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Ulteriori riflessioni circa le differenze di trattamento tra circoncisione islamica ed ebraica

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 182-186)

PRATICA CIRCONCISORIA RITUALE, PRASSI SANITARIA E COMPOSIZIONE DEL CONFLITTO DI VALORI

VIII. Ulteriori riflessioni circa le differenze di trattamento tra circoncisione islamica ed ebraica

Come già evidenziato all‟inizio e nel corso di questo lavoro, non tutte le pratiche di circoncisione che esulano da esigenze terapeutiche possono in ugual modo classificarsi.

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Come visto, il Tribunale di Como (con la pronuncia depositata il 14 gennaio 2013) ha invece addirittura affermato che gli interventi di circoncisione rituale maschile integrerebbero l‟estremo della causazione di una „malattia‟ indipendentemente dal fatto che vi conseguano complicazioni di qualsivoglia natura, poiché, in ogni caso, si realizzerebbe un‟alterazione anatomica e funzionale dell‟organo di riproduzione sessuale maschile senza che sussista una finalità terapeutica. Diversamente, il Tribunale di Padova aveva invece escluso che un intervento di circoncisione rituale senza conseguenze dannose per la salute potesse essere collocato nel paradigma delle lesioni personali.

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Difatti, come la dottrina ha cercato di chiarire, accanto a pratiche circoncisorie di tipo confessionale-religioso e (più propriamente) „rituale‟, perché accompagnate da un „rito‟ e radicate presso comunità religiose che possono definirsi sufficientemente codificate, vi sono anche pratiche meno regolamentate, genericamente indicate come culturali o etniche, che solo secondariamente potrebbero identificarsi come religiose.121

La sentenza della Corte di Cassazione n. 43646 del 24 novembre 2011 ha parlato di «circoncisione c.d. rituale» come di una pratica «non terapeutica» riguardante «soggetti di diversa etnia, che, per tradizione culturale o religiosa, sono ad essa favorevoli» (corsivo aggiunto),122 così alimentando la distinzione della circoncisone rituale in „rituale-religiosa‟ e (più meramente) „culturale‟, distinzione che anche in dottrina è stata riconosciuta, appunto, come giurisprudenziale,123 ma che, al tempo stesso, ha un riscontro fattuale piuttosto evidente e riconosciuto.

Per quanto concerne le due grandi religioni monoteiste interessate dalla pratica della circoncisione, non solo la qualificazione dell‟atto (e dunque il suo significato) presenta delle differenze, ma anche l‟attuale situazione in termini di ammissibilità e disciplina giuridica della pratica medesima.

Sembrerebbe, ancora una volta, che un ruolo cardine nelle differenze di trattamento che intercorrono tra fedeli islamici ed ebrei sia rivestito proprio dallo strumento dell‟Intesa.

Chi si è ampiamente occupato del tema delle circoncisioni rituali ha rilevato come «quando riferita ad un gruppo religioso altamente organizzato ed istituzionalizzato come gli ebrei rappresentati dall‟UCEI»124, la pratica dovrebbe

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A.ANGELUCCI, Libertà religiosa e circoncisione in Italia, cit., p. 3.

122 Cass. sez. VI penale, 24 novembre 2011, n. 43646, disponibile all‟indirizzo https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1333027590Sentenza%20circoncisione.pdf (ultimo accesso: 30/03/2019).

Come già evidenziato, la medesima sentenza, operando una distinzione tra le scelte «espressione della cultura […] interiorizzata nell‟ambito della comunità di provenienza» e «circoncisione rituale di matrice religiosa» (come quella pratica nell‟Ebraismo), parrebbe confermare come nell‟ambito delle circoncisioni „rituali‟ sia debba distinguere tra pratiche meramente culturali ed altre dotate di valenza religiosa.

123 A.ANGELUCCI, Dietro la circoncisione, cit., p. 69, afferma: «La distinzione tra circoncisione rituale e culturale è giurisprudenziale e, in qualche modo, artificiale».

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qualificarsi de iure come confessionale, «con l‟effetto di produrre un‟automatica scriminante».125

Nel caso dell‟Islam, gruppo religioso privo di Intesa con lo Stato italiano, invece, l‟esimente in questione non opererebbe automaticamente e la circoncisione – religiosa – sarebbe maggiormente assimilabile, dal punto di vista del trattamento, a quella culturale, quantomeno laddove praticata su minori relativamente maturi (nel senso che non si tratta più di neonati, perché in tal caso la circoncisione islamica potrebbe essere assimilata a quella degli ebrei).126

Dunque, sembrerebbe che solo nel primo caso (quello che coinvolge i fedeli dell‟Ebraismo), sia possibile che si realizzino gli effetti dell‟automatica scriminante dell‟esercizio di un diritto, quello di libertà religiosa; nell‟altro (inerente i musulmani), invece, detto automatismo mancherebbe.

