Rodari, in un certo senso, si impone di scrivere i suoi primi romanzi. Il suo Ci- pollino è uno dei personaggi di punta dei primi anni del «Pioniere». Decide così, anche perché sollecitato, di sfruttarne il successo ottenuto dalla pubblicazione del- la sua storia a puntate, portandolo in un romanzo che sembra essere più vicino alla forma di un racconto lungo.
Insolite sono le vicende della stesura del romanzo che Rodari stesso racconta:
Per il «Pioniere», insieme con Paul Verdini, avevamo inventato certi buffi personaggi, tutto un mondo di frutta e verdura: Cipollino, Pomodoro, il principe Limone, eccetera. Quei personaggi mi piacevano […].
Presi un mese di vacanza, trovai ospitalità in casa di un bravo contadino di Gaggio di Piano, presso Modena, che sgombrò una stanza-granaio per mettermi un letto, la sezione del Pci mi prestò la sua macchina da scrivere, e cominciai a scrivere Le avventure di Ci- pollino. Fu un mese bellissimo. Le figlie di Armando Malagodi – il contadino che mi ospitava – mi chiamavano la mattina presto: «Su, Gianni, che sei qui per lavorare, mica per dormire». Scrivevo quasi tutto il giorno, in camera, nel cortile, o in cucina, con la macchina su una sedia, e intorno sempre un po’ di bambini a guardare quello che face- vo178.
Il romanzo esce per le Edizioni di cultura sociale nel 1951.
Cipollino è una piccola cipolla. Il suo povero padre cade accidentalmente sul piede del principe Limone e viene condannato all'ergastolo. Cipollino cerca di salvare il padre, ma deve scappare dalle grinfie del cavalier Pomodoro, del princi- pe Limone e dell'esercito dei Limoncini. Un giorno incontra sor Zucchina che aveva una casina minuscola costruita sul prato delle Contesse del Ciliegio. Il cava- lier Pomodoro tenta di sfrattare il sor Zucchina, ma Cipollino si oppone, lo provo- ca e il cavaliere gli strappa il ciuffo scoppiando in un pianto senza controllo. Il paese decide di nascondere la casina nel bosco, ma il cavaliere vuole la sua ven- detta: dice ai Limoncini di catturare tutti i maschi del paese e portarli in prigione. Cipollino deve riuscire a salvare i prigionieri, ma, per farlo, dovrà affrontare nu- merose avventure.
Il romanzo, in sostanza, è un apologo su certi aspetti della società, ed esprime un gioioso bisogno di libertà da prepotenze e ingiustizie, che i bambini conoscono direttamente o possono immaginare benissimo. Senza essere moralistico, ha una forte carica ottimistica179.
178 RODARI, in BOERO, 2010, p. 17. 179 ARGILLI, 1990, p. 74.
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Il romanzo ha notevole successo e viene ripubblicato più volte. Le maggiori differenze rimangono quelle tra la prima edizione del ’51 e la successiva del ’57 degli Editori Riuniti: si tratta di varianti soprattutto formali, con qualche eccezio- ne che va dalla caratterizzazione in senso umoristico dei titolo dei trenta capitoli all’accentuazione di alcuni elementi paradossali180.
La freccia azzurra
Il racconto, scritto nel 1954, piace molto ai bambini, ma non è molto apprezza- to dalla critica. Argilli ne parla in questo modo:
È un ritorno al racconto di fantasia: dalla bottega della Befana, dei giocattoli fuggono per raggiungere un povero bambino che li ha commossi, Francesco; via via, però, si fer- mano presso vari ragazzi, e solo il cane di pezza Spicciola arriva da Francesco, e si tra- sforma in un cane vero, che abbaia. La storia è scarsa di invenzioni originali, appesantita da patetismi, il dialogo spesso prolisso, intrusioni realistiche stridono con i personaggi fantastici della Befana e dei giocattoli che parlano e agiscono181.
Il mondo degli uomini non ha una caratterizzazione precisa se non come punto di riferimento negativo o come momento di totale sconfitta degli ideali di giustizia e progresso. Gli esiti positivi del libro emergono con le intenzioni dei giocattoli che fuggono per raggiungere il bambino povero che non può permettersi di com- prarli.
Dal punto di vista della struttura La Freccia Azzurra appare costruito da storie intrecciate. Forse l’abitudine giornalistica e la sua propensione al racconto breve pubblicato spesso a puntate non consentivano a Rodari di organizzare il lavoro in maniera diversa182.
