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Homo legens. Lo spazio utopico della letteratura nell’ermeneutica ricoeuriana

8. This story were most impertinent

Perché Prospero, dopo avere rassicurato Miranda riguardo alla sorte dell’equipaggio del «brave vassel»68, mentre le racconta gli intrighi orditi molti anni prima dal fratello Antonio ai loro danni, mettendola a parte delle ragioni che lo hanno spinto a scatenare la furiosa tem-pesta, così spesso dubita della sua attenzione e sembra impaziente di richiamarla a sé? Perché frasi come «Obey and be attentive», «Do-stthouattend me?», «Thouattend’stnot?», «I praythee, mark me!» e «Dostthouhear?»69 si fanno via via più frequenti e pressanti? In ter-mini strettamentelinguistici, perché questo continuo ricorso a funzio-ni conative di tipo interiettivo o interrogativo?

Le risposte possibili sono molte e ognuna potrà essere avallata o confutata con un discreto margine di risolutezza. Eccone sintetica-mente alcune:

l) Prospero racconta una storia falsa e il suo intercalare agitato mette a nudo il timore che Miranda lo intuisca;

2) Prospero racconta una storia solo parzialmente vera e i suoi am-monimenti rivelano i frangenti in cui mente e teme di essere scoperto; 3) Prospero racconta una storia vera con un alto indice di inve-rosimiglianza e i suoi richiami nascondono il timore che Miranda sospetti di essere ingannata;

4) Prospero racconta una storia vera in tutto o in parte, modi-ficandone alcune sequenze ed elaborando varianti microstrutturali perché essa possa riuscire narrativamente coerente e persuasiva; gli ammonimenti servono a mascherare queipassaggi del racconto che potrebbero lasciare scoperte pericolose linee di sfaldatura;

5) Prospero racconta a Miranda una storia vera e, ritenendola fuori dalla portata della suapoca esperienza del mondo, si accerta con

do-68 The Tempest, p. 9 (I, II, 6).

mande ed esortazioni che lei riesca a seguirla. La questione della cre-dibilità del racconto diviene inquesto caso funzionale alla competenza personale di Miranda e i presunti aggiustamenti che il racconto subi-sce rispetto alla storia sono proporzionati ai suoi orizzonti di attesa.

Una battuta di questa stessa scena ci consente di far luce su un aspetto essenziale del problema. Quando Miranda, dopo aver ascol-tato parte del racconto paterno, esclama:

I should sin

To think but nobly of my grandmother: Good wombs have borne bad sons70.

Prospero può dirsi riuscito nell’intento di giustificare la crudeltà del-la tempesta con del-la crudeltà deldel-la congiura subita e di addestrare sua figlia a discernere i due tipi di malvagità, mantenendo stima e ri-spetto per il padre e viceversa maturando un giudizio negativo sullo zio. Ma nulla siamo in grado di dire sulla veridicità delle sue parole. Ancora una volta siamo in presenza di un tentativo di manipolazione che si manifesta come tale e non dà alcuna possibilità di formulare valutazioni sul suo contenuto. Il criterio di veridicità cede il passo a quello di verosimiglianza e di persuasività. Prospero racconta una storia, la sua storia; le interruzioni e le ridondanze possono essere lette come interventi resi necessari dalla logica interna del discorso, come frangenti in cui il narratore e il suo racconto si (auto)definisco-no e compio(auto)definisco-no delle scelte (spostamenti, correzioni ecc.) nel campo delle strategie narrative possibili.

9. Agenti

Il circuito ermeneutico descritto da ciascuno dei racconti di Prospe-ro e da tutti complessivamente delimita il campo d’azione del suo potere, immaginabile come una sorta di ellisse di cui egli occupa stabilmente uno dei due fuochi, mentre nell’altro si avvicendano i restanti personaggi (Miranda, Ariel, Caliban, i naufraghi), agenti

rettamente o indirettamente incaricati di portare a termine alcune fasi del progetto del loro «master».

Con la sua levità suasiva e beffarda, Ariel fa da fuso attorno alqua-lesi allentanoe si stringono i fili del primo quadro della lunga e com-posita galleria allestita da Prospero: “La Vendetta” (atti I-IV). Tanto è leggero però quel fuso, tanto è complesso quell’avvolgere e dipanare, che a volte l’arazziere Prospero corre il rischio che il fuso voli via ed è costretto, contro quello che è l’emblema più tangibile della scivolosa lubricità della sua stessa retorica, a far uso di tattiche rammemorati-ve e intimidatorie («Dost thou forget / From what torment I did free thee?»; «If thou more murmur’st, I will rend an oak / And peg thee in his knotty entrails, till / Thou hast howl’d away twelve winters»71).

Nel secondo quadro, “Il Perdono” (atto V), Miranda indossa le vesti della protagonista docile e inconsapevole: le sue nozze gettano sull’apparente caos degli eventi un ponte sicuro verso la riconcilia-zione dello spodestato duca di Milano con il re di Napoli. Il patto di fedeltà che la lega a Prospero è impiantato sul legame parentale e sulla strategia retoricache egli mette in atto in sua presenza, velata-mente erotica e seduttiva. I naufraghi, per bocca di Alonso, chiedono un racconto chiarificatore di ciò che è successo, ma Prospero, con una strategica diminutio della circostanza («For ‘tis a chronicle of day by day, / Not a relation for a breakfast, nor / Befittingthis first meeting»), temporeggia.

Caliban si muove invece lungo una sorta di predella che rasenta e a volte interseca lo spazio dell’azione dei due quadri principali; le sue iniziative sono come un controcanto parodico che permette di bilanciare e alleggerire i toni alti della congiura e della vendetta. Le sue ribellioni non sono degne di alcuna contromisura suasoria e Prospero le riduce all’inerzia con la forza di semplici allocuzioni. Il suo quadro – “La congiura canzonata” – ha le tinte del pittoresco piuttosto che del tragico e cede volentieri alle stonature del grottesco.

Di volta in volta Prospero aggiusta il tiro delle sue armi retoriche in proporzione all’entità e al valore delle forze che resistono ai suoi piani. Se The Tempest è il racconto di questi piani e del loro

lare compimento, i racconti che la commedia alloggia sono il mezzo di cui il protagonista si serve per instaurare un regime di controllo sottile e insieme violento sugli altri personaggi.