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Chi è il giovane Blanchot? L‟utilizzo di questa categoria, per parlare del Blanchot degli anni Trenta, implica il rischio di esseri malintesi; rischio oltremodo sgradevole, dopo tutto il discorso che ci ha impegnato sinora. Eliminiamolo subito: non si intende qui inquadrare una fase del suo percorso intellettuale, la prima, sottintendendo che si tratta di un Blanchot diverso dal “vero” Blanchot, che nascerà solo dopo; oppure, che siamo di fronte ai primi tentativi, all‟apprendistato del mestiere di scrivere, e dobbiamo studiarli con l‟emozione commossa di chi osserva i primi passi di un futuro corridore. Irrilevanza o immaturità, questo l‟implicito nascosto dietro la categoria di “giovinezza”. Si comprende perché sia problematico, fastidioso, anodino o, peggio, fuorviante il ricorso alla paternale calunnia Ŕ era solo… Ŕ o apologia Ŕ era ancora… Ŕ della giovinezza. Tale squalificante categoria finisce perciò, come abbiamo visto, per ostacolare, più che incoraggiare, le possibilità di comprensione del percorso politico e letterario di Blanchot negli anni Trenta. Essa è l‟intervento di uno sguardo retrospettivo che si crede (a torto) illuminante, solo perché uno sguardo non retrospettivo non riesce ad esserlo. Perché usarla, allora, correndo tali rischi? e in che modo caratterizzarla, per evitarli?

Se è possibile parlare della giovinezza di Blanchot è perché e nei termini in cui tale caratterizzazione non implica un giudizio della “maturità”. Se si può parlare di giovinezza, per l‟esperienza politica di Blanchot e di tutti i non-conformisti, è perché sono essi stessi a farlo, rivendicando la loro immaturità e la loro inesperienza come arma politica, facendo dell‟età anagrafica un fronte comune, una trincea generazionale contro la senescenza della Francia, di tutta la cultura occidentale in crisi, ribaltando i valori tradizionali e la pratica contingente della politica francese di questi anni,220 e già solo per questa ragione presentandosi con una allure contestataria, rivoluzionaria, scandalosa. La constatazione di una coniugazione ideologica della nozione di jeunesse, attraverso l‟esaltazione dell‟appartenenza a una stessa jeunesse, si configura dunque come una chiave di ingresso privilegiata per la comprensione del contesto in cui si inserisce la prima esperienza intellettuale di Blanchot. È l‟età anagrafica il primo, il più importante e il più generale criterio di definizione del progetto politico-culturale dei diversi movimenti del non-conformisme francese: nella sua vaghezza, l‟appello alla gioventù instancabilmente lanciato dagli esponenti di Ordre Nouveau, la Jeune Droite, Esprit, approfitta strategicamente della sua stessa indeterminatezza ideologica per allargare a dismisura il fronte degli aderenti, così come quello dei nemici: tutti i giovani sono chiamati alle armi contro il vecchio mondo, contro la vecchia classe dirigente, in una guerra che assume immediatamente i caratteri di una rivoluzione generazionale ed edipica. Se l‟appello

220 Il ricorso all‟“esperienza” del maturo uomo politico per la guida della Francia è una soluzione più volte

praticata in questi anni di estrema crisi politica: vedi l‟elezione a primo ministro del vecchio saggio Doumergue, dopo il 6 febbraio 1934; per non parlare del maresciallo Pétain, nel momento più difficile per la Francia, il luglio del 1940. In Le temps des assassins, René Vincent esterna tutta la sua delusione e la sua disillusione, dopo il fallimento dei moti del 6 febbraio, scagliandosi violentemente contro il vecchio Doumergue e La France

gouvernée par un grand-père (titolo del penultimo capitolo): cfr. René Vincent, Le temps des assassins, Paris,

Stock, 1935, pp. 231 et ss.. Blanchot, recensendo per «Aux écoutes» il pamphlet di Vincent, lo esalta aderendo anche lui a un‟estetica virilmente giovanile e, al contempo, classicamente maurrassiana: «Ce premier livre d‟un jeune écrivain est écrit avec une ardeur raisonnable, une éloquence mesurée, une âpreté et une flamme qui en font un livre de grand mérite. […] Son livre a le mouvement et la verve d‟un pamphlet. Il a la valeur objective d‟une histoire exacte» (Maurice Blanchot, Le Temps des assassins, par René Vincent, «Aux écoutes», 13 avril 1935, (882), p. 35).

