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Geni che influenzano la concentrazione dei deossinucleotiditrifosfato:

1.6 Geni che influenzano l’accumulo di cloni petite

1.6.1 Geni che influenzano la concentrazione dei deossinucleotiditrifosfato:

se le colonie petite sono rho- oppure rho0, dunque se alla mutazione patologica è associato un incremento della frequenza di delezioni e/o un aumento della perdita dell’mtDNA. Per quanto concerne la valutazione della mutabilità puntiforme dell’mtDNA, essa può essere determinata facilmente mediante la valutazione della frequenza di mutanti resistenti a antibiotici quali eritromicina.

Grazie all’utilizzo del lievito come sistema modello sono stati studiati gli effetti sul metabolismo mitocondriale di mutazioni in numerosi geni, sia mitocondriali che, soprattutto, nucleari. Un esempio, riportato in tabella 1.6, concerne lo studio di mutazioni in geni nucleari che determinano instabilità del DNA nucleare.

Gene umano

Gene ortologo di lievito

Funzione del prodotto genico Bibliografia

ANT1 AAC2 ADP/ATP carrier, trasporto di ATP e ADP attraverso la membrana mitocondriale interna

Fontanesi et al., 2004 Palmieri et al., 2005 Lodi et al., 2006 POLG MIP1 DNA polimerasi mitocondriale, replicazione

dell’mtDNA

Stuart et al., 2006 Baruffini et al., 2006 Baruffini et al., 2007

MPV17 SYM1 Incognita Spinazzola et al., 2006

EFG1 MEF1 Fattore di elongazione mitocondriale G1, traduzione degli mRNA mitocondriali

Valente et al., 2007

BCS1L BCS1 Proteina coinvolta nell’assemblaggio del complesso III

Fernandez-Vizarra et al., 2007

Tabella 1. 6: Geni umani e ortologhi di lievito che determinano instabilità dell’mtDNA. Mutazioni nei geni MEF1 e BCS1 causano una riduzione della stabilità dell’mtDNA solo in lievito.

nei ribonuclelosiditrifosfato, che così vengono ridotti, rispettivamente, a dNDP o dNTP. La reazione catalizzata dalla ribonucleotide reduttasi è pertanto fondamentale per la sintesi e la replicazione del DNA (Nordlund and Reichard, 2006). Dal punto di vista strutturale le ribonucleotide reduttasi sono eterotetrameri costituiti da due subunità maggiori R1 e due subunità minori R2.

S. cerevisiae possiede una ribonucleotide reduttasi di classe Ia (Nordlund and Reichard, 2006). RNR1 e RNR3 codificano per due versioni distinte della subunità R1 (Elledge and Davis, 1990). RNR2 e RNR4 codificano invece per due subunità minori R2 (Elledge and Davis, 1987; Hurd et al., 1987; Huang and Elledge, 1997; Wang et al., 1997a). RNR3 è espresso scarsamente e il mutante nullo non ha fenotipo, neanche in seguito ad induzione del danno sul DNA quando RNR3 è fortemente espresso (Domkin et al., 2002). Al contrario, la distruzione di RNR1 è letale, ma il fenotipo può essere salvato dall’overespressione di RNR3.

RNR2 e RNR4 sono fondamentali entrambi per l’attività ribonucleotide reduttasica, come dimostrato dal fatto che la distruzione di un singolo gene è letale. In particolare Rnr4 e Rnr2 formano un eterodimero ββ’ che, associato con due subunità R1, forma il tetrametro α2ββ’

della ribonucleotide reduttasi di lievito.

La regolazione della concentrazione dei dNTP è fondamentale per il corretto progredire del ciclo cellulare. Alte concentrazioni costitutive di dNTP durante tutto il ciclo cellulare inibiscono il passaggio alla fase S, la sintesi del DNA e i checkpoint del danno al DNA (Chabes and Stillman, 2007). Di conseguenza la sintesi dei dNTP deve essere finemente regolata e poiché lo step limitante è la reazione reduttasica, la regolazione avviene a livello di RNR1. In primo luogo, RNR1 è regolato durante il ciclo cellulare, in modo tale che l’attività massima si raggiunga nel passaggio dalla fase G1 alla fase S e venga mantenuta nella fase S (Elledge and Davis, 1990). In secondo luogo il gene RNR1 è indotto in seguito al trattamento con agenti che danneggiano il DNA (Elledge et al., 1993). La regolazione di RNR1 avviene attraverso tre meccanismi.

