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I trattamenti sanitari su soggetti minori d’età: le problematiche

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 59-71)

TRA AUTODETEMINAZIONE E POTESTÀ EDUCATIVA DEI GENITORI

V. I trattamenti sanitari su soggetti minori d’età: le problematiche

Prima di entrare, più specificamente, nel merito della natura (o meno) di atto medico delle pratiche di circoncisione rituale, occorre premettere le possibili problematiche riguardanti il tema dei trattamenti sanitari su minori d’età.

Esse sono, principalmente, due ed entrambe prescindono dall’eventuale sussistenza di una motivazione religiosa alla base dell’atto, potendo pertanto rilevare anche per atti privi di fondamento religioso (come, ad esempio, le circoncisioni meramente ‘culturali’): una è legata al principio dell’autodeterminazione del minore per decisioni inerenti la propria salute (dato che, anche rispetto alle cure mediche, non è possibile prescindere da una valutazione della capacità del minore di compiere consapevolmente scelte autonome); l’altra, invece, è connessa alla responsabilità genitoriale e alle decisioni da assumere riguardo alla salute della prole.

Quanto alla prima delle questioni, è stato anzitutto rilevato come la dicotomia ‘capacità giuridica-capacità d’agire’ trovi fondamento e utilità nel campo dei rapporti patrimoniali, mal adattandosi, invece, ai diritti personalissimi e dunque ai rapporti che concernono l’essenza stessa dell’individuo, come quelli inerenti le decisioni di carattere sanitario.75

Non solo. È stato anche osservato come ciascun individuo abbia con il proprio corpo un rapporto intimo, privato; da ciò discende che controllare il corpo di un altro può dar luogo a una coartazione dell’autodeterminazione altrui o, altrimenti

l’educazione religiosa impartita ai minori d’età sia tale da pregiudicarne la crescita equilibrata, nonché la futura capacità di giudizio ed il regolare processo di socializzazione (la pronuncia, in effetti, è piuttosto risalente, ma ciò dimostra come i principi enunciati nel testo abbiano trovato riscontro nella giurisprudenza già da tempo).

75

P.STANZIONE, Persona minore di età e salute, diritto all’autodeterminazione, responsabilità

genitoriale, p. 5, reperibile all’indirizzo http://www.comparazionedirittocivile.it/sezioni.asp?cod_cat=2&nome_cat=Persone (ultimo accesso: 30/03/2019).

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detto, a una violazione della capacità d’agire del prossimo, realizzando una costrizione fisica che potrebbe addirittura concretizzarsi in un attentato all’esistenza stessa dell’altro in quanto persona.76

Il problema maggiore, quando si affronta il tema dell’autodeterminazione dell’individuo, consiste però nel definire i limiti entro cui lo stesso principio possa trovare attuazione.

È vero che talvolta il singolo si vede costretto a sacrificare la propria libertà di autodeterminarsi in favore di altri valori, come nel caso delle restrizioni alla libertà personale che intervengono quando è, o può essere posta a rischio, la salute, l’incolumità o la pubblica sicurezza.77 In questi casi, l’opera di bilanciamento dei valori chiamati in causa può condurre a ritenere alcuni maggiormente meritevoli di tutela rispetto ad altri.

Da un altro punto di vista, invece, il principio di autodeterminazione personale dell’individuo ha come riflesso l’esistenza di determinati doveri in capo agli altri consociati.78

In questo senso, un esempio è certamente rappresentato dal diritto al consenso informato ai trattamenti sanitari, per la cui attuazione occorre che siano rispettate tutte quelle condizioni volte ad assicurare che il soggetto chiamato a decidere disponga delle informazioni utili per compiere una scelta consapevole, libera da qualunque forma di coartazione o manipolazione psicologica. In sostanza, la persona deve essere posta nelle condizioni di poter decidere autonomamente.79

Si tratta in generale di questioni molto complesse, i cui profili critici non possono che acuirsi quando si parla di trattamenti sanitari e, ancor di più, quando questi sono rivolti su soggetti minori d’età, soprattutto per quegli interventi privi di necessità terapeutica.

