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Il medio originario e il futuro sigmatico

Se è vero come è stato detto da alcuni che il futuro è collegato al medio originario, allora questo rapporto deve essere riconsiderato alla luce delle nuove interpretazioni del medio. Bisogna dunque cercare di comprendere se in qualche modo il futuro, così come i media tantum più antichi, selezioni questa marca lessicalmente e se i futuri medi veicolino in qualche modo la nozione di stato.

Per prima cosa, si noterà che i futuri sigmatici in Omero hanno un comportamento molto eterogeneo per quanto riguarda la diatesi. Accanto a futuri media tantum, infatti, si trovano anche futuri activa tantum e alcuni futuri a doppia diatesi.

Quest’ultimo gruppo non può essere usato per spiegare il rapporto che originariamente legava il medio al futuro, dal momento che sappiamo che l’opposizione di diatesi è un fenomeno secondario della lingua greca. Si può accennare in questa sede che talvolta i futuri attivi hanno valore causativo rispetto a quelli medi. È il caso ad esempio di φθίσει a Ζ 407:

δαιμόνιε φθίσει σε τὸ σὸν μένος…

Sventurato, il tuo coraggio ti ucciderà…131

In questo contesto, Andromaca piange per la decisione di Ettore di combattere ancora contro gli Achei, sapendo che il suo coraggio e il suo onore saranno per lui la causa della sua morte.

Lo stesso verbo al medio codifica invece un altro tipo di evento a Λ 821:

ἦ ἤδη φθίσονται ὑπ' αὐτοῦ δουρὶ δαμέντες;

131

La traduzione è di Guido Paduano. Useremo la sua traduzione anche per gli altri passi citati dall’Iliade.

52 o cederanno sconfitti dalla sua lancia?

Patroclo scorge Euripilo ferito e gli chiede come sta andando la battaglia per i Greci. L’eroe vuole soprattutto sapere se i capi achei stanno ancora resistendo contro Ettore o se stanno per soccombere alla sua forza. In questo caso, il soggetto non è tipicamente agentivo ma è spostato verso il ruolo tematico del paziente. Le due forme perciò entrano in alternanza causativa.

In altri casi, invece, il valore dell’attivo e quello del medio si sovrappongono. Un esempio è dato dai futuri ἄξω-ἄξομαι. Non è infatti possibile scorgere una differenza di significato tra ἄξω a Α 139 e ἄξομαι a Ι 367132.

Diversa è la presenza al futuro di forme esclusivamente attive. L’esistenza di queste forme basterebbe da sola a indicare che il futuro non si lega esclusivamente al nucleo originario del medio. Tuttavia, è opportuno in questa sede spendere qualche parola su questo gruppo, soggetto a diverse speculazioni. Molte di queste forme sono infatti state ricondotte a indicativi aoristi sigmatici da cui si sarebbero originate per analogia133. Così, ad esempio, un futuro come ἀλύξω avrebbe come base la forma ἤλυξα, δηλήσεται δηλήσατο e così via. Tuttavia, si è già visto precedentemente che, almeno in una fase iniziale, il futuro poteva legarsi sia al tema del presente che a quello dell’aoristo. Con il completarsi della grammaticalizzazione del tempo, si è poi visto come la tendenza generale fosse quella di usare un tema unico per tutti e tre i tempi. È il caso del primo esempio che abbiamo citato, mentre il secondo effettivamente non ha attestazioni di forme appartenenti al sistema del presente. Questo tipo di meccanismo individuato per la formazione del futuro mostra quindi come questi futuri attivi non possano essere relegati all’etichetta di secondari, ma con ogni probabilità essi sono contemporanei alle formazioni medie.

Sulla possibile antichità delle desinenze attive, si vuole qui aggiungere un ulteriore esempio. Il futuro δὠσω, costruito sul tema dell’aoristo, è attestato in Omero esclusivamente all’attivo134

. Questo stesso futuro si ritrova in miceneo nella forma

132 Questi pochi esempi suggeriscono che nel futuro siano già visibili i valori del medio oppositivo. Di

questa possibilità si parlerà più diffusamente nei prossimi paragrafi.

