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Dalla denotazione generale all’espressione di una sematica densa: la metafora

2. Marcel Proust: la lettura, la scrittura

Agli inizi del Novecento Marcel Proust è il primo forse a introdurre una dimensione teorica forte della lettura intimamente legata

all’at-ra e senso comune [1998], Einaudi, Torino 2000, pp. 149-178; R. ceserani,

Guida allo studio della letteratura, Laterza, Roma-Bari 1999, pp. 101-107;

N. merola, Scrivere, leggere, e altri soggetti letterari, Vecchiarelli editore, Manziana 2002; G. rosa, Il patto narrativo. La fondazione della civiltà

romanzesca in Italia, Il Saggiatore, Milano 2008; A. prete, La lettera, il , Milella, Lecce 2010.

4 Vedi nota precedente.

5 Cfr. antoine compagnon, Il demone della teoria, cit., pp. 149-154.

6 Tale dimensione soggettiva è qui da intendere nel senso psicoanalitico oltreché fenomenologico, ermeneutico e linguistico-pragmatico.

tività della scrittura: una lettura/scrittura che si attua grazie alla pra-tica della traduzione, che permette il passaggio dall’una all’altra. Proust dedica alla lettura due testi fondamentali: la celebre prefa-zione (Journées de lecture, 1907) alla sua traduprefa-zione di Sesame and

Lilies (due conferenze sulla lettura di John Ruskin del 1865), nella

quale rimemora le giornate trascorse durante la sua infanzia immerso nella lettura7; e alcuni memorabili passi del Temps retrouvé (1927), il volume che chiude la monumentale Recherche du temps perdu8.

Rispetto all’habitus positivistico del grande storico della letteratura francese Gustave Lanson col quale lo scrittore ebbe modo di scambia-re il suo punto di vista, Proust sostiene, distaccandosi dal moralismo di Ruskin, che non può esserci accesso immediato, puro e trasparente al libro, poiché ciò che noi ricordiamo delle nostre letture d’infanzia non è il libro stesso, ma la cornice nella quale l’abbiamo letto, le im-pressioni che hanno accompagnato la sua lettura. Quest’ultima è per-tanto empatica, proiettiva, identificatoria. Inevitabilmente essa mal-tratta il libro adattandolo alle preoccupazioni del lettore. Come sarà ribadito nel Tempo ritrovato, il lettore applica ciò che legge alla sua personale situazione, per esempio ai suoi amori, e «lo scrittore non deve offendersi che l’invertito dia alle sue eroine un volto maschile»:

Lo scrittore non dice che per un’abitudine presa dal linguaggio in-sincero delle prefazioni e delle dediche: «mio lettore». In realtà, ogni lettore è quando legge il proprio lettore di se stesso. L’opera dello scrittore non è che una specie di strumento ottico che egli offre al lettore alfine di permettergli di discernere ciò che senza quel libro non avrebbe visto forse in se stesso9.

E se nella prefazione alle Giornate di lettura del 1907 sostiene che la lettura è tale, cioè vera lettura, solo se essa determina il passaggio

7 J. rusKin, Sésame et les lys, Traduction et Notes par Marcel Proust. Pré-cédé de Sur la lecture de Marcel Proust, édition établie par Antoine Com-pagnon, Editions Complexe, 1987, pp. 36-97. Tr. it. in Giornate di lettura,

Einaudi, Torino 1958, pp. 101-135.

