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Garanzia della libertà religiosa ‘collettiva’ e principio di laicità

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 87-92)

ORDINAMENTO ITALIANO ED ALCUNE ESPERIENZE EUROPEE

II. Il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica

II.II Garanzia della libertà religiosa ‘collettiva’ e principio di laicità

Dal parere del Comitato Nazionale per la Bioetica sembrerebbero potersi trarre anche alcune riflessioni in tema di tutela della libertà religiosa intesa nella sua dimensione „collettiva‟.

Difatti, per fondare la legittimità delle pratiche di circoncisione rituale, con particolare riferimento a quelle ebraiche, il Comitato fa leva anche su argomentazioni indirette, ovvero sul contenuto della legge 8 marzo 1989, n. 101, di approvazione

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dell‟Intesa stipulata il 27 febbraio 1987 tra lo Stato italiano e l‟Unione delle Comunità ebraiche italiane.18

Una implicita conferma della non contrarietà della pratica rispetto ai principi del nostro ordinamento giuridico discenderebbe, nello specifico, dal disposto dell‟art. 2, comma 1 della summenzionata legge, secondo cui, in conformità ai principi enunciati dalla Carta costituzionale, sarebbe riconosciuto il diritto di professare e praticare liberamente la religione ebraica, nonché di esercitarne in privato o in pubblico il culto e i riti.19 È evidente come si ritrovi, in questa disposizione, un chiaro rinvio al contenuto dell‟art. 19 Cost.

Altro enunciato cui fare riferimento è poi l‟art. 21 dell‟Intesa, che «contemplando tra gli “enti aventi finalità di culto” anche l‟Ospedale israelitico di Roma, può essere interpretato quale norma che riconduce implicitamente talune attività sanitarie ivi espletate nell‟ambito proprio di esercizio del diritto di libertà religiosa».20

E poi ancora l‟art. 25, comma 1 della legge n. 101 de1 1989, secondo cui l‟attività religiosa e cultuale ebraica si svolge liberamente, senza ingerenze da parte dello Stato, delle Regioni e degli altri enti territoriali,21 norma che sembrerebbe dunque postulare una vera e propria rinuncia da parte dello Stato italiano a qualsiasi forma di interferenza nelle questioni strettamente inerenti la religione ebraica.

Infine l‟art. 26, comma 1, il quale sancisce che la Repubblica prende atto di come, secondo la tradizione ebraica, le esigenze religiose comprendono quelle di culto, assistenziali e culturali.22 Secondo la dottrina detta norma opererebbe quale strumento con cui lo Stato si impegna al riconoscimento delle peculiarità religiose

18 Per un approfondimento in tema di Intesa stipulata tra lo Stato italiano e l‟Unione delle Comunità ebraiche italiane si veda: D. TEDESCHI, Presentazione dell‟Intesa al congresso

straordinario dell‟Unione delle Comunità Israelitiche Italiane 6-7-8 dicembre 1987, in La Rassegna Mensile di Israel, vol. 75, n. 3 (settembre-dicembre 2009), pp. 143-149 (https://www.jstor.org/stable/41524869); C. CARDIA, L‟Intesa ebraica e il pluralismo religioso in

Italia, in La Rassegna Mensile di Israel, vol. 75, n. 3 (settembre-dicembre 2009), pp. 51-61

(https://www.jstor.org/stable/41524855). 19

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 5 s.

20 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 6.

21

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 6.

22 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

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dell‟Ebraismo, nelle quali rientrerebbero appunto le pratiche di circoncisione rituale.23

Il Comitato precisa inoltre come i principi stabiliti nell‟Intesa possano in realtà estendersi, per analogia, a tutte le confessioni religiose che pratichino il rito della circoncisione.24

Che lo Stato garantisca la libertà religiosa delle comunità unite dal vincolo confessionale, oltre al diritto riconosciuto al singolo individuo, è confermato, sempre secondo il Comitato, dal tenore letterale di alcune disposizioni costituzionali, in particolare gli artt. 19, 7 e 8.

Come rilevato dalla dottrina, accanto a disposizioni che garantiscono la posizione del singolo (l‟art. 19, insieme agli artt. 2 e 3 Cost.), altre riconoscono ai gruppi sociali organizzati in confessioni religiose un‟autonoma potestà organizzativa (artt. 7, primo comma e 8, secondo comma Cost.).25

La questione del riconoscimento di una libertà religiosa „collettiva‟ e dei limiti che lo Stato pone alle comunità religiose è molto complessa e inevitabilmente legata al principio di laicità.

Secondo il principio di laicità lo Stato non può farsi portatore di proprie ideologie morali, anche religiose, né può discriminare ingiustificatamente fra i consociati in base alla loro appartenenza (o non appartenenza) confessionale.

Tuttavia, come noto, il principio di laicità operante nel nostro ordinamento è un principio di laicità „positivo‟, ovvero che opera in direzione „interventista‟; è infatti compito dello Stato adoperarsi attivamente a sostegno del fattore religioso, rimuovendo gli ostacoli che possono impedire ai consociati un effettivo godimento del loro diritto di libertà religiosa. Non dunque una laicità meramente „negativa‟, di sostanziale incompetenza e imparzialità in ambito confessionale.

Di ciò il Comitato Nazionale per la Bioetica ha dovuto tenere conto nel formulare la propria risposta alla questione dell‟esigibilità delle prestazioni chirurgiche circoncisorie a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

23 P.LILLO, La circoncisione ebraica: profili di diritto ecclesiastico, in Archivio giuridico, 2001, p. 385.

24

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 5.

