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Il futuro sigmatico nel greco omerico: tra forma e funzione.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di

Filologia, Letteratura e Linguistica

Corso di Laurea in

Linguistica e Traduzione

TESI DI LAUREA

Il futuro sigmatico nel greco omerico: tra forma e funzione

CANDIDATO

RELATORE

Giulia Greco

Chiar.ma Prof.ssa Domenica Romagno

CONTRORELATORE

Chiar.mo Prof. Franco Fanciullo

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1

Indice.

Introduzione. ... 3

1 La natura del tempo futuro ... 3

1.1 Elementi di asimmetria tra passato e futuro ... 4

1.2 Semantica del futuro ... 6

1.3 Definizione finale di futuro ... 10

2 Il futuro sigmatico greco: approcci e metodi ... 11

Capitolo primo: origini e temi del futuro ... 13

1 Il futuro e le sue origini ... 13

1.1 Conclusioni ... 18

2 Il tema verbale del futuro ... 19

2.1 Analisi del corpus di riferimento ... 22

2.2 Conclusioni ... 34

Capitolo secondo: indagine sul rapporto tra futuro sigmatico e diatesi media. . 36

1 Il rapporto tra futuro e diatesi media nella tradizione ... 36

2 Limiti dell’approccio tradizionale ... 44

2.1 Il medio originario e il futuro sigmatico ... 51

3 Il medio oppositivo ... 61

3.1 Il medio oppositivo e il futuro: il medio anticausativo ... 67

3.2 Il medio oppositivo e il futuro: il medio riflessivo ... 73

3.3 Il medio oppositivo e il futuro: il medio passivo ... 78

3.4 Il medio oppositivo e il futuro: il medio come doppione dell’attivo ... 83

3.5 Conclusioni ... 100

Capitolo terzo: differenze funzionali tra futuro e congiuntivo ... 103

(3)

2

2 Analisi delle differenze funzionali tra futuro e congiuntivo nella tradizione

... 104

3 Introduzione del concetto di modalità ... 119

3.1 La modalità proposizionale ... 121

3.2 La modalità eventiva ... 122

3.3 Rapporto tra congiuntivo e modalità ... 123

3.4 Modalità e modi nella lingua omerica ... 126

4 Impiego del futuro nelle proposizioni principali ... 129

4.1 Impiego nel congiuntivo nelle proposizioni principali... 136

4.2 Confronto tra futuro e congiuntivo nelle principali ... 141

5 L’indicativo futuro nelle proposizioni subordinate ... 143

5.1 Funzioni del congiuntivo nelle proposizioni subordinate ... 148

6 Conclusioni ... 157

Conclusioni ... 161

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3

Introduzione.

1 La natura del tempo futuro.

In questo lavoro ci occuperemo del futuro nel greco omerico con particolare attenzione alla formazione del futuro sigmatico. Tuttavia, prima di addentrarci nell’analisi della formazione greca, è opportuno definire la natura e le caratteristiche principali del futuro. Per far ciò, partiremo dal lavoro di Ultan (1978) sul futuro. Nella parte iniziale del suo lavoro, Ultan (1978) cerca di definire quali possano essere i sistemi temporali principali nelle lingue del mondo. Parlando di tempo verbale, la prima distinzione che evidenzia è quella fra il momento di enunciazione e il tempo relativo1. Il primo indica il momento in cui un parlante produce un enunciato, il secondo indica invece un avvenimento che può essere anteriore, posteriore o contemporaneo al momento di enunciazione stesso che dunque funziona come ancoraggio temporale rispetto all’evento descritto.

I tempi verbali usati nel momento di enunciazione sono solitamente quelli primari e descrivono un evento che è relativo al parlante, all’interno di frasi semplici e indipendenti. Sono questi tempi che costituiscono per Ultan (1978) la base del sistema temporale di una lingua e, a partire da questi, si creano le opposizioni formali e semantiche tipiche del sistema in questione.

Nel tempo relativo, invece, l’evento si trova in relazione al momento di enunciazione. L’evento relativo al momento di enunciazione può essere riportato o in una proposizione subordinata o in una proposizione indipendente che si riferisce anaforicamente a una parte precedente del discorso. I tempi, in questo tipo di contesto, possono coincidere formalmente con quelli usati nelle frasi contenenti il momento di enunciazione, ma differire dal punto di vista semantico.

Nel delineare dunque il ruolo del futuro nei diversi sistemi linguistici, si farà riferimento soltanto ai sistemi temporali che comprendono i tempi usati per esprimere il momento di enunciazione.

1

Ultan definisce il momento di enunciazione come moment of speech. Nella scelta del termine in italiano abbiamo usato la terminologia coniata da Bertinetto (1986) nella sua analisi temporale.

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4

Non saranno inoltre prese in considerazione le funzioni gnomiche e storiche dei diversi tempi verbali. L’uso gnomico viene messo da parte dal momento che esso esprime una realtà generale che, di solito, neutralizza le opposizioni temporali presenti nel sistema linguistico2. Per quando riguarda invece l’uso storico dei tempi, viene osservato dall’autore che esso è un processo di attualizzazione attraverso cui si intende creare maggiore vividezza nella narrazione che si sta facendo, manipolando i veri rapporti temporali che esistono in una frase. Questo tipo di manipolazione è visibile secondo l’autore in un esempio come Napoleone arriva a Sant’Elena dove

morirà nel 1821. Questo esempio mostra che i rapporti tra i tempi non sono canonici,

anzi essi sono modificati per creare particolari effetti stilistici nella narrazione. Delineato questo quadro di riferimento, l’autore osserva che esistono due tipi di sistemi linguistici a partire dai tempi che compaiono nel momento di enunciazione. Uno è il sistema prospettico, l’altro è quello retrospettivo. Nelle lingue dotate di un sistema prospettico, il presente può essere usato anche come futuro che, in questo caso, è l’elemento non marcato del sistema linguistico. Nel mandaico classico, ad esempio, il futuro può essere espresso, non soltanto da alcune costruzioni perifrastiche, ma anche dall’imperfetto che di solito è usato anche per il presente. Anche le lingue indoeuropee rientrano in questo gruppo. Nelle lingue che hanno invece un sistema retrospettivo, il presente può estendersi anche agli usi del passato ed è quest’ultimo a essere non marcato e non il futuro. Tra i due sistemi, il più diffuso all’interno delle lingue del mondo sembra essere quello prospettico.

1.1 Elementi di asimmetria tra passato e futuro.

A partire da questi due sistemi, vengono individuate le caratteristiche principali del futuro in opposizione agli altri tempi, in particolare al passato.

A livello formale, viene osservato che il futuro è spesso asimmetrico con le forme del presente e del passato, sia nelle lingue prospettiche che in quelle retrospettive. Nel primo caso, ad esempio, si può osservare che in molte lingue il futuro è espresso attraverso una perifrasi (come avviene ad esempio in inglese), mentre il passato è

2 L’autore osserva che di solito questa funzione è assolta dal presente che, in questi casi, non si

riferisce a un evento attuale ma a un evento che può accadere in un qualsiasi momento. Tuttavia in lingue come il francese, il greco classico e l’inglese stesso anche il futuro e il passato possono essere usati con valore gnomico.

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5

ottenuto attraverso un suffisso specifico legato alla radice verbale3. Al contrario, nelle lingue con un sistema retrospettivo, si può osservare che, mentre il passato è non marcato o formato attraverso trasformazioni interne delle radici, il futuro si forma attraverso dei preverbi o dei suffissi. Questi dati conducono l’autore a formulare un primo universale sul futuro. Secondo questo universale, le marche del futuro sono meno vincolate al suo tema verbale rispetto a quelle del presente e del passato, ma non si hanno lingue in cui accada il contrario.

La stessa asimmetria che esiste tra le due forme a livello formale esiste anche a livello strutturale. Passato e futuro mostrano infatti un comportamento asimmetrico anche dal punto di vista dei livelli temporali4. Nei sistemi prospettici, passato e futuro tendono ad avere gli stessi livelli temporali; nei sistemi retrospettivi, invece, il passato tende ad avere più livelli temporali del futuro.

