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Appunti per disegnare una mappa del consenso a re Arduino

OSPITALE DI SAN BARTOLOMEO ‐ 2008

3 GELICHI, LIBRENTI, MICHELINI 200.

4 http://www.archeobologna.beniculturali.it/mo_formigine/colombaro/scavi_2016-2017.htm. 5 BENENTE 2008.

6 GELICHI 2018. Sulla questione PEYER 1999, pp. 156-177.

6. Ospitali benedettini in età basso medievale. San Bartolomeo a Spilimberto di Modena: storia, archeologia e salute

un complesso che non assumerà mai una veste moderna, ma procederà per progressive espansioni, con l’adeguamento degli spazi alle nuove necessità 7. L’analisi degli alzati e di una serie di peculiarità nei

contesti paleoantropologici ha rappresentato un segnale significativo dell’attenzione alla specificità del contesto.

Non meno interessante la Commenda del Pre’ a Genova 8, caratterizzato da una stratificazione strutturale di

ambienti che corrisponde ad una stratificazione sociale.

Altrettanto interessante, ma su basi diverse, è l’esempio di Parma 9, per il quale disponiamo di informazioni

circa la situazione che precede la nuova costruzione degli anni ‘70 del quattrocento, che mettono in luce la complessità del contesto, contraddistinto da edifici nettamente separati per genere. Tralasciando la chiesa con la relativa sagrestia, possiamo notare che gli uomini erano ospitati nella struttura principale, probabilmente la più grande, detta Hospitale Magnum, che sorgeva accanto all'edificio di culto nella vicinia di San Giacomo. Le donne invece erano accolte in un altro stabile forse dislocato ad oriente. Qui si trovavano anche gli alloggi della comunità di sorores. Al contrario, i fratres ed il rettore dell'ospedale non risiedevano insieme ai poveri e ai pellegrini, ma nella Domus Magna, un edificio, probabilmente di notevoli dimensioni, distribuito su due piani ed articolato in numerosi ambienti dalle precise caratteristiche funzionali. Possiamo notare che l'edificio deputato all'accoglienza delle donne aveva una capienza sensibilmente inferiore a quella riservata agli uomini, sono infatti registrati soli 46 letti a fronte degli oltre 70 conteggiati nell'Hospitale Magno. Se questa disparità numerica poteva essere legata da un lato a necessità di tipo pratico, la minore presenza di donne in viaggio, ad esempio, da un lato concorrevano a definirla anche nozioni di tipo medico-sanitario. Attraverso il confronto con altre esperienze ospedaliere, si desume che la malattia della donna era concepita diversamente da quella dell'uomo. La prima era infatti una questione prevalentemente morale, il corpo femminile, le sue affezioni e la sua fisiologia passavano decisamente in secondo piano rispetto alla salute dell'anima, sulla quale si concentrava la maggior parte degli interventi assistenziali. Altri edifici, di dimensioni minori, erano invece destinati allo stoccaggio delle derrate alimentari provenienti dalle proprietà agricole dell'istituto, al ricovero dei cavalli, dei bovini e del pollame e agli alloggi dei bovari.

Con l’emergere degli ospedali urbani osserviamo anche l’esplodere dell’interesse architettonico alla questione delle strutture ospedaliere da parte dei contemporanei, di pari passo con lo sviluppo di un approccio più razionale alla medicina. Un rilievo particolare assume il periodo tra XV e XVI secolo, in cui si assiste ad un passaggio cruciale tanto nella concezione della funzione dell’assistenza quanto in quella dei suoi strumenti. La fine del XV secolo è il momento in cui si elabora una sostanziale frattura con la già mal sopportata concezione della povertà in senso cristiano, a favore di una sua lettura in termini economici 10,

periodo che vede il sorgere una serie di inedite iniziative destinate all’attenuazione delle forme di disagio, fisico ed economico innanzitutto, e vede la realizzazione di grandi ospedali che potremmo definire moderni, se non per tecnologia medica almeno per organizzazione. I grandi complessi cruciformi rinascimentali di impronta filaretiana rappresentano solo la punta emergente di una realtà in via di massiccia trasformazione, anche se a livello amministrativo non si consuma necessariamente una frattura in senso laico con i precedenti modelli di gestione.