133

La differenza sopracitata di φθίσω e φθίσομαι è ricondotta per esempio da Chantraine (1942) al fatto che la forma attiva si sarebbe formata sull’indicativo sigmatico da cui avrebbe anche tratto il suo senso causativo.

134 Si ha una forma media περιδώσομαι che però, a giudicare dalla preverbazione, deve essere una

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do-so-si= dōsonsi (terza persona plurale)135. La presenza di tale forma nel greco miceneo, e dunque nel II millennio a.C., suggerisce l’antichità delle forme attive. L’antichità delle forme attive comunque non esclude il problema dei numerosi futuri

media tantum che si ritrovano in Omero. È perciò opportuno osservare quali predicati

compaiono in questo gruppo e cercare di capire che tipo di rapporto hanno con i

media tantum.

Come futuri media tantum più antichi, vengono generalmente indicati πείσομαι, χείσεται, τεύξομαι e ἐλεύσομαι136. Di questi verbi l’unico che potrebbe essere un

medium tantum originario è ἐλεύσομαι, che funziona come futuro di ἔρχομαι.

Tuttavia, questo legame, pur esistendo sul piano del significato, è assente su quello della forma. L’assenza di questa forma in altri tempi del paradigma di ἔρχομαι rende perciò incerto il rapporto tra questa radice e il medio.

Per quanto riguarda invece πείσομαι e χείσεται, possiamo sicuramente escludere in questo caso un rapporto con i media tantum. Il primo è un predicato inergativo, il secondo è invece un predicato a bassa transitività. Entrambi sono nel resto del paradigma degli activa tantum quindi il medio in questo caso è una peculiarità del futuro.

Più complesso è il discorso riguardante τεύξομαι. La forma media è usata per il presente τυγχάνω che, come gli altri due verbi sopracitati, è un activum tantum. Oltre a questa forma media, esiste anche la forma attiva τεύξω che è il futuro del presente τεύχω. Quest’ultimo utilizza al futuro entrambe le forme, impiegando quella media per esprimere il passivo137. Nel capitolo dedicato ai temi del futuro, si è anche notato che questo futuro si forma sul tema del presente τεύχω che è la forma più arcaica rispetto a τυγχάνω. Per quanto sia strana e meriti attenzione la motivazione per cui quest’ultimo sceglie il futuro medio e non quello attivo, non si può affermare con totale sicurezza che il primo preceda il secondo. Anzi, basandoci sul grado vocalico utilizzato dal futuro, sembrerebbe che le due forme coesistessero e che per qualche ragione (semantica?) τυγχάνω abbia selezionato quella media.

135 Cfr. M. Ventris (1973).

136 Oltre che da Chantraine (1942), questi futuri sono considerati antichi anche da Magnien (1912),

Gonda (1960) e da Adrados (1992).

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Altri verbi activa tantum che hanno un futuro medio sono: βοάω, γιγνώσκω

conoscere, γοάω gridare, δείδω avere paura, εἴκω sembrare, εἶμι andare, ἔτλην sopportare, θαυμάζω meravigliarsi, θέω correre, οἶδα sapere, πλέω salpare, σπεύδω affrettarsi, φεύγω fuggire. Tra questi verbi gli unici predicati biargomentali sono

γιγνώσκω, γοάω e οἶδα, tutti gli altri sono invece predicati inergativi che, come abbiamo visto, prototipicamente non fanno parte della categoria del medio originario (Romagno, 2005)138.

Rimane ora da vedere quali dei verbi media tantum hanno il futuro e se quest’ultimo veicola o meno la nozione di stato del soggetto.

Tra i media tantum hanno il futuro: ἀγάσσομαι, αἰδέσομαι, γανύσσεται, γεύσομαι, γουνάσομαι, δάσ(σ)ομαι, δειδίξομαι, δέξομαι, δηλήσομαι, δυνήσομαι, διαείσεται139 , εἰρήσομαι, ἕψομαι140 , εὔξομαι, ἡγήσομαι, ἰήσομαι, ἵξομαι, κείσομαι, κελήσομαι, μαντεύσομαι, μαχήσομαι, μεδήσομαι, μήσομαι, μυθήσομαι, ὀνόσσεται, πεύσομαι, πονήσομαι, πωλήσομαι, τεχνήσομαι, χάσσονται e ψεύσομαι141. All’interno di questo

gruppo possiamo notare una serie di elementi interessanti.

