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Prima di concludere la nostra analisi sui criteri di competenza in materia di assicurazione, è opportuno spendere qualche parola in merito alla facoltà delle parti di scegliere il giudice competente a decidere della controversia, un meccanismo potenzialmente idoneo a far venir meno le tutele disposte dal legislatore. Questa è prevista all'art. 25, che consente la massima libertà di scelta. Simile libertà, tuttavia, non è riconosciuta nella materia dei contratti di assicurazione. L'art. 15, infatti, prevede dei requisiti estremamente rigidi.

Nello specifico settore del nostro esame, le parti possono derogare alle disposizioni previste in materia di assicurazione

solo con un accordo successivo al sorgere della controversia, che consenta “al contraente dell'assicurazione, all'assicurato o al beneficiario di adire un'autorità giurisdizionale [di uno Stato membro] diversa da quelle indicate nella presente sezione”133;

Oppure, può essere stipulato tra le parti al momento della conclusione del contratto di assicurazione, purchè queste avessero, in tale momento, il domicilio o la residenza abituale nel medesimo Stato membro: con l'effetto di attribuire la competenza alle autorità giurisdizionali di tale Stato, sempre che la legge di quest'ultimo lo permetta134.

La volontà del legislatore di riequilibrare la diversa forza contrattuale tra le parti del contratto di assicurazione è evidente. La convenzione di elezione del foro, infatti, può solo o ampliare la possibilità di scelta del contraente debole, oppure radicare la causa in una realtà giuridica e sociale a lui vicina, quale lo Stato in cui aveva il domicilio o la residenza abituale al momento della conclusione del contratto. Inoltre, come ulteriore misura di tutela, l'art. 26, par. 2 dispone che “se il contraente dell'assicurazione, l'assicurato o il beneficiario di un contratto di assicurazione [o] la parte lesa […] è il convenuto, l'autorità giurisdizionale, prima di dichiararsi competente […], si assicura che il convenuto sia informato del suo diritto di eccepire l'incompetenza dell'autorità giurisdizionale e delle conseguenze della comparizione o della mancata comparizione”.

133 Art. 15, par. 1, n. 2). 134 Art. 15, par. 1, n. 3).

Il tenore letterale dell'art. 15, unito alle esigenze di tutela della parte debole, porta ad escludere che, in virtù di un accordo tra le parti, l'assicuratore possa convenire in giudizio la controparte in uno Stato diverso da quello dove questa è domiciliata. L'unica eccezione sembra essere rappresentata dall'ipotesi in cui l'accordo attribuisca la competenza all'autorità giurisdizionale dello Stato in cui entrambe le parti avevano il domicilio o la residenza abituale al momento della conclusione del contratto.

Ogni questione relativa alla forma e alla validità dell'accordo rientra nell'art. 25. Circa le questioni di forma, l'accordo può essere scritto o provato per iscritto, ovvero conforme alle pratiche stabilite dalle parti nei loro rapporti.

Per quanto riguarda la validità sostanziale, questa è sottoposta alla legge dello Stato la cui giurisdizione è prevista dall'accordo. Come precisa il considerando 20, il riferimento alla legge di questo Stato include le sue norme di conflitto.

CAPITOLO QUARTO

IL CONTRIBUTO DELLA PRASSI

GIURISPRUDENZIALE E IL RILIEVO CONFERITO AL PRINCIPIO DI TUTELA DELLA PARTE DEBOLE

ADOTTATO DAL GIUDICE COMUNITARIO

SOMMARIO: 1. Lo storico caso Commissione c. Repubblica federale di Germania (C-205/84). - 2. La tutela del contraente debole nella giurisprudenza in materia di contratti di assicurazione. - 3. (Segue): La tutela della parte debole nella giurisprudenza in materia di responsabilità da illecito stradale. - 4. (Segue): La tutela della parte debole nella giurisprudenza in materia di competenza giurisdizionale.