La maggiore ricchezza di specificazioni temporali del passato rispetto al futuro è visibile anche in una serie di neutralizzazioni. Una prima neutralizzazione è visibile nel caso del congiuntivo. Quest’ultimo di solito esprime l’incertezza, i dubbi o le aspettative del parlante. Nel congiuntivo le opposizioni temporali possono essere nulle o incomplete. Lingue come il neogreco e il giapponese non presentano per esempio nessuna differenza temporale nel congiuntivo. Nel caso del francese, del latino e del greco classico è mantenuta la differenza tra passato e presente mentre non esiste un congiuntivo futuro. La neutralizzazione tra congiuntivo e futuro è possibile dal momento che semanticamente le due forme sono molto vicine. Il futuro, così come il congiuntivo, esprime infatti la non fattualità di un enunciato, dal momento che codificano un evento che ha la possibilità di accadere. Tuttavia, sul fatto che l’evento effettivamente accada, il parlante non ha nessuna certezza. La stessa neutralizzazione è presente in italiano.

In molte lingue del mondo si ha una neutralizzazione del futuro anche negli enunciati negativi, neutralizzazione che invece non avviene con il passato. Così ad esempio nel creolo di Haiti, in una frase negativa, si trova il presente progressivo al posto del futuro. E ancora, in rarotongan, l’imperfetto sostituisce il futuro dopo la negazione.

3 Per le lingue che formano un futuro perifrastico viene inoltre sottolineato come l’ausiliare sia sempre

costituito da un presente o comunque da un tempo non marcato.

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6

Come nel caso del congiuntivo, questo processo è reso possibile dal fatto che sia la negazione che il futuro esprimono semanticamente qualcosa di incerto e indefinito5.

Un’altra categoria grammaticale in cui si ha la neutralizzazione è quella del participio. Il sistema verbale di molte lingue prospettiche prevede il participio presente e quello passato, ma non quello futuro. Non esistono tuttavia lingue in cui sia mantenuto il participio futuro e non quello passato. La stessa neutralizzazione del participio futuro si ha anche nelle lingue retrospettive.

Più complesso sembra lo status del futuro all’interno delle proposizioni subordinate. Per le proposizioni temporali, viene osservato che quelle che esprimono anteriorità rispetto alla frase principale presentano il presente o il passato nelle lingue prospettiche, mentre in quelle retrospettive presentano il tempo non marcato. Quelle che invece descrivono un evento posteriore a quelle della proposizione principale sono costruite nelle lingue prospettiche con il presente o con il presente congiuntivo; molto raramente presentano il verbo al futuro. Per quanto riguarda invece le lingue retrospettive, i dati sono troppo limitati per poter stabilire una norma precisa.

Le proposizioni condizionali sono invece costruite con il presente o il futuro nelle lingue prospettiche e con il tempo non marcato in quelle retrospettive.

Le proposizioni finali sono costruite invece con il presente, indicativo o congiuntivo, nelle lingue prospettiche. È più raro invece in questa costruzione l’uso del futuro. Le lingue retrospettive selezionano invece in questo caso il futuro.

Infine, vengono prese in considerazione le proposizioni oggettive rette da predicati di cognizione ed emozioni. In questo caso, le lingue prospettiche selezionano il presente, anche qui indicativo o congiuntivo, o il futuro; quelle retrospettive il futuro. Il quadro tracciato viene commentato dall’autore dicendo che soltanto la temporale indicante anteriorità rispetto alla sua sovraordinata non presenta il verbo al futuro. Questo accadrebbe perché questo tipo di proposizione indica un evento certo, mentre le altre indicano un evento che ha soltanto una certa probabilità di avvenire.

1.2 Semantica del futuro.

5 L’autore osserva che il legame semantico tra queste tre categorie non può essere fortuito e che

sarebbe utile estendere quest’analisi anche ad altre categorie indefinite come le interrogative e gli evidenziali.

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Individuate le differenze tra passato e futuro, vengono delineate le caratteristiche semantiche di quest’ultimo. Per delineare queste caratteristiche, vengono prese in considerazione le funzioni atemporali del futuro, le categorie collegate al futuro, le categorie atemporali che possono essere usate come futuro e l’etimologia del futuro stesso.

Per quanto riguarda le funzioni atemporali del futuro, viene sottolineato come queste siano secondarie. Tra queste viene indicato l’uso gnomico del futuro in lingue come il francese, l’inglese, il greco classico, il russo e altre. Tuttavia, l’autore ritiene che quest’uso non debba essere considerato come una caratteristica tipica del futuro, dal momento che questa funzione può essere assolta anche dal presente che compare in questo tipo di contesti anche più spesso del futuro stesso.

Secondo Ultan (1978), si può collegare a questa funzione l’espressione di un’azione abituale da parte del futuro. Nelle lingue prese in analisi dall’autore questo avviene in hausa, nel lituano, nel russo, nel rotumano e nella lingua tagalog. Viene poi evidenziato il caso di lingue come l’inglese che utilizzano una forma passata di futuro (would) per esprimere un passato abituale, come si legge nell’esempio He

would brush his teeth before breakfast. Questa funzione del futuro può essere

ricondotta al fatto che ci si aspetta che un evento abituale torni a ripetersi nel tempo. Le funzioni temporali del futuro sono analizzate da Ultan (1978) in relazione a quelle modali.

Un uso modale del futuro è quello imperativo. Questo tipo di imperativo è di solito enfatico e richiede spesso un cambio di intonazione nella frase. Esso è tipico di lingue come l’inglese, il tedesco e il giapponese classico. A volte questa costruzione può implicare i concetti di obbligo o necessità. A questa funzione viene ricondotto anche il futuro come forma di cortesia nelle domande.

Viene poi indicata la funzione esortativa del futuro che per l’autore si ritrova in latino, lituano, coreano e mandaico. Il coreano ha anche la sua funzione opposta che è quella preventiva.

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Il futuro può anche avere funzione desiderativa, come si vede in coreano, lituano e sanscrito. Nel caso di quest’ultima lingua, questo valore riguarda soprattutto il participio futuro6.

In sanscrito e giapponese il futuro può indicare la probabilità. In antico irlandese, sanscrito, lituano, russo e neogreco può esprimere possibilità.

In francese e tedesco il futuro può essere usato anche per fare delle supposizioni. Un uso simile si ha anche in italiano in frasi del tipo: quell’uomo là, sarà il dottore? Quanto detto finora, è una prova per Ultan (1978) del fatto che il futuro è maggiormente sfaccettato dal punto di vista modale che non da quello aspettuale, per cui si sono individuate soltanto due funzioni tra l’altro non esclusive del futuro. I tempi passati presentano invece una situazione del tutto speculare a quella appena tracciata. Anche in questo caso la vicinanza del futuro alla modalità deriva dalla sua semantica e anzi spesso ci si è chiesti se il futuro vada interpretato come un tempo o come un modo7.

Successivamente vengono analizzate le categorie collegate alla nozione di futuro. A livello aspettuale, il futuro sarebbe collegato alla sfera del non compiuto. A conferma di ciò, l’autore cita le lingue indoeuropee in cui il futuro ha valore non compiuto rispetto al passato. Allo stesso modo, viene notato che in lituano il presente e il futuro condividono lo stesso tema dell’imperfetto, mentre il perfetto ne ha uno differente.

Nella lingua indonesiana il prefisso del futuro e la marca del passivo si formano entrambi a partire dalla preposizione verso. Anche in georgiano le due categorie sono connesse, dal momento che il futuro usa il tema del passivo. Questo legame è possibile perché il passivo connota spesso la possibilità.

6 Parlando di desiderativi viene detto che nel greco preclassico esisteva un futuro formato dal

participio attivo e il participio ἰών che in seguito sarebbe stato rianalizzato nel suffisso desiderativo σείω.

7 Alcune lingue dimostrerebbero che il futuro è un modo e non un tempo. Questo è vero ad esempio

per l’inglese che ha delle forme perifrastiche per il futuro che funzionano similmente ai verbi modali subendo anche le stesse restrizioni. Inoltre, lo stesso futuro espresso da will è omonimo con l’uso volitivo di questo verbo.

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Infine, l’ultima categoria collegata al futuro è quella dell’indefinitezza. Nella lingua onondaga per esempio soltanto il futuro può essere indefinito e, nel caso di frasi negative, un prefisso indefinito può sostituire quello tipico del futuro.