Come ha rilevato la dottrina, anche la minore età conosce differenti fasi e solo per stadi è possibile giungere a un riconoscimento della capacità di discernimento

76 In questo senso V. OTTONELLI, Il corpo come soggetto di diritti, reperibile all’indirizzo https://www.rivistailmulino.it/journal/issue/index/Issue/Journal:RWISSUE:7209 (ultimo accesso: 30/03/2019).

77Così V.OTTONELLI, Il corpo, cit. 78 V.OTTONELLI, Il corpo, cit. 79 Sempre V.OTTONELLI, Il corpo, cit.

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della persona, tale da legittimarne una partecipazione consapevole e attiva a scelte di carattere esistenziale,80 anche quelle di natura sanitaria.

La maturità di giudizio del minore-figlio restringe infatti le aree di ingerenza dei genitori, garantendogli, come titolare del diritto, il potere di partecipare o assumere personalmente le decisioni che lo riguardano.81 Questo è il principio, fondamentale, che presiede in generale all’esercizio dell’autodeterminazione.

Rispetto alle cure mediche, ciò determina il superamento del ragionamento secondo cui alla minore età corrisponde una situazione di completa incapacità, tale da legittimare l’intervento del medico solo sulla base del consenso manifestato dai rappresentanti legali del minore.

Come evidenziano talune osservazioni dottrinali, dalla lettura di alcune norme costituzionali, nonché dal disposto di precise convenzioni internazionali (entrambe oggetto di analisi nel prosieguo della trattazione), parrebbe ricavarsi che l’opinione del minore è elemento che deve essere preso in considerazione quale fattore influente, di cui il personale sanitario deve tenere conto.82

Può dunque pacificamente affermarsi che le scelte sanitarie, in quanto valutazioni strettamente connesse alla sfera più intima dell’interessato, debbono ritenersi rigorosamente di competenza del singolo, anche se minore d’età, purché capace di discernimento?

VI. Segue: autodeterminazione del paziente e consenso informato

Prima di entrare nel merito della possibile qualificazione delle pratiche di circoncisione come ‘atto medico’, occorre svolgere alcune considerazioni preliminari in tema di consenso informato.

Nelle fonti che regolano la materia del consenso informato nell’ambito dell’attività medica, un ruolo cardine è rivestito da due norme di rango costituzionale, ovvero l’art. 13, che sancisce l’inviolabilità della libertà personale dell’individuo, e l’art. 32, per il quale nessuno può essere obbligato a sottoporsi ad

80 P.STANZIONE, Persona minore di età, cit., p. 13 s. 81 P.STANZIONE, Persona minore di età, cit., p. 15.

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un determinato trattamento sanitario se non per previsione di legge, la quale, tuttavia, è soggetta al limite del rispetto della persona umana.

Dunque, il consenso all’atto medico risulta ancorato al rispetto di due diritti fondamentali, l’uno volto a tutelare la libera autodeterminazione del paziente e l’altro la sua salute.

Come rileva la dottrina, secondo una visione oggi pressoché uniformemente diffusa il requisito del consenso potrebbe legittimare un atto medico solo laddove provenga da un paziente adeguatamente informato, non essendo dunque più sufficiente la mera consapevolezza dell’interessato a subire un determinato intervento o essere sottoposto a qualsivoglia atto medico.83

Questa prospettiva trova peraltro conferma in diverse disposizioni, tra cui la Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina (o Convenzione di Oviedo)84 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (anche conosciuta come Carta di Nizza, proclamata solennemente una prima volta, il 7 dicembre 2000, a Nizza e riproclamata il 12 dicembre 2007, in vista della firma del Trattato di Lisbona, a Strasburgo dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione)85, la quale, avendo valore giuridico di trattato, risulta vincolante per l’Italia.

La Convenzione di Oviedo, che come ha rilevato la dottrina è esplicitamente fondata sulla tutela della dignità umana,86 ha come scopo quello di tutelare

83 F. GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico tra principi costituzionali e implicazioni

penalistiche, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, II, 2001, p. 385.

Rispetto all’ampiezza dell’informazione dovuta dal medico, il suo contenuto andrebbe individuato avendo riguardo alla funzione strumentale rivestita dall’informazione stessa rispetto all’autodeterminazione del paziente, nel senso che dovranno essere fornite tutte le indicazioni necessarie perché il malato possa consciamente decidere, ma al tempo stesso adeguate al suo livello culturale: F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 387.

