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Sia Dahl sia Rodari pubblicano i loro lavori durante la seconda metà del Nove- cento in un periodo, quindi, di grandi cambiamenti e innovazioni. Si tratta di una società che va sviluppandosi rapidamente e introducendo novità nella vita di tutti i giorni come, ad esempio, il fumetto.

I fumetti non godono di molta simpatia da parte dei genitori italiani, ma Rodari li difende come strumento educativo. Per un bambino di circa sette anni, che ha superato la fase in cui si faceva leggere i fumetti e che non li interpreta più soltan- to attraverso le figure, il fumetto è la prima lettura veramente spontanea e motiva- ta. Legge perché vuole sapere cosa succede nella storia, non perché è un compito da svolgere: non lo fa in vista di una gratificazione da parte degli adulti o per fare bella figura344.

L’immaginazione deve intervenire attivamente nella lettura dei fumetti, non so- lo per colmare i vuoti che ci sono tra una vignetta e l’altra, ma anche per attribuire voci e movimenti ai personaggi. Al cinema o alla tv le immagini si susseguono con continuità descrivendo punto per punto lo scorrere dell’azione. Nel fumetto il corso della storia è da ricostruire con l’immaginazione, combinando le indicazioni fornite dalle didascalie con quelle dei dialoghi e dei rumori, con quelle del dise- gno e del colore: è il lettore che dà senso al tutto345. Rodari ritiene che questo, per un bambino di circa sette anni, sia un lavoro sufficientemente impegnativo, ricco

344 RODARI, 1973, p. 140. 345 Ivi, p. 141.

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di operazioni logiche e fantastiche, indipendentemente dal valore e dai contenuti del fumetto. L’immaginazione non rimane passiva, ma è sollecitata a prendere po- sizione, ad analizzare e sintetizzare, classificare e decidere. Nel caso del fumetto l’interesse principale del bambino, dice Rodari, non è condizionato dai suoi con- tenuti, ma è in presa diretta con la forma e la sostanza dell’espressione del fumetto stesso. Il bambino vuole impadronirsi del mezzo, legge il fumetto per capirne le regole e le convenzioni. Gode del lavoro della propria immaginazione, più che delle avventure del personaggio. Gioca con la propria mente, non con la storia. Non deve essere sottovalutato, quindi, l’impegno morale che il bambino mette in ogni cosa346. Rodari vede sempre con chiarezza che cosa veramente si scorge quando si riesce a stare dalla parte del bambino347:

Direi che, fino a un certo punto, l’interesse principale del bambino al fumetto non è condizionato dai suoi contenuti, ma è in presa diretta con la forma e la sostanza dell’espressione del fumetto stesso. Il bambino vuole impadronirsi del mezzo. Legge il fumetto per imparare a leggere il fumetto, per capirne le regole e la convenzioni. Gode del lavoro della propria immaginazione, più che delle avventure del personaggio. Gioca con la propria mente, non con la storia348. [Corsivo dell’autore]

Dahl, invece, non si pronuncia esplicitamente riguardo ai fumetti. Probabil- mente perché, avendo vissuto in America per molto tempo, il fumetto risulta un genere molto più familiare sia per lui sia per il mondo anglosassone in generale. Lo scrittore promuove, in realtà, la lettura in generale, di ogni testo. Matilda, la grande lettrice protagonista di uno dei suoi romanzi, legge infatti qualunque cosa:

[…] Matilda had taught herself to read by studying newspapers and magazines that lay around the house. At the age of four, she could read fast and well and she naturally began hankering after books. The only book in the whole of this enlightened household was something called Easy Cooking belonging to her mother, and when she had read this from cover to cover and had learnt all the recipes by heart, she decided she wanted something more interesting. [M, p. 11]

Importante non è leggere solamente libri impegnati, anche se Matilda inizierà a leggere i grandi classici della letteratura inglese, ma impegnarsi in un processo in- terno di training mentale e in un percorso di autoconoscenza che garantisce la cre- scita.

346 Ivi, pp. 141-142. 347 FAETI, 1980, p. 247.

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Alla fine nessuno dei due autori riprende temi, personaggi o forme derivanti dai fumetti. Entrambi difendono il loro valore educativo, ma mantengono le di- stanze dagli aspetti formali che li caratterizzano propriamente.