Dopo queste categorie vengono passate in rassegna le categorie atemporali che possono essere usate come marche di futuro. Tra queste ci possono essere delle marche tipicamente aspettuali che possono essere usate anche per il futuro. Per esempio, in coreano il futuro può essere costruito con il suffisso usato solitamente per il valore incoativo. In altre lingue invece possono essere impiegate nello stesso modo le marche dell’aspetto durativo o di quello continuato. Così il neogreco usa il presente, che è tipicamente durativo, come futuro; mentre nel somalo viene usato come futuro il presente progressivo.

Accanto a queste possono essere reimpiegate come marche di futuro categorie tipicamente goal-oriented. Gli esempi in questo caso però sono meno numerosi rispetto a quelli che usano per il futuro le marche aspettuali. In quileute per esempio, se il futuro esprime un fine o una conseguenza, è costruito con l’affisso del risultativo invece che con quello temporale. In rarotongan viene usato invece la costruzione allativa in base alla relazione che esiste tra il parlante, il suo interlocutore e lo spazio.

Infine, molte categorie modali possono essere impiegate per esprimere l’idea di futuro. Tra queste sicuramente compare il congiuntivo che è usato in questa funzione in francese, tedesco (e nelle antiche lingue germaniche), vedico, latino, avestico e altre.

Delineate tutte queste categorie, l’autore si occupa infine dell’etimologia del futuro. In alcune lingue il futuro ha origine da marche aspettuali. È il caso ad esempio del gotico che forma il futuro a partire da marche incoative.

Altre invece formano il loro futuro a partire da formazioni goal-oriented. Un esempio è l’imperativo futuro del creolo di Haiti che si è formato dalla costruzione

pour+ infinito. Lo stesso infinito futuro del latino si è formato dalla perifrasi del

verbo essere con il supino. In questo gruppo può essere inserito anche il futuro con valore intenzionale costituito dal verbo base di movimento andare. Questo tipo di perifrasi è presente ad esempio in inglese, francese e spagnolo. In latino e umbro

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invece la perifrasi con il verbo di movimento e il supino ha dato origine all’infinito futuro passivo.

Anche molte categorie modali fungono da base per la formazione del futuro. Molte lingue germaniche (inglese, olandese e svedese per citare qualche esempio) hanno per il futuro costruzioni perifrastiche il cui ausiliare deriva dal protogermanico

*skal/*skulan che significa appunto dovere. Similmente in francese questo verbo può

fare riferimento a un evento futuro senza implicare la nozione di obbligo.

Anche il futuro delle lingue romanze deriva dalla perifrasi latina habēre + infinito che inizialmente esprimeva l’idea dell’obbligo.

Un’altra categoria che ha dato origine ad alcune forme di futuro è quella del desiderativo. In molte lingue del mondo infatti, l’ausiliare usato per il futuro, aveva originariamente il significato di volere. Tra queste ci sono l’inglese, il danese, il neogreco e l’arabo. In questo gruppo l’autore inserisce anche i suffissi del futuro del greco classico. A ciò aggiunge che probabilmente nelle fasi unitarie dell’Indoeuropeo esisteva il suffisso *-syo proprio del desiderativo8. Questo suffisso sarebbe stato mantenuto dal sanscrito, dall’avestico e dal lituano che lo avrebbero riutilizzato come futuro.

La categoria modale che però ha dato origine al futuro in moltissime lingue è il congiuntivo. È il caso ad esempio del futuro latino della terza e della quarta coniugazione, del futuro dell’osco-umbro, del medio irlandese, del gotico e dell’antico giavanese.

1.3 Definizione finale di futuro.

Da questo quadro Ultan (1978) arriva a due conclusioni che descrivono l’effettiva natura del futuro.

Per quanto riguarda il confronto tra il futuro e gli altri tempi, il primo è più marcato dei secondi. Questa ipotesi è avvalorata dal confronto formale che l’autore ha offerto delle diverse forme e dal tipo di neutralizzazioni a cui è soggetto il futuro rispetto agli altri tempi.

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Dal punto di vista etimologico, l’autore nota come, fra tutte le categorie che possono dare origine a una marca di futuro, quelle più frequenti sono le categorie modali. Questo tipo di origine è confermato dagli usi modali che sviluppa il futuro stesso. La vicinanza con le categorie modali che codificano la nozione di incertezza è d’altronde conforme alla natura incerta del futuro stesso.

Infine, mentre il futuro può derivare da marche spaziali, non è attestato che marche temporali si trasformino in marche spaziali.

2 Il futuro sigmatico greco: approcci e metodi.

In questo lavoro ci occuperemo del futuro sigmatico nel greco. In particolare, analizzeremo le sue attestazioni più antiche che sono quelle presenti nei due poemi omerici.

Questa forma verbale sarà analizzata in relazione alla sua semantica, mentre saranno per ora tralasciati i suoi rapporti con gli altri tempi9. Del lavoro di Ultan (1978) perciò prenderemo in analisi soprattutto la seconda parte. La peculiarità del futuro infatti sembra essere quella di poter avere valori modali oltre che temporali e non è da escludere che questi valori siano da ricondurre all’origine modale di questo tempo. Questo legame tra tempo e modalità nel futuro è stato riconosciuto anche da chi si è occupato esclusivamente di lingua greca ed è proprio in questa tradizione di studi che si vorrebbe inserire questo lavoro.

Nella prima parte di questo studio, ci occuperemo dell’origine del futuro. L’intento è quello di riuscire, per quanto i dati ce lo consentono, di comprendere se il futuro sigmatico nel greco sia da ricondurre al desiderativo o al congiuntivo aoristo che presenta la stessa marca morfologica. Per cercare di fare maggiore luce su questo problema, saranno analizzati i temi verbali su cui si forma il futuro per poter comprendere meglio a quale parte del paradigma verbale di appartenenza possa essere legata questa forma. Come si vedrà, ci sono ragioni per credere che futuro e congiuntivo sigmatico fossero in origine la stessa categoria da ricondurre forse a una classe azionale dotata di significato desiderativo.

9 Forse non sarebbe inutile analizzare il rapporto che esiste tra futuro e indicativo aoristo sigmatico,

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Nel capitolo successivo, verrà analizzato il rapporto tra il morfema –s- e la diatesi media. A lungo gli autori10 hanno considerato questa diatesi come originaria del futuro. La diatesi media infatti, interpretata come la diatesi interna al soggetto, sarebbe, per questi autori, quella più adatta a esprimere il desiderio e l’intenzione del parlante.

Tuttavia, per la definizione che abbiamo oggi di medio11, questa motivazione non ci sembra più così opportuna. Sappiamo infatti che il medio era selezionato lessicalmente da alcuni tipi di predicati e che veicolava la nozione di stato inteso sia come stato inerente che come acquisizione di un nuovo stato. La nostra analisi perciò partirà da questo quadro teorico e cercherà di capire se i predicati dotati di futuro sigmatico siano gli stessi dei media tantum originari e se veicolino la stessa funzione12. Ciò che si vorrebbe dunque verificare è se la scelta di diatesi al futuro si motivi all’interfaccia tra semantica e morfosintassi.

Infine, saranno analizzate le funzioni del futuro in contrapposizione a quelle del congiuntivo, osservando i contesti distribuzionali dell’una o dell’altra categoria con particolare attenzione ai loro contesti esclusivi.

Il quadro teorico di riferimento sarà quello delineato da Palmer in Mood and

modality. A partire dunque dai concetti di modalità epistemica, deontica e dinamica,

che verranno descritte nel dettaglio nel capitolo dedicato a questo aspetto del problema, si cercherà di capire futuro e congiuntivo come siano distribuiti. Inoltre, si prenderà in considerazione anche il più recente contributo di Willmott13 che analizza nello specifico i modi nel greco omerico integrando nella sua analisi molti studi sulla modalità14.

10 Cfr. V. Magnien (1912); P. Chantraine (1942); C. Watkins (1962); A. Pariente (1963). 11 Cfr. D. Romagno (2002) e (2005).

