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Il GCC e l’UE: cooperazione e diversi modi di intendere il regionalismo

«Questa regione rappresenta un unicum nel panorama arabo-islamico e mantiene una sua indubbia priorità sia per l'Occidente sia, oggi ancor di più, per l'Asia - Cina e India in primis. Nel quadro di generale ridefinizione degli equilibri internazionali, non appare per nulla trascurabile anche un ben definito orientamento ad una partnership GCC-UE. È d'auspicio un'effettiva volontà politica di consolidamento di interessi condivisi e condivisibili attorno all'area del cosiddetto Mediterraneo "allargato", attraverso la costruzione di spazi di cooperazione. Quest'ultima non può prescindere in alcun modo da una conoscenza reciproca reale»75.

Sia l’Unione Europea che il Gulf Cooperation Council sono espressione dello sviluppo del regionalismo in Europa e nel Golfo. Le due istituzioni però sono nate in periodi e circostanze storiche, politiche ed economiche differenti e pertanto risultano essere divergenti nei loro assunti di partenza e nei loro scopi.

L’Unione Europea ha trovato la sua ragion d’essere nella cooperazione economica, politica e monetaria che si è evoluta attraverso istituzioni sovranazionali76.

Nonostante le continue dispute intorno al livello a cui le sue competenze dovrebbero essere assegnate agli istituti nazionali o sovranazionali, l’Unione Europea cerca di diventare un corpo regionale sempre più coerente. Tuttavia, resta un divario tra le potenzialità e le aspettative per quanto concerne il ruolo da ricoprire sul piano internazionale. Sebbene nell’ultimo decennio siano stati fatti dei passi in avanti, la capacità e la coerenza delle politiche di sicurezza e delle politiche estere dell’Unione Europea restano ad oggi limitate, specialmente in ambito militare77.

Per quanto riguarda i Paesi del GCC, invece, è necessario tenere presente il

74 AJK. Ali, The Gulf Cooperation Council (GCC) and Regional Integration., Ph.D. Thesis, The Catholic University of America, 1988, pp. 122-123.

75 E. Maestri, La regione del Gulf Cooperation Council (GCC) sviluppo e sicurezza umana in Arabia, Milano, Franco Angeli, 2015, p. 176.

76 A. Baabood, UE-GCC Relations: A Study in Inter-regional Cooperation, Dubai, Gulf Research Centre, 2006, p. 21.

77 S. Colombo, Bridging the Gulf: EU- GCC Relations at a Crossroads, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014, p. 19.

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ruolo primario custodito dal sistema tribale, dominato ed influenzato dal ruolo centrale dell’Islam, che rappresenta un fattore di aggregazione e di unificazione78.

«As a result of living in the Cradle of Islam, Gulf Arabs have a different mentality toward Islam than most other Muslims. Being a Muslim is not a mystical religious experience of some Muslims from far away, but a familiar, everyday experience than is almost as automatic as breathing. Characterization of modernized Gulf Arabs, particularly Saudis, as ‘secular’ because they have accepted many of the ideas and consumerism of Western secular society are simply off the mark. Gulf society is Islamic to the core79».

Da tutto ciò non è difficile evincere la grande rilevanza dei rapporti e delle alleanze personali nel paradigma islamico-tribale della regione.

Si tratta di una rilevanza che ha finito però con il ritardare e rallentare il processo di istituzionalizzazione politica80. Nonostante le critiche dell’opinione pubblica, l’Unione Europea è uno dei modelli più avanzati di integrazione regionale. Ciò è dovuto in gran parte alla sua rilevanza economica, ed è questa la ragione stessa per cui molti gruppi e Stati, prima e dopo il GCC, hanno tentato di tessere legami con questa augurandosi un ritorno tanto politico quanto economico. L’Unione Europea, a sua volta, ha tentato nel corso degli anni, di attrarre l’attenzione di partner strategici, la cui collaborazione poteva risultare essenziale nel perseguire degli obiettivi politici oltre che mantenere intorno a sé un contesto quanto più equilibrato possibile.