1) RNR1 è regolato a livello trascrizionale (Elledge and Davis, 1990; Huang et al., 1998), attraverso il checkpoint Mec1/Rad53. In particolare, in condizioni di danno al DNA o di passaggio dalla fase G1 alla fase S, il checkpoint Mec1/Rad53, attraverso la chinasi Dun1, inattiva, mediante iperfosforilazione, la proteina Ctr1. Ctr1 è un fattore di trascrizione che, normalmente, lega una regione a monte di RNR1, inibendone la trascrizione attraverso il reclutamento del complesso inibitore Ssn6/Tup1. Durante il passaggio dalla fase G1 alla fase S o in seguito a danno sul DNA, attraverso un processo a cascata che coinvolge le chinasi Rad53 e Dun1, Ctr1 viene iperfosforilata e diventa incapace di legare la regione a monte di RNR1, permettendone così la trascrizione. In tal senso l’overespressione RNR1 è in grado di sopprimere la letalità di un ceppo ∆mec1 rad53 (Desany et al., 1998).

2) L’attività di Rnr1p è regolata attraverso il legame con l’inibitore Sml1. SML1 codifica per una proteina che si lega Rnr1, inibendone l’attività (Zhao et al. 2000a; Chabes et al., 1999; Chabes et al., 2003). SML1 è stata identificata per la capacità di sopprimere la letalità in un ceppo ∆mec1 (Suppressor of Mec Lethality) (Zhao et al., 1998). In

particolare il deleto ∆sml1mec1 è vitale in quanto la proteina Rnr1, in assenza di Sml1, svolge la sua attività anche in assenza della cascata attivata dal checkpoint Mec1/Rad53. Come dimostrato da Chabes et al., 1999, la proteina Sml1 lega in vitro la proteina Rnr1 in un rapporto molare 1:1, inibendone quasi completamente l’attività catalitica. In condizioni normali, la proteina Sml1 lega Rnr1, impedendo alla ribonucleotide reduttasi di catalizzare la sintesi di dNTP. Nel passaggio dalla fase G1 a S o in caso di danni al DNA, la proteina Sml1 viene fosforilata attraverso un processo a cascata che coinvolge il checkpoint Mec1/Rad53 e le proteine Rad9, Rad17, Rad54, Mec3 e Dun1 (Zhao et al., 2001; Zhao and Rothstein, 2002). La fosforilazione inibisce il legame della proteina Sml1 a Rnr1 e ne induce la degradazione, in modo tale che durante la fase S la quantità di proteina è sei volte inferiore rispetto alla fase G1 e più di 10 volte inferiore in presenza di sostanze che danneggiano il DNA. Recentemente è anche stato dimostrato che la quantità di Sml1 è influenzato da una via Mec1-indipendente, che coinvolge il complesso Mre11/Rad50/Xrs2 e la proteina Rad9. In seguito a danni sul DNA, questo pathway converge col pathway Mec1/Rad53/Dun1 e porta alla degradazione di Sml1 (Corda et al., 2005).

3) L’attività ribonucleotide reduttasica è regolata dalla localizzazione delle subunità Rnr2 e Rnr4 (Yao et al., 2003). Infatti durante il ciclo cellulare Rnr1 e Rnr3 sono localizzati prevalentemente nel citoplasma, mentre Rnr2 e Rnr4 sono localizzati nel nucleo. In seguito a danno al DNA, Rnr2 e Rnr4 migrano nel citoplasma, dove possono legare le subunità Rnr1 e Rnr3 per formare il tetrametro della ribonucleotide reduttasi. Così come gli altri meccanismi di regolazione, la ridistribuzione di Rnr2 e Rnr4 passa attraverso il checkpoint Mec1/Rad53/Dun1.