12 Si vedrà che per I tipi di predicati presenti al futuro è più opportuno parlare di funzioni del medio

oppositivo e non di medio originario. Anche i valori del medio oppositivo erano comunque governati dalla semantica del lessema verbale, si cfr. D. Romagno (2010).

13 J. Willmott (2009).

14 Questo lavoro non sarà ripreso soltanto concettualmente ma anche da un punto di vista strutturale.

Come Willmott infatti le diverse funzioni delle due categorie saranno studiate prima nelle principali e poi nelle proposizioni subordinate.

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Capitolo primo: origini e temi del futuro.

1 Il futuro e le sue origini.

Come abbiamo già scritto nel capitolo precedente, la nostra analisi del futuro sigmatico nel greco omerico partirà dai problemi interpretativi legati all’etimologia di questa forma.

Un’ampia tradizione di studi si è dedicata a questa tematica. Brugmann (1897-1916) ritiene che una forma di futuro esistesse già nelle prime comunità indoeuropee. Il suffisso individuato per questa categoria sarebbe -s-io- (*-əs-jo-). Quest’ultimo si sarebbe trasferito dalle classi sigmatiche del presente alle classi radicali con vocale lunga. Esso sarebbe ben visibile nel futuro del gruppo ario e in quello del gruppo balto-slavo. Più problemi creano le forme del greco come δείξω per la quale si ipotizza un’influenza da parte del congiuntivo sigmatico piuttosto che la caduta di i. Dei dubbi simili creano anche i futuri del tipo τενέω-τενῶ, i quali, vengono interpretati come dei congiuntivi aoristi alla stregua di εἰδέω-εἰδῶ. Queste forme sarebbero per l’autore una prova del fatto che in greco il suffisso -sjo- sia confluito in un’unica categoria insieme al congiuntivo sigmatico.

Allo stesso modo Wackernagel (2009) ritiene che esistesse un futuro in -sy- già in Indoeuropeo comune al greco, al gruppo indo-ario e al lituano. Accanto a questa forma, però, viene notato come il greco usi anche espressioni modali per esprimere il futuro. In questa funzione viene usato soprattutto il congiuntivo che per Wackernagel (2009) è il modo dell’aspettativa, ma talvolta si trova anche l’ottativo preceduto da ἄν. L’uso del congiuntivo come futuro è peculiare per l’autore della lingua omerica, come sottolinea la forma cristallizzata ἔδομαι che successivamente sarà incorporata nel paradigma di ἔφαγον15. Accanto ai modi usati come futuro, in Omero, troviamo anche la perifrasi di μέλλω seguito dall’infinito che di solito esprime un’intenzione o qualcosa che si sta per fare16.

Molti altri autori invece ritengono che il futuro morfologico delle lingue figlie sia un fenomeno successivo alla scissione della protolingua. All’interno di questo filone,

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Wackernagel sostiene anche che il futuro di εἰμι, ἔσται, si sia formato su un vecchio congiuntivo *εἶται che a sua volta si sarebbe originato da una forma *εσ-ε-ται dove ci sarebbe stata caduta di sigma intervocalico e poi contrazioni di vocali in iato.

16 Accanto a questa ci sarebbe anche la perifrasi con θέλω che però si incontra molto più

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possiamo individuare due scuole di pensiero principali: la prima che fa risalire l’origine del futuro a un’antica forma di desiderativo, la seconda che invece collega il futuro sigmatico al congiuntivo dello stesso tipo per la loro somiglianza formale. Uno fra i primi a proporre l’ipotesi desiderativa è Magnien (1912). L’autore individua tre tipi di desiderativo. Il primo sarebbe quello con suffisso *-se/o- privo di raddoppiamento su cui si sarebbero formati i futuri greci del tipo πεύσομαι. Secondo Magnien (1912), i caratteri primitivi di questa forma sarebbero il vocalismo e e le desinenze medie. L’autore aggiunge poi che questa forma non sarebbe più produttiva in sanscrito dove avrebbe lasciato soltanto delle tracce in alcune forme come

cróşamāna.

In greco, oltre ai futuri, su questo tipo di desiderativo si sarebbero formati presenti del tipo ἀλέξω e αὔξω. Forme simili sono conservate anche in latino in

vīsō<*weid-s-ō e in quaesō<*quais-vīsō<*weid-s-ō.

Il secondo tipo sarebbe il desiderativo a raddoppiamento che sarebbe rappresentato in greco dai cosiddetti futuri perfetti (εἰρήσεται, δεδέξομαι ecc.). Queste formazioni avrebbero però perso la loro vitalità già a partire dai testi più antichi. Al contrario, in sanscrito, questa forma si sarebbe estesa mantenendo la propria produttività all’interno delle radici in occlusiva. Il latino invece non avrebbe nessuna traccia di questa forma, mentre la presenterebbe l’antico irlandese17

che condividerebbe con il desiderativo sanscrito il grado zero e il raddoppiamento in i.

Il terzo tipo di desiderativo presenterebbe invece il suffisso *-sye/*-sī-(ĭ) da cui deriverebbe il futuro sanscrito in -syámi, -syási e -syáti. Questo suffisso sarebbe inoltre la base per il futuro lituano in -siu.

Anche Sihler (1995) accetta questa ipotesi, individuando gli stessi tipi di desiderativo. L’autore aggiunge anche che il vecchio valore del desiderativo è ben visibile soltanto in sanscrito mentre nelle altre lingue sarebbe stato sostituito da quello di futuro. Tuttavia Sihler (1995) si distacca da Magnien (1912) nell’interpretazione del futuro perfetto: egli infatti lo vede come un’innovazione del greco e non come una forma verbale ereditata dalla protolingua.

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Chantraine (1942; 1945) segue l’ipotesi desiderativa preferendola a quella che vuole il futuro nato dal congiuntivo sigmatico. L’autore nota infatti una certa somiglianza funzionale fra i due paradigmi (infatti scrive che il futuro e il congiuntivo, almeno in origine, condividono l’espressione della volontà), ma sul piano puramente formale ritiene che i due costrutti rimangano differenti. Il futuro sigmatico infatti appartiene anche a quei verbi che hanno un aoristo radicale e non uno sigmatico, come per esempio ἄξω, έλεύσομαι e πείσομαι.

A favore dell’ipotesi che vede il futuro sigmatico come prodotto del congiuntivo sigmatico troviamo Kuryłowicz (1964). Parlando dell’antico irlandese, l’autore osserva che la differenza tra congiuntivo sigmatico e futuro si creò con l’introduzione nel sistema linguistico del desiderativo a raddoppiamento. L’introduzione di quest’ultimo infatti obbligò la forma sigmatica semplice o a modificarsi nell’uso o a sparire del tutto dal paradigma. Alla luce di ciò, è quindi inutile chiedersi se una forma come λύσω sia da collegare o meno al congiuntivo aoristo. Quest’ultimo, infatti, non sarebbe altro che un vecchio ingiuntivo dell’aoristo sigmatico. Questo sarebbe dimostrato anche dal cosiddetto futuro II del greco che si sarebbe costituito aggiungendo una vocale tematica a un antico aoristo.

Pariente (1963) osserva che una certa confusione tra congiuntivo e futuro esisteva già in una fase antica dell’indoeuropeo, quando ancora il congiuntivo non si era formato pienamente come categoria grammaticale. Consapevole delle obiezioni a questa ipotesi, l’autore le analizza una per una soffermandosi soprattutto sul problema della diatesi media dei futuri rispetto a quella attiva dei congiuntivi e sulla differenza tematica che hanno il congiuntivo e futuro sigmatico con l’indicativo aoristo sigmatico. Per prima cosa, viene osservato che il congiuntivo sigmatico e il futuro dello stesso tipo condividono lo stesso tema per i valori semantici affini che possono assumere le due forme. Per quanto riguarda invece la differenza del loro tema con quello dell’indicativo sigmatico, viene detto che, se è vero che esistono coppie del tipo ἔλυσα-λύσω, ἔδειξα-δείξω, non sempre tuttavia congiuntivo e indicativo sono formati sullo stesso tema.

In epoca antica infatti sembrerebbe che l’indicativo si costituisse su un tema lungo, come nel caso del latino fēci, rēxi, vēxi ecc. o in quello del sanscrito

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una forma fēci corrisponderà un congiuntivo faxo, mentre per il vedico si possono citare forme come néṣati, mámṣate e vakṣati18.

