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Funzioni del congiuntivo nelle proposizioni subordinate

Ora che abbiamo individuato le funzioni del futuro nelle proposizioni subordinate, non ci resta che analizzare all’interno delle stesse quelle del congiuntivo.

Come il futuro, anche il congiuntivo è attestato moltissime volte all’interno delle proposizioni ipotetiche, come si vede ad esempio in Η 118 a ss.:

φημί μιν ἀσπασίως γόνυ κάμψειν, αἴ κε φύγῃσι δηΐου ἐκ πολέμοιο καὶ αἰνῆς δηϊοτῆτος.

Ti dico che volentieri riposerà le sue ginocchia se sfuggirà al duello feroce.

In questo caso Agamennone, nel distogliere il fratello dal duello con Ettore, specula sulla sua gioia nel sapere che non dovrà combattere. Si può parlare per questa costruzione di uso epistemico, così come avevamo fatto per Ω 296. In entrambi i passi citati, il parlante presenta l’evento come fortemente probabile. Anche per questo passo si può parlare di ipotetica implicazionale.

Come ulteriore esempio di una condizionale con il congiuntivo possiamo citare β 220 a ss.:

εἰ δέ κε τεθνηῶτος ἀκούσω μηδ' ἔτ' ἐόντος,

νοστήσας δὴ ἔπειτα φίλην ἐς πατρίδα γαῖαν σῆμά τέ οἱ χείω καὶ ἐπὶ κτέρεα κτερεΐξω

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ma se invece sento che è morto e non vive più, allora, tornato alla mia cara terra patria, gli innalzerò un tumulo e gli renderò gli onori funebri…

Telemaco sta qui svelando durante l’assemblea degli Itacesi il suo intento di andare alla ricerca di notizie sul padre. Nel suo discorso, lui ammette sia la possibilità di scoprire che suo padre è morto, che quella che lui sia ancora vivo259. Perciò, anche in questo caso, l’evento è ritenuto fortemente probabile da parte del parlante.

In λ 113-114 si può leggere molto chiaramente la convinzione da parte del parlante su quanto sta affermando:

…αὐτὸς δ' εἴ πέρ κεν ἀλύξῃς,

ὀψὲ κακῶς νεῖαι, ὀλέσας ἄπο πάντας ἑταίρους…

…e tu, se pure tu sfugga, tardi e male tornerai, dopo aver perduto tutti i compagni…

In questo caso, infatti, sappiamo che l’evento ha grandi probabilità di realizzarsi dal momento che è Tiresia che sta predicendo la sua sorte a Odisseo. In questo caso, potremmo parlare di ipotetica con sfumatura concessiva.

Se confrontiamo gli esempi che abbiamo citato per il congiuntivo con quelli che abbiamo scelto per l’indicativo futuro, possiamo notare che le due forme compaiono in contesti molti simili e, per questo, risulta difficile collocarli a punti diversi lungo la scala dell’irrealtà260

.

Allo stesso modo, il congiuntivo compare come il futuro nelle proposizioni finali. Anche nel caso del congiuntivo, la sua ampia presenza all’interno di questo tipo di subordinate può essere dovuta al suo valore volitivo. Quest’uso è attestato ad esempio a π 235-236:

ἀλλ' ἄγε μοι μνηστῆρας ἀριθμήσας κατάλεξον,

ὄφρ' εἰδέω, ὅσσοι τε καὶ οἵ τινες ἀνέρες εἰσί

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Questa seconda possibilità è espressa a β 216 sempre in un periodo ipotetico.

260 Quest’uso interscambiabile tra congiuntivo e futuro nelle condizionali reali che si riferiscono a

eventi futuri è notato anche da Palmer (1986) nella sua analisi di questo tipo di costrutto. Questo stato di cose conferma fra l’altro quanto detto da Willmott (2007) sulla difficoltà di posizionare congiuntivo e futuro a punti diversi della scala dell’irrealtà.

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ma su fammi il conto dei pretendenti e dimmi, perché io lo sappia, quanti e quali essi sono…

E ancora un altro esempio è quello di δ 748-749:

ἤ σ' αὐτὴν ποθέσαι καὶ ἀφορμηθέντος ἀκοῦσαι,

ὡς ἂν μὴ κλαίουσα κατὰ χρόα καλὸν ἰάπτῃς.