L’attività ribonucleotide reduttasi influenza profondamente la stabilità dell’mtDNA, essenzialmente incrementando la concentrazione dei dNTP, che, a seconda delle condizioni, aumenta di 2,5-8 volte overesprimendo RNR1 o distruggendo SML1 (reviewed in Nordlund and Reichard, 2006). La prima osservazione che RNR1 influenza la stabilità dell’mtDNA è stata fatta da Lecrenier e Foury, che hanno identificato RNR1 come soppressore multicopia di una mutazione termosensibile in MIP1 (mip1-1) e di altri alleli mutanti mip1. Non solo RNR1 in multicopia ripristinava la crescita a 37°C dei ceppi mip1 termosensibili, ma riduceva del 50% la frequenza dei petite a 37°C di un ceppo diploide MIP1/mip1 (Lecrenier and Foury, 1995). Studi successivi hanno dimostrato che l’overespressione di RNR1 riduce la frequenza di mutanti petite in un ceppo selvatico, nonché in un ceppo pif (O’Rourke et al., 2005). PIF1 codifica per una elicasi mitocondriale coinvolta nella riparazione e nella ricombinazione dell’mtDNA e la sua delezione, come noto, porta ad un accumulo del 60-70% di petite (Foury and Lahaye, 1987; Lahaye et al., 1991). Inoltre è stato dimostrato che l’overespressione di RNR1 in un contesto wt porta ad un incremento del numero di copie di mtDNA pari a circa 2,5 volte (Taylor et al., 2005).

Effetti simili sono stati osservati mediante la distruzione di SML1. In particolare la distruzione di SML1 sopprime il fenotipo termosensibile del mutante mip1-1 e riduce di circa due volte la

frequenza dei petite (Zhao et al., 1998). Inoltre la delezione di SML1 riduce la frequenza dei petite e incrementa di circa 2 volte il numero di copie di mtDNA in un contesto wt o pif1, in modo del tutto analogo all’overespressione di RNR1 (Taylor et al., 2005).

Da questi risultati emerge chiaramente come l’attività ribonucleotide reduttasica influisca profondamente, in lievito, sulla stabilità dell’mtDNA. Sulla base dei meccanismi di regolazione sopra riportati, la stabilità dell’mtDNA è dunque profondamente influenzata dal checkpoint Mec1/Rad53.

La ribonucleotide reduttasi è presente ovviamente anche nei mammiferi e dunque nell’uomo.

Nei mammiferi è presente un gene codificante la subunità maggiore R1 e un gene codificante la subunità minore R2. Le due subunità interagiscono due subunità formando l’eterotetramero α2β2. Il grado di conservazione delle subunità minori e maggiori è molto elevata: ad esempio l’identità di sequenza fra lievito e mammiferi è del 60-70%.

Per quanto concerne la regolazione, nei mammiferi così come nel lievito l’espressione della ribonucleotide reduttasi è indotta nel passaggio dalla fase G1 a S e in seguito a danni sul DNA (reviewed in Nordlund and Reichard, 2006). Mentre nel lievito è regolata essenzialmente la sintesi e l’attività di Rnr1, nei mammiferi è la subunità R2 ad essere regolata, essendo questa la subunità limitante per l’attività enzimatica. In primo luogo il gene R2 è regolato a livello trascrizionale, attraverso varie sequenze situate a monte del gene R2 (Chabes et al., 2004).

Una delle sequenze è legato dal repressore E2F4, che reprime la sintesi della subunità R2 durante la fase G1 (DeGregori et al., 1995). In secondo luogo la subunità R2 è degradata durante la mitosi, attraverso un processo di ubiquitinazione seguito dalla proteolisi (Chabes and Thelander, 2000). In terzo luogo, in seguito a danni sul DNA, viene indotta la sintesi di una subunità R2 alternativa, la subunità p53R2, la cui sintesi è indotta dalla proteina p53, che induce anche l’overespressione della subunità R1, in seguito a danni sul DNA (Lin et al., 2004). E’ da notare che sebbene i meccanismi di regolazione mostrino alcune differenze, entrambi dipendono dal checkpoint Mec1/Rad53. Nei mammiferi infatti esistono le due proteine omologhe, ATM/ATR e CHK2, che agiscono come trasduttori del segnale e, come effetto finale, regolano la sintesi di numerosi geni coinvolti nella sintesi e nella riparazione del danno sul DNA (reviewed in Rotman and Shiloh, 1999). Ad esempio ATM/ATR e CHK2 stabilizzano p53, inducendo di conseguenza la sintesi di p53R2 e di R1 (Tanaka et al., 2000;

Zhao et al., 2000b; reviewed in Caspari, 2000).

I mammiferi mancano invece di un omologo della proteina SML1. E’ interessante notare che la proteina Sml1 di lievito è però in grado di inibire, legandosi ad essa, anche la subunità R1 di topo e uomo (Zhao et al., 2000a), suggerendo come anche la struttura della subunità Rnr1 sia altamente conservata fra lievito e mammiferi.