci si riconosce.

Conoscere e conoscersi sono indissolubili; essi richiedono un autentico ritorno alla realtà. Il male, nel suo impasto di menzogna, violenza e iniquità, costringe gli esseri umani a stare all’irrealtà, a realizzare il falso: le loro esistenze devono piegarsi ad assecondare scenari di nonsenso, dando seguito a un delirio di angoscia, di poten-za, di persecuzione. Gli esempi storici abbondano: basta pensare a come, in molte nazioni europee durante la prima metà del Novecen-to, vigeva il delirio della società-caserma che produceva uomini mi-litarizzati e ridotti a massa, mentre oggi si sta ovunque assecondando il delirio della società-mercato che produce uomini-risorsa oppure uomini-esubero e vite di scarto.

Al contrario la profezia riporta persone e comunità alla realtà: risveglia la loro coscienza, mostra l’ingiustizia, svela la menzogna per quello che è e apre la via verso una vita completamente liberata. L’apparente paradosso, qui, sta nel fatto che non conta la precisione nella descrizione dei fatti, conta la precisione nell’evidenziazione del senso. Descrivere un fatto, già dato o futuro, non dice ancora nulla sulla posizione dei soggetti che vi sono implicati; indicare un senso, invece, è un gesto che restituisce a ciascuno la percezione della pro-pria posizione esistenziale dinanzi a esso20.

È opportuno soffermarsi su questo punto perché possiede una grande importanza. Perciò vorrei far notare alcune implicazioni di fondo di quanto l’autore sta evidenziando rispetto al genere lette-rario della profezia. Non per niente la fedeltà al senso è stata il filo conduttore dell’intera opera di Paul Ricoeur. La sua originale assun-zione dell’esistenzialismo, della fenomenologia e dell’ermeneutica risponde appunto a questa fedeltà. Impegnare la libertà e l’esistenza con un senso adeguato all’umano, orientare la coscienza al suo rico-noscimento e dedicarsi a decifrarlo: questi sono, rispettivamente, i movimenti essenziali delle tre scuole di pensiero che hanno nutrito la filosofia ricoeuriana.

In qualsiasi impostazione di tipo positivista, l’abitudine a dare il primato ai fatti facendoli coincidere tout court con la realtà preclu-de la comprensione preclu-dell’autentico rapporto tra dati reali, significati,

senso e valore, impedendo così di cogliere come la realtà stessa abbia gradi di profondità differenziati. Percepire i fatti in questo modo si-gnifica non saperli leggere. Credo che sia coessenziale al concetto di

lettura la facoltà – verrebbe da dire: la grande libertà – di distinguere

i fatti e il senso senza risolvere il secondo nei primi. Se i fatti s’im-ponessero da soli, non ci sarebbe nulla da leggere e anche alla crea-zione di una scrittura verrebbe meno la distanza dal mondo fattuale necessaria per dare vita a un mondo del testo. In tale ottica leggere è tendenzialmente un atto controfattuale: non basta percepire l’evi-denza empirica delle cose né la lettera del testo, occorre andare oltre, e talvolta contro tutto questo, perché si è responsabili del compito di decifrare il senso che la scrittura offre.

In un approccio ermeneutico come quello di Ricoeur, arricchito dalla lezione dell’esistenzialismo e da quella della fenomenologia, è il senso a consentire di discernere il significato dei fatti e di cogliere il dinamismo profondo della realtà. Già la filosofia di Kant avvertiva di come la ragione sia capace di portarsi legittimamente oltre i dati empirici nella sua ricerca dell’incondizionato, sia pure senza poter pretendere di farlo in modo scientifico. Ciò che vale per il fenomeno non può essere esteso al noumeno e questo non è un’umiliazione né per la fede né per la ragione proprio perché tale vincolo salva l’eccedenza del senso rispetto ai fatti. Scrive Ricoeur richiamando il risultato dell’indagine kantiana nella Critica della ragion pura:

non è l’esperienza che limita la ragione, ma la ragione che limita la pretesa della sensibilità a estendere la nostra conoscenza empirica, fenomenica, spazio-temporale all’ordine noumenico.21

L’eccedenza del senso ha anche una costitutiva e indispensabile va-lenza etica oltre che epistemologica. La coscienza infatti non è solo una facoltà genericamente cognitiva, è sempre anzitutto intelligenza etica che sa vedere la divergenza radicale tra realtà e irrealtà. Oltre ad andare più in profondità nel vedere i risvolti dei fatti e la loro

con-21 p. ricoeur, , Seuil, Paris 1969, tr. it. di R. Balzarotti - F. Botturi - G. Colombo, , Jaca Book, Milano 1977, p. 428.

nessione, bisogna saper riconoscere il dinamismo effettivo che apre a un futuro più degno. La lettura vive nel respiro simbolico del testo e anche dell’approccio di chi lo accoglie. Essa implica la responsa-bilità del discernimento, l’arte della prospettiva e la disponiresponsa-bilità a seguire un cammino più vero.