Al contrario dell’Unione Europea, il GCC non aspira alla creazione di istituzioni sovranazionali; si tratta dunque di un insieme di Stati sovrani/indipendenti che cooperano nel quadro di un’organizzazione che aspira ad un obiettivo comune81.

78 E. Maestri, La regione del Gulf Cooperation Council (GCC), sviluppo e sicurezza umana in Arabia, Milano, Franco Angeli, 2009, p. 61.

79 D.E. Long, Revolutionary Islamism and Gulf Security in the Twenty-first Century, in D.E. Long, C. Koch, Gulf Security in the Twenty-first Century, Abu-Dhabi, The Emirates Center for Strategic Studies and Research, 1997, p. 121.

80 F.M. Al Saud, Islamic Political Development: a Conceptual Analysis, Occasional Papers Series, no. 18, United Association for Studies and Research, Annandale, VA, USA, p. 4; disponibile sul sito http://www.arabnews.com/Static/Review.asp.

81 A. Baabood, “Dynamics and Determinants of the GCC States’ Foreign Policy, with Special Reference to the UE”, in G. Nonneman, Analysing Middle Eastern Foreign Policies and the Relationship with Europe, London and New York, Routledge, 2005, p. 154.

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Il processo di integrazione all’interno del GCC appare come fermo ad un regime regionale piuttosto che come un vero e proprio sistema fluido disposto a trasferire le proprie autorità ad un livello sovranazionale82.

Storicamente, il coinvolgimento europeo nella regione del Golfo è stato precluso dalla percezione che esso rappresentasse un’area d’influenza statunitense; fino al 1973 gli stati del Golfo rappresentavano infatti, nell’immaginario dei Paesi europei, una sorta di “terra incognita”83.

Qual è il motivo fondante dell’interessamento europeo nell’area del Golfo Persico nel post Seconda Guerra Mondiale? Quasi tutte le potenze del vecchio mondo dovettero fare i conti con i moti indipendentisti delle proprie colonie mediorientali; queste spinte provocarono un marcato indebolimento della rilevanza europea nell’area. La situazione precipitò dopo la crisi di Suez del 1956, in una discesa inarrestabile che trovò il proprio apice nella guerra dei Sei Giorni del 1967. Il conflitto trovò impreparate le potenze europee che decisero di agire seguendo i propri interessi nazionali. Era evidente la necessità di riesaminare in modo critico le proprie posizioni nell’area84.

Sebbene le relazioni istituzionali tra il Gulf Cooperation Council e l’Unione Europea si facciano canonicamente risalire all’Accordo di Cooperazione del 1988, i primi tentativi di impostare un dialogo fruttuoso per entrambe le parti coinvolte affondavano le proprie radici molti anni prima.

A partire dagli anni ’70, la presenza internazionale nella regione si limitava a quella degli Stati Uniti, che abbracciavano la Twin Pillars Policy in Medio Oriente, fino al rovesciamento dello Shah in Iran.

Dopo la Rivoluzione Iraniana, le mire di Washington si spostarono verso l’Iraq, sebbene la sua invasione, anni dopo, del Kuwait, richiese la messa a punto di una politica di contenimento nei confronti di Iran e Iraq. Pertanto, in questa prima fase, la politica estera dell’Europa nei confronti della regione non era particolarmente incisiva, dal momento che si limitava a privilegiare le

82 C. Tripp, “Regional Organizations in the Arab Middle East”, eds. L. Fawcett, A. Hurrel, Regionalism in World Politics, Regional Organization and International Order, Oxford, Oxford University Press, 1995, pp. 283-308.

83 B. Khader, Le Relazioni UE-CCG: un breve bilancio degli ultimi venticinque anni (1981- 2006), in Aliboni, R. (a cura di), Il Golfo e l’Unione Europea, Rapporti economici e di sicurezza, Roma, Quaderni IAI-Istituto Affari Internazionali, 2007, p. 35.