O che tu lo cercassi e udissi che era partito; perché tu non sciupassi il tuo bell’incarnato piangendo.

Euriclea dice a Penelope che Telemaco aveva voluto nasconderle il suo viaggio per evitare che soffrisse.

Infine, vogliamo citare ν 302-304:

νῦν αὖ δεῦρ' ἱκόμην, ἵνα τοι σὺν μῆτιν ὑφήνω χρήματά τε κρύψω…

sono venuta qui per ordire con te un accorto progetto, e per nascondere i beni…261

Come avevamo già visto per il futuro, accanto al valore delle finali il congiuntivo è attestato nella costruzione con i verba curandi. Tuttavia, il congiuntivo non sembra essere usato tipicamente in questa funzione, dal momento che in questa costruzione compare soltanto due volte. La prima a δ 545:

πείρα, ὅπως κεν δὴ σὴν πατρίδα γαῖαν ἵκηαι.

Cerca tu invece come possa giungere alla tua terra patria.

Proteo spinge qui Menelao a trovare un modo per rientrare a Sparta. In questo passo, il congiuntivo ha valore dinamico.

La seconda è invece a β 168:

φραζώμεσθ' ὥς κεν καταπαύσομεν…

261 Gli esempi delle finali con il congiuntivo sono tantissimi all’interno dei due poemi. Abbiamo qui

151 pensiamo a come fermarli…

Aliterse predice il ritorno di Odisseo e la strage dei pretendenti. Per salvare loro la vita, vorrebbe frenarli nella loro tracotanza. Anche in questo esempio, come nell’altro, si può osservare il valore dinamico del congiuntivo.

Il congiuntivo è attestato anche nelle interrogative indirette, dove supera in numero di attestazioni il futuro, di cui avevamo trovato un solo esempio per questo contesto linguistico. Un esempio è Χ 130:

εἴδομεν ὁπποτέρῳ κεν Ὀλύμπιος εὖχος ὀρέξῃ. E vedremo a chi dei due Zeus darà gloria.

Ettore si dice che è inutile indugiare contro Achille, ma che è meglio affrontarlo subito e scoprire così a chi Zeus intende dare gloria. In quest’ottica, il congiuntivo è volitivo.

Un altro esempio di interrogativa indiretta è Σ 192:

ἄλλου δ' οὔ τευ οἶδα τεῦ ἂν κλυτὰ τεύχεα δύω… del resto, non so di chi potrei vestire le armi…

Achille vorrebbe scendere nel campo di battaglia per recuperare il corpo di Patroclo, ma non sa come fare non avendo un’armatura a disposizione. Qui siamo davanti a un’interrogativa indiretta con valore dubitativo.

Infine, il congiuntivo compare nelle relative così come accadeva per il futuro. Vediamo qualche esempio.

Un passo interessante a tal proposito è ο 401:

ὅς τις δὴ μάλα πολλὰ πάθῃ καὶ πόλλ' ἐπαληθῇ.

Che abbia molto sofferto e molto vagato.

Eumeo accoglie nella sua capanna Odisseo-mendico e, per ristorarlo del suo lungo vagare, gli offre un banchetto. È infatti possibile anche per chi soffre trovare un momento di pace dai mali. Qui possiamo notare una serie di dettagli che differenziano il congiuntivo dal futuro. Per prima cosa, dal punto di vista del

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referente, il pronome relativo si riferisce a ἀνήρ del verso precedente. Il tono sentenziale della frase e l’uso del pronome relativo indefinito ci suggeriscono che il referente è indeterminato e che qui ci si riferisce genericamente alla condizione umana. Secondariamente, il tono sentenzioso del verso ci suggerisce un valore gnomico e dunque metacronico del congiuntivo. Questa funzione non sembra essere assolta dal futuro nello stesso tipo di contesto.

Anche nelle altre relative con il congiuntivo il referente è indeterminato, come è evidenziato dall’uso del pronome ὅς τις invece che ὅς. Un esempio a conferma di ciò è ο 345:

ἀνέρες, ὅν τιν' ἵκηται ἄλη καὶ πῆμα καὶ ἄλγος.

Gli uomini su cui giunga vita raminga e pena e dolore.