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alla gioventù francese verrà raccolto soltanto da un‟infima minoranza di intellettuali,221

esso era stato però lanciato a tutti. Se non tutti i francesi aderiscono all‟appello non-conformista per il rinnovamento, la distruzione e la ricostruzione totale del mondo, tutti coloro che vi partecipano hanno però la stessa età, sono nati nei primi anni del secolo, e vedono in questa loro coappartenenza generazionale il simbolo di una possibile rinascita della Francia.

In tal senso, l‟idea di jeunesse è una categoria che, oltre che inquadrarla dall‟esterno, spiega dall‟interno, raggiunge il nucleo stesso dell‟ideologia dell‟esprit des années trente. Per questo motivo, tutti gli studiosi di quest‟epoca hanno insistito molto su tale nozione, inserendola al centro della loro interpretazione dei caratteri specifici del non-conformismo. Abbiamo già visto come Pierre Andreu, nel suo pioneristico lavoro di ricostruzione storica del 1957, definisse l‟oggetto del suo studio come jeunesse intellectuelle, valorizzando l‟unione che lo spartiacque generazionale favoriva, al di là delle differenze politiche tra i vari componenti di questa stagione. Loubet del Bayle, a sua volta, può coniare la sua categoria di

non-conformisme grazie a un testo del 1933 di Alexandre Marc e René Dupuis, esponenti di Ordre Nouveau, in cui proprio l‟idea di giovinezza è politicamente programmatica. Jeune Europe è infatti, prima che un excursus sulle gioventù rivoluzionarie dei principali paesi

europei, la dimostrazione del carattere “non-conformista” della gioventù in generale Ŕ «Nous n‟ignorons pas davantage que c‟est le propre de l‟adolescence et de la jeunesse que de prendre une attitude “non-conformiste” et de prétendre changer le “cours du monde”» Ŕ222

e di questa generazione, in particolare:

Pendant que tous les « pacifismes », naïfs ou cyniques, « idéalistes » ou intéressés, conduisent insensiblement l‟humanité à un nouveau massacre, ce sont les jeunesses « non-conformistes », les jeunesses révolutionnaires de l‟Occident qui incarnent le dernier espoir de la paix, la dernière chance de salut et renouvellement pour la civilisation occidentale.223

Se l‟idea di giovinezza rappresenta una chiave di lettura quasi obbligatoria per la comprensione dell‟ideologia del non-conformismo, è chiaro come una prospettiva metodologica “generazionalista” diventi dunque particolarmente fruttuosa; e, in effetti, questo sembra essere stato il metodo di studio immancabilmente adottato Ŕ anche se, talvolta, solo in maniera implicita Ŕ da coloro che si sono occupati del tema.224 Non accontentandosi di un‟evidenza non dimostrata, in un suo studio del 1987 Pascal Belmand ha sistematicamente applicato una serie di criteri della metodologia generazionalista per stabilire se si possa parlare, per il non-conformismo degli anni Trenta, di un phénomène de génération.225 Approfittiamo dunque del suo impegno per riassumere i dati che fanno dell‟universo del non- conformismo una realtà “generazionale”. Applicando alla realtà storico-culturale della gioventù non-conformista degli anni Trenta gli strumenti di analisi utilizzati da Sirinelli per altre epoche dell‟intellettualità francese,226

Belmand ha innanzitutto messo in luce una concordanza cronologica: i tre movimenti principali Ŕ la Jeune Droite, Ordre Nouveau, Esprit

221

Per tale ragione, non si dovrebbe parlare semplicemente di un fenomeno di “generazione” ma, come ha fatto Jean-François Sirinelli, di génération “intellectuelle”, per non dare l‟impressione di un‟intera popolazione di coetanei animata dagli stessi ideali.

222 René Dupuis e Alexandre Marc, Jeune Europe, Paris, Plon, 1933, p. XIII. 223 Ibid., p. XXIII.

224

Jean Touchard, Jean-Louis Loubet del Bayle, Jeannine Verdès-Leroux, come abbiamo avuto modo di vedere, insistono sull‟importanza del dato generazionale per spiegare l’esprit des années trente. Nella stessa prospettiva metodologica si situano anche lo studio già citato di Nicolas Kessler sulla Jeune Droite, e quello di Michel Winock su «Esprit» (Histoire politique de la revue Esprit : 1930-1950, Paris, Seuil, 1975).

225

Pascal Belmand, Les jeunes intellectuels de l’esprit des années trente. Un phénomène de génération, «Cahiers de l‟IHTP», novembre 1987, (6), pp. 49-63.