In antico indiano, solitamente, una parola che si costruisce su un tema già esistente ma che assume funzione diversa, seleziona generalmente un tema apofonico differente19. Il fatto che questo meccanismo sia lo stesso presente negli esempi sopracitati, i quali appartengono a lingue molto diverse e distanti tra loro, sembra una conferma molto forte per l’autore del fatto che indicativo e congiuntivo non necessariamente debbano avere la stessa forma.

Questo tipo di differenziazione tra indicativo e congiuntivo dovette crearsi con la grammaticalizzazione del tempo e con l’affermarsi dei modi come categorie grammaticali. Questo processo avvenne con la disgregazione del cosiddetto ingiuntivo che prima esprimeva indistintamente il modo e il tempo; proprio la disgregazione di questa originaria unità richiese nuovi mezzi linguistici che differenziassero le due nuove categorie. Successivamente, nel caso del greco ionico e attico, l’uso di differenti gradi apofonici per l’indicativo e il congiuntivo fu sostituito dall’estendersi della vocale tematica lunga η/ω, ormai marca del congiuntivo, dal sistema del presente a quello dell’aoristo.

Per quanto riguarda invece le desinenze medie del futuro, assenti nel congiuntivo, Pariente (1963) afferma che esse sono giustificate dal fatto che il futuro esprime il desiderio e dunque la sfera di ciò che interessa il soggetto20. Il congiuntivo invece, entrando a far parte del paradigma dell’indicativo aoristo sigmatico, avrebbe mantenuto le desinenze attive per analogia.

Accanto all’uso delle desinenze medie, il futuro si sarebbe staccato dal paradigma dell’aoristo sigmatico utilizzando in alcuni casi temi diversi dal resto del paradigma. Più articolata è invece la posizione di Adrados (1963). Per lui il futuro sigmatico è una grammaticalizzazione di temi sigmatici con desinenze primarie. Secondo lui, inoltre, la creazione del futuro sarebbe cominciata già nella lingua madre, quando le

18 Gli esempi sono quelli citati da Pariente (1963) nel suo articolo. Le forme sanscrite e vediche sono

citate con gli stessi criteri scelti dall’autore.

19 Un esempio è l’aggettivo costruito sul sostantivo deva- che assume la forma daiva-.

20 Questa affermazione oggi ci appare inaccettabile dal momento che sappiamo che il medio non

esprime la diatesi interna al soggetto ma codifica l’inaccusatività, ed è selezionato su base lessicale. In ogni caso ci soffermeremo meglio su questo problema nel capitolo successivo.

(18)

17

forme con suffisso *-se/o seguito da desinenze primarie cominciarono a opporsi a presenti con desinenze secondarie. Questo presente sigmatico aveva valore desiderativo, valore che in molti casi può riscontrarsi anche nell’uso del futuro come espressione della volontà. Accanto a ciò, Adrados (1963) osserva che il futuro sigmatico può talvolta confondersi con il congiuntivo sigmatico. Tuttavia, per l’autore appare poco utile chiedersi se il futuro derivi dal desiderativo o dal congiuntivo dal momento che l’opposizione indicativo-congiuntivo è un’opposizione secondaria.

Tale quadro è confermato dall’autore in un suo lavoro del ‘71. Adrados spiega le differenziazioni nell’impiego del suffisso -s parlando di grammaticalizzazione. In quest’ottica, questa marca sarebbe diventata desiderativa nel momento in cui si è legata a radici che esprimono desiderio e aoristica nel momento in cui si è aggiunta a radici con desinenze secondarie opposte a presenti non sigmatici. Con riferimento al fenomeno della grammaticalizzazione, le forme sigmatiche presenti in un sistema linguistico devono essere analizzate e spiegate adottando un approccio strutturalista e non atomistico della lingua stessa. Alla luce di ciò, definire il futuro come una vecchia forma di desiderativo o di congiuntivo ha senso soltanto in rapporto al sistema in cui la forma si integra21.

Infine, Willi (2018) scrive che il futuro sigmatico del greco continua il congiuntivo aoristo sigmatico che per lui non è secondario come accadeva in Adrados (1971) ma ereditato dalla protolingua. Per l’autore questa ipotesi è avvalorata dal fatto che anche in latino il futuro si sarebbe formato su vecchi congiuntivi22. Tutti questi elementi, in aggiunta anche ai congiuntivi diventati veri e propri futuri citati nelle pagine precedenti, fanno ipotizzare all’autore che una delle funzioni del congiuntivo indoeuropeo fosse quella di esprimere il futuro.

Questa ipotesi tuttavia, come già visto sopra, presenta il problema che il grado apofonico del futuro non sempre corrisponde a quello dell’aoristo. Willi (2018) però risolve questa controversia scrivendo che il morfema *-se/so può essersi esteso al di là dei suoi contesti originari e che quei futuri con tema vocalico e isolato possono

21 Queste stesse posizioni sono riprese in F.R. Adrados (1982). In questo articolo si dice che il futuro

nasce nel momento in cui il congiuntivo sigmatico si subordina a quello che era diventato l’indicativo aoristo sigmatico.

22

(19)

18

essersi costituiti dall’analogia con radici lessicali simili che presentavano questo grado apofonico.

Per l’autore inoltre non ha senso postulare una categoria come il desiderativo che dovrebbe avere le stesse funzioni del congiuntivo aoristo sigmatico, categoria già ben formata. In più, se il futuro fosse stato davvero un antico desiderativo, non avrebbe acquisito i modi in un secondo momento23. Infine, crea dei dubbi il fatto che la sfumatura del desiderio è tangibile soltanto alle prime persone ma non anche alle altre persone del paradigma.

1.1 Conclusioni.

Come si è potuto constatare, comprendere in che modo il futuro si sia originato non è affatto semplice e le teorie che qui sono state presentate mostrano entrambe delle difficoltà.

Un elemento che si nota fin da ora, e che si avrà modo di approfondire in seguito, parlando delle funzioni del futuro sigmatico in Omero, è che non esiste nei poemi omerici un’unica forma morfologica del futuro. Esso infatti si trova a essere espresso da più mezzi che vanno dall’indicativo presente al congiuntivo sigmatico e non. Inoltre, il futuro sigmatico in Omero presenta le forme nominali del verbo, ovvero l’infinito e il participio, ma non compare mai coniugato all’ottativo. Questo dato ci suggerisce che il futuro in Omero ancora non sia del tutto un tempo ma che abbia ancora natura modale. Questo ci porta a riflettere sui quei congiuntivi aoristi sigmatici a vocale breve di cui non sempre è possibile stabilire se siano effettivamente dei congiuntivi o dei futuri24. Questa somiglianza formale è molto probabilmente dovuta al fatto che futuro e congiuntivo sigmatico sono ancora la stessa cosa e che soltanto in alcuni casi si vede già il differenziarsi25 delle due categorie attraverso l’introduzione della vocale tematica lunga all’interno del paradigma del congiuntivo sigmatico.

23 Il desiderativo vedico infatti è compatibile con tutte le diatesi, i modi, con i participi e con

l’imperfetto.

24

Esempi di questo tipo sono αἰδέσεται (I 508), ἀγείρομεν (A 142, π 349), βήσομεν (A 144) ecc. In ogni caso, nei capitoli successivi si analizzeranno i passi in cui compaiono forme di questo genere con lo scopo di individuarne l’effettiva funzione.

25 Questa differenziazione delle due forme sarà dovuta a differenze funzionali o almeno distribuzionali

(20)

19

Il fatto che futuro e congiuntivo sigmatico condividano la stessa forma non implica necessariamente che l’uno si sia sviluppato dall’altro. Più probabilmente doveva esistere nella protolingua un morfema *-s comune da cui si sono originate le due forme. Tuttavia, è difficile stabilire con certezza se questo morfema avesse effettivamente valore desiderativo o aoristico.

In ogni caso, l’incertezza su quale sia l’effettiva origine del futuro sigmatico non è di impedimento alla ricerca della sua funzione originaria in Omero e all’indagine sulla selezione della diatesi in questo tipo di formazione.