8 m. proust, Il tempo ritrovato, in Alla ricerca del tempo perduto, Torino, Einaudi 1994, vol. IV.

da una posizione passiva (la posizione del lettore, che egli era nel ricordo infantile) ad una attiva, in grado cioè di produrre il desiderio di scrivere, nel Tempo ritrovato del 1927 la «scrittura» verrà definita come la «traduzione» di un libro interiore, e la «lettura» come un «atto di creazione»: «Quanto al libro interiore di segni sconosciuti […], per la cui lettura nessuno poteva fornirmi né aiuto né regole, la sua lettura consisteva in un atto di creazione». Questa citazione è così riportata (coi caratteri in corsivo e in maiuscoletto) da Stefano Agosti, che ha mirabilmente commentato la riflessione proustiana sul «libro interiore», la cui «lettura» implica un atto di creazione:

La lettura dei segni, la lettura della scrittura interiore

rispecchia-ta negli aspetti del mondo, ebbene, quesrispecchia-ta lettura “consiste” (è il

termine esattissimo impiegato da Proust), questa lettura consiste in

un atto creativo; consiste cioè in un’altra scrittura, in un altro

ge-: la scrittura, il geroglifico della musica o della letteratura, equivalenti intellettuali di quel primo grimoire impresso nel libro in-teriore, essi stessi grimoires, vale a dire equivalenti formali nell’am-bito sonoro o nell’amnell’am-bito verbale, e, insomma, metafore, vale a dire, ancora, trasposizioni, traduzioni.

La precisazione è ancora dell’interessato, nell’implacabile percor-so della sua riflessione durante la percor-sosta nella biblioteca dell’hôtel di Guermantes:

«Questo libro essenziale, il solo libro vero, un grande scrittore non deve, come si dice correntemente, inventarlo, giacché esso esiste già in ciascuno di noi: egli deve semplicemente tradurlo. Il dovere e il compito di uno scrittore sono quelli di un traduttore».

La lettura della scrittura interiore riflessa nel mondo consiste dunque nella traduzione di questa scrittura: e questa traduzione, questa “me-tafora”, non è altro che l’opera d’arte.

Ove non si pervenga a ciò la lettera del libro resterà muta. Senza la trasposizione in equivalenti intellettuali, la lettura non si effettua10.

10 s. agosti, Realtà e metafora. Indagini sulla Recherche, Feltrinelli, Mila-no 1997, pp. 53-54. I due brani della Recherche riportati (Marcel Proust, À

la Recherche du Temps perdu, a cura di p. clarac e a. Ferré, Paris 1954. vol. III, p. 879 e p. 890) sono tradotti dal critico.

Per Proust dunque la lettura equivale alla scrittura-creazione. Essa diventa così un vero e proprio lavoro.

Roland Barthes ricorre espressamente alla nozione di lavoro nei suoi capitali interventi sulla lettura. Sulla scia di Proust e di Roger Laporte la nozione di lavoro è annessa a quella di produzione, che scaturisce a sua volta dal desiderio di scrittura nel quale egli identi-ficava, in un breve articolo del 1975, la terza avventura della lettura: [...] la lettura è una vera e propria produzione: non più di immagi-ni interiori, di proiezioimmagi-ni, di fantasmi, ma, alla lettera, di lavoro: il prodotto (consumato) è restituito in produzione, in promessa, in de-siderio di produzione, e comincia a dipanarsi la catena dei desideri, poiché ogni lettura vale per la scrittura che genera, all’infinito11. La nozione di lavoro è ripresa nell’articolo del 1979 e iscritta questa volta nell’economia globale del Testo: «La lettura è scrittura, ossia lavoro del testo, e in ciò si raggiunge la lectio medievale, come com-mento, come esperienza ripetibile di lettura»12.

Se la teorizzazione della lettura come lavoro del testo e nel testo scaturisce dal campo stesso della creazione letteraria, la sua analisi scientifica è stata possibile grazie all’apporto di alcune fondamenta-li nozioni psicoanafondamenta-litiche come quelle di: inconscio, lavoro onirico, transfert. In questa prospettiva la lettura, o meglio il lavoro della let-tura risulta sulla scia di Proust, ma non solo, come equivalente del lavoro di traduzione.