226 Cfr., in tal senso, lo studio teorico di Sirinelli che apre lo stesso numero dei «Cahiers de l‟IHTP» (ibid., pp. 7-

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Ŕ nascono quasi contemporaneamente227

e si sviluppano tutti nel periodo 1930-1933. Anche le date di nascita dei protagonisti di questi movimenti sono prossime, essendo la maggior parte di essi nati nel periodo 1903-08, o nelle prossimità di questi anni.228 Per tale ragione, i non- conformisti possono sviluppare una “coscienza generazionale”: è la solidarietà di fronte al “pericolo” della crisi totale di civilizzazione a tenere insieme lo spirito di tutta una generazione, a costruire un fronte comune. Quando questo cederà non scomparirà la percezione Ŕ nostalgica, per alcuni Ŕ di aver vissuto un‟irripetibile esperienza generazionale: «Il est difficile d‟imaginer, quand on ne l‟a pas vécu, la révolte qui soulevait alors la jeunesse intellectuelle Ŕ maurrassiens, marxistes, chrétiens Ŕ contre un monde d‟imposture qui lui faisait horreur».229 I coetanei non-conformisti hanno vissuto, in maniera analoga, le stesse tappe della stessa realtà storica Ŕ la guerra, il dopoguerra, la crisi economica, politica, sociale, i progetti di rinnovamento epocale, il loro impietoso fallimento Ŕ e la comunanza di tale esperienza, la loro percezione di come per più di venti anni i percorsi di ognuno siano stati tra loro paralleli, spesso coincidenti, non può che rafforzare il loro senso di coappartenenza generazionale.

Belmand mostra ancora come non solo gli appartenenti alla generazione si riconoscessero nella stessa esperienza collettiva dell‟epoca, ma anche i loro contemporanei li percepissero come “gruppo” : è solo grazie a tale percezione, ad esempio, che Paulhan potrà avere l‟idea di un Cahier de revendications in cui le idee delle diverse correnti delle giovani leve rivoluzionarie potessero essere espresse e acquistare visibilità: il numero di dicembre 1932 della «N.R.F.» fu la prima e la migliore occasione di rendere tangibile, concreto il fronte comune dei non-conformisti. E nello stesso senso, qualche mese dopo Paul Desjardins organizzerà una serata di Union pour la Vérité in onore dei “révolutionnaires non-

marxistes”.230 Tali eventi contribuirono a dare compattezza e omogeneità non tanto al progetto comune Ŕ essi furono anzi l‟occasione per la manifestazione delle prime diatribe e distacchi tra gli esponenti della Jeune Droite, di Ordre Nouveau e di Esprit Ŕ, quanto alla loro immagine pubblica, e a fornire agli stessi partecipanti ai movimenti non-conformisti l‟illusione dell‟esistenza di un fronte comune della jeunesse, illusione che persisterà ancora qualche tempo dopo la sua effettiva dissoluzione.231

Nello stesso senso, Belmand sottolinea quanto sia importante, per la formazione di una coscienza generazionale, il comune riferimento a degli eventi, a delle date simbolo che possano catalizzare le esperienze individuali in un mito collettivo. Singolarmente, però, egli non si sofferma su quello che, a mio avviso, nel caso specifico dell‟universo non-conformista è il più significativo di tali eventi. Gli avvenimenti del 6 febbraio 1934 sono carichi di un alto valore simbolico e si riveleranno uno spartiacque di fondamentale importanza: essi rappresentano il momento in cui, allo stesso tempo, il movimento non-conformista sembra realizzarsi e invece si disgrega, scopre le proprie potenzialità rivoluzionarie e fa l‟esperienza definitiva del fallimento del progetto epocale da esso incarnato. Per tale motivo, al di là

227 I «Cahiers» diretti da Jean Maxence sono in realtà nati nel 1928, anche se solo a partire dall‟inizio degli anni

Trenta essi evolveranno verso un messaggio ideologico definitivamente contestatario e non-conformista.

228

Si tratta proprio della “generazione del 1905” analizzata da Jean-François Sirinelli, nel suo già citato

Génération intellectuelle, classico degli studi generazionalisti che, sfortunatamente per noi, si arresta proprio alle

soglie degli anni Trenta.

229 Pierre Andreu, «Arts», 28 mars 1956, (561), citato in Jean-Louis Loubet del Bayle, Les non-conformistes des

années 30, cit., p. 199.