2 Il tema verbale del futuro.

Come si è visto riportando le diverse ipotesi sull’origine del futuro, un problema è dato dal tema verbale del futuro stesso. Per meglio comprendere il suo rapporto con l’aoristo, occorre dunque cercare di delineare un quadro più preciso e completo di quelli che sono i temi che compaiono al futuro.

Brugmann (1897-1916), come già visto, ricostruisce per il futuro un suffisso *-sjo già presente nella protolingua. Quest’ultimo si legava a radici con tema apofonico lungo (-ā, -ō, -ē: δράσομαι, μνάσω/μνήσω ecc.), a radici sigmatiche (ad esempio il futuro τρέσ(σ)ω di τρέω<*tres-)26 e a radici terminanti in d o dh (cfr. ἐλευσόμαι per cui si ricostruisce la radice *h1léṷdh/h1ludh-s-27 oppure πλήσω da *πληθ-σω28).

Tuttavia, si osserva che in greco la tendenza sarà quella di allineare il tema del futuro a quello dell’aoristo che a sua volta si era allineato su quello del presente29

.

Magnien (1912) osserva invece che il futuro ha un tema indipendente dagli altri tempi. Il grado apofonico e è individuato come il tema tipico di questo tempo30. Alcune radici però avrebbero creato un sistema in cui vocalismo del presente, dell’aoristo e del futuro coincidono. È il caso di verbi come δύω, φύω, φθίνω ecc31

.

26 Cfr. H. Rix (1998). 27

Il LIV osserva che la forma ἐλευσόμαι del greco è isolata rispetto a ciò che si trova nelle altre lingue; inoltre è classificata come un probabile desiderativo. Dei temi suppletivi si parlerà più avanti.

28 Per questo verbo è ricostruita come tema del presente la radice *pléh

1-dhe-.

29 A tal proposito sono citati i seguenti esempi: τέρψω-ἔτερψα-τέρπω e γράψω-ἔγραψα-γράφω).

Tuttavia, si nota che futuri come τείσω e μείξω sfuggono a questa norma dal momento che hanno rispettivamente come presente τίνω e μίγνυμι.

30 Accanto al vocalismo e, l’autore segnala come tipiche del futuro anche le desinenze medie.

31 In questi casi la diatesi del futuro e quella degli altri tempi coincide, motivo che insieme al grado

apofonico spinge Magnien (1912) a parlare di sistema regolare rispetto a quello illustrato precedentemente che egli ritiene più antico.

(21)

20

Chantraine (1942) si pone sulla stessa linea interpretativa di Magnien (1912) scrivendo che i futuri più antichi avevano grado apofonico e che a volte poteva non coincidere con il grado apofonico del presente. In questo gruppo l’autore colloca: πείσομαι, χείσεται, τεύξομαι e ἐλεύσομαι32

. Altre volte invece si può notare che il grado e del futuro coincide con quello del presente o dell’aoristo. Così ad esempio il futuro φεύξομαι ha lo stesso tema del presente, mentre il tema di τέξεσθαι coincide con quello del suo aoristo ἔτεκον33. Anche il perfectum tantum οἶδα presenta un futuro costruito sul grado e (εἴσομαι) condiviso con l’indicativo aoristo εἶδον34. Sull’aoristo lo ionico forma anche il futuro εἰδήσεις già attestato in Omero.

Accanto a questi temi, si trovano anche temi in vocale lunga come βήσομαι, νήξομαι, τλήσομαι, φθήσονται ecc.

Per verbi come ὄψομαι, ἀκούσομαι, γνώσομαι e κλαύσομαι, Chantraine (1942) parla genericamente di altri vocalismi.

Anche Pariente (1963) ritiene che il grado e sia quello tipico del congiuntivo sigmatico-futuro. Come si è visto più diffusamente nel paragrafo 1.1, l’autore ritiene che non abbia importanza se questo grado apofonico non compaia anche nell’indicativo aoristo. Quest’ultimo infatti, almeno inizialmente, distingueva i suoi modi attraverso diversi gradi apofonici che soltanto in seguito si uniformarono dopo che congiuntivo sigmatico e indicativo aoristo sigmatico costituirono un unico paradigma.

Infine, studi più recenti come quelli di Sihler (1995) e Willi (2018), osservano che il futuro è caratterizzato dal grado e.

Osservando le desinenze primarie del futuro, Adrados (1963), individua nel futuro una vecchia classe di presente. Perciò il tema del futuro può essere completamente o in parte indipendente dal resto del paradigma. Talvolta, il tema di questa vecchia classe di presente sigmatico, poteva opporsi a quello che poi è stato effettivamente classificato come presente. Altre volte invece i due temi potevano coincidere. In altri

32 Come si è già osservato nella nota 28, ἐλεύσομαι non è una forma molto indicativa dal momento

che è un tema suppletivo che, sebbene ricondotto al paradigma di ἔρχομαι, non compare in altri tempi.

33

Secondo Chantraine (1942), seguendo la lezione di Aristarco, è possibile che nell’elenco delle donne illustri presente nell’undicesimo libro dell’Odissea a partire dall’aoristo sia stata interpolata la forma τέξεις.

34 Nel LIV è segnalato che su questo stesso tema si è formato un aoristo sigmatico del tipo εἴσατο

(22)

21

casi ancora invece il tema del futuro poteva coincidere con quello dell’aoristo (radicale o sigmatico) e con quello del perfetto. Infine, esistono casi in cui si ha un tema generalizzato per presente, aoristo e futuro. Questa coincidenza può essere frutto di una successiva evoluzione fonetica o di un processo di analogia secondario. Tuttavia, anche questo autore propende per il vocalismo e come grado apofonico delle forme di futuro più antiche.

Alcuni verbi, infine, utilizzano dei temi suppletivi per esprimere il futuro con lo scopo di differenziare quest’ultimo dal congiuntivo spesso usato nella stessa funzione. Ruijgh (1992) segnala come temi suppletivi utilizzati per il futuro ἔδομαι, πίομαι e χεύω. Questo processo sarebbe ben visibile nel paradigma di ὀράω. Quest’ultimo infatti usa come futuro ἴδῃ dal momento che la forma εἴσομαι, costruita sul tema dell’aoristo, era entrata a far parte del paradigma di οἶδα.

Kuryłowicz (1956) indica il grado normale come quello tipico del congiuntivo e del futuro. L’autore inoltre ritiene che in origine le due forme fossero un’entità unica. Vengono individuati due tipi di presenti Γ1 e Β135. Β1 a un certo punto tenderebbe a

coprire le funzioni di Γ1 creando così una certa fusione semantica. A questo punto Γ1,

non completamente soppresso da B1, assumerebbe valori modali. Casi di questo

genere si troverebbero in persiano, dove il presente derivato mīkunam ha sostituito il presente originario kunam declassato al rango di forma modale; e in slavo dove lo stesso fenomeno ha colpito il presente iterativo pripěkajǫ e il presente pripekǫ. Lo stesso potrebbe essere accaduto con un antico presente atematico in -s- che, soppiantato da altre forme, sopravvisse esclusivamente come forma di congiuntivo. Dal momento che il congiuntivo era un eventuale36, esso poteva essere usato come espressione di posteriorità fino al punto di diventare un futuro vero e proprio. Questo sarebbe ciò che sarebbe accaduto per l’autore in greco e con il futuro -sya- del lituano37.

35

Questi due tipi di presenti si distinguerebbero per l’aspetto. Γ1 corrisponderebbe al presente del tipo

I write, Β1 al tipo I am writing. Le sigle sono tratte dallo schema pensato da Kuryłowicz (cfr. pag. 26).

Per l’autore infatti si ha opposizione non soltanto tra presente e passato ma anche tra presente puntuale e progressivo e passato puntuale e progressivo. L’inglese è scelto come esempio perché secondo Kuryłowicz (1956) ha un sistema linguistico che bene esemplifica questo tipo di opposizioni. In questo quadro il futuro si opporrebbe a presente e passato sul piano della realtà, dal momento che il futuro fa parte del piano modale e non di quello aspettuale.

36Traduzione di éventuel usato da Kuryłowicz.