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relazioni commerciali a discapito di quelle politiche85. Un segnale d’inizio del dialogo tra l’Europa ed i Paesi del Golfo Persico può essere rinvenuto tra il 1973 e 1974. Dopo lo scoppio della Guerra del Kippur nel 1973, i Paesi arabi produttori di petrolio, nel tentativo di gettare il fronte egiziano-siriano in una guerra contro Israele, annunciarono la decisione di imporre un embargo petrolifero ai danni di Stati Uniti e Paesi Bassi. Questi eventi furono seguiti da un aumento senza precedenti nel prezzo del petrolio86.

Gli sviluppi della situazione ebbero effetti negativi sulla Comunità Europea, che sentiva minacciata la propria sopravvivenza economica. Ne risultarono una serie di dichiarazioni congiunte87, dimostrazione di un’apertura verso il Medio Oriente, che segnò l’inizio di una nuova stagione di relazioni, che culminerà nel Dialogo Euro-Arabo (DEA)88.

La Comunità Europea riteneva tuttavia necessario trovare un piano comune sul quale discutere di sicurezza energetica: l’argomento non entrava all’interno delle discussioni, sia a causa della pressione esercitata dagli Stati Uniti, sia a causa della riluttanza dei Paesi Arabi. Fu solo in seguito al secondo Shock Petrolifero e all’esplosione di scontri nel Golfo all’inizio degli anni ’80 che si ritenne sensato cercare un dialogo energetico, e questa volta con il nuovo attore che si stava affacciando sul piano internazionale: il GCC.

Da parte della Comunità Europea questa scelta era motivata dalla necessità di bilanciare il dislivello tra le politiche europee rivolte al Mediterraneo89 e

85 M. Indyk, US Policy Priorities in the Gulf: Challenges and Choices, in The Emirates Center for Strategic Studies and Research, International Interests in the Gulf Region, Abu Dhabi, 2004, pp. 103-130, da A. Echagüe, The European Union and the Gulf Cooperation Council, FRIDE Working Paper n. 39, Maggio 2007, pp. 1-3.

86 R. Miller, Euro-Arab Dialogue and the limits of European external intervention in the Middle East, 1974-1977, Journal Middle Eastern studies, Volume 50, 2014 pp. 936-959.

87 Nello specifico accordi e intese che la Comunità Europea stipulò con molti Paesi del Medio Oriente, tra cui Libano, Marocco, Yemen, Egitto, Giordania, Tunisia, Siria.

88 Il Dialogo Euro-Arabo (DEA), è un’iniziativa geopolitica lanciata nel 1973, dal presidente francese Georges Pompidou e il suo ministro degli Esteri Michel Jobert. Le due parti chiamate al dialogo, il cui scopo principale era quello di rivedere la natura delle relazioni euro-arabe al fine di basarle sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco, furono la Lega Araba e la Comunità Economica Europea. Fonte: S. Labbate, Illusioni mediterranee: il dialogo Euro-Arabo, Milano, Mondadori Education, 2016, p. 29.

89 A partire dagli anni ’90 la Comunità Europea ha intrapreso una nuova iniziativa il cui obiettivo principale era la creazione di un’area economica euro-mediterranea, con il fine di smantellare le barriere che proibivano il libero scambio di merci e beni, giungendo ad una progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali a partire da quelli dei prodotti agricoli. Nel 1995 nel quadro del cosiddetto Processo di Barcellona i 15 Stati allora membri dell’UE insieme a Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Israele, Giordania, Siria, Libano, Turchia,

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quelle rivolte al Medio Oriente, avente le proprie esigenze e priorità90. Viceversa, fu la decisione presa dalla Comunità Europea di imporre dazi sulle esportazioni petrolchimiche del Golfo indirizzate all’Europa a svegliare nel GCC l’interesse verso un dialogo con il quale cercare di proteggere le proprie esportazioni di petrolio grezzo e raffinato, petrolchimici e alluminio verso la Comunità, negoziando un accordo di libero scambio commerciale.