Per prima cosa, molti di questi verbi che presentano il futuro sigmatico sono dei derivati e in quanto tali non possono rientrare nella categoria archetipa del medio142. È questo il caso di γουνάσομαι, δειδίξομαι, μαντεύσομαι, μυθήσομαι, πονήσομαι, πωλήσομαι e τεχνήσομαι.

Degli altri verbi, ἀγάσσομαι, αἰδέσομαι, γανύσσεται, μεδήσομαι, μήσομαι e ὀνόσσεται sono predicati di emozione e cognizione. Quest’ultimi, che solitamente hanno manifestazioni tipicamente inergative nelle lingue del mondo, si trovano alla periferia della categoria del medio originario. Lo stesso discorso vale per i predicati reciproci che nel nostro caso sono: δάσ(σ)ομαι, εἰρήσομαι, μαχήσομαι, πεύσομαι.

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Si è tuttavia visto che i predicati inergativi di cognizione ed emozione e i reciproci, per estensione di categoria, sono entrati a far parte del nucleo del medio originario. Dei verbi citati in questo gruppo quelli che più si avvicinano alla semantica verbale dei media tantum sono ἔτλην e θαυμάζω. Escludiamo da queste considerazioni δείδω perché è un presente secondario che si è costruito sul

perfectum tantum δείδια.

139 È usato come futuro di εἴδομαι ma con il significato di distinguere e non di apparire.

140 Su questo predicato si sono formati successivamente anche dei preverbati attivi (cfr. DELG). Per

ἐφέπω sono attestate due forme di futuro attivo da ritenere secondarie.

141

I futuri medi non citati in questo elenco o presentano la doppia diatesi o, pur essendo media

tantum, sono attestati soltanto al futuro o all’aoristo. In generale, nella classificazione dei media tantum originari si è seguita la lista di Romagno (2005).

142 Cfr. a tal proposito Romagno (2005). L’analisi tipologica mostra inoltre come i derivati spesso

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Un altro gruppo è invece costituito dai predicati che indicano un processo corporale o che si compie all’interno del soggetto. Questi sono: γεύσομαι, δέξομαι, δυνήσομαι, ἠγήσομαι, κελήσομαι, ψεύσομαι. Anche questi predicati non rientrano prototipicamente nel gruppo degli inaccusativi dal momento che possono avere spesso realizzazione transitiva (come δέχομαι) o entrambe.

Dunque, gli unici predicati inaccusativi dotati di futuro sono ἕψομαι e ἵξομαι, che sono dei predicati di movimento traslazionale, e κείσομαι che invece è un verbo stativo143. Partendo da questi verbi, è interessante dunque osservare se essi codifichino o meno lo stato del soggetto.

Partiamo dal futuro κείσομαι. Negli altri tempi questo predicato compare al medio perché significa lo stato del soggetto come condizione inerente, essendo un predicato stativo. Analizziamolo più da vicino. In Σ 120-121 abbiamo:

ὣς καὶ ἐγών, εἰ δή μοι ὁμοίη μοῖρα τέτυκται,

κείσομ' ἐπεί κε θάνω· νῦν δὲ κλέος ἐσθλὸν ἀροίμην…

Così anch’io, se anche per me è fissato un uguale destino, giacerò morto, ma adesso voglio la nobile gloria…

Achille è profondamente addolorato per la morte di Patroclo e rimpiange di non potergli essere stato di difesa. Il suo intento è quindi quello di rientrare in battaglia per trovare Ettore e vendicare l’amico. Prendendo questa decisione, Achille stesso si rende conto che con ogni probabilità il suo destino sarà quello di morire presso Troia. L’evento del giacere morto dunque qui è presentato come un’azione non ancora realizzata e che in quanto tale dà al verbo stativo una lettura eventiva144. La correlazione del futuro con la modalità145 e la perfettività, infatti, lo rende incompatibile con le manifestazioni prototipiche di un costrutto stativo che si manifesta solitamente come imperfettivo, metacronico e non dinamico. Questa opposizione, all’interno dei modi (tra cui possiamo annoverare il futuro), viene neutralizzata a favore della rappresentazione della transizione verso lo stato e,

143 Nel gruppo di futuri elencati ci sarebbe anche δηλήσομαι con il significato di distruggere.

Solitamente questo tipo di verbi è costituito dagli attivi che si sono dotati in seguito di un medio oppositivo con cui entravano in opposizione causativa. Il verbo manca di un’etimologia (cfr. DELG).