Filastrocche in cielo e in terra
Edita per la prima volta da Einaudi nel 1960, è la raccolta che aprirà a Rodari la strada della notorietà.
Tra le proposte presentate nel ’59 alla Einaudi, la prima ad essere presa in con- siderazione è un volume di filastrocche. Nell’ampia raccolta di testi che invia, è Giovanni Arpino a scegliere i 101 che compariranno nel volume. Il fatto che sia
180 BOERO, 2010, p. 17. 181 ARGILLI, 1990, p. 76. 182 BOERO, 2010, pp. 102-103.
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Arpino a compiere la scelta non preoccupa Rodari, come conferma egli stesso in una lettera che gli invia l’8 agosto dello stesso anno183.
Il volume viene pubblicato nuovamente nel 1972 e resta un capolavoro di novi- tà nella poetica dell’infanzia, è emblematico, anche grazie alle aggiunte apportate, dell’evoluzione del linguaggio poetico di Rodari. Confrontando le aggiunte con le raccolte del ’50, ’52 e ’60 dal punto di vista della parola infantile si può facilmen- te notare che le immagini, le metafore e lo stesso vocabolario tendono rendere i testi più complessi e meno comprensibili ai bambini a cui sono diretti. A volte il discorso poetico rischia di privilegiare il genitore e l’insegnante più che il bambi- no lettore, diventando una sorta di ammiccamento fra adulti che parlano di bambi- ni184.
Le aggiunte del ’72 privilegiano i valori formali ed espressivi, ma perdono in- cisività per il pubblico infantile al quale l’autore continua a indirizzarsi. Rodari in- troduce, però, riflessioni adulte non proponendosi più di far rispecchiare i bambini nei testi oppure commuoverli o divertirli. La conseguenza è la diminuzione di co- municabilità. Nelle raccolte precedenti, quando c’era più attenzione psicologica ai bambini e al loro modo di vivere e guardare il mondo, il linguaggio era conse- guentemente più semplice e comprensibile185.
La struttura di Filastrocche in cielo e in terra risponde a criteri rigorosi di sele- zione e di ordine in cui sempre più si evidenziano le tecniche compositive basate sulla combinazione di motivi, sulla citazione e sull’autocitazione, sulla ripresa e sulla variazione di temi e contenuti. Nella scrittura e nella riscrittura Rodari porta alle estreme conseguenze la tendenza della letteratura novecentesca ad abbattere le barriere tradizionali tra i generi letterari, contaminandoli: la prosa non è tanto o soltanto officina del verso, ma è legata alla produzione in versi in un rapporto di circolarità e osmosi, si contaminano incessantemente diventando parte integrante l’una dell’altra. I singoli testi comunicano tra loro come legati in una rete che solo la morte dell’autore ha concluso: l’opera di Rodari costituisce quindi un corpus compatto, in cui non è lecito separare la produzione poetica dai romanzi, dai rac- conti, dalle favole in prosa. Nelle poesie restano costanti l’impegno a comunicare e a fornire, ai bambini come agli adulti, gli strumenti per scoprire e per esprimere
183 ARGILLI, 1990, p. 86. 184 Ivi, p. 101.
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la poeticità del semplice e del quotidiano, a svelare le contraddizioni e il confor- mismo della società; il gioco e l’avventura, l’esplorazione di tutte le possibilità espressive del linguaggio, rappresentano valori a sé e nello stesso tempo sono fun- zioni dell’affermazione dei valori della libertà, della speranza nel futuro, della di- gnità e della creatività dell’infanzia e aprono gli occhi sul mondo risvegliando la coscienza186.
Le filastrocche raccolte qui hanno temi molto vari, ma conservano, per la mag- gior parte, un carattere moraleggiante e di insegnamento. L’attenzione alla vita quotidiana e alla normalità è ciò che contraddistingue i testi, spesso volutamente fantasiosi, per offrire ai bambini sia un divertimento che un insegnamento. Caro a Rodari è anche il tema della guerra, accostato a quello della pace, contro la quale insite in modo tale che i bambini imparino le gravi conseguenze che comporta.
Favole al telefono
Pubblicato nel 1962 è stato messo a punto a Gavirate, in un mese di vacanza, nei luoghi dell’infanzia di Rodari. Può essere quasi definito come un ritorno alle origini: servendosi anche di appunti precedenti, pensa i testi in quotidiane passeg- giate solitarie nei boschi. Nelle favole sono presenti personaggi del suo paese, si trovano persino dei parenti e c’è soprattutto l’esperienza della paternità187.