37 Anche l’indicativo dell’aoristo sigmatico viene fatto risalire a una formazione del presente con

(23)

22

2.1 Analisi del corpus di riferimento.

Sembrerebbe dunque che il futuro sia caratterizzato dal grado apofonico e che però non sempre coincide con il tema del presente. Accanto a ciò, si può notare anche che il futuro può formarsi su più temi che possono variare da quello del presente a quello del perfetto. Occorre dunque, tenendo conto dei lavori degli studiosi citati precedentemente, osservare più da vicino i dati presenti nei due poemi omerici. Il corpus di riferimento, qui e altrove in questo lavoro, saranno i futuri sigmatici riportati da Chantraine nella sua Grammaire homerique (1942).

Come già osservato nel paragrafo precedente, Chantraine (1942) segnala come nucleo di futuro più antico le seguenti forme: πείσομαι, χείσεται, τεύξομαι e ἐλεύσομαι38

. Tutte queste radici presentano un grado apofonico pieno ma questi temi non coincidono con quelli del loro presente.

La forma πείσομαι viene interpretata da Rix (1998) come l’esito di un antico desiderativo. Il tema ricostruito è *ku̯énd/kuṇdh-s-, che è lo stesso tema ricostruito per

l’aoristo ἔπαθον. Nel desiderativo, però, troviamo un ampliamento sigmatico che manca nell’aoristo. Rix (1998) qui rigetta l’ipotesi che πείσομαι possa essere un’antica forma di congiuntivo aoristo sigmatico dal momento che questa base lessicale non presenta un aoristo sigmatico né nella protolingua né in alcuna delle lingue figlie39.

Per quanto riguarda χείσεται, Chantraine(1968) ipotizza una derivazione da

*χενδ-σο-. Questo verbo alternerebbe le forme *χενδ-/χονδ-/χᾰδ-40

. Tra queste alternanze il grado generalizzato sembrerebbe essere quello e. Rix (1998) classifica χείσεται come un desiderativo ricostruendo un tema del tipo *ghéd-/ghed-s- su cui però presenta

invece il greco avrebbe perso per la caduta del sigma intervocalico che sarebbe stato reinserito a partire dai temi in consonante che avrebbero allo stesso tempo livellato il grado apofonico dell’indicativo e del congiuntivo. Secondo Schwyzer invece (cfr. Griechische Grammatik: auf der

Grundlage von Karl Brugmanns griechischer Grammatik), sarebbe stato il grado stesso del

congiuntivo a influenzare e modificare quello dell’indicativo.

38 L’autore non motiva la scelta di queste forme come nucleo più antico di futuro. Dalle

argomentazioni successive nel capitolo dedicato al futuro sembrerebbe che questa scelta dipenda dal grado apofonico di questi temi e dalla diatesi media. Il fatto che i presenti di queste forme siano derivati, e dunque secondari, ci suscita delle riserve nell’accettare che queste forme costituiscano il nucleo originario del futuro sigmatico.

39 La stessa ipotesi è formulata da Chantraine (1945). 40

(24)

23

delle incertezze. Come già era accaduto per πείσομαι, lo stesso tema si ritrova privo dell’ampliamento sigmatico nel sistema dell’aoristo41

.

La distribuzione di questi temi nei testi omerici è la seguente. Per formare il presente πάσχω utilizza il tema al grado zero *kuṇdh

a cui aggiunge il suffisso secondario – σκω. Lo stesso tema è usato per la formazione dell’aoristo radicale. Il tema con grado apofonico e compare invece soltanto nel paradigma del futuro sigmatico42.

Χανδάνω forma il presente sul tema *ghṇd- con aggiunta secondaria di un infisso

nasale. Per Rix (1998) è probabile che su questo stesso tema si sia formato anche l’aoristo radicale. Il grado e anche in questo caso compare dunque soltanto al futuro. In Omero questo verbo ha una sola attestazione al futuro in σ 17: οὐδὸς δ' ἀμφοτέρους ὅδε χείσεται, οὐδέ τί σε χρὴ.

In questi due casi, dunque, sembrerebbe che il tema usato dal futuro sia isolato dal resto del paradigma.

Più complessa è lo status ricoperto dal futuro τεύξομαι. Questa forma infatti codifica sia il futuro di τυγχάνω sia quello di τεύχω. Chantraine (1968) riconosce un’origine etimologica comune per questi due presenti. Il significato di ottenere, incontrare si sarebbe originato dall’infisso nasale che secondo l’autore codificherebbe un processo di cui si può vedere il termine43. Il presente τυγχάνω44 si è formato sulla radice

*dhugh con aggiunta di infisso nasale, mentre τεύχω si è formato sulla radice *dhé u̯gh. Quest’ultima è anche la radice su cui si è formato il futuro45

.

Nel caso di τυγχάνω, il futuro è attestato soltanto due volte a τ 314 e Π 609. In entrambe le attestazioni, il futuro è medio e il suo valore è identico a quello che il verbo avrebbe avuto se fosse stato all’attivo. Nel caso di τεύχω, invece, il futuro è

41 Di questo verbo non sono attestate altre forme modali oltre al futuro che comunque compare una

sola volta in σ 17.

42 Cfr. A. Gehring (1970). 43

Per questa funzione cfr. anche il primo volume della Grammaire homerique.

44 In Omero questa forma di presente non è ancora attestata, tuttavia si ha una forma di imperfetto a ξ

231.

45 Il LIV riporta come formazioni secondarie sia l’aoristo radicale tematico ἔτυχον che quello

(25)

24

attestato sia all’attivo che al medio. In questo caso, attivo e medio non hanno la stessa funzione dal momento che il medio assume valore passivo46. Per esempio:

τεύξει τοι κυκεῶ, βαλέει δ' ἐν φάρμακα σίτῳ… (κ 290)

una mistura ti preparerà, e metterà veleni nel cibo…47

In questo passo Ermes mette in guardia Odisseo dai tranelli di Circe, svelandogli l’inganno della maga.

Mentre nel caso del medio abbiamo:

τεύξεσθαι μέγα δόρπον, ἐπὴν τεισαίμεθα λώβην. (T 208)

…che sarà preparata48

una grande cena non appena avremo vendicato l’oltraggio.

Achille vorrebbe rimandare il banchetto riconciliatore tra lui e Agamennone al momento in cui avrà definitivamente vendicato la morte dell’amico Patroclo.

A prescindere dalla diatesi, rimane il fatto che, al contrario di πάσχω e χανδάνω, il futuro τεύξομαι è costruito su un tema condiviso anche dal presente sebbene sia quello meno recente.

Infine, di questo primo nucleo, rimane da analizzare ἐλεύσομαι. Il tema ricostruito in questo caso è *h1léu̯dh su cui però il LIV (Rix, 1998) non è certo. Inoltre,

sembrerebbe essere una formazione nuova isolata dal resto del paradigma e perciò poco indicativa del rapporto con le altre forme del paradigma di ἔρχομαι.

Allo stesso modo, è una forma isolata quella di οἴσω che si trova usato come futuro del presente φέρω. Da oἴσω si sono formate alcune forme di imperativo aoristo già presenti in Omero come οἶσε, οἴσετε, οἰσέτω e l’infinito aoristo οἰσέμεναι. Sebbene φέρω sia un presente che si ritrova in numerose lingue indoeuropee, la forma οἴσω

46 Sembrerebbe dunque che nel futuro il medio abbia già raggiunto i suoi valori oppositivi, tuttavia

rimane incerto come mai un activum tantum come τυγχάνω selezioni il medio invece dell’attivo. Ha selezionato il medio perché un verbo a bassa transitività (nei passi τ 314 e Π 609 dove compare il futuro, il verbo è costruito sempre intransitivamente) oppure in questo caso il medio, in quanto marca di inaccusatività, codifica un evento irreale? Di questo problema di diatesi si parlerà successivamente in modo più approfondito.

47 La traduzione è di Vincenzo Di Benedetto.

48 In questo caso la traduzione è mia per evidenziare il valore passivo della forma media. L’altro passo

(26)

25

sembra essere un unicum del greco, come dimostra anche il fatto che non si è riusciti a ricostruire la sua etimologia49. Infine, notiamo che accanto al futuro attivo esiste quello medio οἴσομαι che però sembra essere un doppione dell’attivo50.