Odisseo-mendico ringrazia Eumeo per le cure che gli ha offerto e per aver fermato il suo vagabondare. Nel ringraziarlo, descrive come odiosa la condizione dei vagabondi che soffrono a causa del loro ventre. Il congiuntivo anche in questo caso dunque è gnomico.

Il valore gnomico delle relative al congiuntivo non riguarda soltanto quelle che contengono un congiuntivo aoristo. A prova di ciò, vogliamo qui citare Ι 312-313, dove troviamo sia un congiuntivo presente che uno aoristo:

ἐχθρὸς γάρ μοι κεῖνος ὁμῶς Ἀΐδαο πύλῃσιν

ὅς χ' ἕτερον μὲν κεύθῃ ἐνὶ φρεσίν, ἄλλο δὲ εἴπῃ.

Mi è nemico come le porte dell’Ade quell’uomo che una cosa dice e un’altra cosa ha nell’animo.

Achille vuole essere schietto con Odisseo, Fenice e Aiace sulle sue intenzioni, perché mal sopporta chi non agisce coerentemente con quanto dice. Anche se qui si ha il pronome relativo semplice, e non quello indefinito, il referente resta comunque indeterminato, dal momento che ci si riferisce genericamente all’uomo e alla sua natura.

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Tuttavia, la funzione gnomica non è l’unica svolta dal congiuntivo nelle relative. Esso infatti può avere anche valore epistemico ed esprimere un evento che il parlante ritiene plausibile, come avviene in Υ 362-363:

ἀλλὰ μάλα στιχὸς εἶμι διαμπερές, οὐδέ τιν' οἴω Τρώων χαιρήσειν, ὅς τις σχεδὸν ἔγχεος ἔλθῃ.

Attaccherò dritto le file e non credo che sarà lieto il Troiano, che arriva a tiro della mia lancia.

Achille fa un discorso di incoraggiamento agli altri guerrieri chiedendo loro aiuto e ribadendo allo stesso tempo che farà di tutto per mettere in difficoltà i nemici. Ha senso qui parlare di modalità epistemica, perché Achille deduce che durante la battaglia qualche Troiano possa imbattersi nella sua furia.

Finora, abbiamo analizzato le proposizioni subordinate che possono presentare sia il verbo al congiuntivo che al futuro, ci sono però delle subordinate che invece si costruiscono soltanto con il primo e non anche con il secondo.

Una costruzione in cui compare soltanto il congiuntivo e, non anche il futuro, è sicuramente quella dei verba timendi. Seguendo quanto detto da Schwyzer (1939- 1971) e Willmott (2007), riteniamo che sia plausibile che questo tipo di uso si sia sviluppato a partire dalla costruzione di μή con il congiuntivo. Partenendo da questo presupposto, è perciò probabile che sia la funzione preventiva di questa costruzione che ha determinato la nascita di una costruzione analoga in dipendenza dai verba

timendi. Un esempio di questa costruzione è μ 122:

δείδω μή σ' ἐξαῦτις ἐφορμηθεῖσα κίχῃσι…

temo che essa per nuovo impulso ti raggiunga…

Circe dà dei consigli a Odisseo per affrontare e sfuggire a Scilla e Cariddi. La fuga sembra alla maga la scelta migliore per evitare di essere attaccati dai due mostri. In questo tipo di contesto, Circe vuole prevenire un’azione che lei ritiene dannosa. Un altro passo in cui si può vedere questa costruzione è Χ 455 a ss.:

154 μοῦνον ἀποτμήξας πόλιος πεδίον δὲ δίηται, καὶ δή μιν καταπαύσῃ ἀγηνορίης ἀλεγεινῆς…

temo terribilmente che il nobile Achille abbia tagliato fuori della città il mio

audace Ettore, solo, e lo insegua, e metta fine al doloroso coraggio…

Qui Andromaca palesa i suoi timori per il destino di Ettore, dal momento che ha sentito Ecuba scoppiare a piangere.