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Ratificata con legge 28 marzo 2001, n. 145 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del

Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonché del Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24

aprile 2001 e disponibile all’indirizzo http://www.camera.it/parlam/leggi/01145l.htm (ultimo accesso: 30/03/2019).

85 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è disponibile all’indirizzo https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf (ultimo accesso: 30/03/2019).

86 Cfr. R.ANDORNO, La tutela della dignità umana: fondamento e scopo della Convenzione di

Oviedo, in E.FURLAN (a cura di), Bioetica e dignità umana. Interpretazioni a confronto a partire

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l’individuo in ambito biomedico e si basa sull’idea cardine dell’essere umano quale soggetto detentore di un valore intrinseco.87

Più precisamente, è stato osservato come il requisito del consenso informato, che la Convenzione indica quale principio generale per ogni intervento biomedico, risulta essere strettamente connesso, se non propriamente fondato, sulla nozione di dignità umana. L’autonomia dei pazienti o di quanti si prestano a una ricerca sarebbe quindi meritevole di rispetto perché essi ne sono ‘soggetti’ e non ‘oggetti’, dunque perché detentori di una dignità intrinseca.88

Secondo quanto previsto dall’articolo 5 della Convenzione, un intervento può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato, ricevendo innanzitutto un’adeguata informazione circa lo scopo e la natura dell’intervento, le sue conseguenze e i rischi.89

Anche l’art. 3 della Carta di Nizza afferma che il diritto all’integrità fisica e psichica spetta a ogni individuo e che nell’ambito della medicina e della biologia deve tra l’altro essere rispettato il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità previste dalla legge.90

Dal punto di vista contenutistico, il consenso informato si compone dunque, da un lato, del diritto all’informazione, che permette al paziente di compiere scelte ponderate e quindi di autodeterminarsi in maniera consapevole, dall’altro, del dovere facente capo al medico di informare il soggetto interessato.91

87 Così R.ANDORNO, La tutela della dignità umana, cit., p. 94.

88 R.ANDORNO, La tutela della dignità umana, cit., p. 84. Come evidenzia l’Autore, gli articoli da 5 a 9 della Convenzione di Oviedo sono dedicati al consenso informato, da acquisirsi prima di ogni intervento biomedico. I pazienti debbono essere previamente e adeguatamente informati in merito ai metodi, agli scopi, ai benefici, ma anche ai rischi e ai potenziali pericoli di un intervento medico; hanno inoltre il diritto di decidere per sé stessi, senza essere oggetto di coercizione o inganno alcuni: cfr. sempre R.ANDORNO, La tutela della dignità umana, cit., p. 84.

89

Art. 5, Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano

nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina, Oviedo, 4 aprile 1997, traduzione italiana, non ufficiale, disponibile all’indirizzo

https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/rms/090000168007d003 (ultimo accesso: 30/03/2019).

90 Art. 3, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Nizza, 7 dicembre 2000, disponibile all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:12016P/TXT (ultimo accesso: 30/03/2019).

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A. CORDIANO, Dal principio dell’ascolto all’autodeterminazione dispositiva del minore: il

consenso informato in pediatria, p. 14, disponibile all’indirizzo http://www.comparazionedirittocivile.it/prova/files/cordiano_principio.pdf (ultimo accesso: 30/03/2019).

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L’oggetto rispetto al quale il consenso deve essere manifestato deve essere ‘specifico’, mentre la volontà manifestata dal paziente deve essere ‘libera’.92

Quanto invece alla ‘consapevolezza’, cui si lega la capacità di discernimento del soggetto, la manifestazione di una volontà conscia ed edotta è anche presupposto per il rifiuto ad un determinato trattamento medico, dunque per la ‘revocabilità’ del consenso stesso.93

Si tratta di principi comuni, nel loro contenuto, tanto alla Convenzione di Oviedo quanto alla Carta di Nizza e che costituiscono, essenzialmente, concretizzazione della lettura che si è precedentemente data delle disposizioni costituzionali richiamate.

Quanto sopra detto emerge, tra l’altro, anche da alcuni casi giudiziari.