1. Lo storico caso Commissione c. Repubblica federale di

Germania (C-205/84)

Nel corso della trattazione abbiamo dato più volte conto del principio della tutela della parte debole, confermato dalla Corte di Giustizia come principio fondamentale dell'ordinamento dell'Unione Europea. L'obiettivo di questo capitolo, riprendendo la tripartizione utilizzata nei capitoli precedenti, è vedere come detto principio operi nel diritto vivente, ossia nella giurisprudenza. Preliminarmente, tuttavia, è opportuno ricostruire il percorso logico argomentativo mediante il quale la Corte di Giustizia, nella sentenza Commissione c. Repubblica federale di Germania, ha confermato questo principio.

per l'inadempimento della direttiva 78/473/CEE135, in materia di

coassicurazione comunitaria, e per la violazione degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE136. L'inadempimento, nelle motivazioni della

Commissione, era dovuto al fatto che la Repubblica federale di Germania aveva imposto che il coassicuratore delegatario - qualora il rischio assicurato fosse localizzato nel suo territorio -, dovesse esservi stabilito ed autorizzato a coprire i rischi anche da solo ed aveva, inoltre, imposto valori-limite molto elevati, escludendo la possibilità di coassicurazione per rischi di entità inferiore a tali valori.

Nelle motivazioni che hanno portato la Corte a condannare la RFG, sono esplicitati alcuni principi fondamentali della materia assicurativa, validi ancora oggi.

Il percorso logico argomentativo dei giudici è iniziato con l'affermazione che la non completa armonizzazione materiale tra le normative degli Stati membri non è idonea, di per sé, a limitare l'operatività della libera prestazione dei servizi137. Tuttavia,

prosegue la Corte, questa, pur essendo un principio fondamentale sancito dal trattato, può venire limitata, ma solamente da norme giustificate dall'interesse generale e obbligatorie nei confronti di tutte le persone e le imprese che esercitino la propria attività nel territorio dello Stato destinatario138. In altri termini, la Corte 135 Direttiva del Consiglio del 30 maggio 1978, n. 78/473, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di coassicurazione comunitaria.

136 Oggi artt. 66 e 75 TFUE. 137 Punto 25.

ammette la possibilità che questo principio fondamentale subisca delle limitazioni, ma solo in virtù di un principio di pari valore. Nel settore assicurativo un simile interesse generale sembrerebbe sussistere, in quanto la prestazione dell'assicuratore è legata ad eventi futuri per i quali è incerto, al momento della conclusione del contratto, se o quando si verificheranno. Inoltre, per il contraente dell'assicurazione è, di regola, estremamente difficile valutare se le clausole contrattuali, quasi sempre imposte dall'assicuratore, gli offrano sufficienti garanzie quanto all'indennizzo in caso di sinistro139. Infine, com'è stato rilevato

dal governo tedesco, in taluni rami l'assicurazione è divenuta un fenomeno di massa: “vengono conclusi contratti da un grandissimo numero di contraenti, cosicché la salvaguardia degli interessi degli assicurati e dei terzi danneggiati riguarda praticamente tutta la popolazione”140.

Alla luce di queste considerazioni la Corte ha ammesso che, in mancanza di adeguate misure di armonizzazione, gli Stati membri in cui l'impresa straniera offre i propri servizi, sono legittimati a pretendere da questa impresa l'osservanza delle prescrizioni statali141, comprese quelle relative all'applicazione di

determinate condizioni di contratto. Questo, precisa la Corte,

139 Punto 30. 140 Punto 34.

141 Punto 39: “In mancanza di un'armonizzazione al riguardo, e di qualsiasi norma che imponga all'autorità di controllo dello Stato di stabilimento di verificare l'osservanza delle norme in vigore nello Stato destinatario, si deve ammettere che quest'ultimo ha il diritto di esigere e di controllare l'osservanza delle proprie norme in materia di riserve e accantonamenti tecnici relativamente alle prestazioni di servizi effettuate nel suo territorio”.

“purché le condizioni imposte da tale legislazione [dello Stato ospite] non vadano oltre quanto è necessario per garantire la tutela dei contraenti dell'assicurazione e degli assicurati” e tale tutela non sia garantita in maniera sufficiente dallo Stato di stabilimento dell'impresa.142

In conclusione, la Corte ha affermato esplicitamente che la tutela del contraente debole rappresenta un interesse generale capace di limitare, anche in maniera significativa, il principio fondamentale di libera prestazione dei servizi.