144 Cfr. R. Lazzeroni (2016).

145 Del valore funzionale del futuro e del suo rapporto con il congiuntivo, si parlerà approfonditamente

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dunque, a favore dell’interpretazione dinamica dell’evento. Questa lettura eventiva di un costrutto stativo è determinata dal fatto che il futuro visualizza il momento terminale dell’evento, violando così la cosiddetta condizione di densità che distingue gli stati dai processi. I primi infatti sono omogenei e invariabili nelle loro fasi, i secondi invece non lo sono. Nel nostro passo dunque, l’evento non indica che Achille

giace morto, ma un trovarsi a giacere morto che è appunto suscettibile di una lettura

dinamica-ingressiva.

Vediamo ora se questo stesso discorso si può applicare a χ 318-319:

αὐτὰρ ἐγὼ μετὰ τοῖσι θυοσκόος οὐδὲν ἐοργὼς

κείσομαι, ὡς οὐκ ἔστι χάρις μετόπισθ' εὐεργέων.

E io, l’aruspice, che non ho fatto mai nulla di male, con loro avrò tomba comune: per il bene fatto non c’è gratitudine146

.

L’indovino Leode, durante la strage dei pretendenti, supplica Odisseo di non ucciderlo, dal momento che non ha mai mancato di rispetto né a lui né a nessuna delle donne nella sua reggia. Anzi, afferma di aver spesso cercato di distogliere i pretendenti dalle loro azioni ignobili, ma che le sue parole non hanno mai sortito effetto. Con rammarico Leode teme di ritrovarsi sepolto insieme a quelli, perché Odisseo non ha gratitudine per il suo buon operato. Anche in questo caso l’evento non è presentato come uno stato del soggetto, ma piuttosto il soggetto esprime timore e apprensione per la condizione in cui rischia di trovarsi se Odisseo non avrà pietà di lui147.

Alla luce di questi dati, bisogna perciò escludere che il futuro esprima lo stato del soggetto come condizione inerente, come avviene invece negli stativi media tantum. Vediamo invece cosa succede nel caso dei predicati di movimento che presentano la nozione di stato nella loro struttura logica.

Degli esempi sopracitati appartengono a questo gruppo ἕψομαι e ἵξομαι. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, questo tipo di predicati significa il

146 La traduzione è di Vincenzo Di Benedetto. Useremo la sua traduzione anche per gli altri passi citati

dall’Odissea.

147 Lo stesso discorso vale anche per gli altri passi in cui compare questo futuro. Si confrontino Θ 537,

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mutamento di stato del soggetto del predicato. Questo è possibile grazie alla loro struttura logica che si presenta come DIVENTARE stato. Questo tipo di lettura, come si è visto nel caso dell’opposizione tra εἶμι e ἔρχομαι, è resa possibile dal valore telico che ha il verbo ἔρχομαι. Ma questa lettura è possibile anche nel caso del futuro? Vediamolo attraverso alcuni esempi.

In Κ 108 abbiamo:

Σοὶ δὲ μάλ' ἕψομ' ἐγώ· ποτὶ δ' αὖ καὶ ἐγείρομεν ἄλλους… Senz’altro ti seguirò; ma svegliamo anche altri…

Nestore e Agamennone si trovano mentre girovagano per l’accampamento nel cuore

della notte. I due non riescono a prendere sonno perché temono che i Troiani vogliano combattere anche di notte cogliendoli di sorpresa. Nestore offre tutto il suo sostegno e aiuto all’Atride. Il futuro qui è usato senza attenzione al punto finale dell’azione e perciò non si può parlare in questo caso di azione telica. Lo stesso accade in β 287 e ζ 32. Nel primo caso Atena-Mentore, come nel passo appena analizzato, aiuta Telemaco a preparare il suo viaggio fuori da Itaca alla ricerca di notizie sul padre Odisseo. Oltre ad approntargli nave e compagni, la dea promette al ragazzo di seguirlo e scortarlo nel suo viaggio. Allo stesso modo Atena, nelle sembianze della figlia del nocchiero Dimante, appare in sogno a Nausicaa per convincerla ad andare a lavare il suo corredo nuziale al fiume e si offre di accompagnarla e seguirla nelle sue mansioni148.

