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tre La rivoluzione del classicismo romantico

Se Blanchot finirà per trovare il centro della propria esperienza non-conformista attraverso un movimento a ritroso che va de la révolution à la littérature, se egli concentrerà così in un sol punto l‟opposizione di politica e immaginario, costringendoli a un contatto invivibile in cui troverà senso il suo progetto eroico di una rivoluzione dell‟impossibile, è nella misura in cui seguirà un percorso che gli suggeriscono in maniera quasi subliminale la sua formazione maurrassiana e il suo temperamento letterario (e) controrivoluzionario. Che la strada di Blanchot evolverà ancora, nel dopoguerra, in forme decisamente imprevedibili e originali ma che al contempo celebrano le tappe di un destino quasi convenzionale Ŕ la conversione romanzesca di un idealismo prometeico in un romanticismo della disillusione Ŕ è una questione che adesso non può occuparci, ma che ci sentiamo costretti a lasciare sullo sfondo. Il destino di Blanchot sembra stranamente immedesimato in quello degli eroi letterari che egli incontra; nella sua scrittura e nelle sue letture egli sembra coinvolgere la sua storia nelle loro storie. Anche per tale allucinazione dell‟immaginario si è formata la convenzione letteraria di

Blanchot, di un Blanchot fatto di carta più che di carne. Allucinazione immaginaria, è vero,

ma reale, come ogni prodotto della letteratura: l’avvenimento, in questo caso, avviene

realmente; e tuttavia avviene “veramente”?.536

È solo abbandonando la sua realtà alla sua dimensione immaginaria, è solo abbandonandosi al mare narrativo del récit che non si riesce a evitare l‟impressione per cui, come il giovane Giuseppe di Thomas Mann, anche il giovane Blanchot incarni nel suo presente storico un presente senza tempo, anche la sua vita sia impastata nel mito e nel rito della letteratura, la sua storia nel racconto di se stessa; e anche per lui, come per il viandante della Luna, incarnazione della vita in un viaggio nel paese della morte e della scrittura,

chi potrà dire che cosa egli sia stato in principio e dove le storie abbiano la loro prima origine: lassù o quaggiù? Esse sono la presenza di ciò che necessariamente si volge e torna su se stesso, l‟unità della duplicità, la statua che porta il nome: “Nello stesso tempo”».537

D‟altra parte, è lo stesso Blanchot che si sente autorizzato a compromettere la propria esistenza politica con un universo letterario che a essa sembrerebbe incompatibile, celebrando così il prevedibile destino di ogni bovarismo rivoluzionario. Ma se tale esito politico è il risultato di una convenzione letteraria, tale cliché è davvero quello del giovane eroe incurabilmente romantico? Torniamo a chiederci da dove Blanchot e la destra non- conformista avessero ripreso l‟idea di una coincidenza storica di Révolution e Littérature. Di nuovo, siamo costretti a constatare che fu il pensiero controrivoluzionario a indottrinarli, fornendo loro una descrizione talmente diabolica della Rivoluzione da finire inevitabilmente per tentarli a indirizzarsi sulla cattiva strada. Era stato Maurras, in L’avenir de

536 EL, p. 357 (tr. it., p. 230). 537

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l’intelligence,538

a fornire l‟allettante descrizione di una società in cui si compie quel miracolo per cui les Lettrés deviennent Rois.

Leurs ouvrages décident des révolutions de l‟État. […] La royauté de Voltaire, celle du monde de l‟Encyclopédie, ajoutées à cette popularité de Jean-Jacques, établirent très fortement, pour une trentaine d‟années, la dictature générale de l‟Écrit. L‟Écrit régna non comme vertueux, ni comme juste, mais précisément comme écrit. Il se fit nommer la Raison. Par gageure, cette raison n‟était d‟accord ni avec les lois physiques de la réalité, ni avec les lois logiques de la pensée : contradictoire et irréelle dans tous ses termes, elle déraisonnait et dénaturait les problèmes les mieux posés. […] Lorsque l‟autorité royale disparut, elle ne céda point, comme on le dit, à la souveraineté du peuple : le successeur des Bourbons, c‟est l‟homme de lettres. […] L‟époque révolutionnaire marque le plus haut point de dictature littéraire. Quand on veut embrasser d‟un mot la composition des trois assemblées de la Révolution […] c‟est toujours à ce mot de lettres qu‟il faut revenir.539