230

Il dibattito della serata (animato dagli interventi di Maulnier, Maxence, Daniel-Rops, Rougemont, Dandieu, Mounier, Izard e André Chamson) verrà riproposto nel numero speciale della «Revue Française» dell‟aprile 1933, con contributi scritti nell‟occasione anche da Blanchot, Fabrègues, Francis, René Dupuis, Jean Jardin, Alexandre Marc. Gli interventi di Mounier e Izard verranno invece pubblicati su «Esprit»: altro chiaro segnale di distanza, preannuncio dell‟allontanamento definitivo che avrà luogo dopo gli eventi del 6 febbraio 1934.

231 Osservando quanto si rivelerà superficiale questa pretesa solidarietà generazionale, quanto quello che Jean

Touchard denominerà l’esprit de 1930 sia probabilmente solo un‟illusione storiografica, riconosciamo tuttavia in essa un‟illusione significativa, proprio perché è un mito che nasce e si nutre dell‟atmosfera di quegli stessi anni.

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dell‟effettiva importanza storica degli avvenimenti di quei giorni,232

con tanta insistenza ci si riferirà a questa data, anche a distanza di tempo, come emblema di un‟unione generazionale per cui Ŕ come scrisse Henri de Jouvenel in un articolo per «La lutte des jeunes» Ŕ «aujourd‟hui on voit moins ouvriers contre patrons que jeunes contre vieux».233 Drieu La Rochelle, Maxence, Brasillach, Andreu, testimoni e attori di questi giorni, useranno parole simili per mostrare come le differenze tra destra e sinistra erano state sospese, a favore di una lotta che si configurasse come scontro generazionale.

Infine, la prova per noi più importante della validità della chiave di lettura generazionale per l‟universo non-conformista è data dalla constatazione di una sociabilité molto accentuata tra i protagonisti di questo movimento. Lavorando per le stesse riviste o, meglio ancora, fondando e dirigendo insieme delle nuove riviste, essi condividono tutti i momenti più importanti di una “convivenza” letteraria, politica, umana: la decisione collettiva e la responsabilità dell‟adesione a una stessa linea ideologica, la pratica concreta e quotidiana della scrittura, l‟intreccio delle loro stesse esistenze in rapporti che non possono non sfociare in relazioni personali profonde, in un forte senso di appartenenza a un progetto culturale comune, e nell‟inevitabile nascita di altrettanti forti sentimenti di amicizia: quella

camaraderie, a volte decisamente demodée,234 che Blanchot descriverà in maniera così

precisa in alcune pagine della prima versione di Thomas l’obscur.235 La vita quotidiana della rivista crea dunque una serie di situazioni che sono perfettamente coerenti con il carattere collettivo e generazionale, al contempo universalmente aperto e fortemente identitario, del progetto culturale e politico della destra non-conformista, nella quale Blanchot milita.

Les individus qui font une revue ne se dévouent-ils pas toujours et uniquement en propre à celle-ci : les mêmes passent d‟une revue à l‟autre, soit qu‟ils écrivent dans plusieurs revues en mêmes temps, soit que, sitôt une aventure éditoriale close, ils se lancent dans la suivante. D‟une revue à l‟autre se nouent ainsi des alliances ou des complots régis par des compatibilités de tempéraments autant que par des similitudes d‟opinions. En cela, une des clés du monde des revues de droite est, semblablement du reste à toutes les autres revues, la sociabilité qui s‟organise entre des individus, souvent d‟ailleurs sur des critères d‟une identité vécue comme celle d‟une génération, et agrégé, ensuite, un lectorat selon ses sensibilités aux choses et ses perceptions de leur cours.236

Il Blanchot di questi anni inscrive dunque la sua parola all‟interno di un progetto generazionale che lo circonda, che forma, nutre, culla, illude, infine uccide i suoi giovanili idealistici progetti di rinnovamento sociale e spirituale, dell‟uomo e della Francia. Un

232 Su tale questione, cfr. Serge Bernstein, Le 6 février 1934, Paris, Gallimard-Juillard, 1975. Tema sul quale gli

storici hanno lungamente dibattuto, anche se il riconoscimento di tutta una serie di situazioni, alcune contingenti, altre strutturali Ŕ la scarsa organizzazione dei manifestanti, la totale mancanza di coordinazione tra i diversi gruppi, l‟eccessivo attendismo di qualcuno, il lealismo di altri (come del colonnello La Rocque, che non diede ordine alle sue Croix-de-feu di attaccare il Palais Bourbon) Ŕ fanno sì che si possa affermare quasi unanimemente che la democrazia francese non abbia corso un grosso rischio, in quei giorni. Si riconosce anche, tuttavia, che l‟importanza del 6 febbraio (così come quella dei movimenti non-conformisti, d‟altronde), non si può misurare esclusivamente nella sua capacità di realizzazione pratica.

