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Come abbiamo avuto modo di accennare introducendo il regolamento “Roma I”, i vantaggi legati ad una disciplina uniforme delle fattispecie caratterizzate da elementi di estraneità, furono ritenuti essenziali dai negoziatori del trattato CEE, al punto da spingerli all'elaborazione dell'art. 220, quarto capoverso, Trattato CEE115, oggi abrogato. Tale disposizione

impegnava la Comunità a favorire negoziati tra gli Stati membri, al fine di garantire “la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali”. Un risultato fondamentale per realizzare pienamente le libertà sancite dal trattato.

L'impegno della Comunità si tradusse nella Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza

115 Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957.

giurisdizionale e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale. È interessante notare come gli allora membri della comunità, una volta conclusa tra loro questa Convenzione, avessero iniziato i negoziati per una convenzione “parallela”, volta rivolta agli Stati membri dell'EFTA, l'Associazione europea di libero scambio. I negoziati portarono, il 16 settembre 1988, alla sottoscrizione della Convenzione di Lugano, che vincolava gli Stati EFTA116 da un lato, e gli Stati membri della CEE

dall'altro117. Questa seconda convenzione, il cui testo è

simmetrico a quello della prima, rispondeva alle medesime esigenze della Convenzione di Bruxelles.

Con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1999) – e l'attribuzione alla Comunità di specifiche competenze in tema di cooperazione giudiziaria in materia civile –, la comunitarizzazione della Convenzione era tappa necessaria. L'art. 65 del Trattato CE (oggi art. 81 del TFUE), infatti, attribuisce all'Unione il potere di usare lo strumento giuridico più stringente di cui dispone al fine di costruire uno spazio giudiziario europeo in materia civile. Il processo di comunitarizzazione della Convenzione di Bruxelles ha portato all'emanazione del regolamento (CE) 44/2001 del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e

116 All'epoca erano: Austria, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Svizzera.

117 È importante sottolineare che la Convenzione di Lugano vincolava i singoli Stati membri della CEE e non questa come soggetto internazionale dotato di autonoma personalità giudica, in quanto all'epoca era priva di specifica competenza in materia.

commerciale (di seguito “Bruxelles I”)118. Conformemente all'art.

76, il regolamento è entrato in vigore il 1° marzo 2002 ed ha sostituito, ex art. 67, la Convenzione di Bruxelles tra gli Stati membri, salvo quanto riguarda i territori non europei di tali Stati. In base all'art. 66, par. 1, si applica “alle azioni proposte e agli atti pubblici formati successivamente alla sua entrata in vigore”.

Nel 2009 sono iniziati i lavori di revisione di “Bruxelles I”, che hanno portato, tre anni dopo, all'adozione del regolamento (UE) 1215/2012 del 12 dicembre 2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (di seguito “Bruxelles I bis”), attualmente in vigore. È nell'ambito di questo secondo regolamento che si svolgerà la nostra analisi sulla determinazione del giudice competente. Visto l'oggetto della presente trattazione, tuttavia, questa analisi sarà limitata ai criteri di determinazione della competenza giurisdizionale. Prima di definire l'ambito di applicazione del regolamento, due ulteriori precisazioni.

In primo luogo, circa la Convenzione di Lugano. Con l'emanazione del regolamento “Bruxelles I”, il trattato del 1988

118 Come si ricava dal considerando 22 e dall'art. 1, par. 3 del regolamento, la Danimarca non è né vincolata, né soggetta alla sua applicazione. Detto Stato ha sfruttato la possibilità offertale dal Protocollo relativo alla Danimarca allegato al TUE. Al contrario, Regno Unito e Irlanda, pur godendo di un diritto analogo a non vincolarsi, hanno preferito vincolarsi al regolamento.

Con decisione del Consiglio del 27 aprile 2006 (G.U.U.E. n. L 120 del 5 maggio 2006), è stato approvato un Accordo tra la Comunità Europea e la Danimarca che, a partire dal 1° luglio 2007, estende anche a questo paese il regolamento 44/2001, sia pure con qualche modifica. All'adozione dell'Accordo hanno partecipato anche Regno Unito e Irlanda.

era stato superato. Vista la necessità di negoziare un nuovo Trattato, è stata interpellata la Corte di Giustizia, al fine di stabilire se, in virtù dei nuovi trattati europei, la Comunità avesse o meno la competenza a negoziare. La Corte ha ritenuto la Comunità in quanto tale, e non più i singoli Stati, competente a negoziare il nuovo Trattato119. I negoziati portarono, nel 2007,

alla sottoscrizione della Convenzione Lugano II, che vincola la Comunità Europea e la Danimarca da un lato, Islanda, Norvegia e Svizzera dall'altro120.