L’Avenir de l’intelligence anticipa di quarant‟anni Qu’est-ce que la littérature?, che del

testo di Maurras è la perfetta copia carbone, così come si potrebbe dire, provocatoriamente, che è la filosofia stessa di Sartre a essere la copia carbone di quella di Maurras: un virile, fichtiano esercizio di maîtrise dell‟intelligenza sulla materia, doppiato da un appello esigente al Politique d’abord che, a sua volta, obbliga senza obbligarla l‟intelligenza a porsi al servizio del Re(gime). Se diciamo “copia carbone”, non possiamo però dimenticare che le analisi storico-sociologiche della letteratura francese che i due propongono, in sé perfettamente sovrapponibili, sono espressioni di sistemi valoriali speculari, di segno cioè diametralmente opposto. Opposizione totale che è dovuta alla totale divergenza dei progetti politici e intellettuali: Sartre asservisce il suo alla società senza classi a venire, Maurras alla società di un passato ormai scomparso. Il paradiso perduto di Maurras è la società letteraria di Ronsard, Corneille e Bossuet, i chierici saggi consiglieri e servitori della monarchia assoluta; per Sartre, invece, è proprio l‟apogeo della letteratura engagée e trionfante del XVIII secolo, proprio l‟epoca che Maurras considera responsabile di tutti i mali della modernità. Curiosamente, essi si trovano d‟accordo solo nella loro avversione contro la letteratura ottocentesca: sia di quella che cede alle lusinghe dell‟industria, diventando industria di se stessa,540 sia di quella maledetta e terroristica di fine secolo (quella, al contrario, venerata dai non-conformisti), quella delle torri d‟avorio che hanno tradito la loro missione civilizzatrice, opponendo frontalmente alla borghesia il rifiuto di partecipare al suo gioco e finendo così per darle partita vinta. Non può sorprendere che gli antiborghesismi di Maurras e di Sartre coincidano per fungere da base a due proposte politiche a dir poco divergenti; più interessante è constatare come nessuna delle due interessi i non-conformisti. Abbiamo già avuto modo di chiarire la distanza che separa l‟idea sartriana di engagement da quella di Blanchot e i non- conformisti. Cosa vorrebbe, invece, Maurras? La sua speranza è quella di portare un‟altra volta l‟Intelligenza alla sua massima vetta politica, cioè all‟apogeo del XVIII secolo, ma senza commettere stavolta l‟errore di trasformarla in Rivoluzione. Conquistare la Francia solo per restituirla al legittimo proprietario; arrivare sino all‟anticamera del potere per costringere il principe ad accettare i propri servigi di saggia consigliera:

Elle s‟est exilée à l‟intérieur, elle s‟est pervertie, elle a couru tous les barbares de l‟univers : supposez qu‟elle essaye de retrouver son ordre, sa patrie, ses dieux naturels.

538 Testo risalente al 1905, coetaneo dunque Ŕ oltre che dei non-conformisti Ŕ degli studi di Cochin sulla

Rivoluzione e di Les illusions du progrès di Sorel. L‟edizione che utilizziamo è quella presentata in Charles Maurras, Œuvres capitales, Paris, Flammarion, 1954, v. II, pp. 99-155.

539 Ibid., pp. 110-112.

540 Ma un‟industria infinitamente più piccola, che si ritrova pertanto infinitamente più povera; cercando la

propria fortuna nell‟avventura dell‟industria culturale, la letteratura si inserisce in una categoria sociale in cui essa è e sarà sempre l‟ultima. Quando la letteratura cerca nel mercato la possibilità di sfuggire alla mediocrità essa ne diventa, paradossalmente, il simbolo stesso. Ed è sempre Maurras a parlare quando si denuncia la nascita di un “proletariato delle Lettere”… Cfr. ibid., pp. 128-132, 149-150.

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Elle a propagé la Révolution : supposez qu‟elle enseigne, au rebours, le Salut public.

Imaginez qu‟un heureux déploiement de cette tendance nouvelle lui regagne les sympathies et l‟estime, non certes officielles, ni universelles, mais qui émaneraient de sphères respectées et encore puissantes. […] Les ressources afflueraient, avec les dévouements, pour un effort en ce sens. Peut-être qu‟une fois de plus la couronne d‟or nous serait présentée comme elle le fut à César.