Nello stesso periodo si va diffondendo la televisione. Rodari, contrariamente a quello che fanno in molti, si schiera dalla parte dello sviluppo e dell’utilizzo, in modo moderato, del mezzo televisivo. Rodari pensa che il risultato principale dell’esistenza e della diffusione dappertutto della televisione sia la creazione di una unità linguistica nazionale349:

Il primo e più importante risultato, non lo dico solo io, ma anche ad esempio Tullio De Mauro, uno dei maggiori linguisti italiani, è che noi per la prima volta dall’esistenza della nazione italiana disponiamo di una lingua, non importa se ricca o povera. Adesso abbia- mo una lingua che parlano tutti gli italiani e questa lingua è un portato della televisione, non della scuola, non della letteratura, non della cultura italiana, non dei governi italiani, e neanche della televisione come organismo politico-culturale, ma della televisione come mezzo350.

Sugli effetti dei mass-media audiovisivi, questa nuova esperienza primaria dell’infanzia, Rodari si è più volte soffermato, rivolgendosi sia ai bambini, come nel romanzo Gip nel televisore, sia agli adulti con articoli e saggi. Questi effetti non poteva non avvertirli anche nel suo specifico campo di scrittore per l’infanzia:

La radio, il cinema, la televisione, come hanno profondamente modificato la vita dell’adulto e dei suoi rapporti con la realtà, così hanno modificato la vita dei ragazzi e i problemi dell’educazione. Non possono dunque restare senza influenze sulla letteratura infantile351.

Può sembrare un’affermazione addirittura ovvia, eppure pone dei problemi dei quali autori e critici raramente tengono conto: lo stesso Rodari, in verità, non si è mai impegnato ad analizzare le profonde conseguenze degli audiovisivi sulla lette- ratura infantile e sul rapporto dei bambini con la pagina scritta352.

Se infatti l’informazione linguistica della televisione ha avuto in pochi decenni l’effetto discusso prima, è impensabile che sull’infanzia non abbia avuto effetto anche la forma nella quale si è realizzata: per i bambini, e fin dai primissimi anni di vita, essa è avvenuta infatti quasi esclusivamente attraverso il racconto per im- magini, audiovisivo. Questa quotidiana esperienza non può non aver indotto

349 ARGILLI, 1990, p. 152.

350 RODARI, in ARGILLI, 1990, p. 152. 351 Ibidem.

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un’educazione ricettiva, partecipativa al racconto, alla narrazione, secondo le mo- dalità intrinseche al mezzo televisivo, o audiovisivo in generale. Se il bambino acquisisce, fin da piccolissimo, come naturali e quasi esclusive le modalità del racconto audiovisivo, è evidente che aumenta la sua difficoltà nell’impatto con il racconto scritto353.

Lo stesso Dahl pone il problema, anche se in modo indiretto, in Charlie and the

Chocolate Factory. Mike Teavee, uno dei bambini ammessi nella fabbrica di

cioccolato, pensa solamente alla televisione e passa tutto il giorno passivamente davanti allo schermo. Il bambino è talmente attratto dalla tv che, quando trova il biglietto d’oro e lo vanno ad intervistare, si mette a gridare contro i giornalisti in- vece che gioire della fortuna che ha avuto: «Quiet! […] Didn’t I tell you not to in- terrupt! This show’s an absolute whiz-banger! It’s terrific! I watch it every day. I watch all of them every day, even the rotten ones, where there is no shooting». [CCF, pp. 39-40]

Come già detto, Mike è un personaggio bidimensionale caratterizzato dalla mancanza di autocontrollo e guidato solamente dal suo appetito354. Saranno gli Omompa-Loompas a dichiarare apertamente l’avversione nei confronti dell’abuso della televisione:

[TV] ROTS THE SENSES IN THE HEAD! IT KILLS IMAGINATION DEAD!

IT CLOGS AND CLUTTERS UP THE MIND! IT MAKES CHILD SO DULL AND BLIND

HE CAN NO LONGER UNDERSTAND A FANTASY, A FAIRYLAND! HIS BRAIN BECOMES AS SOFT AS CHEESE!

HIS POWERS OF THINKING RUST AND FREEZE!

HE CANNOT THINK – HE ONLY SEES! [CCF, p.162. Maiuscolo dell’autore]

Mike non è interessato a sviluppare il proprio potenziale, si limita a guardare le immagini che gli scorrono davanti con passività e a lasciare che le cose intorno a lui si muovano senza prenderne parte.

Considerando questa visione del bambino succube davanti al teleschermo è impensabile continuare a scrivere senza tenere conto della metamorfosi avvenuta nel bambino-lettore, soprattutto se ci si pone realisticamente il problema

353 ARGILLI, 1990, p. 153. 354 HELD, 2014, pp. 27-28.

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dell’avvio alla lettura e al piacere di leggere, premessa indispensabile alla succes- siva educazione letteraria355.

