1. La sicurezza “regionale”
1.2 La sicurezza marittima
Un aspetto importante che rientra nell’ambito della sicurezza nella regione del Golfo Persico è quello della sicurezza marittima. Questa riguarda diversi aspetti che vanno dalla libertà di navigazione, alla capacità di contrastare le minacce rappresentate da pirateria, terrorismo, traffico di droga, traffico di persone e proliferazione di armi di massa distruzione (WMD) e l'inquinamento marino. Il GCC è pienamente consapevole delle potenziali minacce alla sicurezza marittima al largo delle coste dei suoi Stati membri. Le minacce possono essere associate anche a questioni interne, in particolare per quanto riguarda lo stretto di Hormuz e la controversia su Abu Musa e isole limitrofe che interessano gli Emirati Arabi Uniti e l'Iran. Partendo da un’analisi sommaria del quadro normativo della sicurezza marittima, uno degli strumenti principali risulta essere la Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS). Tutti gli Stati del GCC l’hanno ratificata ad eccezione degli Emirati Arabi che restano invece vincolati al diritto internazionale consuetudinario.
In realtà, sia la Convenzione di Ginevra del 1958165 che UNCLOS consentono il libero passaggio attraverso il mare territoriale, ma non viene
163 M. Indyk, Middle East Policy, vol. III, no. 1, 1994, p. 2.
164 F. Gregory Gause III, Oil Monarchies, domestic and security challenges in the Arab Gulf States, New York, Council of foreign Relations, p. 179.
165 La Convenzione di Ginevra del 1958 sul mare territoriale è una delle quattro Convenzioni nate in occasione della prima Conferenza della Nazioni Unite sul diritto del mare che si concluse il 29/04/1958. Le altre tre Convenzioni sono: Convenzione sulla pesca e la conservazione delle
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specificato se ciò è ammesso anche alle navi da guerra. Tuttavia, poiché entrambe le Convenzioni contengono norme sulle misure che possono essere adottate contro le violazioni poste in essere dalle navi da guerra, si può sostenere che le regole sul passaggio valgano anche per questo genere di navi. È comunque in dubbio se il passaggio di navi da guerra debba essere subordinato al consenso dello Stato costiero, tramite una notifica precedente al passaggio, o meno. Se la questione non sembra ben definita per quanto riguarda il passaggio di navi nel mare territoriale sia da parte della Convenzione sul mare territoriale che da parte del diritto consuetudinario, l'articolo 16, par. 4 della Convenzione di Ginevra chiarisce che è consentito, previo assenso degli Stati rivieraschi, il diritto di passaggio negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale che collega due parti dell'alto mare, o una parte dell'alto mare e il mare territoriale di uno Stato straniero. Come anticipato sopra, una delle cause di tensioni che riguardano i Paesi del Golfo rientra nella questione relativa allo Stretto di Hormuz, che è l'unico corso d'acqua che consente l'ingresso nel Golfo Persico. Uno degli Stati che confina con lo stretto è l’Iran che non è parte dell'UNCLOS e pertanto ammette il passaggio delle navi da guerra solo dopo aver ricevuta notifica. In tempi di crisi, L'Iran ha minacciato di chiudere lo Stretto, o almeno la parte che rientra nelle sue acque territoriali. Durante la guerra Iran-Iraq (1980- 1988), l'Iran inizialmente dichiarò che avrebbe lasciato lo stretto aperto alla navigazione, poi cambiò idea dichiarando che la parte che rientra nelle sue acque territoriali era una zona di guerra. Le minacce dell'Iran di chiudere lo Stretto di Hormuz si sono spesso ripetute, non arrivando mai a un nulla di fatto. Con UNCLOS venne creata anche la nozione di mari chiusi e semichiusi. Secondo l'articolo 122, ci sono due definizioni. Il primo prende in considerazione fattori geografici e definisce un mare chiuso o semichiuso come
«Un golfo, bacino o mare circondato da due o più Stati e collegato ad un altro mare o oceano da uno stretto sbocco». La seconda definizione tiene conto degli elementi giuridici, definendo un mare chiuso o semichiuso come «un golfo o mare costituito interamente o principalmente da mari territoriali ed esclusivi zone economiche di due o più Stati costieri». Il Golfo rientra nella prima
risorse biologiche dell’alto mare; la Convenzione sull’alto mare; la Convenzione sulla piattaforma territoriale. Da A. Arbasino, Le convenzioni di Ginevra di diritto del mare, Padova, Cedam, 1981, p. 20
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definizione poiché è collegato all’Oceano Indiano da uno stretto sbocco, cioè lo Stretto di Hormuz. La nozione di mari chiusi o semichiusi non comprende, come necessario ingrediente, l'istituzione di una zona di pace. L'Iran vorrebbe rimuovere le potenze navali esterne dal Golfo Persico, idea in contrasto con gli accordi di difesa conclusi dagli Stati del Golfo166 e con le marine straniere che
non sono pronte ad abbandonare il Golfo, vista la posizione strategica della regione. La proposta di istituire zone di pace è stata, in linea di principio, contrastata poiché la sua applicazione ridurrebbe la libertà di navigazione in alto mare, così come quello dell'autodifesa collettiva. La proclamazione dell'Oceano Indiano come zona di pace avrebbe un impatto negativo sul sicurezza del Golfo e dei paesi del GCC, poiché il Golfo è separato dall'Oceano Indiano da un piccolo passaggio, Hormuz, e ciò impedirebbe alle marine occidentali di onorare i loro impegni di difesa con gli Stati confinanti con i paesi del Golfo. Lo stesso risultato negativo si raggiungerebbe trasformando il Golfo in una zona di pace. In questo contesto, anche le controversie territoriali hanno un impatto. Una controversia di spicco riguarda la sovranità su Abu Musa, rivendicata sia dagli Emirati Arabi Uniti che Iran. L'isola fu occupata dal Regno Unito nel 1921 e successivamente ceduta in amministrazione all'Emirato di Sharijah. Nel 1971 un
memorandum d'intesa è stato firmato da Sharijah e Iran, stabilendo
un'amministrazione congiunta, e le entrate petrolifere vennero equamente divise dalle due parti. Tuttavia, contrariamente al memorandum, L'Iran ha occupato l'isola. Il 17 aprile 2012, gli Stati membri del GCC hanno condannato la continua occupazione iraniana di Abu Musa, Tumb maggiore e Tumb minore. La controversia doveva essere risolta in modo pacifico ai sensi del Capitolo VI della Carta delle Nazioni Unite. L'articolo 33 elenca una serie di metodi, che vanno dalla negoziazione alla soluzione giudiziaria. L'articolo 36 privilegia la possibilità di rivolgersi alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). Mentre gli Emirati Arabi Uniti sarebbero disposti a portare la questione davanti all'ICJ, l'Iran ha rifiutato questa opzione.