Mais il faudrait la repousser.541

Maurras vorrebbe che la letteratura dimostrasse a Cesare la sua potenza solo per vantare la propria magnanimità; essa infatti non vuole trasformare il mondo, ma lasciare che chi lo dirige abbia come guida e servitrice la sua intelligenza. Se tutti dunque s‟ispirano a Machiavelli (o vorrebbero farlo), Maurras s‟identifica nel segretario, i suoi allievi nel futuro Principe. O meglio, se costoro riprendono da Maurras l‟ideale nostalgico di un‟aristocrazia virile e disinteressata, è per coniugarlo in chiave distruttrice, non restauratrice; per essi, la scelta di rifiutare il potere coincide con la rivoluzione, non ne è l‟alternativa. Su questo punto, al Maurras poeta cortigiano preferiscono il Marx dell‟undicesima tesi su Feuerbach (altro luogo caro alla propaganda non-conformista), anche ove professino che si tratta di cambiare il mondo per instaurarvi un regime monarchico. La Jeune Droite è monarchica e rivoluzionaria, ma non monarchico-rivoluzionaria: altro luogo delicato di un‟ambiguità politica ai limiti della schizofrenia…542

Ad ogni modo, è chiaro come anche dove più si assomigliano l‟ideale reazionario di Maurras e i propositi rivoluzionari della Jeune Droite siano radicalmente opposti; eppure, è proprio in questo luogo che essi, insieme a un‟immagine satanica della Rivoluzione Ŕ

leitmotiv di tutto il pensiero controrivoluzionario, da de Maistre in poi Ŕ, trovano l‟idea di un

legame indissociabile di questa con la letteratura. L‟apprendistato alla rivolta che Maurras inconsapevolmente apparecchia per Blanchot e gli altri suoi allievi dissidenti verte dunque su due idee sin troppo chiare ed evidenti: l‟idea che tutto ciò che di male esiste nel mondo attuale dipende dalla Rivoluzione del 1789 è indissociabile dall‟idea che l‟origine e l‟essenza stessa di questa sono letterarie. In testi come L’Avenir de l’intelligence, Romantisme et révolution,

Trois idées politiques, essi apprendono che la Rivoluzione è il Male e che il Male si è

incarnato nel mondo grazie alla parola del poeta; se la Rivoluzione è il Verbo che si è fatto Carne, la dottrina maurrassiana è il loro apocrifo, controrivoluzionario, rivoluzionario, Vangelo di Giovanni. Ci si può spingere sino a riconoscere in Maurras il primo, inconsapevole suggeritore dell‟idea di un‟unità esistenziale della letteratura con il Terrore rivoluzionario che Blanchot sviluppa in La littérature et le droit à la mort. Ancora prima del surrealismo, cioè, è Maurras il tramite dal romanticismo del XIX a quello del XX secolo di tale discorso sulla coincidenza di rivoluzione e letteratura;543 è da lui che Blanchot lo riprende, cambiandolo di segno, portandolo alle estreme conseguenze, molto oltre alla coniugazione libertaria, anticlassicistica di Hugo e anche a quella anarchica, anti-coscienziale di Breton, quando affermerà che non si tratta più per lo scrittore di fare una rivoluzione, ma di

esserlo, e in tal modo far sì che la letteratura, che non è nella Storia, sia la Storia:

L‟écrivain se reconnaît dans la Révolution. Elle l‟attire parce qu‟elle est le temps où la littérature se fait histoire. Elle est sa vérité. Tout écrivain qui, par le fait même d‟écrire, n‟est pas conduit à penser : je suis la révolution, seule la liberté me fait écrire, en réalité n‟écrit pas.544

Quando nella sua recensione del 1937 alla raccolta di testi politici di Maurras La dentelle

du rempart Blanchot riporta le parole di Romantisme et révolution in cui si afferma che il

poeta “est celui qui fait quelque chose avec ce qu’il sent. Les autres n’en font rien que le

541

Ibid., pp. 153-154.

542 Cfr. supra, p. 158n.

543 Cfr., a tal proposito, Laurent Jenny, Je suis la révolution, cit., pp. 52-60. 544

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vulgaire usage pour vivre et pour mourir ”»,545 egli non sospetta nemmeno che si sta creando la possibilità per pervertire in seguito il senso del discorso maurrassiano. Nel poeta, che per Maurras è un predestinato alla creazione, non sa ancora che egli vedrà invece la predestinazione del nulla, di una creazione che distrugge, di una totalità che annichilisce, di una libertà pura che è Terrore rivoluzionario, che nella sua potenza travolgerà non solo il Poeta demiurgo di Maurras, ma anche l‟Io infinito dello scrittore romantico. Molto prima che tutto ciò avvenga, prima che Blanchot riconosca nella letteratura stessa il soggetto impersonale di una rivolta contro il reale, egli si ispirerà proprio al Poeta classico di Maurras per il suo giovanile e prometeico ideale rivoluzionario, e dell‟ineffabile poesia farà, come scrive Maulnier, «une activité proprement démiurgique, le combat même du cosmos et du verbe».546