Queste considerazioni dottrinali si legano - ancora - all‟analisi dell‟ormai ben noto parere del Comitato Nazionale di Bioetica in tema di circoncisione maschile.

Posto infatti che si tratta comunque di un intervento chirurgico che impone il rispetto di tutta una serie di condizioni affinché il medesimo possa svolgersi in condizioni di piena sicurezza per la salute, è pur vero che, se si riprende il parere del CNB del 1998, è possibile leggervi come, secondo alcuni membri del Comitato medesimo, nei casi in cui la circoncisione sia dettata unicamente da ragioni rituali

«non sia opportuno favorirne la medicalizzazione, riservando esclusivamente o comunque favorendo esplicitamente l‟intervento di un medico per una pratica che, se da una parte ha obiettivamente la natura di atto medico, almeno nel caso dei neonati per la sua estrema semplicità può senza alcun dubbio essere praticata da

appositi e riconosciuti ministri che, indipendentemente da una loro

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A.ANGELUCCI, Dietro la circoncisione, cit., p. 70. 126

Cfr. A.ANGELUCCI, Dietro la circoncisione, cit., p. 70.

Emerge, ancora una volta, il ruolo fondamentale rivestito dallo strumento dell‟Intesa, che, come ha evidenziato la dottrina, è fonte «a servizio del pluralismo confessionale» (così J.P.CERIOLI, Accesso alle Intese e pluralismo religioso: convergenze apicali di giurisprudenza sulla “uguale libertà” di avviare trattative ex art. 8 Cost., terzo comma, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista

telematica (www.statoechiese.it), n. 26 del 2013, p. 11, che peraltro evidenzia - nota 28 - come questa sia l‟impostazione teorica del volume AA.VV., Nozioni di diritto ecclesiastico, a cura di G. Casuscelli, IV ed., Giappichelli, Torino, 2012, cui si rimanda).

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professionalità specifica in campo sanitario, possiedano adeguata competenza»127 (corsivo aggiunto).

Ciò comporta, come osservato in dottrina, che con specifico riferimento alla circoncisione praticata nell‟Ebraismo, ove il bambino è di regola sottoposto al rituale a distanza di otto giorni dalla nascita, la medicalizzazione dell‟atto non sarebbe condizione imprescindibile per la legittimità della pratica.128

E per la circoncisione eseguita dai fedeli islamici?

Il Comitato si è preoccupato di precisare che, quando la circoncisione coinvolge direttamente un adulto, un adolescente o un bambino non più in fasce, essa non può più considerarsi un‟operazione chirurgica di minore entità e pertanto in dette ipotesi dev‟essere praticata da un medico.

Come evidente, la circoncisione islamica andrebbe ricondotta proprio a questa seconda casistica, essendo generalmente praticata in età prepuberale. Ne deriva, pertanto, che per essa la medicalizzazione sarebbe sì condizione imprescindibile per la legittimità della pratica.129 Una differenza, sicuramente, di non poco conto.

In dottrina è stato inoltre osservato come, oltre a „medicalizzare‟ l‟atto circoncisorio, sarebbe ulteriormente doveroso acquisire il consenso dei minori su cui l‟intervento è praticato.130

Il tema del consenso all‟atto medico, specie se quest‟ultimo coinvolga soggetti legalmente incapaci, come rilevato è un tema piuttosto complesso. In proposito non si può che evidenziare come permangano i „classici‟ problemi in tema di acquisizione della volontà dell‟interessato, in particolare quando si tratti di bambini ritenuti non ancora in grado di autodeterminarsi (e ancor di più laddove siano in discussione interventi che non possono classificarsi come terapeuticamente necessari).

Questa condizione, infatti, dovrebbe essere tenuta in considerazione laddove si asserisce che non sia possibile parlare di violenza quando l‟intervento medico

127 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, La

circoncisione, cit., p. 6.

128

A.ANGELUCCI, Dietro la circoncisione, cit., p. 69.

129 In questo senso proseguono le ulteriori considerazioni di A. ANGELUCCI, Dietro la

circoncisione, cit., p. 69.

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venga eseguito col consenso dell‟avente diritto (oltre che nel rispetto dei principi di buona pratica clinica, di legge e di natura etico-morale).

Non possono che permanere dei dubbi circa l‟esclusione di qualsivoglia forma di violenza (nel senso meno forte di „ingerenza‟) laddove il consenso dell‟avente diritto sia in realtà rappresentato dalla volontà manifestata dai genitori di un minore, comunque esercenti la potestà, per una scelta che modificherà inevitabilmente l‟integrità fisica (e forse non solo) del figlio.

IX. Sperimentazioni regionali in tema di circoncisione rituale e

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 182-186)

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