L’altro contesto esclusivo del congiuntivo rispetto al futuro è quello delle proposizioni temporali. Un dato molto interessante è che il congiuntivo si trova spesso nelle temporali introdotte da ὄτε all’interno delle similitudini. Queste ultime sono contesti metacronici per eccellenza e mostrerebbero ancora una volta come il congiuntivo sia estraneo alla nozione di posteriorità temporale. Come esempio, si può citare Ε 597-598:

ὡς δ' ὅτ' ἀνὴρ ἀπάλαμνος ἰὼν πολέος πεδίοιο

στήῃ ἐπ' ὠκυρόῳ ποταμῷ ἅλα δὲ προρέοντι…

come resta impotente un uomo che percorre una vasta pianura e sulle rive di

un fiume impetuoso che precipita al mare…

Il paragone è qui tra Diomede intimorito dalla furia di Ettore e l’uomo che resta impietrito sulla riva di un fiume in tempesta.

Sempre in questo contesto il congiuntivo è attestato a Υ 495:

ὡς δ' ὅτε τις ζεύξῃ βόας ἄρσενας εὐρυμετώπους…

come qualcuno aggioga i buoi dalla larga fronte…

I cavalli di Achille, nel passare sopra i cadaveri dei nemici e i loro scudi, sono paragonati ai buoi aggiogati che battono l’orzo bianco nell’aia solida.

La stessa funzione del congiuntivo si vede a Σ 207:

ὡς δ' ὅτε καπνὸς ἰὼν ἐξ ἄστεος αἰθέρ' ἵκηται…

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Achille è così indomito che la sua testa sembra emanare la stessa luce che emana il fumo di una città assediata dai nemici.

Sempre all’interno delle similitudini, il congiuntivo può comparire dopo ὡς senza anche ὄτε. Nel nostro corpus ci sono due passi che presentano questa struttura. Il primo è a θ 523:

ὡς δὲ γυνὴ κλαίῃσι φίλον πόσιν ἀμφιπεσοῦσα…

come una donna giù a terra abbraccia e piange il suo caro sposo…

Il pianto di Odisseo durante il canto di Demodoco è paragonato a quello di una donna che piange il suo sposo.

Il secondo a Ε 161:

ὡς δὲ λέων ἐν βουσὶ θορὼν ἐξ αὐχένα ἄξῃ…

come un leone, piombando su una mandria di buoi spezza il collo…

L’uccisione di Echemone e Cromio da parte di Diomede è paragonata all’assalto di un leone nei confronti di una mandria di buoi.

Tuttavia, il congiuntivo può apparire in proposizioni temporali che si trovano al di fuori delle similitudini e in questo caso assumono una funzione diversa da quella che abbiamo appena analizzato.

Osserviamo ad esempio Τ 401-402:

ἄλλως δὴ φράζεσθε σαωσέμεν ἡνιοχῆα

ἂψ Δαναῶν ἐς ὅμιλον ἐπεί χ' ἕωμεν πολέμοιο…

pensate di riportare in salvo il vostro auriga in mezzo ai Greci, quando

saremo sazi di guerra, diversamente…

Achille chiede ai suoi cavalli di riportarlo sano e salvo nell’accampamento quando si sarà saziato della guerra. Il congiuntivo qui effettivamente si riferisce a un evento posteriore rispetto al momento di enunciazione. Tuttavia, questo evento sarà avvenuto prima del momento in cui i cavalli dovranno riportare il loro padrone alla propria tenda.

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Questo valore di anteriorità è visibile anche a Π 453-454:

αὐτὰρ ἐπὴν δὴ τόν γε λίπῃ ψυχή τε καὶ αἰών, πέμπειν μιν θάνατόν τε φέρειν καὶ νήδυμον ὕπνον…

ma appena lo avrà abbandonato il respiro e la vita, manda a prenderlo la morte e il sonno soave…

Era cerca di convincere qui Zeus a far morire suo figlio Sarpedonte; quando questo avverrà, potrà permettere alla morte e al sonno di trasportarlo in Licia dove avrà degna sepoltura. Anche in questo caso, la morte deve avvenire prima del trasporto del corpo.

Le temporali introdotte da εἰς ὅ esprimono posteriorità e indicano la durata dell’azione. La congiunzione εἰς ὄ esprime, infatti, il punto finale dell’azione della proposizione reggente. Un esempio è ν 59-60:

χαῖρέ μοι, ὦ βασίλεια, διαμπερές, εἰς ὅ κε γῆρας

ἔλθῃ καὶ θάνατος, τά τ' ἐπ' ἀνθρώποισι πέλονται.

Siimi felice, o regina, sempre, fino a che non arrivino vecchiaia e morte, che sono odiose per gli uomini.