Secondo Rodari la questione deve essere considerata in una ben più complessa metamorfosi dell’infanzia, in una società segnata dal recente passaggio da una ci- viltà sostanzialmente contadina a una industriale e già postindustriale, nella quale lo sviluppo delle generali condizioni di vita avviene con incessante progressione geometrica. È impensabile che, in un periodo in cui l’infanzia subisce un’educazione audiovisiva al racconto, la letteratura continui a narrare ad una ve- locità ridotta rispetto alla società e alla fantasia del bambino che si muovono rapi- damente356.

È un problema che Rodari intuiva fin dal 1953, pensando al cinema, quando ancora la televisione non esisteva in Italia:

I ragazzi d’oggi hanno bisogno di un ritmo più veloce, nei racconti: il ritmo del cine- ma, il ritmo del nostro tempo. Si deve deplorare ciò che vi è di eccessivo in questo ritmo, ma utilizzare ciò che vi è di positivo. Del resto, anche noi, leggendo Verne, saltavamo a piè pari le lungaggini descrittive per riagganciarci più avidamente al filo della vicenda357.

In una società in cui l’infanzia è profondamente influenzata dalla televisione il problema di avvicinare i bambini alla lettura è sempre più complicato. L’opera di Rodari si trova al confine tra due epoche ed inizialmente esprime i vertici di una scrittura «letterariocentrica», propria di una società preaudiovisiva; successiva- mente acquisisce alcune strutture e ritmi narrativi rispondenti a un’epoca in cui dominano i codici audiovisivi. Ne sono un esempio l’attualissima struttura del racconto breve di Favole al telefono (già emblematiche fin dal titolo), e l’evoluzione riscontrabile, per ritmo e linguaggio, fra il pretelevisivo Le avventure

di Cipollino e i testi successivi. Sostanzialmente, però, gli audiovisivi entrano nel

mondo poetico di Rodari più come spunti narrativi, critica di costume, gioco, cioè più come produttori di materiali presenti nell’immaginario infantile, che come esperienza che si ripercuote sulla scrittura e sulla concezione del racconto di fan- tasia358.

Rodari ha, però, mantenuto un atteggiamento ambivalente nei confronti della televisione. È sempre stato un attento telespettatore: seguiva i telegiornali, i dibat-

355 ARGILLI, 1990, p. 153. 356 Ivi, pp. 153-154.

357 RODARI, in ARGILLI, 1990, p. 154. 358 ARGILLI, 1990, pp. 154-155.

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titi e i servizi politici e culturali; ma gli audiovisivi non gli erano congeniali. Nella sua unica collaborazione alla televisione, il programma per bambini «Giocagiò», si limitava a fornire testi letterari che i curatori della rubrica adattavano agli spet- tacoli e rinunciò a partecipare alla sceneggiatura del film tratto dalla Torta in cie-

lo359.

Da parte sua Dahl ha cercato di collaborare con Walt Disney alla sceneggiatura di un film sui gremlin, ma fu sempre molto protettivo rispetto al suo materiale tan- to da non riuscire, talvolta, a trovare dei compromessi. Alla fine, infatti, il proget- to non fu portato a termine360.

Numerose sono state le trasposizioni cinematografiche dei romanzi di Dahl, ma solo poche avvennero quando lui era ancora in vita. Dahl non collaborò alla sce- neggiatura di Charlie and the Chocolate Factory, uscito nel 1971. Tollerò il film riconoscendo che ci fossero degli elementi validi, ma la pellicola non gli piacque mai veramente. Riteneva che il regista non avesse talento e non gli piacquero nemmeno le piccole modifiche apportate nella sceneggiatura alla storia origina- le361.

Parlando di audiovisivi e nuovi mezzi di comunicazione. Rodari, dal suo punto di vista di scrittore e insegnante, pur diffidando talvolta essi che non gli erano molto congeniali, non poteva non avvertire le novità che comportavano per chi scrive per i bambini:

Non si può raccontare un’avventura senza fare i conti con un ragazzo abituato a «ve- dere» le avventure sul teleschermo. Forse agli scrittori dobbiamo dare un consiglio: leg- gete meno i classici e guardate di più la televisione, se volete essere vicini ai ragazzi di oggi362.

Il libro per l’infanzia non può avere presa e fascino se non sa esprimere, in un suo rinnovato modo specifico, proprio quei bisogni fantastici del bambino di oggi, che gli audiovisivi stimolano senza riuscire adeguatamente a soddisfare363.

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