Proprio nelle parole dei suoi migliori allievi possiamo riconoscere il fallimento politico della crociata antiromantica di Maurras. Più egli si sforza di condannare l‟epoca letteraria in cui la Rivoluzione trova il suo compimento e il suo nuovo inizio Ŕ «La première Révolution a fait fermenter le Romantisme, et le Romantisme, à son tour, a inspiré nos autres Révolutions» Ŕ,547

più si sforza di trovare nella sua liberazione anarchica delle parole e dei versi il correlato poetico della disgregazione politica e sociale causata dal 1789,548 meno ottiene ciò che vorrebbe; o meglio, insieme al suo obiettivo, quello di formare nei suoi lettori e discepoli un gusto letterario antiromantico, egli scatena un inaspettato effetto collaterale, quello di coltivare la loro inquieta e giovanile sensibilità rivoluzionaria, che nella letteratura essi sentono di poter nutrire e realizzare. Condannando il romanticismo rivoluzionario Maurras non ha fatto che formare dei rivoluzionari “neoromantici”, se non nei gusti letterari, di certo nel temperamento; criticandolo aspramente, ha traghettato sino a loro, intatto, il messaggio rivoluzionar-letterario di Hugo. Non ha compreso il rischio insito nella scelta di citare, lui stesso, l‟appello hugoliano: «J’ai dit aux mots: Soyez république ! soyez / La fourmillière

immense, et travaillez! Croyez / Aimez, vivez…»549: esso ha instillato nei suoi discepoli, insieme all‟odio per la Repubblica, l‟amore per la Rivoluzione, l‟urgenza di credere, vivere, amare una rivoluzione fatta nel nome e per mezzo delle Lettere. Ennesima coniugazione di una condanna alla perenne ambiguità che sovrasta il loro capo: il germe romantico iniettato loro dall‟antiromantico Maurras fa sì che i rivoluzionari non-conformisti rifuggano dal romanticismo senza poter essere mai sicuri di riuscire totalmente a evaderne. Maxence ne è ben cosciente:

545 Maurice Blanchot, La dentelle du rempart, par Charles Maurras, «L‟insurgé», 24 février 1937, (7), p. 5. 546 Thierry Maulnier, Introduction à la poésie française, Paris, Gallimard, 1939, p. 15.

547

Cfr. Charles Maurras, Romantisme et révolution, Œuvres capitales, cit., v. II, p. 40.

548 Cfr. ibidem: «La langue outragée, le rythme torturé, ce royaume des mots où la subversion engendrait l‟ataxie

faisaient penser aux subversions nées d‟autres crises. Sœur légitime de ce que les philosophes appellent “le langage individuel”, une littérature individualiste tendait à supprimer tout autre lecteur que l‟auteur : comment n‟eût-elle pas incliné au système social qui oppose le citoyen à l‟État et, au nom d‟un État meurtrier de lui- même, provoque tour à tour aux fureurs de l‟insurrection et aux torpeurs de l‟indifférence civique ? […] Les mêmes termes devaient donc servir à les qualifier, les deux vocabulaires de la critique et de la politique fusionnant et se complétant : liberté divine du Mot, liberté souveraine du Citoyen, égalité des thèmes verbaux ou des éléments sociaux, vague fraternité créant le “droit” de tous et leur droit à tout». Cfr. anche, in tal senso, l‟opinione di Laurent Jenny, Je suis la révolution, cit., p. 58: «L‟émancipation hugolienne du mot a pour Maurras le sens d‟une usurpation, d‟un détrônement et d‟une dissolution de tous les liens de signification, comme la mort du Roi a pu défaire d‟un coup tous les liens sociaux. Il prétend en suivre les effets désastreux dans le sonnet des Voyelles, dans les théories de René Ghil et jusque dans la “disparition élocutoire” mallarméenne, donnée pour une sorte d‟association libre proche de l‟écriture automatique».