Un altro aspetto importante che riguarda la sicurezza marittima è quella del terrorismo. Contro questo, venne firmata nel 1988 una Convenzione a Roma
166 M. Alani, “Toward a Comprehensive Maritime Security Arrangement in the Gulf”, in E. Laipson and A. Pandya (eds.), The Indian Ocean. Resource and Governance Challenges, Washington, Stimson Center, 2009, p. 31-41.
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sulla Sicurezza della navigazione marittima (SUA). Tutti gli Stati membri del GCC hanno ratificato tale Convenzione insieme al protocollo sulle piattaforme fisse, molto importanti per i Paesi del Golfo. Nel 2005 venne aggiunto un ulteriore protocollo che non si occupa solo di armi nucleari, ma anche di armi batteriologiche, chimiche e nucleari (armi BCN). Il protocollo stabilisce una serie di reati che gli Stati sono stati obbligati ad inserire nei loro codici penali e contiene disposizioni sulla cooperazione legale, come l'estradizione. All’interno di questo contesto si inserisce un ulteriore crimine, di origine antica, che colpisce la navigazione commerciale: la pirateria. La legge sulla pirateria appartiene al diritto internazionale consuetudinario ed è stato codificato sia nella Convenzione di Ginevra del 1958 che in UNCLOS167. Anche se dal 2012 la pirateria è in diminuzione, i Paesi del GCC vogliono continuare a svolgere un ruolo attivo nella lotta contro questa168 così come contro la presa degli ostaggi. Per questo motivo, gli Stati del GCC fanno parte della Convenzione internazionale contro la presa di ostaggi, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1979. La Convenzione non si applica nel caso di sequestro di ostaggi “domestici”. Secondo l'articolo 1, il reato in questione viene commesso ogniqualvolta una persona sequestra o detiene e minaccia di uccidere un'altra persona per costringere una terza parte a fare o astenersi dal compiere qualsiasi atto come condizione esplicita o implicita per il rilascio dell'ostaggio169. La Convenzione non vieta il pagamento del riscatto e,
nonostante ciò, uno dei problemi più gravi nella lotta alla pirateria è la punizione degli autori del reato. Spesso i pirati vengono catturati e successivamente abbandonati sulla costa, poiché la nave che li cattura non è disposta a tenerli in custodia o a consegnarli alle autorità dello Stato a cui la costa appartiene. La cooperazione con gli Stati confinanti è quindi essenziale. Una possibilità per i Paesi del GCC potrebbe essere quella di istituire un tribunale regionale per i pirati catturati nell'Oceano Indiano e nel Golfo di Aden ma, finora, un'idea del genere non è stata ancora sviluppata. La dichiarazione finale della seconda Conferenza contro la pirateria degli Emirati Arabi Uniti tenutasi a Dubai nel
167 Artt. 100-107 e Art. 110, paragrafo 1, lettera a)).
https://www.un.org/depts/los/convention_agreements/texts/unclos/unclos_e.pdf
168 UAE Counter Piracy Conference, A Regional Response to Maritime Piracy: Enhancing Public-Private Partnership and Strengthening Global Engagement, http://www.counterpiracy.ae.
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2012 seppur riconoscendo la necessità di rafforzare la risposta giudiziaria alla pirateria non ha sollevato l'idea di istituire tribunali internazionali regionali170.
Tra gli strumenti più rilevanti per combattere la pirateria vi è il codice di condotta di Gibuti, strumento di soft law che è stato adottato a gennaio 2009 e stabilisce una serie di misure che gli Stati possono adottare. Infine, gli Stati membri del GCC hanno posto in essere un'iniziativa per la sicurezza contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. È nato quindi il Proliferation
Security Initiative (PSI), strumento di soft law mirato a contrastare la
proliferazione di ADM via mare, terra e aria. Grazie a questo, gli Stati possono agire nella misura consentita dal diritto internazionale che consente loro di ispezionare ed eventualmente sequestrare materiale sospetto presente all’interno di navi straniere171. In questo contesto, rilevante risulta la presenza delle navi statunitensi nelle aree del Golfo Arabico, il Mar Arabico e il Golfo dell'Oman. Nel 2012 infatti, tutti e sei gli Stati del GCC, membri del PSI, si sono uniti alle esercitazioni nel Golfo con gli Stati Uniti.
2. Nuove forme di protezione all’interno del GCC: la Peninsula Shield Force