Alessandra, fin dalla più tenera età, non riesce a rassegnarsi ad accettare i soprusi degli uomini nei confronti delle donne considerate inferiori anche a causa dell’importanza che esse attribuiscono all’amore, per loro il sentimento più importante che regola tutti i rapporti umani e la vita nel mondo. Nella sua confessione, Alessandra, racconta, infatti, di vari episodi di violenza incontrollata, e spesso per lei stessa inspiegabile, che la vedono protagonista, fin dalla fanciullezza.
Il primo le accade a scuola: l’amica Natalia Donati è vittima di un brutto scherzo da parte di un compagno che le scrive alcune lettere, firmandosi col nome del giovane di cui la ragazza è innamorata. Alessandra cerca di parlare col colpevole spiegando che il sentimento di Natalia è autentico, ma per tutta risposta lui le confida che ha una nuova lettera in cui le dà appuntamento, ma, al suo arrivo, al posto dell’amato troverà dei compagni che rideranno
16 Ivi, p. 475.
43 di lei. Alessandra cerca di convincere il ragazzo a desistere dal suo intento provando a fargli capire quanto l’amore sia un sentimento fondamentale per una donna e quanto sbagliato sia scherzare con esso, ma lui continua a ridere e schernire il tutto, così Alessandra sente crescere una furia dentro di sé, afferra l’astuccio dei compassi e colpisce il compagno alla tempia, ferendolo. Eleonora aiuta la figlia a capire il perché della sua reazione: anche per Alessandra l’amore è essenziale e non si può scherzare al riguardo.
Madre e figlia decidono di non raccontare nulla ad Ariberto poiché, probabilmente, lui non capirebbe; gli uomini, spiega Eleonora, non valutano il peso delle parole o dei gesti come le donne, hanno bisogno di fatti concreti «e le donne sono sempre in torto di fronte ai fatti concreti»18.
Dopo aver constatato che ormai anche Alessandra è una donna e la sua adolescenza è finita confessa:
avrei voluto che tu fossi un ragazzo […] Gli uomini non hanno, come noi, tante sottili ragioni per essere infelici. Si adattano, gli uomini: sono fortunati. E io avrei voluto lasciare dietro di me un essere fortunato. Mia madre tentava a tutti i costi di staccarmi dalla musica, dai romanzi, dalla poesia: avrebbe voluto che io mi distraessi, fossi più forte di lei. Ero ancora piccola ed ella mi raccontava fosche e sanguinose vicende d’amore, sperando che in me nascesse un istintivo senso di difesa.19
Eleonora ricorda poi il modo di stringerla che aveva la madre, lo stesso che Alessandra riconosce tra loro e l’unico che riesce a immaginarsi potrà avere lei, in futuro, per abbracciare una sua eventuale figlia: un modo disperato che le fa provare pietà per la sua condizione di donna, ma la fa anche sentire parte di una genealogia femminile: «attraverso mia madre, e la madre di lei, e le donne delle tragedie e dei romanzi, e quelle che s’affacciavano nel cortile come alle sbarre della prigione, e le altre che incontravo in istrada e che avevano occhi tristi e ventri enormi, sentivo pesare su di me una secolare infelicità, una inconsolabile solitudine»20.
Il secondo episodio in cui Alessandra dimostra delle reazioni violente avviene durante il soggiorno abruzzese. La ragazza va a nutrire le galline, che subito accorrono per beccare il granoturco che lei aveva sparso; poco dopo sopraggiunge il gallo, un esemplare stupendo per la ricchezza e il colore delle piume, molto apprezzato dalla Nonna e del quale si era parlato perfino in paese. L’animale si avvicina maestosamente, si china sulle galline e le becca
18 Ivi, p. 48.
19 Ivi, pp. 48-49.
44 all’improvviso, mirando al collo, ferendole crudelmente una dopo l’altra, cosicché queste sono costrette a fuggire e a lasciarlo solo con il becchime rimasto, che esso mangia golosamente. Alessandra lo fa avvicinare a sé, allettandolo con una manciata di granoturco, poi lo afferra al collo con le mani, blocca con le ginocchia il suo corpo e stringe e tira fino a che non vede il gallo davanti a sé, morto.