Le nuove strutture sono caratterizzate da un impianto cruciforme che pare divenire la regola alla quale tendono numerose costruzioni, anche già esistenti, come nel caso in S. Maria Nuova di Firenze, dove il complesso evolve da uno dei corpi distinti per uomini e donne 11.

I grandi ospedali cruciformi rinascimentali, sorti a partire dalla metà del XV secolo, rappresentano solo la punta emergente di una realtà, non solo materiale, in via di massiccia trasformazione, anche se a livello amministrativo non si consuma necessariamente una frattura in senso laico con i precedenti modelli di gestione 12. Si tratta di forme emergenti che tendono ad una dichiarata specializzazione medicale all’interno

di un panorama fatto non solo di ospitali di stampo ancora medievale, dove si praticano forme di assistenza largamente generica nelle mani di confraternite, privati o istituti religiosi. Gran parte del restante del panorama è costituito da una serie di istituzioni orientate sovente su forme specifiche di disagio non solo fisico, come orfani, esposti, donne sole o a rischio, nobili immiseriti 13. Vale intanto la pena di segnalare

come, già ad una prima osservazione, il concetto di assistenza vada ad abbracciare un panorama estremamente ampio e variegato, contrassegnato da una forbice amplissima che va dalla specialistica medica alla dote matrimoniale. Proprio la tendenza alla specializzazione di funzioni è certamente uno dei tratti dominanti di questa fase che si distacca nettamente dalle originarie pratiche medievali 14 e che si

caratterizza in progressivi mutamenti delle strutture e della concezione del bisogno.

7 AA.VV. 1986; BOLDRINI E., PARENTI R. 1991. 8 ROSSINI G. 1992.

9 MOINE 2013.

10 WOOLF 1988, pp. 33-37. 11 HENDERSON 1997.

12 Si veda sulla questione a WOOLF 1988, pp. 28-29. 13 IBIDEM., p. 29.

I termini dell’assistenza divengono il prodotto di una elaborata serie di distinguo, che accomunano cattolici e protestanti, ma soprattutto profondamente radicati in una matrice culturale ed economica prettamente urbana. Si elaborano discrimini tesi a separare le varie categorie dell’inabilità da quelle della povertà pura e semplice, in qualunque modo potesse essere indotta. In un mondo ove percentuali imponenti di popolazione sono a rischio di povertà per assenza di riserve, visto il loro tenore economico, masse di disperati sono frequentemente alle porte delle città gonfiando il numero già consistente di derelitti e marginali 15. Sappiamo

però che l’assistenza sociale dell’Ancienne Regime rappresenta una realtà infinitamente più complessa, ben altro che il frutto della sola emergenza, e che si esplica frequentemente in forme graduali di supporto, promuovendo istituzioni che possono prendere spunto nella degenerazione della morale come in quella della gerarchia sociale o della salute. In un quadro di questa complessità si è rilevato non possiamo trascurare l’apparire di strutture, funzionali anch’esse al controllo della povertà, ma di natura profondamente diversa, come gli istituti ove si pratica lavoro coatto in ambito di restrizioni della libertà individuale. Si tratta di un tassello determinante all’interno di questo mosaico di iniziative in via di evoluzione, rappresentato dalle forme coatte di ricovero 16, anche se la prigione di massa in quanto elemento regolatore della marginalità

sociale, trova il suo esito in ambito europeo solo in complessi come l’Hotel Dieu parigino 17 o i bridewells

inglesi 18.

