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In Israele Clara scopre che molto della vita di nonna Xenia le era stato taciuto. Negli archivi trova moltissimo materiale appartenutole, esaminando il quale rinviene delle discrepanze con quello che lei aveva sempre creduto: Xenia non era priva di parenti e negli anni aveva mantenuto una corrispondenza con il fratello, la cognata, la suocera e il nipote; aveva conservato ritagli di giornale sui terroristi russi annotati da lei a margine. Con la scrittura aveva, quindi, avuto un intenso rapporto durante tutta la vita e la sua grafia era molto simile a quella della figlia. La tomba della nonna, che Clara va a visitare, è costituita da una lapide in cui è riportato solo il nome, scritto grande, come di chi è talmente amato e apprezzato da non necessitare del cognome.

Una fotografia di Xenia si trova in biblioteca ed è ancora custodito il fiore secco che le aveva regalato Lev, raccogliendolo dai muri della fortezza di Pietro e Paolo dove venne poi giustiziato.

Al suo ritorno in Italia, anche Vittorio Foa invita Clara a raccontare Xenia per quella che era stata, cioè una rivoluzionaria, e a rettificare in tal modo la descrizione che, invece, aveva dato di lei Xeniuška nel suo libro, in cui appariva una donna noiosamente iperprotettiva. Il lavoro che fa Sereni è, quindi, quello di studiare il materiale sulla sua famiglia per ricostruirne la vera storia, non quella parziale che le avevano tramandato e, in particolare, ricostruire la genealogia femminile di cui fa parte.

Nel volume Conversazioni di fine secolo curato da Iaia Caputo e Laura Lepri sono contenute varie interviste fatte a diverse autrici contemporanee, tra cui Clara Sereni. Una delle tematiche principali dell’intervista è quella della ricostruzione e riconciliazione della scrittrice con la genealogia femminile di cui fa parte. La giornalista nota che il più grande dolore per Clara consiste nel non riuscire ad inscriversi nel solco materno, evidente da ciò che emerge leggendo le pagine che lei dedica alla madre, ancora più crudeli di quelle in cui racconta del rapporto di Xeniuška con Xenia e dell’avversione della prima nei confronti della seconda. Clara afferma di non aver ancora perdonato la madre per la sua morte e la sua famiglia per averle trasmesso quell’immagine della genitrice, resa una figura esemplare, che

91 le ha solamente schiacciato e confuso le idee. Molto del rapporto tra le due Xenia, Clara sostiene di averlo inventato, soprattutto per quanto riguarda il periodo in cui sua madre era malata, ma basandosi su ricordi e rare testimonianze comunque rimaste. Sereni cerca di trovare una spiegazione al fatto che non le abbiano permesso di conoscere quella parte di famiglia:

una donna che si pensava in prima persona, se non mi avessero nascosta questa nonna, tante cose sarebbero state diverse per me. Se avessi potuto avere il suo modello femminile, chissà quanta strada mi sarei risparmiata. Invece no, dovevano cancellarla, altrimenti sarebbero saltate fuori tutte le contraddizioni di quello che mi volevano spacciare per il modello femminile in assoluto, quello materno. Quello della donna nuova che è quella che fa politica attraverso il suo uomo, e a questo dedica tutto il suo tempo, le sue energie, la sua intelligenza.31

Il modello di nonna che era stato trasmesso come esemplare alla nipote era quello di Alfonsa e Clara nota come sia giunta a lei la memoria delle figure femminili che maggiormente convergevano con un modello maschile (la madre e la nonna paterna, appunto), mentre le altre sono state cancellate, avvolte da silenzi e omissioni, come è stato per Xenia, ma anche, per esempio, per la zia Ermelinda.

Nonostante la differenza di carattere ed indole le nonne Alfonsa e Xenia sono state comunque in grado di avvicinarsi e scambiarsi parole di speranza in momenti difficili, come quando Alfonsa vince la sua ritrosia nei confronti della scrittura per confessare a Xenia la sua sofferenza, nel momento in cui viene a conoscenza del fatto che lei partirà presto per la Palestina. Questa è l’unica occasione del romanzo in cui la donna parla in prima persona, altrimenti mai si sentono le sue parole e la sua voce.

La famiglia di Clara è caratterizzata da una componente femminile rilevante: Emilio Sereni ha avuto cinque figlie, tre con la prima moglie, le altre due con una seconda compagna. I soprannomi delle tre figlie di Mimmo e Xenia ribadiscono i loro legami con la storia del Novecento: Lea, la maggiore, si chiama anche Ottobrina in onore della rivoluzione russa ed è la “figlia della clandestinità”; Marina è la “figlia della guerra”, concepita dopo il rilascio di Mimmo dal carcere, mentre Clara è la “figlia della pace”, nata nell’Italia già libera dai nazi-fascisti. La grande differenza d’età tra le sorelle è dovuta, appunto agli intervalli di tempo che il padre aveva passato in prigione a causa del credo comunista.