Alessandra, inoltre, ha spesso l’impulso di ferire o picchiare il padre a causa della relazione anaffettiva che hanno, ma anche per il rapporto creatosi tra i genitori, per il modo in cui il padre si relaziona alla moglie Eleonora e alle sue aspirazioni artistiche, oltre al fatto che è stato, agli occhi della figlia, colui che ha portato la madre a gettarsi nel fiume e che, in seguito, l’ha completamente cancellata. Quando Alessandra torna a Roma a vivere col padre per frequentare l’università, dopo il soggiorno presso la Nonna, si ritrova in un nuovo quartiere nel quale Ariberto si è nel frattempo trasferito. L’arredamento delle stanze attuali non lascia nemmeno trasparire quella che era stata l’esistenza di Eleonora e, addirittura, il padre invita Alessandra a non parlare di lei perché lì nessuno dei nuovi vicini di casa sa ciò che è accaduto loro. Le finestre dell’appartamento, inoltre, si affacciano sul punto esatto del fiume dove sia la madre che il fratellino Alessandro erano annegati, dando alla ragazza la sensazione di vivere al cimitero.
Un gesto di estrema violenza, motivo per cui la donna si trova in carcere al momento della scrittura delle sue memorie, Alessandra lo compirà nei confronti di Francesco. Il delitto si situa all’apice di un periodo di presa di coscienza da parte della giovane che il suo sogno d’amore si stava incrinando. A differenza di quanto accaduto durante il corteggiamento e il fidanzamento, Francesco non le dimostra l’affetto e non le rivolge le attenzioni desiderati da Alessandra; inoltre, mostra di apprezzare Ariberto, considerandolo un brav’uomo, e di condannare Eleonora e il suo gesto, tanto che, per esempio, aveva raccontato alla madre che era annegata per disgrazia.
La notte dell’omicidio, mentre Francesco dorme, Alessandra lo chiama disperatamente con gli occhi, come ogni notte in cui hanno riposato insieme dal matrimonio, ma lui non risponde e lei sente dentro di sé salire l’ira. La visione delle spalle di Francesco, emblema del muro tra loro, la fanno sentire al pari di un cane rabbioso; ormai non può più sopportare le latitanze del marito nei confronti suoi e dell’amore che li unisce, non riesce a vivere quel sentimento come vorrebbe, non percepisce più la somiglianza tra il loro rapporto e quello di cui aveva fatto esperienza attraverso il sentimento che legava la madre a Hervey. In questa
45 alterazione, Alessandra vede accanto a sé Eleonora e la nonna Editta, che la osservano mentre continua a chiedere aiuto a Francesco, lo implora di tornare ai giorni felici del fidanzamento, nei luoghi dove la loro relazione ha avuto inizio, ricreando le situazioni e ripetendo le frasi, vivendo l’amore come allora. La giovane sente anche la voce della Nonna che le dice quanto, a suo parere, sia stata temeraria nell’aver scelto di non generare figli fino a quel momento, poiché non potrà dare la colpa di una sua eventuale infelicità con il marito ai sacrifici fatti per crescere la prole, ma la sconfitta peserà unicamente su di lei. La Nonna augura alla nipote di riuscire a trovare la felicità, come Alessandra crede di poter fare, insieme al marito, ma le chiede anche come reagirebbe se ciò non avvenisse. La risposta di Alessandra è sempre la stessa: se non ce l’avesse fatta si sarebbe ammazzata.
Così, quella notte, davanti alla mancata risposta di Francesco alla sua ennesima disperata richiesta di aiuto, Alessandra prende la pistola e se la punta alla tempia. Chiede nuovamente soccorso al marito, che la incita a dormire promettendo, come sempre, che avrebbero parlato il giorno seguente; allora l’ira la assale e Alessandra scarica la pistola nella schiena di Francesco.
Da quando si trova in cella, ogni sera, il marito la va a trovare, ora senza fretta né distrazioni. Discorrono insieme, lui non si stanca mai di guardarla, standole seduto di fronte sulla poltrona di casa e ciò fa riflettere Alessandra e la induce a credere che il suo gesto violento e disperato abbia fatto comprendere a Francesco l’amore che prova nei suoi confronti e che solo ora la riconosca nel modo in cui lei aveva sempre ambito di essere, amata da lui.