Sembrerebbe dunque che anche lo stato come acquisizione del soggetto non sia codificato dal futuro. Per avere un’ulteriore conferma di questo dato, occorre osservare anche gli esempi di ἵξομαι.

Ζ 367 οὐ γὰρ οἶδ' εἰ ἔτι σφιν ὑπότροπος ἵξομαι αὖτις...

Non so se tornerò mai più fra loro…

Ettore si prende una pausa dalla guerra per salutare sua moglie e suo figlio, non sapendo se è destinato a rivederli ancora. Rivolge queste parole alla cognata Elena, chiedendole di convincere Paride a combattere invece di starsene vilmente a casa. Anche in questo contesto il futuro non pone attenzione al punto finale dell’evento

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che descrive. Quest’ultimo, anzi, è rappresentato come una vaga aspettativa di Ettore che appunto appare dubbioso e timoroso su ciò che accadrà dopo il suo rientro in battaglia.

Allo stesso modo in Α 240 a ss. abbiamo:

ἦ ποτ' Ἀχιλλῆος ποθὴ ἵξεται υἷας Ἀχαιῶν σύμπαντας…

un giorno la nostalgia di Achille invaderà i Greci tutti…

Dopo essere stato fermato dalla dea Atena, Achille rinuncia a uccidere Agamennone. Tuttavia, l’eroe decide di pronunciare un grande giuramento con lo scettro in mano affermando che non combatterà mai più a fianco degli Achei per l’onta subita. Anche quando questi ultimi soccomberanno sotto la furia di Ettore e avranno bisogno di lui, Agamennone non potrà aiutarli in nessun modo avendo disonorato il più forte di tutti. Come anche nel passo precedente, l’evento è descritto senza attenzione al punto finale e anzi esso è presentato come un’aspettativa di Achille stesso che si figura ciò che accadrà in sua assenza tra i guerrieri achei.

Questi esempi mostrano come il futuro sia usato tendenzialmente in modo atelico, eliminando così la correlazione che esiste tra medialità e telicità nel gruppo dei

media tantum originari. Una conferma di questa tesi è offerta anche dai futuri dei

verbi εἶμι e ἔρχομαι.

Nel paragrafo precedente, si è visto infatti che il primo è un activum tantum e che il secondo è invece un medium tantum. A livello di significato, i due non si differenziano ed entrambi sono dei predicati intransitivi. Si è però visto che i due si distinguono per l’azionalità. Εἶμι è infatti usato nei contesti atelici, mentre ἔρχομαι è usato in contesti telici. Ma cosa succede al futuro? Per prima cosa possiamo notare che al futuro entrambi sono dei medi: il futuro di εἶμι è εἴσομαι, per ἔρχομαι è usato il tema suppletivo ἐλεύσομαι149. Inoltre, se si osservano i contesti di occorrenza dei due verbi, il futuro non sembra mantenere la differenza azionale che si può osservare nel caso del presente.

149 Per il rapporto tra presente e futuro si guardi quanto detto nel capitolo precedente e nelle pagine

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Osserviamo i contesti in cui compare il futuro εἴσομαι. Φ 334 ss. αὐτὰρ ἐγὼ Ζεφύροιο καὶ ἀργεστᾶο Νότοιο

εἴσομαι ἐξ ἁλόθεν χαλεπὴν ὄρσουσα θύελλαν…

Io intanto farò venire dal mare una bufera violenta di Zefiro e del chiaro Noto…

Era vede lo Xanto travolgere Achille. Decide allora di soccorrere l’eroe insieme al figlio Efesto. Ordina così a quest’ultimo di accendere una grande fiamma mentre lei cercherà di scatenare una grande bufera dal mare con l’aiuto di Zefiro e Noto. Il futuro in questo caso presenta le intenzioni della dea e il suo desiderio di aiutare Achille150. Come in Ξ 220 quindi, il processo è presentato come qualcosa di non compiuto fermo ancora alla condizione di intenzione.