In secondo luogo, relativamente all'interpretazione delle disposizioni, è opportuno sottolineare come nel 1971, tre anni dopo la Convenzione di Bruxelles, sia stato approvato un Protocollo che ha conferito alla Corte di Giustizia specifiche competenze nell'interpretazione della Convenzione stessa. Questo ha prodotto un'uniformità delle soluzioni che è proseguita con l'emanazione dei regolamenti. La Corte, infatti, ha ritenuto di poter considerare le proprie interpretazioni in merito alla Convenzione valide anche per il regolamento “Bruxelles I”, purché le disposizioni possano essere considerate equivalenti121.

Dal momento che il tenore letterale delle disposizioni di “Bruxelles I” e “Bruxelles I bis” è praticamente coincidente, specie nel settore del nostro studio, non ci sono ragioni per

119 Parere della Corte di Giustizia 7 febbraio 2006, n. 1/03 sulla competenza a concludere la Convenzione di Lugano

120 La Convenzione di Lugano II è stata pubblicata in G.U.U.E. n. L 147 del 10 giugno 2009. È entrata in vigore il 1° gennaio 2010, tranne per la Svizzera, rispetto alla quale è entrata in vigore il 1° gennaio 2011.

ritenere che questa continuità interpretativa disposta dalla Corte non possa valere anche per il secondo regolamento.

L'analisi dell'ambito di applicazione del regolamento, al pari di quanto fatto per i regolamenti “Roma I” e “Roma II”, deve essere condotta mediante l'esame di tre diversi profili: ambito di operatività territoriale, materiale o oggettivo, temporale.

Partendo dal primo profilo, tutti gli Stati membri, compresi Regno Unito e Irlanda, sono vincolati al regolamento. Fa eccezione la sola Danimarca, la quale, per espressa previsione del considerando 41, “non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione”. Nel medesimo considerando, tuttavia, è fatta salva la possibilità che la Danimarca applichi le modifiche apportate da questo regolamento a “Bruxelles I” ai sensi dell'accordo del 2005122 tra questa e la Comunità Europea. Il Regno di Danimarca

si è avvalso di tale possibilità nel 2012, pertanto è tenuta ad osservare le disposizioni di “Bruxelles I bis”, anche se la base giuridica di tale obbligo è l'accordo del 2005 e non il regolamento.

Per quanto riguarda il profilo temporale, il regolamento è divenuto applicabile dal 10 gennaio 2015 (art. 81), limitatamente, come precisa l'art. 66, “alle azioni proposte, agli atti pubblici formalmente redatti o registrati e alle transazioni giudiziarie

122 Accordo del 19 ottobre 2005 tra la Comunità Europea e il Regno di Danimarca

concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, pubblicato in G.U.C.E. L 299 del 16 novembre 2005, p. 62.

approvate o concluse” in tale data o successivamente. Per tutti gli atti antecedenti rimane applicabile il regolamento “Bruxelles I”.

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione materiale, la disposizione di riferimento è l'art. 1, par. 1, in base al quale il regolamento si applica “in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell'autorità giurisdizionale”. La nozione di “materia civile e commerciale” deve essere interpretata alla luce dell'ordinamento comunitario ed essere, quindi, oggetto di qualificazione autonoma. Relativamente alla Convenzione di Bruxelles del 1968, la Corte di Giustizia aveva espressamente negato che tale nozione potesse essere ricavata dagli ordinamenti dell'uno o dell'altro degli Stati interessati123. A

fortiori questo vale per il regolamento. Viste le finalità della nostra analisi, può essere sufficiente richiamare una recente sentenza della Corte del Lussemburgo, in cui i giudici hanno sottolineato come la nozione di materia civile e commerciale vada determinata “in ragione degli elementi che caratterizzano […] la natura dei rapporti giuridici fra le parti in causa o l'oggetto della lite”124. Tanto il versante contrattuale, quanto quello

conseguente al sinistro dell'R.C.Auto, rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento.

123 Corte di Giustizia, 14 ottobre 1976, causa 29/79.

9. (Segue): Il foro del convenuto

Limitatamente alle norme in tema di competenza giurisdizionale, contenute al Capo II, l'ambito di applicazione del regolamento subisce una ulteriore limitazione, stavolta ratione personae. In base al particolare criterio di collegamento espresso agli artt. 4 e 5, le disposizioni del regolamento si applicano soltanto qualora il convenuto abbia il proprio domicilio in uno Stato membro. Una previsione, questa, in linea con l'esigenza del legislatore, espressa al considerando 13, che sussista un collegamento tra i procedimenti cui si applica il regolamento e il territorio degli Stati membri. Collegamento che lo stesso considerando individua nel domicilio del convenuto.

È vero che sarebbe stato possibile raggiungere un legame analogo con il territorio degli Stati membri anche tramite un diverso criterio di collegamento, quale il domicilio dell'attore, ma ragioni di giustizia processuale, per altro in linea con le soluzioni previste negli ordinamenti dei singoli Stati membri, hanno spinto il legislatore verso la soluzione adottata. Utilizzare come criterio di collegamento il domicilio del convenuto, infatti, consente di favorire l'esercizio del diritto di difesa della parte citata, riequilibrando una vicenda processuale che vede partire da una situazione di vantaggio l'attore, quale parte che ha il potere di iniziare l'azione125.