Subito dopo questo nucleo, Chantraine (1942) colloca i futuri che presentano un grado e condiviso con altre forme presenti nel paradigma di appartenenza.

Il primo tra questi a essere citato è ὑποείξομαι (Ψ 602)51. La forma ricostruita nel LIV (Rix, 1998) è *u̯ éi̯g-e-: essa sarebbe usata sia per il presente εἴκω che per il futuro e il sistema dell’aoristo52

. Lo stesso accade nel caso di σπεύσομαι futuro di σπεύδω (<*spéu̯d-).

Φεύξομαι è etichettato dal LIV (Rix, 1998) come desiderativo la cui radice sarebbe

*bhéu̯g-. Su questa base si forma anche il presente indicativo, mentre l’aoristo

presenta la vocale al grado zero.

In χ 352 troviamo l’unica attestazione del futuro di ἀείδω, ἀεισόμενος. In questo caso, il tema del futuro coincide sia con quello del presente, che con quello dell’aoristo.

Il futuro δείσεται53 è invece costruito sull’originario perfectum tantum δείδια54.

La base *dhéu̯-, da cui deriva il presente θέω, è la stessa impiegata per il futuro θεύσομαι. Lo stesso vale per il futuro πλεύσομαι55

. In questo stesso gruppo possiamo annoverare il futuro κλαύσομαι costruito sulla radice *kleh2u̯- usata anche per

l’indicativo aoristo56

.

Infine, il futuro τέξομαι, condivide con l’aoristo radicale il tema *ték-57.

49 Cfr. Chantraine DELG e H. Frisk (1973-1979). Inoltre, il LIV e J. Pokorny (1959) non

ricostruiscono alcuna radice nella protolingua per questa forma.

50

Cfr. H 82 e Ψ 441.

51 In A 294 e μ 117 si trova ὑπείξομαι. La presenza di un preverbo ci suggerisce che queste forme di

futuro potrebbero essere recenti dal momento che l’univerbazione tra base verbale e preverbo è avvenuta in un secondo momento.

52 Rix (1998) tuttavia pone il punto di domanda su questa ricostruzione. Inoltre, segnala l’indicativo

aoristo come una formazione nuova influenzata dal presente.

53 Cfr. Υ 130 e Ο 299.

54 Cfr. Chantarine DELG. In Omero tuttavia sono già attestate oltre che al futuro delle forme

all’indicativo presente e dell’aoristo sigmatico.

55 Come per θέω la radice comune a πλέω e πλεύσομαι è *pléu̯ -.

56 Come radice si ritrova soltanto in greco e albanese. Rix (1998) scrive che si potrebbe anche

ricostruire la forma *klau̯ - senza laringale.

57

(27)

26

Successivamente, troviamo citata la forma εἴσομαι58, che è il futuro attribuito a οἷδα. Se il secondo presenta un’alternanza tra il grado zero e quello forte *u̯id-/ u̯ói̯d-, il primo presenta la stessa alternanza tra il grado zero e quello medio della radice ovvero *u̯ id-/u̯eid-. Quest’ultima è la stessa alternanza che troviamo nel paradigma dell’aoristo εἴδον.

Per quanto riguarda il paradigma di ὀράω, esiste anche il futuro ὄψομαι. Questa forma può essere ricondotta al perfetto ὄπωπα59.

Così come ὄψομαι, anche εἰλύσω (Φ 319) condivide lo stesso tema del perfetto εἴλυμαι.

Accanto a questi, esistono anche dei futuri con tema in vocale lunga. Tra questi troviamo il futuro βήσομαι. Quest’ultimo presenta lo stesso tema dell’aoristo ἔβην per cui viene ricostruita una radice *gu̯ém-60. Probabilmente, in Omero, la forma βα- fu presto sostituita da quella βη-. Il presente invece avrebbe come radice *gu̯ṃ. Allo stesso modo, i futuri φθέσονται e στήσομαι condividono lo stesso tema dei loro aoristi, rispettivamente ἔφθης e ἔστην61.

In questo gruppo rientra anche νήξομαι<*(s)neh2. Il tema con vocale lunga compare

in questo caso anche al presente.

Il futuro τλήσομαι a sua volta si forma sulla radice *tḷh2- che condivide con l’aoristo

ἔτλην. In Omero questo verbo manca del sistema del presente.

Il futuro κιχήσομαι è riconducibile invece all’aoristo a raddoppiamento κιχήτην. Secondo il LIV (Rix, 1998), la radice *ghi-ghéh/ghh1- sarebbe diventata soltanto

secondariamente un aoristo. Dopo questo passaggio, si sarebbero formati l’aoristo tematico ἔκιχον e il futuro κιχήσομαι e altre nuove formazioni come il presente κιχάνω.

58 Oltre a questa forma troviamo attestato il futuro ionico εἰδήσω (cfr. Α 546, ζ 257, η 327). 59 Cfr. anche H. Frisk (1973-1979).

60 Βαίνω ha anche un aoristo sigmatico che secondo il DELG sarebbe una formazione secondaria. Su

questo nuovo paradigma si sarebbe formato anche il futuro attivo.

61 Come già βαίνω anche ἵστημι presenta, accanto al futuro medio, anche un futuro alla diatesi attiva.

Chantraine (1942) scrive che la forma attiva è più recente e che si sarebbe formata per influenza dell’indicativo sigmatico. Le due forme fra l’altro sembrano avere valore diverso: l’attivo infatti esprime un valore causativo (si cfr. ad esempio δ 612) assente nel medio (cfr. Σ 308).

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27

L’ultimo predicato citato in questo gruppo è χρησόμνεος. Questo verbo non ha un presente ed è utilizzato soprattutto nell’epica. Le forme attestate sono quelle del participio presente attivo χρείων (cfr. θ 79) e di quello medio χρεώμενος (cfr. Ψ 834) e del participio perfetto κεχρημένος (cfr. Τ 262, α 13, ξ 124 ecc.). All’indicativo si hanno soltanto attestazioni della terza persona singolare del piuccheperfetto in γ 266, ξ 421 e π 398. Secondo Chantraine (1968), il participio presente sarebbe un denominativo formatosi sul sostantivo χρειώ; la forma originaria sarebbe stata quella del medio con il significato di ‘avoir à sa disposition pour s’en servir’. Il significato attivo di ‘rendant un oracle’ presupporrebbe infatti per l’autore il significato di ‘recourir à l’oracle’, significato, che da una certa epoca in poi è attestato per la forma media. Dunque, in questo caso, se si esclude il perfetto, il tema del futuro sembra essere un tema isolato rispetto al resto del paradigma come già era successo per i futuri di πάσχω, χανδάνω e ἔρχομαι.

Nel gruppo dei futuri con tema in vocale lunga, possiamo collocare anche il futuro γνώσομαι. Quest’ultimo si formerebbe sulla radice *ǵnéh3, la stessa che si ritrova

nell’aoristo ἔγνων. Secondo Chantraine (1968), proprio l’aoristo radicale sarebbe la base da cui si sarebbe formato l’intero sistema del paradigma di γιγνώσκω. Il presente si sarebbe costituito con l’aggiunta del suffisso -σκω e con il successivo inserimento del raddoppiamento62. Il vocalismo lungo sembrerebbe dunque generalizzato per tutto il paradigma. Inoltre, questo stesso vocalismo si trova anche in presenti di altre lingue che però non hanno un raddoppiamento (cfr. latino nōscō); ἔγνων si ritrova anche nella forma sanscrita jñeyáḥ. Seguendo l’ipotesi del DELG (Chantraine, 1968), possiamo concludere che il futuro si sia formato sull’aoristo radicale che sarebbe stata anche la base per la formazione del presente.

Nel caso di ἀκούσομαι si ha invece un tema generalizzato per il presente, l’aoristo e il futuro. Il LIV (Rix, 1998) ricostruisce per questa forma di futuro la radice

*ḱléu̯ /ḱlu-s-, etichettandola come antico tema di desiderativo. Tendenzialmente per

questo verbo si propone un’etimologia del tipo *ἀκ-ουσ-yω63

.

62 Nel dialetto di Epidauro si trova il presente γνώσκω privo di raddoppiamento. 63

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