La Corte di Cassazione, sezione III civile, con sentenza n. 4211 del 23 febbraio 2007, ha sancito come tanto il consenso quanto il dissenso nei confronti di un atto medico debba essere «inequivoco, attuale, effettivo e consapevole»94 e che quando, al momento dell’intervento, il paziente non sia in grado di esprimere la propria volontà, il parametro di valutazione della liceità dell’atto debba essere individuato nell’accertamento, con giudizio prognostico, di quella che sarebbe stata la sua determinazione se egli fosse stato a conoscenza delle sue condizioni.95

92

Così ancora A. CORDIANO, Dal principio dell’ascolto all’autodeterminazione dispositiva del

minore, cit., p. 14 e 16.

93 Sempre A.CORDIANO, Dal principio dell’ascolto all’autodeterminazione dispositiva del minore, cit., p. 17.

94 Cass., sez. III civile, 23 febbraio 2007, n. 4211, in Il Foro Italiano, vol. 130, n. 6, giugno 2007, c. 1715.

95 Come osserva G.CASABURI nella nota a Cass., sez. III civile, 23 febbraio 2007, n. 4211, cit., c. 1711.

Più precisamente, nel caso di specie un testimone di Geova avanzò domanda di risarcimento dei danni morali per essere stato costretto a subire un’emotrasfusione nel corso di un intervento chirurgico, nonostante avesse preventivamente manifestato il proprio dissenso all’atto in questione, perché in contrasto con i precetti del proprio credo religioso. Il dissenso del paziente fu espresso in un momento in cui il quadro clinico non prospettava un imminente pericolo di vita; la trasfusione di sangue si rese tuttavia necessaria a causa del successivo accertamento della gravità delle sue condizioni cliniche e si escluse che il paziente fosse disposto a morire pur di evitare l’emotrasfusione.

Come rilevato da G.CASABURI nella nota a Cass., sez. III civile, 23 febbraio 2007, n. 4211, cit., c. 1711, la Cassazione ritenne dirimente il profilo della perdurante efficacia del dissenso durante l’intervento (quando il paziente, dunque, è incosciente).

Difatti, il nodo della questione venne individuato non tanto nel «valore assoluto e definitivo di un dissenso pronunciato in virtù di un determinato credo ideologico e religioso (il rifiuto delle trasfusioni di sangue è fondato dalla comunità dei testimoni di Geova su una particolare lettura di alcuni brani delle scritture: Gen. 9,3-6; Lev. 17,11; Atti 15, 28, 29)», quanto piuttosto ne «la correttezza della motivazione con cui il giudice trentino ha ritenuto che il dissenso originario, con una valutazione altamente probabilistica, non dovesse più considerarsi operante in un momento successivo, davanti ad

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La sentenza citata non statuisce circa il diritto di rifiutare il trattamento medico contestato e non esclude l’illiceità dell’atto praticato contro la volontà del paziente; essa si limita ad esigere un accertamento della volontà da lui inizialmente manifestata, così da poter assodare la legittimità del comportamento dei sanitari.96

Come rilevato dalla dottrina, il concetto di consenso ‘informato’ all’intervento terapeutico testimonia il superamento della visione del medico quale figura gravata sì del dovere di curare il paziente, ma dotata, al tempo stesso, di un potere incondizionato relativamente all’individuazione della terapia da seguire e alle concrete modalità di attuazione della stessa, scelte giudicabili solo per il rispetto alle regole dell’arte medica e al grado delle conoscenze scientifiche.97 Si tratta di considerazioni particolarmente rilevanti per i temi di cui si sta discutendo.

Secondo un parere del Comitato Nazionale per la Bioetica, l’informazione dovrebbe inoltre essere ‘adattata’ al singolo paziente, «in relazione alla sua cultura, alla sua capacità di comprensione e al suo stato psichico»98 nonché «corretta e completa circa la diagnosi, la terapia, il rischio e la prognosi»99.

La dottrina osserva come la prospettazione di un consenso ‘informato’ sia coerente al principio personalistico, risultante, tra l’altro, dai già menzionati artt. 13 e 32 della Costituzione, dal cui combinato disposto si è fatto discendere il valore implicitamente costituzionalizzato della libertà di autodeterminazione terapeutica.100

Tuttavia, proprio perché espressione di questa autodeterminazione terapeutica, la manifestazione del consenso all’atto medico dovrebbe di regola provenire direttamente dall’interessato. Le dichiarazioni dei parenti o dei terzi,

un quadro clinico fortemente mutato e con imminente pericolo di vita e senza la possibilità di un ulteriore interpello del paziente ormai anestetizzato»: Cass., sez. III civile, 23 febbraio 2007, n. 4211, cit., c. 1715.