Odisseo è in partenza da Scheria e augura ogni bene alla sua regina. Il sopraggiungere della vecchiaia e della morte sono qui viste come un qualcosa di lontano e posteriore, il cui arrivo porrà fine allo stare bene della regina.

Negli esempi finora presentati, il legame temporale con la sua sovraordinata sembra essere determinato, più che dalla semantica del congiuntivo, dal tipo di congiunzione che introduce la subordinata. È fra l’altro qui difficile stabilire se effettivamente il congiuntivo aoristo abbia valore temporale o meno. Ci troviamo infatti davanti a una questione piuttosto spinosa per chi si è occupato di greco antico, dal momento che non si è mai riusciti a individuare una differenza netta tra i modi del presente e quelli dell’aoristo. Questi ultimi si distinguerebbero dai primi soltanto aspettualmente e non anche temporalmente, valore che invece apparterrebbe soltanto all’indicativo aoristo. È probabile quindi che qui il congiuntivo aoristo sia scelto, non tanto per le sue connotazioni temporali di futuro, ma più per i suoi valori modali e, in particolare, per

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quelli deontici, dal momento che vengono qui presentati degli eventi che, pur non essendo fattuali, hanno comunque una grande probabilità di accadere. Non saprei quanto sia giusto parlare di aspetto puntuale in questo passo, dal momento che in Omero l’opposizione aspettuale non si è ancora formata del tutto. In ogni caso, il valore temporale del congiuntivo aoristo rispetto al suo indicativo, è un problema troppo ampio che esula dal problema che stiamo qui affrontando.

In generale comunque, anche il congiuntivo come il futuro sembrerebbe mantenere nelle subordinate gli stessi valori che può avere nelle proposizioni indipendenti.

6 Conclusioni.

Dal quadro che abbiamo qui creato, si può notare che si è cercato di applicare il set teorico di Palmer (1986) al futuro e al congiuntivo. Con questa operazione, si è visto che modi e modalità, almeno nella lingua omerica, sono delle categorie che interagiscono fra loro.

Accanto a Palmer (1986), metodologicamente, si è fatto ampio riferimento alla monografia sui modi omerici di Willmott (2007). Per quanto riguarda questo studio, ci siamo distaccati in alcuni punti dalle sue conclusioni.

Siamo d’accordo nell’affermare che congiuntivo e futuro hanno molte funzioni simili che si sovrappongono, tuttavia, nel momento in cui si afferma che entrambe sono marche del futuro, bisogna capire cosa si intenda con questo. Dal punto di vista modale, le due forme infatti hanno la stessa distribuzione. L’unica eccezione è quella della funzione preventiva che compare soltanto al congiuntivo. Questa differenza è fra l’altro mantenuta anche nelle subordinate dal momento che il congiuntivo, e non anche il futuro, è attestato nella costruzione con i verba timendi.

La differenza tra le due forme sembrerebbe risiedere nei valori temporali che può assumere il futuro che, invece, sono sconosciuti al congiuntivo. L’atemporalità del congiuntivo appare confermata dal suo uso gnomico nelle relative indefinite e dalle sue attestazioni all’interno delle similitudini. Gli unici casi in cui il congiuntivo ha valore temporale sono quelli in cui è introdotto dalle congiunzioni temporali. Tuttavia, in quei contesti, bisognerebbe approfondire da quali elementi dipenda la relatività temporale con la sua sovraordinata del congiuntivo aoristo. Il dubbio infatti è se sia la congiunzione a creare quel tipo di rapporto o se invece dipenda dalla

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natura aoristica del congiuntivo. Se fosse quest’ultimo il caso, allora bisognerebbe dedicare spazio a una ricerca che delinei meglio il rapporto tra indicativo aoristo e i suoi modi sia dal punto di vista aspettuale che da quello temporale.

Willmott (2007), inoltre, scriveva che le due forme non sono collocabili a punti diversi della scala di irrealtà. Su questo punto, ci troviamo globalmente d’accordo con l’autrice. Gli unici elementi che fanno intravedere una differenza di questo tipo sono le proposizioni relative. Il congiuntivo compare infatti soltanto nelle relative indefinite, mentre il futuro compare in relative con un referente ben determinato. Nelle altre subordinate, non si vedono parametri che differenziano le due forme in tal senso.