La Comunità Europea rappresentava allora il secondo partner commerciale dopo l’Asia per i Paesi del Golfo, importando quasi il 25% della loro produzione petrolifera91; i Paesi del GCC, a loro volta, rappresentavano il quinto mercato di esportazione per la CEE, oltre ad essere instancabili importatori di tecnologie e manodopera dall’Europa. Considerando l’importanza che la Comunità Europea andava acquisendo sul panorama internazionale, tessere dei legami saldi con quest’ultima rappresentava per i Paesi del GCC una garanzia di ritorno tanto sul piano economico quanto su quello della sicurezza.

Al di là degli sforzi congiunti, il periodo compreso tra il 1984 ed il 1989 è caratterizzato di fatto da una stagnazione. Solo dopo la liberazione del Kuwait nel 1991, emerse un nuovo impulso verso il multilateralismo, inaugurato dalla decisione dei Ministri delle Finanze di creare un fondo di $10 miliardi a sostegno dei Paesi islamici che avevano subito danni economici in seguito al conflitto.

La decisione dei Ministri del Commercio di incontrarsi nel novembre del 1991 per valutare la creazione di un’unione doganale, così come la possibilità di

Palestina, Cipro e Malta abbracciavano una strategia comune che mirava a trasformare il Mediterraneo in una regione maggiormente integrata in tre ambiti:

1. Cooperazione Politica, attraverso la firma di una Carta per la stabilità e la Sicurezza del Mediterraneo;

2. Cooperazione Economica, con l’obiettivo a medio termine di istituire una zona di libero scambio entro il 2010 (EU-MEFTA);

3. Obiettivo Culturale, al fine di istituire un dialogo costante e fruttuoso entro le due società civili. Questo progetto non portò ai frutti sperati, al contrario, si risolse in una serie di accordi bilaterali che l’Unione Europea concludeva individualmente con i Paesi interessati. Nel 2008, alla luce della mancanza di risultati, si tentò di rilanciare il Processo di Barcellona tramite la cosiddetta Unione per il Mediterraneo (UPM), al fine di promuovere la cooperazione tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo, con obiettivi primari quali la risoluzione delle problematiche legate all’immigrazione, la lotta al terrorismo, la tutela del patrimonio archeologico e culturale. S. Bono, Un Altro Mediterraneo, Una storia comune fra scontri e integrazioni, Roma, Salerno Editrice, 2008.

90 G. Nonneman, EU-GCC Relations: Dynamics, Patterns and Perspectives, Dubai, Gulf research Center, 2006, p. 13.

91 S. Colombo, Bridging the Gulf: EU- GCC Relations at a Crossroads, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014, p. 18.

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adottare una moneta unica, sembrarono iniziative promettenti. Nel 1992 tornò poi a prevalere un certo scetticismo nei confronti del multilateralismo e si preferì rimandare decisioni ritenuti poco utili.

I Ministri dell’Industria del GCC consigliavano al Segretario Generale di non dare più la priorità ai negoziati commerciali con l’Europa, e di considerare che altre regioni iniziavano a prospettarsi come sbocchi interessanti per i prodotti industriali del Golfo92. L’impressione che emerge è quella di un’integrazione discontinua che sotto vari aspetti, ricorda l’evoluzione di altre organizzazioni economiche regionali, come l’esperienza della CEE/UE93.

Si tratta di un processo difficile e lento che ha dato e sta dando alcuni risultati degni di nota sotto vari aspetti, tra cui quelli economici, sociali e culturali; possiamo ricordare, ad esempio, la concessione a tutti i cittadini del GCC del diritto di viaggiare solo con il passaporto elettronico, senza bisogno di visto, in tutti i Paesi membri dell’organizzazione e del diritto di lavorare, risiedere e acquistare immobili94.