Nel labile margine che separa tra di loro una serie di queste iniziative, in parte prive di un qualsiasi connotato che possiamo intuire archeologicamente percepibile, vale certamente la pena di distinguere almeno la porzione materiale di questo meccanismo, ossia i complessi sorti fisicamente con scopi sociali di assistenza di massa, anche se possiamo trascurare che un gran numero di istituti religiosi integra queste funzioni con l’originaria destinazione monastica. I viandanti che continuano a percorrere la rete stradale extraurbana per pellegrinaggi o altri scopi non sembrano fruire di trasformazioni sostanziali del tessuto ospitaliero in questi secoli, mentre le istanze paiono gravitare piuttosto sulle tensioni urbane che si manifestano in malattie, miseria, abbandoni 19.

L’attenzione prestata dagli archeologi alle strutture assistenziali di qualunque tipo risente spesso di una scarsa percezione delle peculiarità di simili complessi. Un tentativo di analisi delle indagini condotte negli anni su questi contesti ha fatto emergere, almeno per alcune regioni, un quadro disorganico, che ne ha sconsigliato il censimento praticato per altri tipi di strutture. Il numero di interventi condotti su questo patrimonio di dimensioni enormi ha spesso trascurato quelli che erano alcuni dati specifici riferibili alle fasi d’uso da parte di simili istituti. Se pur evitiamo di considerare i lavori il cui interesse era mirato strettamente a fasi precedenti, spesso anche le indagini più attente hanno scontato la scarsa percezione degli elementi di contestualità a vantaggio di una lettura sequenziale, che concludeva in genere la cronologia includendo in più occasioni le strutture in un limbo di tracce prive di specifica funzionalità. In questo quadro è doveroso però evidenziare alcuni lavori, segnati spesso dal peso determinante di una valida programmazione complessiva, che rappresentano fattivi esempi di sensibilità alla specificità del dato, pur nella varietà degli approcci. Si tratta di casi che ci paiono assolutamente rilevanti quanto a valore di campionatura rispetto alla questione nel suo complesso. Ci riferiamo ad una serie di indagini che hanno operato coscientemente sulla natura specifica di simili depositi al fine di documentare innanzitutto aspetti materiali riferibili ai materiali di consumo e, anche se meno sistematicamente, agli aspetti strutturali. Facciamo riferimento, quindi, alle precoci analisi di Gabriella Pantò sui contesti di Vercelli 20, ai lavori di scavo e lettura di alzato dell’Università

di Siena su S. Maria della Scala 21, allo scavo dell’immondezzaio nel Conservatorio delle Cittelle di S.

Caterina della Rosa a Roma edito nell’ambito del progetto della Crypta Balbi 22 ed ai lavori sulla Commenda

del Prè di Genova 23. Recentemente, inoltre, dopo il precoce lavoro sull’ospedale di Tea 24, altri studi di

ambito ligure si sono appuntati sul problema degli ospitali stradali e della loro evoluzione in età moderna, a volte altamente incongrua rispetto alla funzione originaria 25. La validità di indagini nell’ambito

dell’assistenza, comunque, ci pare fornita innanzitutto dalle spiccate peculiarità di una serie di contesti in ambito urbano.

Gli scavi condotti a Vercelli e Siena, ad esempio, permettono di evidenziare notevoli specificità dal punto di vista delle restituzioni paleoantropologiche, con gruppi eterogenei per età e patologie 26, pratiche alimentari

15 Sulla questione GEREMEK 1973.

16 IBIDEM., pp. 138-141. Le misure ebbero carattere provvisorio in relazione al rischio di epidemie. 17 LI CALZI, SANDOLO, FONTANA 2008, pp. 170-173; GEREMEK 2001, pp. 232-238.

18 JOHNSON 1996, p. 117: “A Norwich i prigionieri lavoravano dalle 5 am in estate e dalle 6 alle 7 o 7,30 pm in inverno, con mezz’ora per mangiare e quindici minuti per pregare”. GEREMEK 1995, p. 227-230.

19 Ricordiamo anche per la specificità delle informazioni i lavori su Venezia: AIKEMA, MEIJERS et alii 1989. 20 Ci riferiamo innanzitutto a PANTO’ et alii 1984.

21 BOLDRINI, PARENTI 1991.