25 F. FINOCCHIARO, voce Libertà. VII) Libertà di coscienza e di religione - Dir. eccl., in

84 II.III Gli oneri in capo allo Stato

Nel parere del 1998 si legge che

«(l)a “laicità” dello Stato, seppure intesa in senso positivo e “sociale” in quanto orientata ad agevolare e a sostenere in generale la soddisfazione dell‟interesse e delle esigenze religiose dei consociati, deve essere necessariamente coniugata – in subiecta materia, specificamente riguardante i fedeli appartenenti ad una confessione religiosa ben determinata – con un altro principio costituzionale, parimenti fondamentale, quello di “bilateralità” (artt. 7 ed 8 Cost.)».26

Il Comitato rileva in particolare come nel caso in questione l‟intervento solidaristico dello Stato (consistente appunto nell‟assunzione degli oneri economici relativi agli interventi di circoncisione rituale-religiosa) non andrebbe a vantaggio dell‟interesse religioso genericamente considerato, sostenendo unicamente i fedeli di una determinata realtà cultuale (quella ebraica).27

Essendo dunque identificabile un preciso «referente confessionale», la questione dovrebbe essere rimessa alla disciplina bilaterale pattizia, alla quale la Costituzione riserva la regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le comunità religiose diverse da quella cattolica.28

Diviene quindi discriminante l‟esistenza o meno dello strumento dell‟Intesa. Non solo, occorre anche verificare se sussista una norma di produzione pattizia che esplicitamente consenta di godere dell‟erogazione di quello specifico beneficio.

Nel caso dell‟Ebraismo (a differenza dell‟Islam), l‟Intesa esiste, perché, come detto, è stata stipulata il 27 febbraio 1987 e poi approvata con legge 8 marzo 1989, n. 101.

26 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 7.

27

COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 7.

28 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

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Tuttavia, come evidenzia anche il Comitato, non si riscontra nella suddetta legge alcuna disposizione che espressamente preveda un onere a carico dello Stato in relazione alle pratiche di circoncisione rituale.29

Per tale motivo, nessuna pretesa può essere avanzata in tal senso da parte dei fedeli di religione ebraica, dovendosi pertanto ritenere giustificata l‟esclusione delle pratiche di circoncisione rituale dalle prestazioni che debbono essere sempre e comunque garantite a tutti coloro che ne facciano richiesta.30

Parte della dottrina successivamente all‟emanazione del parere del 1998 ha osservato che i fedeli ebrei interessati ad ottenere l‟intervento di circoncisione con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale potrebbero richiedere la prestazione per ragioni sanitarie igienico-profilattiche, non invocando i motivi religiosi effettivamente a fondamento della richiesta, posto che l‟avente diritto all‟assistenza sanitaria non è tenuto ad esternare i motivi interiori che inducono a sottoporsi a un determinato trattamento medico.31

Tuttavia, tale espediente è stato condannato dalla successiva giurisprudenza, che ha ritenuto integrati gli estremi del reato di truffa ai danni di ente pubblico quando l‟intervento chirurgico di circoncisione maschile è stato falsamente qualificato come terapeutico al solo fine di porre la prestazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale.32

29 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 8.

30 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 8.

31 P.LILLO, La circoncisione ebraica, cit., p. 392 s.

32 Cfr. Trib. Pavia, 26 settembre 2003, n. 539, disponibile all‟indirizzo https://www.olir.it/documenti/sentenza-26-settembre-2003-n-539/ (ultimo accesso: 16/05/2019); sul punto cfr. anche Cass., 8 maggio 2007, n. 17441, disponibile all‟indirizzo https://www.olir.it/documenti/sentenza-08-maggio-2007-n-17441/ (ultimo accesso: 16/05/2019).

Ad analoghe osservazioni sembrerebbe essere già giunto A. CESERANI, Note in tema di

circoncisione «rituale» maschile, in Il Diritto Ecclesiastico, 3-4, 2008, p. 793 s., che ha scritto: «In

passato si era sostenuto che […] gli ebrei (ma il riferimento potrebbe valere oggi anche per gli appartenenti ad altre confessioni religiose) interessati a ricevere la prestazione chirurgica circoncisoria avrebbero potuto ottenere ugualmente il risultato desiderato, non invocando motivi religiosi o di coscienza (art. 19 Cost.), bensì, più semplicemente, richiedendo il relativo intervento per ragioni sanitarie […]. La soluzione proposta non sembra essere oggi più praticabile, data la smentita da parte della Suprema Corte, che non ha esitato a confermare la dichiarazione di responsabilità penale nonché la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile pronunciate nel merito per i reati di concorso in truffa aggravata continuata e di concorso in falso ideologico in atto pubblico continuato nei confronti del medico chirurgo, per aver operato un intervento di circoncisione su tre pazienti, presso una clinica privata convenzionata senza necessità terapeutica ma solo per motivi religiosi, pur ponendo a carico del Sistema Sanitario Nazionale i relativi costi».

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Più in generale, comunque, le valutazioni sulle circoncisioni rituali espresse dal Comitato Nazionale per la Bioetica con il parere del 1998 e qui analizzate sono più volte state oggetto di richiamo da parte di alcune pronunce giurisprudenziali piuttosto rilevanti, dalle quali non è possibile prescindere per delineare un quadro sufficientemente esaustivo dell‟attuale considerazione di queste pratiche religiose nel nostro ordinamento nazionale.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 87-92)

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