Allo stesso modo in Ω 460 a ss. possiamo leggere:

ὦ γέρον ἤτοι ἐγὼ θεὸς ἄμβροτος εἰλήλουθα Ἑρμείας· σοὶ γάρ με πατὴρ ἅμα πομπὸν ὄπασσεν. ἀλλ' ἤτοι μὲν ἐγὼ πάλιν εἴσομαι, οὐδ' Ἀχιλῆος ὀφθαλμοὺς εἴσειμι…

Vecchio, io sono un dio immortale, sono Ermes, e mio padre mi ha mandato da te come guida. Tornerò indietro, non mi farò vedere da Achille…

Giunti alla tenda di Achille, Ermes rivela la sua identità a Priamo che ha scortato per ordine del padre Zeus. Non ha però intenzione di condurlo fino a dentro la tenda dell’eroe, dal momento che ritiene che non sia opportuno per gli uomini mortali intrattenersi troppo apertamente con gli dei immortali. Anche qui il processo non è compiuto ma sta per compiersi (in questo passo dunque il futuro sembrerebbe esprimere un’azione imminente più che l’intenzione del soggetto). In un certo senso, ciò che sta per accadere, serve a Ermes come cornice per i suoi ultimi consigli a Priamo che il re stesso dovrà seguire per rabbonire Achille e ottenere la sua grazia.

150 L’intenzionalità espressa dal futuro qui è accentuata dalla presenza del participio futuro ὄρσουσα

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L’ultimo passo in cui compare il futuro di εἶμι è ο 213 a ss.:

ἀλλ' αὐτὸς καλέων δεῦρ' εἴσεται, οὐδέ ἕ φημι ἂψ ἰέναι κενεόν· μάλα γὰρ κεχολώσεται ἔμπης.

Ma verrà qui a chiamarti lui stesso, e non credo davvero che tornerà indietro a mani vuote; in ogni caso, molto si adirerà.

Pisistrato figlio di Nestore vuole aiutare Telemaco a partire da Pilo senza farsi trattenere oltre da suo padre. Affinché ciò possa accadere senza indugi, il giovane consiglia a Telemaco di salire subito sulla nave con i suoi compagni e di partire prima che egli sia giunto a palazzo per dare la notizia al vecchio. Il suo animo fortemente determinato gli imporrebbe di venirlo a chiamare per rendergli gli ultimi favori ospitali. In questo caso, il futuro esprime ciò che Pisistrato si aspetta possa accadere. In ogni caso, non si può dire che il processo si sia compiuto e che il soggetto abbia raggiunto un nuovo punto nello spazio.

Il futuro di εἶμι dunque non presenta differenze azionali con il suo presente. Vediamo se per il futuro di ἔρχομαι è possibile dire la stessa cosa.

Ζ 365 καὶ γὰρ ἐγὼν οἶκον δὲ ἐλεύσομαι ὄφρα ἴδωμαι…

Io infatti voglio andare a casa per vedere…151

Ettore è tornato dalla battaglia alla reggia. Qui incontra Elena che si rammarica fortemente per aver scatenato la guerra e per aver ceduto al fascino di Paride di cui rimprovera la codardia. Vorrebbe far sedere Ettore con lei per farlo riposare dopo le fatiche della guerra. L’eroe però rifiuta gentilmente l’offerta e anzi chiede alla donna di convincere il marito a raggiungerlo sul campo prima che lui abbandoni la reggia. Il suo desiderio è infatti quello di recarsi dalla moglie e dal figlio prima di tornare a combattere dal momento che non sa se la sua sorte gli permetterà ancora di rivederli. Il processo è qui presentato diversamente rispetto a Ξ 301 a ss. In quel caso, infatti, Era rispondeva a Zeus che la interrogava sui suoi spostamenti usando il predicato ἔρχομαι che sottolineava come la dea avesse raggiunto un nuovo punto nello spazio. Nel caso di Ettore, invece, lo spostamento non è ancora avvenuto ed è fermo allo

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status della volontà e dell’intenzione, non diversamente da quanto accade nel caso

del presente e del futuro di εἶμι. E ancora in Μ 369 (=Ν 753) abbiamo: