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Il medio oppositivo e il futuro: il medio come doppione dell’attivo

Di tutte le funzioni svolte dal medio oppositivo, rimangono da analizzare i casi in cui il medio ha valore indistinto rispetto all’attivo. Si è notato precedentemente come i valori specifici del medio non possano essere compatibili con quei predicati che mancano di un argomento interno diretto. In questo caso dunque il medio, quando si forma, è un doppione dell’attivo. Il medio funzionalmente indistinto dall’attivo è tipico generalmente dei verbi monoargomentali inergativi atelici e, più raramente, appare nei predicati biargomentali meno prototipici che non implicano un mutamento di stato dell’oggetto.

A sua volta, il gruppo dei verbi che presentano un medio funzionalmente indistinto dall’attivo può essere diviso in tre sottogruppi. Il primo sottogruppo è quello dei predicati che, pur essendo activa tantum negli altri tempi, presentano un futuro medio a cui non oppongono una forma attiva. Di questo sottogruppo fanno parte πείσομαι, χείσεται e τεύξομαι, i predicati di movimento θέω, πλέω, σπεύδω, φεύγω, φθάνω; il predicato di emozione inergativo ἔτλην su cui si forma il futuro τλήσομαι e i predicati transitivi meno prototipici come ἀείδω, βοάω, γιγνώσκω, γοάω e κλαίω.

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Al secondo sottogruppo appartengono i predicati che, pur avendo un medio indistinto dall’attivo nel resto del paradigma, al futuro selezionano la diatesi media e non quella attiva. È il caso ad esempio del futuro di ὀράω: sia infatti il futuro εἴσομαι, che condivide lo stesso tema dell’aoristo εἶδον, che quello ὄψομαι costruito sul perfetto ὄπωπα sono dei futuri media tantum. Lo stesso accade per il predicato inergativo νήχω, che presenta il futuro νήξομαι, e con i predicati biargomentali a bassa transitività come ἀκούω, che forma il futuro ἀκούσομαι, e κιχάνω, che invece ha come futuro κιχήσομαι.

Infine, rientrano nel terzo sottogruppo quei predicati che al futuro hanno sia diatesi attiva che diatesi media. Tra questi troviamo ἄγω, αἰρέω, ἄρχω, ἔχω, λύω, μελεύω, νεύω, σῴζω e φέρω.

Partendo da questa classificazione, si può notare come il medio sia selezionato come diatesi non marcata, sia nel caso dei predicati activa tantum, sia nel caso di predicati che, negli altri tempi, si sono già dotati di doppia diatesi.

Per cercare di comprendere il motivo di questo tipo di selezione, è necessario recuperare la nozione di transitività scalare così come è intesa da Hopper e Thompson(1980). Nel corso dei paragrafi precedenti, è stato più volte accennato che, secondo questi autori, la transitività non è una categoria discreta ma una categoria scalare e multifattoriale. I parametri che determinano la transitività di una frase sono: 1) il numero dei partecipanti che nel caso di un verbo transitivo devono essere almeno due; 2) la rappresentazione di un processo invece che di uno stato (tipico invece dell’intransitività); 3) l’azionalità telica; 4) la volontà dell’agente; 5) il parametro dell’affermazione; 6) la rappresentazione dell’azione come reale (elemento legato alla nozione di modalità); 7) una forte agentività; 8) il totale coinvolgimento dell’oggetto; 9) l’alta individuazione dell’oggetto. Ovviamente l’intransitività sarà caratterizzata dai parametri contrari a quelli appena presentati. Negli studi sul medio originario e oppositivo (Romagno 2005, 2010), è stato osservato come la selezione della diatesi media come marca di inaccusatività fosse governata principalmente dai parametri della telicità e del grado di coinvolgimento dell’oggetto.

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Questi due parametri, nell’ottica dei due autori, sono determinanti nello stabilire il grado di transitività o di intransitività di un verbo. La transitività si riduce lungo un gradiente della referenzialità che va dall’affermazione alla negazione, passando per la codificazione della modalità e del futuro. I due hanno dimostrato che, nel caso della negazione e del parametro dell’irrealtà, l’azione sull’oggetto è meno diretta rispetto ai contesti affermativi e reali. Una conferma di questa ipotesi è offerta dall’inglese che nelle frasi negative con un oggetto non-referenziale utilizza any invece di some o omette l’articolo.

Allo stesso modo, ci si aspetta che forme irreali non assertive compaiano in un contesto meno transitivo rispetto alle forme reali e assertive. È questo il caso ad esempio dello spagnolo, dove una relativa con un antecedente non referenziale compare con il verbo al congiuntivo e non all’indicativo.

Partendo da questa definizione di transitività, il nostro scopo è ora quello di classificare i predicati che abbiamo sopracitato in base ai parametri individuati da Hopper e Thompson (1980), così da riuscire a delineare una categoria scalare di verbi che giustifichi la selezione del medio al posto dell’attivo nei tipi di predicato che abbiamo elencati.

Fra i predicati che presentano un futuro medium tantum, compaiono dei predicati di emozione e cognizione. Questi sono: πάσχω, γιγνώσκω, γοάω, εἴσομαι, κλαίω e τλήσομαι. Accanto a questi, ci sono i predicati di percezione ὄψομαι, usato come futuro di ὀράω, e ἀκούσομαι, futuro di ἀκούω. I futuri medi di questi predicati non assumono un valore diverso rispetto a quello che avrebbero avuto se fossero stati attivi. Queste forme medie non assumono valore oppositivo rispetto all’attivo perché questi sono predicati a bassa transitività. Ciò che causa la bassa transitività di questi predicati è il fatto che il loro oggetto non subisce un mutamento di stato e perciò esso è [-coinvolto]. Tuttavia, questo tratto non spiega in modo esaustivo la selezione della diatesi media. I predicati di questo tipo, infatti, negli altri tempi del proprio paradigma o rimangono activa tantum o possiedono un medio allomorfo dell’attivo. Deve perciò esserci qualche altro parametro, fra quelli individuati da Hopper e Thompson (1980), che determina questo tipo di selezione.

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ἐκ γὰρ τοῦ πατρὸς κακὰ πείσομαι, ἄλλα δὲ δαίμων… da suo padre avrò danno, e altri mali un dio…

In questo passo, Telemaco si rifiuta di mandare via dalla reggia di Itaca sua madre Penelope. Il giovane sa che, se lo facesse, riceverebbe dei danni sia da Icario, padre di Penelope, sia dalle Erinni che sua madre invocherebbe contro di lui. Per capire come mai in questo verso sia stato selezionato il medio, occorre analizzarlo seguendo i parametri di Hopper e Thompson (1980). Come si è già scritto sopra, l’oggetto di questo predicato è [-coinvolto] dall’azione, inoltre, non è nemmeno altamente individuato. L’oggetto di questo verbo, infatti, coincide con un’entità inanimata e astratta ed è espressa da un aggettivo usato come nome comune.

Dal punto di vista azionale, l’evento è rappresentato atelicamente senza attenzione al punto finale dell’azione. Come avevamo visto per i predicati di movimento traslazionale media tantum, questo tratto azionale non è tipico soltanto di questi predicati, ma del futuro stesso.

Dal punto di vista della volontà191, il soggetto non è tipicamente agente ma è presentato come un paziente. Telemaco infatti non può controllare l’azione che sta descrivendo, e qualora questa dovesse davvero accadere, egli si troverebbe a subirla e non a controllarla.

Infine, emerge il tratto dell’irrealtà. L’enunciato espresso da Telemaco ha natura controfattuale perché descrive un evento che ancora non si è verificato ma che ha soltanto una certa probabilità di accadere. La non fattualità dell’enunciato è sottolineata anche dal fatto che qui siamo davanti a un’ipotesi di Telemaco, che immagina cosa potrebbe accadere se desse ascolto ad Antinoo.

Le stesse caratteristiche semantiche di πείσομαι appartengono al futuro τλήσομαι, costruito sull’aoristo ἔτλην. In ε 362 leggiamo192:

…τόφρ' αὐτοῦ μενέω καὶ τλήσομαι ἄλγεα πάσχων…

…fino ad allora rimarrò qui e resisterò, pur soffrendo dolore...

191

Il termine usato per questo tratto nell’articolo è volitionality.

192

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In questo passo, Odisseo sta riflettendo su come salvarsi dalla furia di Poseidone ed evitare di morire in mare. L’unico tratto che distingue sintatticamente i due predicati è la mancanza di un complemento oggetto dopo τλήσομαι.

A Κ 88 troviamo:

…γνώσεαι Ἀτρεΐδην Ἀγαμέμνονα, τὸν περὶ πάντων…

…riconoscerai Agamennone, figlio di Atreo, che più di tutti…

Agamennone rivela la sua identità a Nestore che, come lui, vaga per l’accampamento non riuscendo a prendere sonno per paura di un’imboscata da parte degli eroi troiani. È utile paragonare questo passo con π 309-310 troviamo:

ὦ πάτερ, ἦ τοι ἐμὸν θυμὸν καὶ ἔπειτά γ', ὀΐω,

γνώσεαι…

Padre, l’animo mio anche in seguito, io credo, lo conoscerai…

Il futuro qui indica l’aspettativa di Telemaco che è convinto di poter dimostrare a suo padre il suo coraggio e la sua lealtà aiutandolo nella sua vendetta.

In entrambi gli esempi193, gli oggetti sono poco coinvolti dall’azione espressa dal predicato, tuttavia i due si distinguono sul piano dell’individuazione. Nel primo caso, siamo davanti a un oggetto animato costituito da un essere umano ed espresso da un nome proprio; nel secondo caso l’oggetto è costituito da un’entità inanimata, espressa da un pronome di terza persona. Dal punto di vista azionale, entrambe le attestazioni presentano un’azione atelica, di cui non si può vedere il punto finale. Infine, anche in questi due casi, siamo davanti a enunciati non fattuali. Gli eventi descritti sono presentati come probabili e, se il primo ha a che fare con l’aspettativa di Telemaco e con ciò che spera di dimostrare a suo padre, il secondo esempio esprime la capacità di Nestore di riconoscere Agamennone. In entrambi i casi possiamo scorgere degli usi modali del futuro.

Le stesse considerazioni possono essere fatte per εἴσομαι, futuro di οἶδα. Θ 532 a ss. εἴσομαι εἴ κέ μ' ὁ Τυδεΐδης κρατερὸς Διομήδης

193

88 πὰρ νηῶν πρὸς τεῖχος ἀπώσεται…

allora saprò se il figlio di Tideo, il forte Diomede, mi respingerà dalle navi alle mura…

Ettore incoraggia i suoi guerrieri a portare la guerra presso le navi achee. Soltanto così lui stesso potrà misurare la propria forza e vedere, se sarà in grado di uccidere Diomede, o se dovrà soccombere sotto i suoi colpi. In questo caso, manca un complemento oggetto e il verbo è completato da un’interrogativa indiretta. Lo stesso tipo di costruzione è quello che troviamo a χ 7194. In ogni caso, si può osservare anche in questo contesto la non fattualità dell’enunciato, dal momento che l’evento viene presentato come la possibilità di Ettore di mostrare la propria forza.

Due verbi che hanno la stessa semantica sono κλαίω e γοάω. Il futuro κλαύσομαι compare a Χ 86-87:

…οὔ σ' ἔτ' ἔγωγε

κλαύσομαι ἐν λεχέεσσι φίλον θάλος, ὃν τέκον αὐτή…

…io non potrei piangerti su un letto funebre, te, figlio mio che ho partorito…

Ecuba cerca di trattenere suo figlio Ettore dal duello con Achille. La regina infatti teme che suo figlio troverà la morte nell’incontro e che non potrà piangerlo195.

Γοήσεται compare invece soltanto a Φ 124=Χ 353:

…οὐδέ σε μήτηρ

ἐνθεμένη λεχέεσσι γοήσεται…

…né la madre ti metterà sopra un letto funebre e ti piangerà…

In entrambi i passi è Achille a pronunciare queste parole. In Φ 124, queste parole sono rivolte a Licaone morente, in X 353 a Ettore.

194 Per le altre attestazioni cfr. Α 548, Η 226, Θ 111, Ξ 8, Π 243, Φ 292, β 40, π 319, 246, τ 501, ω

506.

195

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Con entrambi i predicati l’oggetto, pur non essendo coinvolto dagli effetti dell’azione, è comunque altamente individuato dal momento che è espresso dal pronome di seconda persona singolare che denota un essere umano e perciò animato. Anche con questi due predicati, l’azione è presentata atelicamente senza attenzione al punto finale dell’azione.

Al contrario di πάσχω, il soggetto ha qui maggiore controllo sull’azione.

Infine, i versi che abbiamo preso in considerazione presentano un’azione che probabilmente potrà accadere, ma ancora non è accaduta, e perciò si può parlare di enunciati non fattuali.

Dopo i predicati di emozione e cognizione, sono rimasti da analizzare i predicati di percezione ὀράω e ἀκούω. Ιl futuro ὄψομαι è attestato a μ 101196:

τὸν δ' ἕτερον σκόπελον χθαμαλώτερον ὄψει, Ὀδυσσεῦ… L’altro scoglio vedrai, Ulisse, molto basso…

Circe descrive la sua rotta a Odisseo, in particolare qui gli predice l’incontro con il mostro Cariddi. In questo caso, non soltanto l’oggetto non è coinvolto dall’azione, ma si trova anche in un punto basso della scala di individuazione poiché esso è espresso da un nome comune che significa un ente inanimato.

Dal punto di vista azionale, anche qui l’evento è rappresentato in modo atelico. Infine, l’evento appare come non fattuale dal momento che deve ancora accadere e che è descritto come una previsione di Circe.

Il futuro ἀκούσομαι è attestato a Ο 96 e 199. Nel primo caso abbiamo:

…ταῦτα δὲ καὶ μετὰ πᾶσιν ἀκούσεαι ἀθανάτοισιν… …e sentirai insieme agli altri immortali i guai…

Era vuole raccontare a Temi le minacce che Zeus ha fatto agli altri dei qualora osino soccorrere gli Achei in battaglia.

196 Cfr. anche Δ 353, Ε 120, 212, Θ 471, Ι 167, 359, Ξ 145, 200, 205, 301, 304, 343, Σ 141, Ψ 620, Ω

206, 492, 601, 704, Υ 233, β 294, η 324, θ 313, ζ 126, λ 450, ν 215, 357, ο 516, π 24, ρ 7, 42, τ 36, 260, 597, ψ 83, 360, ω 511.

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Nel secondo caso invece leggiamo:

…οἵ ἑθεν ὀτρύνοντος ἀκούσονται καὶ ἀνάγκῃ. …che dovranno per forza ascoltare i suoi ordini.

Poseidone dice a Iris che non vuole assecondare il volere di Zeus e sottoporsi ai suoi ordini. Gli unici costretti a obbedire ai suoi ordini sono le dee e gli dei suoi figli. Nei due passi appena analizzati, possiamo osservare che l’oggetto di questo predicato è [-coinvolto]. Tenendo conto di ciò, non sarà un caso che l’oggetto è codificato una volta con l’accusativo e una volta con il genitivo. È stato infatti mostrato da Haspelmath (2001) che sono molte le lingue europee che codificano con il genitivo l’oggetto meno coinvolto.

Accanto ai predicati di emozione, cognizione e percezione, presentano un futuro

medium tantum i verbi βοάω, χανδάνω, τυγχάνω e κιχάνω. Questi predicati sono

verbi a transitività bassa o bassissima. Il loro soggetto riveste un ruolo tematico attivo, mentre il loro oggetto non svolge un ruolo inattivo prototipico. Questo vuol dire che non rappresenta l’argomento di un predicato di stato nella struttura logica. Perciò, questi predicati sono da interpretare come predicati di attività, proprio perché privi della nozione di stato nella loro struttura logica.

Il futuro di βοάω è attestato a α 378197:

…ἐγὼ δὲ θεοὺς ἐπιβώσομαι αἰὲν ἐόντας… …e io invocherò gli dei che vivono in eterno…

Telemaco propone ai pretendenti di recarsi il giorno dopo in assemblea per stabilire che abbandonino la sua reggia e che vadano a sperperare i propri beni e non quelli altrui. Qualora loro non acconsentissero, il ragazzo è pronto a invocare l’aiuto degli dei celesti, nella speranza che questi ultimi gli permettano di punire la loro tracotanza con la morte.

L’oggetto del predicato è [-coinvolto]: esso infatti non subisce alcun tipo di mutamento.

197

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L’azione è presentata atelicamente come un’intenzione di Telemaco. Il fatto di essere davanti all’intenzione del parlante rende l’enunciato non fattuale.

Il futuro di χανδάνω è attestato una sola volta a σ 17:

οὐδὸς δ' ἀμφοτέρους ὅδε χείσεται, οὐδέ τί σε χρὴ…

questa soglia potrà contenerci tutti e due e non hai bisogno...