Così come la nozione di lavoro rinvia a quella elaborata dalla psicoanalisi riguardo al lavoro onirico, espressamente richiamata da Barthes nella magistrale voce scritta per l’Encyclopaedia

Univer-salis13, quella di transfert, in qualche modo sottesa all’analisi della

11 r. bartHes, Sulla lettura, cit., p. 34-35.

12 r. bartHes, Lettura, cit. p. 287.

13 La pubblicazione nel 1973 della voce Texte (Théorie du)

nell’Encyclopa-edia Universalis, costituisce una rigorosa e insuperata summa della Teoria

del Testo messa a punto dal critico a seguito della fervida pratica sul testo di Balzac, in particolare sulla novella Sarrazine che sfocerà nell’originalissimo e innovativo saggio S/Z, Seuil, Paris 1970 (tr. it. Einaudi, Torino 1973). Una voce curiosamente (sintomaticamente?) ignorata nella letteratura critica degli

lettura del semiologo francese, è stata assunta come categoria teori-ca forte da Stefano Agosti, che ne fa un analogon della «lettura nel poetico»14.

Mettendo a confronto le due pratiche di linguaggio – quella psi-coanalitica e quella poetica – che si oppongono al discorso, Agosti individua nel «decentramento dell’io» e nel «sovvertimento dell’e-conomia mimetica del discorso», i due punti fondamentali che acco-munano l’una e l’altra esperienza:

Com’è noto, la Traumdeutung offre immediatamente lo “spettaco-lo” del decentramento del Soggetto nella forma macroscopica di due processi che ne scindono l’unità: il processo primario e il processo secondario. […].

Ora, il decentramento del Soggetto non si effettua soltanto nella forma macroscopica di due processi citati. Esso si produce in cia-scuno dei quattro luoghi in cui si articola il modello complessivo della Traumdeutung e ai quali corrispondono altrettanti linguaggi., altrettante modalità di “parola”, e precisamente: la parola silenziosa

del desiderio e del divieto, nel luogo del pensiero latente; la parola denegativa e occultante della rappresentazione, nel luogo della

sce-na della nevrosi, o della scesce-na del sogno; la parola concettuale (il riferimento del sintomo, o il racconto del sogno), nel luogo dell’ana-lisi; la parola interpretativa (o la costruzione del testo psicanalitico complessivo, nel luogo del transfert15.

Procedendo più avanti alla definizione dell’omologazione-differen-ziazione dei due modelli il critico fa corrispondere al «luogo del tran-ultimi decenni e tardivamente tradotta in italiano (r. bartHes, Scritti, cit., pp. 227-243), probabilmente offuscata dal successo dell’estetica della ricezione. Nel 1970 Barthes pubblica anche un breve articolo che fa da pendant al coevo lavoro sulla novella di Balzac (Scrivere la lettura, in Il brusio della lingua, cit., pp. 23-25) e che costituisce in nuce il primo abbozzo di una teoria della lettura.

14 Anche Peter Brooks, pur in altra prospettiva, ha dedicato un intero capito-lo a Transfert e transazione narrativa nel suo celebre Trame, Einaudi,

To-rino 1995, pp. 227-248 (ed. or. Reading for the plot: Design and Intention in Narrative, A. A. Knopf, 1984).

15 Cfr. s. agosti, Discorso, parola analitica, linguaggio poetico, in id.,

sfert» nel modello analitico, lo spazio e il momento della «lettura» nel poetico:

− infine al luogo del transfert, che è il luogo della costituzione (della

costruzione) del testo analitico complessivo, potrebbe corrispondere

nel poetico, la fase della lettura, ovverossia – appunto – la fase della

costituzione o costruzione complessiva e effettiva del testo: anche

in questo caso si tratta di un percorso à rebours, segmentato, e tut-tavia (a differenza del percorso analitico) non orientato16, nel corso del quale l’auctor (il Soggetto), trascorre incessantemente dall’una all’altra dimensione (il Testo, il Discorso) attuando, nella sincronia dell’atto linguistico, quanto caratterizza separatamente le varie fasi del processo17.