La raccolta mostra la straordinaria capacità di Rodari di inventare, in grado di coniugarsi con l’osservazione della realtà contemporanea188: ed è grazie a questa
osservazione che può dedicarsi alla rappresentazione della vita quotidiana. Le Fa-
vole al telefono propongono una molteplice possibilità di letture e di interpreta-
zioni dei testi che presentano una precisa calibratura stilistica189.
Le sue favole ribaltano il senso di quelle antiche, proprio perché ne interpreta- no le più profonde radici: Rodari scrivendole risaliva fino alle fonti antropologi- che del proverbio popolare costruito in piazza da cantimbanchi, propagato da ano- nimi narratori di strada in strada, di casa in casa. Le sue favole sono attualissime perché irridono il racconto morale, l’exemplum. Questa raccolta risente quindi di eredità remote. Si collega all’aneddoto, di cui ricalca la brevità e rovescia il senso di una più recente proposta, non perché le favole non possiedano basi etiche, ma
186 NAPOLETANO, 2007, pp. 43-44. 187 ARGILLI, 1990, p. 90.
188 BOERO, 2010, p. 124. 189 Ivi, p. 135.
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perché Rodari individua, nel moralismo pettegolo di tanti libri di testo, un obietti- vo contro cui vale la pena battersi190.
Il titolo contiene una piccola imprecisione perché invece di favole si tratta, piuttosto, di fiabe moderne scritte nella misura del racconto breve.
È in questa raccolta che moltissime fiabe sono costruite in funzione di un mes- saggio, conclusivamente esplicitato come morale, senza la quale il racconto rimar- rebbe irrisolto191. Un messaggio conclusivo, un insegnamento esplicito che ri- manga chiaramente impresso nella memoria del bambino.
Il libro degli errori
Pubblicato nel 1964 è frutto di un’intuizione che Rodari descrive nelle lettere che invia alla casa editrice. Il primo accenno che ne fa è del 23 novembre 1962, a Giulio Bollati192:
Intanto scrivo favolette, versetti. Ti piacerebbe Il libro degli errori, tutto sugli errori, dagli errori di ortografia-grammatica-sintassi (che sono chiaramente errori ideologici ed esistenziali)? Ogni pagina dovrebbe recare l’errore vero e proprio, cioè il quaderno infan- tile che lo documenta: e sotto la filastroccola, o il raccontino, o il dialoghetto che lo illu- stra e celebra. So che nelle scuole vanno in cerca di «schedari» ortografici: questo ne fa- rebbe uno originale193.
L’idea andrà a mano a mano precisandosi e verrà accolta da Einaudi con entu- siasmo. Dovrà, però, ritardarne l’uscita per motivi di mercato
Rodari lascia intravedere la traduzione poetica di una pedagogia moderna e progressista, una polemica sull’educazione e sulla scuola, una caccia con la matita rossa e blu agli errori ortografici dei ragazzi (perdonabili) e degli adulti (imperdo- nabili)194.
Questi errori sono il mezzo attraverso cui il bambino può imparare divertendo- si, può affrontare temi come quelli del viaggio e dell’emigrazione, non essere più quindi un bambino relegato alla sola sfera infantile, al solo gioco e a temi semplici che non riguardino la vita di tutti i giorni, ma inserito nel mondo degli adulti.
Facendo tesoro della forza generatrice della lingua Rodari immagina conse- guenze fantastiche determinate dagli errori di ortografia che hanno il potere di modificare la realtà. Qui, infatti, celebra le possibilità della lingua come alternati-
190 FAETI, 1980, p. 243. 191 ARGILLI, 1990, p. 110. 192 Ivi, p. 91. 193 RODARI, in ARGILLI, p. 91. 194 BOERO, 2010, p. 35.
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va a un sistema precostituito, esalta l’eccezione rispetto alla norma. Egli sa vedere nell’errore sia uno strumento di opposizione ai luoghi comuni sia uno spunto per riflettere e appropriarsi di quanto ritenuto giusto e vero. Invita i lettori a porsi nei confronti di ciò che viene normalmente considerato errato cercando di individuare il messaggio innovatore che vi si può nascondere, al di là di quanto ritenuto uni- versalmente valido195. Mettendo in relazione lingua e realtà, Rodari recupera con tono spensierato, attraverso gli errori di pronuncia, la varietà linguistica del nostro Paese e le peculiarità delle diverse parlate regionali196.