Giunto alla reggia di Itaca, Odisseo, ha un alterco con il mendicante Iro che lo vorrebbe scacciare da quello che lui stesso reputa il suo territorio.

L’oggetto di questo predicato appare [-coinvolto] dall’azione perché non subisce alcun mutamento, il che sottolinea la natura atelica di questo predicato.

Il futuro qui è usato in modalità dinamica e indica la capacità della porta di contenere l’eroe e il mendico. Quest’uso, insieme al fatto che l’evento è presentato come possibile, rende questo enunciato non fattuale.

Il futuro di τυγχάνω compare a Π 609:

…ἔλπετο γὰρ τεύξεσθαι ὑπασπίδια προβιβῶντος.

…sperava di coglierlo sotto lo scudo mentre avanzava.

Enea cerca di uccidere l’eroe greco Merione per vendicare la morte di Laogono. In questo passo, il minor coinvolgimento dell’oggetto rispetto al processo espresso dal predicato è codificato morfosintatticamente dal caso genitivo usato al posto dell’accusativo198. Questo tratto è correlato a quello dell’atelicità del predicato.

Infine, l’enunciato è anche qui non fattuale perché presenta l’evento come un’aspettativa mancata di Enea. L’evento in questione, pur avendo la possibilità di accadere, non si è verificato.

L’altra attestazione del futuro di τυγχάνω è a τ 313-314:

…οὔτε σὺ πομπῆς

τεύξῃ, ἐπεὶ οὐ τοῖοι σημάντορές εἰσ' ἐνὶ οἴκῳ…

198

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…né tu otterrai una scorta: non c’è più in casa chi dia ordini…

Penelope vorrebbe con tutto il cuore credere alle parole di Odisseo-mendico sul ritorno del suo sposo, ma è convinta che esse non troveranno mai compimento e che il povero mendico non troverà nessuno disposto a dargli una scorta per tornare nella sua patria.

Anche per questo passo, valgono le considerazioni fatte per quello precedente. L’oggetto [-coinvolto] è espresso anche qui dal caso genitivo e il predicato è atelico e l’azione è presentata senza alcun riferimento al suo punto finale.

L’evento si presenta anche in questo caso come non fattuale perché esprime l’aspettativa della regina Penelope, che mette in dubbio la possibilità del suo ospite di poter tornare a casa.

Un esempio del futuro κιχήσομαι, sinonimo di τεύξομαι, è Β 258199:

εἴ κ' ἔτι σ' ἀφραίνοντα κιχήσομαι ὥς νύ περ ὧδε… se ti colgo un’altra volta, come adesso, a impazzare…

Odisseo insulta Tersite per aver osato sfidare in assemblea il volere e il parere di Agamennone.

Come nel caso di τυγχάνω, l’oggetto del predicato è [-coinvolto] perché non subisce alcun mutamento di stato. Questo tratto non è però codificato morfosintatticamente, poiché l’oggetto è canonicamente codificato con l’accusativo.

L’evento non è presentato come fattuale, ma soltanto come eventuale e possibile. Un’altra categoria di verbi che presenta un futuro medium tantum è quella dei verbi di movimento inergativi. Questo tipo di verbi è monoargomentale e manca di un oggetto e, dunque, di un argomento interno diretto. Il loro soggetto è tipicamente agentivo e semanticamente è vicino al soggetto dei predicati transitivi e non al loro oggetto. Di questa categoria fanno parte θέω, νήχω, σπεύδω, φθέω e φεύγω.

Il futuro θεύσομαι è attestato a Ψ 623200:

199 Per le altre attestazioni cfr. anche Ζ 341, Κ 126, 370, Σ 268, Φ 605, δ 546, η 53, ι 477. 200

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…θεύσεαι· ἤδη γὰρ χαλεπὸν κατὰ γῆρας ἐπείγει. …né correrai: la dura vecchiaia ti affligge.

In questo caso, Achille offre un dono a Nestore in memoria di Patroclo senza farlo gareggiare per rispetto della sua età avanzata. Qui siamo davanti a un verbo monoargomentale atelico privo di argomento interno diretto e di un oggetto. Come succede anche per gli altri predicati che abbiamo finora analizzato, l’evento è rappresentato atelicamente e dunque senza alcuna attenzione al suo punto finale. Inoltre, in questo passo, possiamo scorgere un uso deontico del futuro. Qui infatti Achille sta dando a Nestore una direttiva, esentandolo dalle gare come segno di rispetto per la sua età. Il futuro insomma qui vale come non dovrai correre201. Questo tipo di uso e, la presenza di una negazione, bastono a rendere controfattuale l’enunciato e a giustificare l’uso del medio che sottolineerebbe il contesto intransitivo della frase.