233 Citato in Jean Maxence, Histoire de dix ans, cit., p. 233. Cfr. anche quest‟altro brano, tratto sempre da un

articolo di Henri de Jouvenel per «La lutte des jeunes», citato in Pierre Andreu, Révoltes de l’esprit, cit., p. 101: «L‟une de ces photos représente des manifestants de gauche, l‟autre des manifestants de droite, voyez-vous une différence? Non, il n‟y a qu‟une jeunesse. […] À l‟union nationale des vieillards, opposons le rassemblement des jeunes».

234 Come nell‟episodio della sfida a duello di Paul Lévy ad Albert Naud, colpevole di averlo ingiuriato

pesantemente (probabilmente, con offese antisemite). Blanchot e Henri Israël faranno da testimoni a Lévy e, in mancanza di scuse ufficiali, stileranno il Procès verbal de carence che è possibile leggere in «Aux écoutes», 1er janvier 1938, (1024), p. 17. L‟episodio è riportato anche in Deborah Hess, Politics and Literature: the Case of

Maurice Blanchot, cit., p.

235

Cfr. il brano che fa da esergo a questo capitolo, in cui quel rapporto di camaraderie che Thomas non ha vissuto viene celebrato con un profondo senso di nostalgia (TO1, pp. 123-124).

236 Olivier Corpet, La revue, in Jean-François Sirinelli (a cura di), Histoire des droites en France, Paris,

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progetto generazionale che crea i luoghi in cui vivere a stretto contatto con altri uomini, suoi coetanei, con cui entrare in comunicazione, collaborare; leggere i loro scritti, recensirli, riprenderne le idee, discuterle, rielaborarle, criticarle; scrivere, aderendo alla loro retorica, riproponendone i temi, facendosi leggere, presentando nuove idee, un nuovo linguaggio; avvicinarsi e distanziarsi, penetrando, respirando, infine abbandonando non solo dei pensieri e delle parole, ma un mondo intero, con tutto ciò che lo contiene. Il mondo delle riviste, in un‟epoca che si farà conoscere come l’âge d’or des revues:

Chaque revue est une aventure. Chaque rencontre véhicule autant d‟affectif que d‟idéal ; elle marque profondément tous les participants. Personne n‟en sort indemne. Tous en sont frappés. Touchés et heureux. Pour la vie. […] Chaque revue est un projet et chaque projet est une relation entre amis, une conjugaison de tempéraments, une combinaison de désirs. Chaque revue est un contact magique. Il y a de la nostalgie de l‟enfance, de la nostalgie chevaleresque aussi bien dans

Esprit que dans Uriage, dans l‟Ordre nouveau que dans Plan. 237

L‟universo delle riviste non è semplicemente il mondo in cui si forma la scrittura del giovane Blanchot; per l‟ideologia che la sostiene, esso è il migliore dei mondi possibili. Il messaggio non-conformista proposto sembra aver trovato lì il suo spazio ideale; si può anzi quasi affermare che sia il fatto stesso di scrivere all‟interno di piccole riviste a “far dire” le cose che lì si dicono. Sembra naturale che la parola si adegui alla pagina e la pagina alla parola; non è un caso se la prima esperienza di scrittura di Blanchot si concretizzi all‟interno di questo mondo, perché esiste una coerenza strutturale tra ciò che si scrive e la maniera in cui viene scritto, e non ha senso chiedersi se venga prima l‟esigenza ideologica di un elitarismo intellettuale e rivoluzionario o la scelta di esprimerla in piccole riviste, rivolte a un pubblico ristretto di fedeli “iniziati” al messaggio dei non-conformisti, capace di seguirli nelle loro sperimentazioni politiche e letterarie:

Lancée par des hommes souvent politisés sans pour autant appartenir nécessairement à un parti, motivée parfois par le rejet même des partis installés, la revue ne vise pas à dresser des militants en rangs, mais à faire lever des fidèles qui se reconnaissent dans des analyses partagées et nourrissent ainsi comme un sentiment d‟appartenance à une même approche ou à un même refus de l‟ordre établi, un sentiment qui se matérialise à travers l‟acte d‟abonnement qui va bien au-delà d‟un soutien économique et signifié une solidarité et une confiance hautement symboliques. […] La revue fonctionne comme un laboratoire d‟idées. On y fraie, hors des grand-routes tracées par la presse partisane, des sentiers nouveaux où l‟on ne passera qu‟à quelques-uns mais dont la qualité première sera, justement, de ne pouvoir être empruntés que par l‟intelligence et non la masse. De