Grammatica della fantasia
Pubblicata nel 1973 può essere ritenuto il testo più importante di Rodari, non solamente per la grande fama raggiunta, ma soprattutto per la novità dei temi trat- tati.
Il primo accenno a scrivere una grammatica della fantasia è in una lettera invia- ta da Rodari a Giulio Bollati il 23 novembre 1962 nella quale propone l’idea di una «macchina per inventare le favole»: la descrizione dei metodi utilizzabili per creare nuovi racconti e una lista di esempi, «novelas», come Rodari stesso le defi- nisce, create per chiarire il metodo presentato.
Ne riparlerà nuovamente nel ’64 e nel ’71, ma solo nel 1972 sembra che l’idea prenda veramente forma. Sarà, però, nel giugno del 1973 che invierà a Ponchiroli il testo197.
Un’erronea lettura, abbastanza diffusa, della Grammatica della fantasia vede spiegati in essa i meccanismi dell’opera rodariana, cioè la teorizzazione delle sue personali tecniche narrative, e a creare questo equivoco ha in parte contribuito lo stesso Rodari che, ormai accettato e celebrato da tutti, tende a cambiare le storie redazionali che hanno caratterizzato le sue opere maggiori198.
Rodari ha spesso parlato delle tecniche che descrive nella Grammatica della
fantasia affermando di averle già utilizzate per la creazione dei testi precedenti,
ma anche negli anni di insegnamento a scuola.
In realtà di tutto ciò – tecniche surrealiste, storie senza il minimo riferimento alla realtà e al buonsenso, riflessioni sui modi e i trucchi per mettere in movimen-
195 Ivi, p. 31. 196 Ivi, p. 32.
197 ARGILLI, 1990, pp. 104-105. 198 Ivi, p. 106.
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to parole e immagini – non c’è traccia nei suoi articoli degli anni ’50, né nessuna storia pubblicata sull’«Unità» di Milano, su «Vie nuove», sul «Pioniere», e neppu- re nei suoi libri di quegli anni. La prima volta che accenna al binomio fantastico, ma senza utilizzare questo termine, è sull’«Unità» del 13 marzo 1958.
Qui Rodari antepone all’ispirazione che scaturiva da una convinta scelta cultu- rale e ideale, cioè la volontà di scrivere per i bambini in modo chiaro e diretto, senza riflessioni sulle tecniche di scrittura, una precedente e fondamentale rifles- sione su asettiche tecniche inventive, come se si trattasse di formule prestabilite da applicare alla scrittura in modo scientifico199.
C’era due volte il barone Lamberto
Pubblicato nel 1978 è l’ultimo romanzo di Gianni Rodari.
Il ricchissimo novantaquattrenne barone Lamberto vive in una villa sull'isola di San Giulio con il maggiordomo Anselmo e sei persone il cui lavoro è ripetere sempre, a turno, il nome del barone in un microfono. Questo è infatti il meccani- smo che tiene in vita il barone, e Lamberto ha iniziato a metterlo in pratica dopo aver sentito una leggenda durante un viaggio in Egitto. Le voci dei sei si diffon- dono nella villa in modo che il barone possa ascoltare ovunque e in qualsiasi mo- mento premendo un pulsante. In tal modo il nobiluomo ringiovanisce ogni giorno sempre di più. Un giorno San Giulio viene occupata da dei banditi, i quali seque- strano il barone e chiedono continui riscatti ai direttori delle ventiquattro banche che possiede. Non avendo ottenuto alcuna risposta, decidono di fuggire. Intanto il nipote del barone, Ottavio, studia un piano per ucciderlo e far ricadere la colpa sui banditi, in modo da ottenere l'immensa eredità. Un giorno mette un sonnifero nel pranzo delle sei persone addette alla ripetizione del nome del barone: in tal modo esse si addormentano, e al barone basta una sola notte senza che il suo nome sia pronunciato per tornare vecchio e morire. Anselmo il giorno seguente si accorge del decesso e licenzia in tronco le sei persone, ma durante il funerale il barone re- suscita, perché il suo nome esce dalle bocche delle centinaia di persone che parla- no di lui. Il percorso di vita del nobile sembra capovolgersi: vecchio novantenne torna ad essere un bambino di tredici anni
C’era due volte il barone Lamberto può essere definito il testo di maggior im-
pegno di Rodari, in cui egli inserisce molti temi tipici della sua opera, dal gioco di
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prendere alla lettera gli antichi e saggi proverbi («L’uomo il cui nome è pronun- ciato resta in vita» [CDBL, p. 19]) a quello del mondo rovesciato esemplificato nel fiume Nigoglia che scorre all’insù come i fiumi presenti nell’opera di altri au- tori classici come Orazio, Ariosto e Tasso200.