96 È quanto rilevato sempre da G.CASABURI nella nota a Cass., sez. III civile, 23 febbraio 2007, n. 4211, cit., nonché nel testo della sentenza medesima.

97 F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 377; l’Autore rileva anche come nella nuova visione del rapporto tra il medico e il «malato partecipe» (figura alla quale fa da contrapposto il dovere di informazione da parte del sanitario), i doveri dello specialista vengono subordinati ai diritti del paziente e in particolare alla possibilità di quest’ultimo di decidere della sua stessa vita, dunque, in sostanza, alla sua autodeterminazione terapeutica: F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 378.

98 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Informazione e consenso all’atto medico, Abstract,

(20 giugno 1992), disponibile all’indirizzo

http://bioetica.governo.it/media/1571/p10_1992_informazione-e-consenso_abs_it.pdf (ultimo accesso: 30/03/2019).

99 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Informazione e consenso all’atto medico, Abstract,

(20 giugno 1992), cit.

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quando rilasciate perché il paziente non è in grado di provvedervi, avrebbero una valenza probatoria o al più confermativa della volontà del malato, ma non rivestirebbero carattere sostitutivo del consenso personale.101 Queste considerazioni rilevano, in particolare, con riguardo ai minori d’età.

Per quanto concerne, infatti, detti soggetti, si è detto come il codice civile stabilisca in generale una presunzione di incapacità che, ovviamente, coinvolge anche gli atti medici.

Questa prospettazione ha indotto parte della dottrina a ritenere che il consenso avrebbe potuto essere espresso dai rappresentanti legali dei minori, nei confronti dei quali, di conseguenza, si sarebbe dovuto assolvere l’onere di informazione da parte del medico.102

Tuttavia, è stato anche evidenziato come l’incapacità del minore risponda, appunto, ad una presunzione, non potendosi escludere che individui che non hanno ancora raggiunto la maggiore età siano comunque sufficientemente dotati di discernimento, dunque in grado di autodeterminarsi e assumere scelte consapevoli.103

Ciò significa che la presunzione legale di incapacità dei minori d’età può sì essere superata, ma solo a seguito di una valutazione concreta, che varia di caso in caso, la quale stabilisca se il soggetto sia effettivamente in grado di discernere.

A tal proposito, viene in rilievo anche quando affermato dalla sopra menzionata Convenzione di Oviedo rispetto ai soggetti considerati incapaci dal diritto. Anzi, gli artt. 6 e 7 della Convenzione rivestono un ruolo centrale per i temi di cui si discute.104

Con specifico riferimento ai minori, l’art. 6 dispone che anche questi dovrebbero essere protagonisti (o co-protagonisti) delle scelte sanitarie,105 posto che,

101 F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 382. 102

Così riferisce F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 395.

103 In questo senso sembra esprimersi F.GIUNTA, Il consenso informato all’atto medico, cit., p. 395 s.

104

Secondo quanto previsto dall’art. 7, chi soffre di un grave disturbo mentale non può essere sottoposto, senza il suo consenso, a un intervento che abbia per oggetto il trattamento di quel disturbo, «se non quando l’assenza di un tale trattamento rischia di essere gravemente pregiudizievole alla sua salute e sotto riserva delle condizioni di protezione previste dalla legge comprendenti le procedure di sorveglianza e di controllo e le vie di ricorso»: art. 7, Convenzione per la protezione dei Diritti

dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina, Oviedo, 4 aprile 1997, cit.

105 Come rilevato in AA.VV., Prima dei 18 anni. L’autonomia decisionale del minore in ambito

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come recita la norma, «quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità»106.

Rilevante si dimostra anche il contenuto dell’art. 24 della Convenzione sui diritti del fanciullo. Oltre a disporre l’impegno degli Stati parti a riconoscere «il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione», la Convenzione precisa come le autorità si sforzino affinché «nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (pagine 59-71)

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