92 F.H. Lawson, Dialectical Integration, New York, Guilford Press, 1993, p. 23. 93 Ibidem, p. 28-29.

94 E. Maestri, La regione del Gulf Cooperation Council (GCC), sviluppo e sicurezza umana in Arabia, Milano, Franco Angeli, 2009, p. 151.

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Nonostante le lentezze citate sopra, nel complesso, il processo di integrazione regionale è riuscito: a realizzare alcune grandi opere infrastrutturali per il miglioramento dei collegamenti tra i Paesi membri, per esempio il ponte tra il Bahrein e la provincia orientale dell’Arabia Saudita; a creare una serie di istituti, organizzazioni e uffici regionali; a procedere alla revisione del testo originario dell’Accordo Economico Unificato, con cui nel 2001 si sono definite le nuove linee guida per un effettivo processo di integrazione economica; ad adeguare la tariffa comune - con dazio del 5% sulla maggioranza dei prodotti – e creare un’unione doganale effettiva dal primo Gennaio 2003; a creare un mercato comune, con il riconoscimento della piena libertà di circolazione delle merci, dei capitali e dei lavoratori del GCC a partire dal primo Gennaio 200895.

Non vi è dubbio che l’unione doganale abbia rappresentato un passo molto importante per la formazione di un mercato comune nella regione. L’andamento del volume di scambi interni è molto indicativo in questo senso, infatti, dopo esser cresciuto molto lentamente per due decenni, ha conosciuto un’impennata

95 E. Maestri, La regione del Gulf Cooperation Council (GCC), sviluppo e sicurezza umana in Arabia, Milano, Franco Angeli, 2009, p. 153.

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dal 200396.

Si sono create nuove condizioni che sembrano aver aperto anche la strada ad un rafforzamento del potere negoziale del GCC come blocco economico, sia nei confronti dei vari partners commerciali, sia nei confronti di altre organizzazioni di cooperazione economica97.

3. 1988, Accordo di Cooperazione: evoluzione, limiti e traguardi del dialogo GCC-UE

La prima forma di dialogo UE-GCC la ritroviamo nella proposta avanzata dall’allora ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher nel 1980, il quale propose al Consiglio dei Ministri Europei di concludere accordi bilaterali con tutti i Paesi del Golfo98. L’iniziativa non venne accolta con particolare

96 Ibidem, p. 156.

97 “Al-bajan al-sahafi li-l-daurah al-thaminah wa al-thamanin li-l-Majlis al-Wizari”, Comunicato stampa dell’ottantesima sessione del Consiglio Ministeriale 8.09.2003.

98 B. Szajkowski, “EU-GCC Relations in the Framework of the Gulf-Europe relationship”, Unfulfilled Potential: Exploring the GCC-EU Relationship, ed. C. Koch, Dubai, Gulf Research Center, 2005, p. 15.

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entusiasmo poiché i rappresentanti del Golfo credevano che tutto ciò fosse legato al bisogno di assicurarsi un accesso facilitato alle riserve energetiche della regione, e temevano che l’entusiasmo potesse svanire una volta che l’Europa si fosse assicurata le forniture di cui aveva bisogno99.

I colloqui in merito alla possibilità di stringere un accordo con i Paesi del GCC iniziarono nel 1985; formalmente però, le relazioni istituzionali tra il Gulf

Cooperation Council e la Comunità Europea hanno avuto inizio il 15 giugno

1988. Erano presenti al momento della firma dell’Accordo Hans-Dietrich Genscher, Presidente delle Comunità Europee, Claude Cheysson portavoce della Commissione Europea, il principe saudita Saʿūd b. Faysal bin ʿAbd al-ʿAzīz al- Saud nel ruolo di Presidente del Consiglio Ministeriale del GCC e Abdullah Bishara come Segretario Generale del GCC. Entrato in vigore il 1 gennaio 1990, l’Accordo di Cooperazione aveva come obiettivo quello di trasformarsi in «una base solida per la cooperazione in tutti gli ambiti rilevanti per le relazioni bilaterali»100.