Tornando al contenuto dei già citati artt. 4 e 5, vediamo

125 Sull'utilizzo del foro del convenuto come criterio di collegamento e le scelte di politica comunitaria che esprime, si veda S. MARINAI, op. cit. p. 94 ss.

come la loro applicazione prescinda dalla cittadinanza del convenuto. Una soluzione, questa, che consente di realizzare l'uniformazione dei criteri di giurisdizione, ritenuta dal considerando 4 essenziale per il buon funzionamento del mercato interno, nel modo più ampio possibile, senza discriminazioni legate alla cittadinanza.

Le ipotesi in cui il convenuto non sia domiciliato in uno Stato membro sono disciplinate all'art. 6, il quale prevede che la competenza giurisdizionale venga determinata sulla base delle normative di origine statale dei singoli Stati membri. È tuttavia fatta salva, a titolo di eccezione, l'applicazione di singole disposizioni del regolamento. L'unica rilevante nel settore della nostra analisi è quella relativa alla proroga di giurisdizione. Come vedremo in seguito, le parti, indipendentemente dal loro domicilio, possono individuare in via convenzionale il giudice competente a conoscere della controversia. Anche in questo caso non vi sono discriminazioni legate alla cittadinanza: l'articolo citato, infatti, è esplicito nell'affermare come le norme statali sulla competenza possano essere azionate da chiunque sia domiciliato in uno Stato membro, indipendentemente dalla cittadinanza.

Il foro del convenuto, in conclusione, rappresenta il criterio principale della determinazione della competenza giurisdizionale. Il principale, ma non l'unico. Come evidenziato al considerando 16, infatti, esigenze di buona amministrazione della giustizia comportano la necessità di contemperare tale criterio con la

previsione di fori alternativi, “basati sul collegamento stretto tra l'autorità giurisdizionale e la controversia”. A questo si aggiungono le esigenze di tutela, sottolineate al considerando 18, che impongono di tutelare la parte debole con norme in materia di competenza più vicine ai loro interessi rispetto alle regole generali.

Prima di vedere come si sono tradotte in precetti queste considerazioni, è opportuno definire con precisione la nozione di domicilio. Questa, infatti, nel sistema delineato dal regolamento, riveste un'importanza fondamentale, in quanto criterio principale in base al quale è individuata la competenza giurisdizionale. A venire in rilievo sono gli artt. 62 e 63, rispettivamente per le persone fisiche e le società e le persone giuridiche. Partendo da queste ultime, si può notare come il regolamento le ponga tutte su un piano di parità. Ai sensi dell'art. 63, infatti, “una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova” la sua sede statutaria, la sua amministrazione centrale o il suo centro d'attività principale. I criteri di collegamento sono utilizzati in concorso alternativo tra loro, ossia su un piano di parità. Nel caso in cui questi centri siano situati in Stati diversi, ciascuno è idoneo, da solo, a rappresentare il domicilio della società o della persona giuridica e, perciò, a consentire in tale sede il radicamento del processo.

Per quanto riguarda le persone fisiche, il regolamento rinuncia ad una qualificazione autonoma e richiama il diritto degli Stati membri. In base all'art. 62, infatti, spetta al giudice

adito, conformemente al proprio diritto interno, determinare se il convenuto sia domiciliato in tale Stato. Qualora la parte non sia domiciliata nello Stato membro in cui è instaurata la causa, prosegue l'art. 62, “al fine di stabilire se essa ha il domicilio in un altro Stato membro [il giudice] applica la legge di quest'ultimo Stato”. La scelta del legislatore di rinunciare ad una definizione del domicilio delle persone fisiche non appare del tutto convincente: più Stati potrebbero, in base al diritto interno, considerare la medesima persona fisica domiciliata nel proprio territorio.

Circa il momento in cui verificare l'esistenza del domicilio del convenuto, il regolamento non contiene alcuna indicazione espressa. Tuttavia, appare logico ritenere che tale momento vada identificato con quello in cui viene adìta l'autorità giurisdizionale. La disciplina della determinazione della pendenza di un giudizio è contenuta all'art. 32, il quale prevede due diverse ipotesi, a seconda che la domanda debba essere depositata presso l'autorità giurisdizionale, ovvero che l'atto introduttivo debba essere prima notificato al convenuto. Nel primo caso, l'autorità giurisdizionale si considera adìta nel momento in cui è stata depositata la domanda, purchè l'attore abbia provveduto agli adempimenti necessari per la notifica al convenuto; nel secondo, invece, è considerata adìta nel momento in cui l'atto è consegnato all'autorità deputata a notificarlo, purchè l'attore abbia provveduto agli adempimenti necessari per il deposito presso l'autorità giurisdizionale.