Il cammino che la profezia inaugura, dice Ricoeur, è eminente-mente quello che va dalla morte alla vita22. Per questo il tema dell’an-nuncio biblico e soprattutto evangelico della resurrezione colpisce particolarmente il filosofo francese, il quale sottolinea come la chia-ve escatologica sia l’unica a poter dare respiro alle impostazioni ar-cheologiche, tendenti a determinare l’origine decisiva di una storia, e alle impostazioni teleologiche, orientate a cogliere lo scopo o il fine di una vicenda o della stessa condizione umana23. Senza tentare di svolgere qui una riflessione sulle implicazioni esegetiche e teolo-giche di questo tema, desidero porre in risalto l’implicazione episte-mologica della riflessione ricoeuriana rispetto alla questione dello statuto performativo della lettura.

La «simbolica della resurrezione»24 è una simbolica aperta che «rovescia l’ordine naturale atteso che fa succedere la morte alla vita»25. Qual è l’universalità di una simile osservazione? Mi pare che si tratti dell’indicazione per cui ogni autentica lettura fa parte dell’impegno a capire meglio, a vivere diversamente, a rinnovare l’esistenza portandola a una forma adeguata. Tale dinamismo si può registrare persino là dove era meno probabile, nei luoghi istituziona-li di custodia e di tradizione delle scritture reistituziona-ligiose. Ricoeur rileva come, nelle tradizioni di fede che fanno riferimento a una scrittu-ra fondante, l’interpretazione sia rigenescrittu-rata ogni volta che si deve constatare uno sconvolgente e imprevedibile agire di Dio che riporta verso la vita ciò che era prigioniero della morte.

Mentre i credenti cadono facilmente in quell’illusione ottico-esi-stenziale che li porta a irrigidire la lettura dei testi sacri riducendola a una sorta di ripetizione senza interpretazione, nella presunzione di

22 Cfr. p. ricoeur, Sentinel of Imminence, tr. it. cit., pp. 183-190.

23 Cfr. p. ricoeur, , tr. it. cit., pp. 483-512.

24 p. ricoeur, Sentinel of Imminence, tr. it. cit., p.187.

preservarli e di rendere onore a Dio, gli eventi della rinascita esigono una lettura nuova, non solo controfattuale ma anche antidogmatica e non clericale. Scrive Ricoeur che

un’interpretazione innovativa proviene il più delle volte dall’irruzio-ne di un avvenimento nuovo dall’irruzio-nell’ordidall’irruzio-ne della credenza; questo rende possibile una rilettura di testi antichi che ne sposta, ne amplia e ne accresce il senso.26

Quando accade che la lettura diventa rilettura, la mera sopravvivenza diventa vita radicalmente nuova.

Ciò conferma l’ipotesi che cerco di illustrare in queste pagine: l’effetto performativo della lettura riguarda la conversione e la tra-sformazione. Non si legge per leggere o per distrarsi o per accrescere le proprie informazioni. L’interesse e il desiderio di leggere riguar-dano soggetti – persone o comunità – aperti a un cambiamento di vita, soggetti in viaggio, che sperimentano la sproporzione tra ciò che sono e ciò che possono diventare in verità. Il loro impegno a conoscere e a conoscersi, più che confermativo della loro identità attuale, è generativo di un’identità inedita, che non può darsi senza comunione e, direbbe la letteratura profetica, senza giustizia. La let-tura è un’esperienza del cammino di una nuova nascita delle persone e del mondo.

Per questo un’esperienza del genere guarda verso quella conver-sione che non è solo metanoia, cambiamento di mentalità, perché per i soggetti che vi si coinvolgono è anche ricezione esistenziale di una for-ma più adeguata per la propria vita, trasforfor-mazione in senso radicale.

Questa indicazione saliente chiede di rendersi conto di quanto, nella situazione presente, ci siano preziose, in ogni campo della vita

26 Id., p. 186. Alla constatazione della forza di cambiamento insita nell’atto della lettura che si rinnova nei contesti religiosi, sebbene siano tendenti al dogmatismo, si può affiancare un’analoga constatazione per quanto attiene ad esempio al modo in cui le scuole psicanalitiche rileggono i loro classici. Anche qui l’inclinazione all’ortodossia rigida viene spezzata dalla rilettura dei testi in prospettive inedite: cfr. tH. H. ogden, Creative Readings. Essays

on Seminal Analytic Works, Routledge, London 2012, tr. it. di C. Casnati, Il leggere creativo. Saggi su fondamentali lavori analitici, CIS, Milano 2012.

sociale, l’arte e la spiritualità della lettura. La cura educativa che se ne ricorda è un impegno irrinunciabile non solo verso le generazioni nuove, ma anche degli adulti verso se stessi. Molti di loro infatti spesso sopravvivono adattandosi al peggio e talvolta sono sì disposti a credere in un Dio, ma non hanno più il cuore così aperto da credere che una vita vera possa riguardarli. Paul Ricoeur è testimone attendi-bile di questa verità respinta, perciò bisogna essergli grati, tra le altre cose, per il respiro profetico del suo pensiero.

Dalla denotazione generale all’espressione