Lea, in Casalinghitudine chiamata Ada, ha diciassette anni più di Clara, si è sposata incinta e, poco dopo, si è trasferita in Cecoslovacchia con il marito, che rischiava il carcere

92 per motivi politici, attraversando la cortina di ferro senza passaporto. In seguito, è tornata in Italia insieme ai due figli e al nuovo compagno, svolgendo il lavoro di interprete. Lea è per Clara una sorta di custode della vita familiare, soprattutto quella con Xenia, che a lei non è stato possibile vivere. La sorella maggiore non ha un buon rapporto con la nuova compagna del padre e non le piace che Clara la consideri alla stregua di una madre.

Da lei Emilio ha avuto altre due figlie, Anna e Marta, chiamate Stefania e Micol in

Casalinghitudine. I rapporti tra le cinque ragazze non furono mai dei migliori e la differenza

d’età ne è un motivo non irrilevante: la compagna del padre è di un anno più giovane di Lea, che sarebbe potuta essere la madre di Clara, la quale, a sua volta, sarebbe potuta essere quella di Micol. I rapporti più stretti che sono riuscite a creare tra loro si basano sulla madre comune, ma Clara, data la sua posizione intermedia, non ha mai sentito di avere radici forti nemmeno in questo senso.

Il ricordo che Clara Sereni ha della madre è quello di «una bottiglietta azzurra di profumo con il tappo dorato, di un tocco amoroso delle mani. Di una distanza, forse cercata da me per evitare delusioni. E poi del letto, come se fosse tutto raccolto lì lo spazio che le era consentito di occupare […] Avevo imparato a toccarla con circospezione»32. Quando suo padre arrivava, chiudeva la porta lasciando la piccola Clara fuori, che, quindi, andava a cercare la zia Ermelinda, per trovare rifugio tra le sue braccia.

Ne Il gioco dei regni è presente un ricordo di Clara con sua madre legato al cibo e alla cucina: una cena con Xenia, durante la quale la bambina mangia senza fare capricci un piatto di spinaci sapendo che poi la aspetta un uovo al tegamino, di cui Clara era ghiotta: le piaceva intingere nel tuorlo bastoncini di pane.

Un’altra conseguenza della differenza d’età tra le figlie di Mimmo è che ognuna ha avuto un passato, una storia familiare e un rapporto con i genitori diverso: le sorelle maggiori sono cresciute con genitori giovani, Clara è rimasta orfana di madre da piccola, mentre le sorelle minori, oltre ad essere figlie di un’altra donna, hanno avuto un padre che poteva essere loro nonno. Una componente femminile così elevata in famiglia è stata, però, necessaria a fare da contrappeso all’unica figura maschile, dotata di grande autorevolezza, che faceva sentire pienamente il suo peso psicologico, nonostante fosse un padre molto assente. Clara è stata l’unica tra le sue figlie ad avere con Emilio un rapporto più intenso e

93 ravvicinato, anche se solamente per un periodo limitato corrispondente alla malattia di Xenia.

L’emblema della genealogia femminile ricostruita da Clara Sereni è l’orsacchiotto di pezza Miška regalato dal padre Lev a Xeniuška e passato indenne attraverso il secolo, sopravvissuto a viaggi, traslochi, guerra, nascite e morti. L’orsetto è il testimone che viene passato da una generazione all’altra, simbolo di continuità e legame tra loro, nonostante le diversità e le scelte che ognuno farà nella propria vita33. Miška è il compagno di Xeniuška nelle sue notti di bambina, da abbracciare per sentirsi amata e al sicuro. Dopo il suo matrimonio con Mimmo, il trasferimento nella nuova casa e la nascita della figlia Lea, sua madre Xenia va da loro in visita e porta come dono per la piccola proprio l’orsacchiotto Miška, che le mette accanto nel lettino, pensando che la figlia sarebbe stata contenta di quel gesto, di quel ricordo che le univa e che adesso includeva anche una nuova figura femminile nella genealogia, nella famiglia. Al contrario, Xeniuška si arrabbia, poiché il giocattolo con gli anni si sarà riempito di polvere e quindi non segue le norme igieniche consigliatele da Samuele per la piccola. Leuzzi, però, non vuole più staccarsi dall’orsacchiotto e Xeniuška glielo deve concedere, ma solo dopo averlo percosso a lungo in modo che se ne andasse ogni traccia di passato.

Dopo la morte della madre, zia Ermelinda mette tra le braccia delle piccola Clara insonne Miška, ormai vecchio, con il corpo tutto ricucito, i segni dell’usura evidenti e un odore, ormai indelebile, di polvere, traslochi ed esilio, che alla bambina pare buonissimo e la aiuta a dormire, poiché riesce a trovare conforto nell’abbracciare l’orsetto, l’emblema della genealogia femminile di cui è parte integrante. Non a caso le ultime parole del romanzo sono dedicate proprio a Miška:

Chi cambia ininterrottamente di posizione, da uno scaffale all’altro, dalla mia stanza a quella di mio figlio, è l’orso Miška, in questo momento pazientemente accoccolato nella libreria accanto a me fra un Bereshit rabbà e una Storia del Partito Comunista Italiano. Ma l’emozione che mi trasmette non muta, e sospetto che custodisca ancora molte eredità, nella sua pancia spelacchiata e consunta: che a premerla nel modo giusto, con attenzione e memoria, forse tuttora è capace di suonare.34

33 ADRIANA CHEMELLO, La «genealogia» riconosciuta di Clara Sereni, cit., p. 118.

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LA GENEALOGIA FEMMINILE IN MARIA ROSA