Il futuro νήξομαι compare una sola volta a ε 364202:

…νήξομ', ἐπεὶ οὐ μέν τι πάρα προνοῆσαι ἄμεινον.

…prenderò a nuotare. Non è possibile prevedere esito migliore.

Odisseo medita su come sfuggire l’ira di Poseidone. La soluzione migliore gli sembra quella di mettersi a nuotare e abbandonare la zattera che ormai è stata completamente distrutta dalla tempesta. In questo caso, il verbo è monoargomentale e dunque privo di un oggetto e l’azione è presentata come un’intenzione dell’eroe. L’evento, ancora una volta, è presentato atelicamente. Il passo è inserito in un monologo interiore tra Odisseo e il suo cuore e siamo perciò collocati davanti alle sue riflessioni. Tenendo conto di ciò, si può dire che il contesto in cui compare questo futuro non è ancora reale e fattuale.

Il futuro σπεύσομαι compare una solo volta a Ο 402: …σπεύσομαι εἰς Ἀχιλῆα, ἵν' ὀτρύνω πολεμίζειν.

…io andrò da Achille per incitarlo a combattere.

201 Cfr. sopra. 202

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In questo passo, Patroclo manifesta la sua intenzione di recarsi da Achille per convincerlo a tornare a combattere e sollevare così le sorti dell’esercito acheo. Ancora una volta, siamo davanti a un verbo monoargomentale privo di un oggetto. L’evento è rappresentato in modo atelico e, dal momento che questo verso esprime le intenzioni di Patroclo, siamo nuovamente davanti a un enunciato non fattuale.

Il futuro φθήσονται è attestato a Ψ 444:

φθήσονται τούτοισι πόδες καὶ γοῦνα καμόντα…

Prima di voi si fiaccheranno i piedi e i ginocchi di quelli…

Menelao incita i suoi cavalli a non farsi battere da quelli di Antiloco, ricordando loro di avere più forza di quelli a causa della loro stessa giovinezza.

Anche in questo caso, il predicato è monoargomentale e perciò privo di un oggetto e l’evento descritto è atelico perché privo di un punto finale.

Il futuro φεύξομαι è attestato a Β 175203:

Ἀργεῖοι φεύξονται ἐπ' εὐρέα νῶτα θαλάσσης…

Gli Argivi fuggiranno sull’ampio dorso del mare…204

Era teme che gli Achei possano abbandonare Troia ora che Achille si è ritirato dalla guerra. Chiede così ad Atena di recarsi da loro per convincerli a rimanere e a mostrare il proprio valore.

Il predicato non presenta un oggetto e, a livello azionale, è costruito in modo atelico. L’enunciato esprime l’aspettativa di Era, possiamo perciò dire che in questo caso il futuro abbia valore epistemico. Quest’uso modale del futuro ci suggerisce ancora una volta che siamo davanti a un enunciato non fattuale.

Gli esempi che abbiamo finora analizzato mostrano che ci troviamo davanti a enunciati intransitivi. Una lettura di questo tipo è resa possibile dal fatto che i

203 Le altre attestazioni sono Β 175, Ν 89, Ο 700, Σ 307, Φ 93, χ 67. 204

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predicati appena analizzati mostrano alcuni dei parametri che per Hopper e Thompson (1980) appartengono all’intransitività.

I predicati citati sono o biargomentali a bassa transitività o monoargomentali atelici. In entrambi i casi, manca un argomento interno diretto del predicato che possa subire un mutamento di stato. Al grado di coinvolgimento dell’oggetto è collegato il tratto azionale della telicità. La maggior parte di questi predicati è atelica e, nel caso di un verbo come φεύγω, che può essere codificato sia telicamente che atelicamente, il futuro seleziona la lettura atelica del verbo.

Nel nostro caso, la transitività dei passi che abbiamo analizzato è ulteriormente ridotta dal verbo al futuro, che colloca l’evento in una dimensione non fattuale,