Alla fine degli anni ’70 Rodari è preoccupato per le sue condizioni di salute, le cure incidono sul suo umore e sul suo equilibrio nervoso. Il pensiero di cosa può riservargli il destino lo spinge a riguardare all’indietro, a rivagheggiare l’infanzia e i suoi luoghi natii. Sono i due temi di fondo di questo suo ultimo sforzo creativo in cui non si rivolge più ai bambini, ma ai ragazzi. Se poi sia veramente un libro per ragazzi è discutibile, come afferma egli stesso nel romanzo201:
Le favole di solito cominciano con un ragazzo, un giovanetto o una ragazza che, dopo molte avventure, diventano un principe o una principessa, si sposano e danno un gran pranzo. Questa favola, invece, comincia con un vecchio di novantaquattro anni che alla fine, dopo molte avventure diventa un ragazzo di tredici anni. Non sarà uno sgarbo al let- tore? No perché c’è la sua brava spiegazione. [CDVBL, p. 102]
L’impulso a scrivere gli nasce da riflessioni molto intime e assillanti, tema do- minante del romanzo è quello della morte e il bisogno di esorcizzarla.
La costruzione romanzesca che scaturisce da questo motivo di fondo è un inge- gnoso gioco di artifizi narrativi, con la rivisitazione di vari moduli espressivi. Il cuore del racconto resta però una divagante sfera adulta dell’autore nostalgica- mente tornato al bambino che dalla natia casa di Omegna guardava, fantasticando, la favolosa isola di San Giusto sospesa in mezzo al lago.
Ormai l’autore è stanco, provato dalla malattia, e, dopo aver dato tanto alla let- teratura infantile, si riprende la libertà di poetare per sé, servendosi di un linguag- gio più complicato202.
200 BOERO, 2010, p. 39. 201 ARGILLI, 1990, p. 114. 202 Ivi, p. 115.
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4. Forme e generi in Dahl
I modelli letterari
Roald Dahl ha lavorato per la RAF per un breve periodo, ma la sua vocazione, si può affermare, è sempre stata quella di scrivere.
I testi che Dahl scrive per gli adulti risultano estremamente originali, con ele- menti di macabro e spesso spiazzanti. I testi per bambini, dall’altro lato, sono per- vasi da una profonda ironia, da un intento di divertire ed insegnare in modo legge- ro.
Dalla lettura dei testi per bambini si evidenzia la grande capacità dell’autore di comunicare a più livelli. Dahl ha scelto i bambini, ha scelto di schierarsi dalla loro parte, dalla parte dei ragazzi consumisti della società contemporanea. Ma ha capi- to che i maggiori nemici dei bambini sono genitori e insegnanti, figure di cui co- munque essi non possono fare a meno. Ha riscritto le fiabe inserendole in un con- testo in cui i bambini dimostrano di avere sempre più bisogno di rispetto e consi- derazione anche a discapito delle figure adulte che li circondano203.
I libri per bambini di Roald Dahl riflettono un periodo in cui si ha una nuova concezione dell’infanzia, il bambino viene finalmente considerato una persona e non più un oggetto di proprietà dei genitori, non è un intralcio, solamente una bocca da sfamare, ma una ricchezza. In questo periodo, poi, si registra la seconda ondata del movimento femminista che si contrappone alla concezione che si stava diffondendo dagli anni ’50. Questo nuovo femminismo, che prende avvio negli anni ’60, si caratterizza per la richiesta attiva delle donne di ottenere gli stessi di- ritti degli uomini: dall’indipendenza economica alla libertà di operare, come sog- getto autonomo nell’ambito della vita pubblica: una radicale riorganizzazione del- le strutture sociali e patriarcale e, come ben presto si dirà, fallologocentrica204.
In Dahl, oltre a un’innovativa rappresentazione del rapporto adulto-bambino, si ha una vera e propria ridefinizione delle figure femminili205. Non a caso alcuni dei personaggi principali delle storie di Dahl sono bambine con caratteri forti che si