Il dialogo venne impostato su base interregionale per soddisfare un duplice obiettivo: puntava ad evitare la formazione di negoziati bilaterali con i vari Paesi membri del GCC e puntava a promuovere il regionalismo101. L’Accordo

trattava diversi temi: relazioni economiche, agricoltura, energia, investimenti e tecnologia102. Gli obiettivi principali erano: il rinsaldamento delle relazioni

economiche tra le due istituzioni; l’intensificazione dei commerci EU-GCC e degli investimenti reciproci; il rafforzamento dell’interdipendenza regionale. Unendosi nell’Accordo di Cooperazione, le due parti riconoscevano l’importanza oggettiva delle loro relazioni, che si basavano su una correlazione economica ed energetica103.

Tuttavia, a partire dalla firma dell’Accordo, le relazioni tra EU e GCC

99 Z. Wieczorek, «Report Drawn up on behalf of the Committee on External Economic Relations on Trade Relations between the ECC and the Gulf State, Working Documents (1980-1981)», Second Edition, European Parliament, Luxembourg, August 14, 1981, da B. Balamir-Coskun e B. Demirtas-Coskun, Neighborhood Challenge: European Union and its Neighbors Boca Raton, Universal Publishers, 2009, p. 167.

100 G. Luciani e T. Schumacher, Relations Between the European Union and the Gulf Cooperation Council, Past Records and Promises for the Future, Dubai, Gulf Research Center, 2004, p. 26.

101 A. Echagüe, The European Union and the Gulf Cooperation Council, FRIDE Working Paper n. 39, Maggio 2007, p. 2.

102 eeas.europa.eu/gulf_cooperation/index_en.htm

103 S. Colombo, Bridging the Gulf: EU- GCC Relations at a Crossroads, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014, p. 17.

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hanno dovuto percorrere una strada parecchio travagliata; i rapporti economici sono stati caratterizzati da un andamento altalenante e deludente che, a partire dal 1992, si è concentrato all’interno di tre gruppi di lavoro riguardanti energia, ambiente e industria104. Fu poi nel 1995, che si decise di ampliare il raggio di

azione in ulteriori tre aree: business, media ed educazione superiore105, seguendo

il principio del co-finanziamento.

Si tenne un summit a Granada che si focalizzava su tre punti principali che riguardavano: l’incremento della cooperazione economica e avanzamento di soluzioni per sbloccare i negoziati in corso relativi al libero scambio; il rafforzamento del dialogo EU-GCC; lo sviluppo di strumenti di cooperazione atti a promuovere una maggiore mutua conoscenza e comprensione, specialmente nei due ambiti scientifico e culturale106.

Le decisioni prese in questa sede, vennero approvate dal Sesto Consiglio Ministeriale Congiunto tenutosi a Lussemburgo nell’aprile del 1996107. Tuttavia,

i risultati in questi ambiti di azione non sono stati ottimali e pertanto le parti si concentrarono nuovamente sulle questioni relative all’economia e sull’accordo di libero scambio.

Fu all’interno dell’undicesima sessione del Consiglio Congiunto che si tenne in Bahrein nell’aprile del 2001 che venne constatata l’assenza di progressi rilevanti nelle relazioni tra le due parti108. Solo dopo le tragiche vicende dell’11

settembre 2001 l’Unione Europea si sforzò di fornire un nuovo impulso alle relazioni con il Golfo, nel tentativo di mostrare il proprio favore nei confronti della transizione politica che si stava verificando in alcuni dei Paesi della regione. Il segnale di questo rinnovato interesse si manifestò nella volontà di insediare una delegazione della Commissione a Riyadh, nel 2002109.