549 Charles Maurras, Romantisme et révolution, cit., p. 41. I versi di Hugo provengono da Réponse à un acte

d’accusation (vv. 59-61), testo che appare nel primo libro delle sue Contemplations pubblicate nel 1856. Anche

se è stato composto nel 1854, esso è datato fittiziamente gennaio 1834, proprio per permettere a Hugo di rievocare l‟atmosfera della rivoluzione letteraria/politica anticlassicista della sua jeunesse. Cfr. Victor Hugo, Les

Contemplations, a cura di Sheila Gaudon, in Poésie II, Paris, Laffont, 1985, pp. 263-268 (e la nota 3 di Sheila

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Dangereux destin que le nôtre! Au romantisme des sentiments, au romantisme de la connaissance, allions-nous substituer, cédant à une hideuse tentation de jeunesse, un romantisme de l‟action ? Nous étions las de tous les romantismes !550

Il principale risultato della formazione maurrassiana sua e della Jeune Droite era stato, come abbiamo detto, lo sviluppo di una epidermica e molto suscettibile sensibilità virilmente antiromantica. La stizza di Maxence è dunque ben comprensibile: essa assomiglia alla reazione di un ex fumatore che si ritrova in mano una sigaretta accesa, nemmeno lui sa come, e si meraviglia di aver ceduto alla debolezza. La questione, in verità, è ancora più complessa: come per Maurras, l‟antiromanticismo della Jeune Droite è una battaglia insieme politica e letteraria, non solo una questione di poetica; anche se, rispetto all‟autore di Romantisme et

révolution, il senso della loro opposizione è totalmente diverso. Esso può incarnare, di nuovo,

la loro abitudine programmatica a deformare con diabolica coerenza i presupposti ideologici del pensiero dei loro maestri, che spesso, oltre che consentirglielo, quasi glielo suggeriscono. In effetti, l‟integralismo classicista di Maurras non toglie che ci sia, all‟interno di Action

Française, una certa libertà critica; lo dimostra il romanticismo di Alphonse Daudet, la sua

predilezione per Shakespeare, per Proust,551 o ancora l‟amore di Massis per Pascal, tutti autori che Maurras non sopportava o sopportava solo a metà. E lo stesso vale per i discepoli- dissidenti della Jeune Droite: Maulnier ha insistito più volte, nelle sue testimonianze, sulla liberalità con cui Maurras amministrava il suo ruolo di guida letteraria di un‟intera generazione. (Anche in questo, dunque, nessuna differenza con Sartre, che non assumerà mai le vesti del censore, fosse solo per la ragione che era lui stesso uno degli obiettivi preferiti della censura, non solo di destra, ma anche del comunismo ortodosso).552 Se il settarismo estetico di Maurras sarà comunque vissuto con una certa insofferenza da parte di Maulnier, Brasillach, Maxence, Blanchot, esso varrà piuttosto come uno stimolo per approfondire le vie di una poetica della dissidenza, allo stesso modo che la ristrettezza delle sue visioni politiche funzionò per loro da palestra dell‟immaginazione rivoluzionaria.553

È chiaro quanto tale esito, implicito nei presupposti dell‟insegnamento di Maurras, risulti controproducente alla sua stessa ideologia: il suo rifiuto della rivoluzione romantica diventa per la Jeune Droite un no! a un molle romanticismo rivoluzionario, ma anche un sì! a una rivoluzione virile, eroica, prometeica. Esso si rivela dunque il prodotto sincretico di diverse componenti della letteratura dell‟estrema destra francese, un ibrido politico-letterario indeciso tra un classicismo maurrassiano e un post-romanticismo barrèsiano. Distogliendoli dalla letteratura sorta dal 1789, l‟unica cosa a cui Maurras riesce è costringerli a dei salti mortali per rivoluzionare l‟abituale canone della letteratura del rivoluzionario:554

sullo scaffale della libreria, non Rousseau e Stendhal, ma il Barrès del Culte du moi e dei Déracinés (che di Rousseau e Stendhal, in verità, è l‟ideale allievo);555

non Voltaire, ma Goethe (l‟unico tedesco che Maurras sopportava, e solo perché era un ammiratore della cultura francese);556 non Hugo e

550

Jean-Pierre Maxence, Histoire de dix ans, cit., p. 158.

551 Massis racconta che l‟estrema pruderie di Maurras gli impedì di scrivere una recensione stroncante di Sodome

et Gomorrhe, per il pudore che avvertiva anche solo all‟idea di doverne pronunciare il titolo. Cfr. Jeannine

Verdès-Leroux, Refus et violences, cit., p. 62.

552 Cfr., a tal proposito, Michel Surya, La révolution rêvée, cit., pp. 32-33.

553 Cfr., su tutti questi temi, Paul Sérant, Les dissidents de l’Action française, cit., pp. 290-294, e supra, Blanchot

le jeune, pp. 104-105.

554Com‟è possibile constatare dalla testimonianza di Claude Roy sui riferimenti letterari della sua gioventù:

«…j‟empruntais à Baudelaire, Georges Sorel et Maurras la critique de la démocratie, à Nietzsche, Barrès et