Riassumendo, mentre il futuro è dotato sia di funzioni temporali che modali, il congiuntivo può assolvere soltanto alle funzioni modali. Questo dato è confermato, nel caso delle proposizioni principali, dall’assenza del congiuntivo in espressioni deittiche di tipo temporale. Nel caso delle subordinate, la natura atemporale del congiuntivo è confermata dalla sua presenza in contesti gnomici e metacronici come le similitudini. Inoltre, l’uso maggiore del congiuntivo nelle subordinate rispetto a quello del futuro sembra suggerire che il congiuntivo stia progressivamente diventando marca di ipotassi. Questo fenomeno è osservato anche da Willmott (2007).

I dati appena illustrati sembrano suggerirci un’ulteriore conferma del fatto che il futuro sia un modo che progressivamente si sta trasformando in un tempo. Si era accennato della sua natura modale già nel capitolo sui temi del futuro. In quel caso, avevamo visto che il futuro in Omero non si è ancora dotato di un ottativo. L’incompatibilità del futuro con un modo ci indica che anch’esso doveva essere di tale natura.

La natura modale del futuro è inoltre confermata dalla selezione della diatesi in questo tempo. La natura controfattuale del futuro determina nei predicati biargomentali a bassa transitività e nei monoargomentali di natura inergativa la selezione del medio. Si è visto nel capitolo precedente che questo tipo di codifica morfologica esiste anche in alcune lingue papuane. Roberts (1990) scrive che questo tipo di selezione è possibile soltanto con gli usi modali del futuro e non anche con quelli temporali. La vicinanza, nelle lingue da lui analizzate, tra futuro e modo

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controfattuale sotto la categoria dell’irrealtà mostra che anche il futuro è da intendersi come una modalità irreale. A tal proposito, l’autore delinea la differenza tra tempo e modalità. Il tempo colloca deitticamente un evento rispetto al momento di enunciazione. La modalità serve a ipotizzare realtà diverse da quelle del mondo reale. Nel futuro, queste due dimensioni spesso si sovrappongono.

In questo capitolo, si è visto che le funzioni deittiche legate all’espressione della temporalità appartengono esclusivamente al futuro e non anche al congiuntivo. Che il futuro abbia assunto valore di tempo deittico secondariamente, è stato dimostrato da Bartolotta (2015). L’autrice ha dimostrato che il futuro in Omero presenta il modello temporale Time-Reference-Point e non quello di tipo deittico ego-referenziale. Il modello Time-Reference-Point concettualizza il tempo come degli oggetti che si muovono nello spazio, e che avvengono prima o dopo gli altri elementi con cui sono allineati in sequenza. La cornice field-based di riferimento di questi eventi è neutra, e la relazione che si instaura tra gli eventi dipende dal posto che occupano nello spazio. Nel modello ego-referenziale, invece, il futuro è presentato come qualcosa che sta davanti al parlante. Quest’ultimo, in questo tipo di modello, è colui che stabilisce se un evento avviene prima o dopo rispetto al momento di enunciazione.

In Omero, che presenta il modello Time Reference Point, il futuro è espresso attraverso metafore spaziali. Come esempio, l’autrice analizza Α 70:

ὃς ᾔδη τά τ’ ἐόντα τά τ’ ἐσσόμενα πρό τ’ ἐόντα

Bartolotta (2015) osserva che questo verso, riferito alle capacità mantiche di Calcante, è da sempre stato tradotto: colui che conosce il presente, il futuro e il

passato. Tuttavia, l’autrice ritiene che sia un errore interpretare questo verso secondo

un sistema temporale tripartito. Invece, il verso sarà da considerarsi come un esempio di sistema temporale bipartito. La sua interpretazione sarebbe confermata dalla semantica dell’avverbio πρό. Al di là di questa dubbia attestazione, questo avverbio sarebbe usato con funzione temporale soltanto nell’espressione ἠῶθι πρό. In tutte le altre attestazioni, πρό ha significato spaziale. Un esempio si trova in Δ 382:

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In questo verso, πρό può essere tradotto sia come davanti, sia come di fronte con riferimento allo spazio più vicino all’osservatore. Questo tipo di bisemia indicherebbe una divisione dello spazio bipartita e non tripartita.