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Geologi nazionalisti e storia della geologia

Ci ha rimesso immediatamente e pesantemente il Meridione, con l’esplosione del bri-gantaggio (o guerra civile), la nascita o rafforzamento delle varie mafie, la nascita e l’incancrenirsi della questione meridionale. Anche Niccolò Tommaseo nel 1848 la pen-sava così: “Da‘ nostri valentuomini è stato mille volte ripetuto che le Calabrie rispetto

al nostro Regno si debbano riguardare come le Indie, per la varietà, squisitezza ed abbondanza delle produzioni, per la ricchezza che ivi presenta il regno minerale e per il concorso di tante favorevoli circostanze” (All’Assemblea di Venezia. Discorsi due,

Vene-zia 1848, p. 19 /v) (Fig. 12).

Ma la storiografia ufficiale italiana per troppo tempo se ne è dimenticata.

Il beneficio maggiore, forse, è venuto alla Chiesa liberatasi in 10 anni del pesante far-dello del potere temporale, suo vanto e gloria per quasi due millenni, ma sempre più viscoso e vincolante nella modernità democratica dove il prestigio e l’ascendente religio-so è efficace se evangelico, ma civilmente impegnato. Lo aveva giustamente predicato Antonio Rosmini per un poco messo all’indice e oggi beatificato, sulla scorta del concilio Vaticano II (Fig. 13).

Geologi nazionalisti e storia della geologia

In questo contesto variegato, complesso e suscettibile di interpretazioni contrastanti, riprendiamo la nostra tesi poco discussa ma facile da provare, che i geologi del nostro Paese come singoli e come comunità disciplinare furono campioni di italianità. Essi sostennero l’unificazione assai più di filosofi, poeti, musicisti e scrittori. Ciò è sorpren-dente se a ragione si dice che senza le opere di Manzoni, Nievo, Settembrini, Verdi (per citarne alcuni) e delle loro matrici antiche, difficilmente Cavour avrebbe potuto fare del concetto di italianità materia di scambio politico.

Il carisma di italianità dei geologi italiani dell’Ottocento è trasversale. Operano nobili e fie-Fig.12 - Ritratto di Niccolò

ri radicali repubblicani mazziniani (giovane Scarabel-li), liberali moderati (Scarabelli maturo), monarchici borghesi squattrinati (Capellini), monarchici borghesi arricchiti (Sella), latifondisti liguri e toscani (Pareto, Savi), giacobini napoletani (Tondi), garibaldini nordisti (Taramelli), cattolici rosminiani evoluzionisti (Stoppa-ni).

La geologia era nata in Italia a metà Quattrocento con Leonardo e la prospettiva geometrica dei pittori dell’Umanesimo, e aveva preso il suo nome da Ulisse Aldrovandi (Fig. 14) nel 1603.

Era una disciplina culturale polarizzata nel capire perché fossili marini si trovano nei monti. Col Sette-cento sempre in Italia sboccia poi la paleontologia e da questa in Italia, Francia e Inghilterra si sviluppa la stratigrafia che consente un’esplosione nella ricerca mineraria basata sulle carte geologiche. La geologia moderna diventa una disciplina professionale, e contribuisce a rifornire di materie prime la rivoluzione industriale del carbone, dell’acciaio, del petrolio.

La scoperta di fossili estinti, dinosauri, cetacei, pachidermi, colpisce la fantasia popolare e gli scrittori romantici, preparando il terreno all’epopea darwiniana e culturale dell’evoluzio-ne, tanto discussa quanto incontestabile. E la geologia torna a essere una disciplina anche culturale di grande attualità nelle due prime nazioni-stato del mondo, Francia e Inghilter-ra, e poco dopo negli USA.

Da subito c’è una simbiosi precoce fra questa geologia e lo stato nazionale, che si rispec-chia nella nascita delle Società Geologiche e dei Servizi Geologici nazionali. Nel 1807 na-sce a Londra la prima Geological Society che, beninteso, non potrà che essere britannica. Poco dopo, nel 1830 seguono i francesi, i quali non potevano che, ovviamente, essere più espliciti fondando la Société Géologique

de France. La sequela si allunga rapidamente

a molti altri Paesi, fra cui l’Italia, però solo dopo un cinquantennio (Fig. 16).

La geologia moderna nasce quindi come disciplina a grande valenza nazionalistica, pur essendo geneticamente indipendente dai confini politici. Con una buona geologia una nazione potrà aspirare al progresso e ai benefici della “scienza positiva”. Senza la geolo-gia ne sarà tagliata fuori. Non è un caso che anche in Italia la costituzione di un Servizio Geologico avvenga a unificazione appena proclamata nel 1861, perché il nuovo governo

Fig. 14 - Ritratto a olio di

Aldro-vandi nella maturità.

Fig. 14 - Ritratto a olio di Aldro-vandi nella maturità.

è, in teoria almeno, già consapevole di questo imperativo istituzionale, assai prima che la stessa comunità geologica nel suo insieme sia consapevole della sua forza e accetti la sfida di costituirsi in Società Geologica Italiana nel 1881.

Altro indice dell’enorme valenza politica nazionale della scienze e della geologia in gran parte dell’Europa e in Italia, in particolare nella prima metà dell’Ottocento, è fornito dai

Congressi degli Scienziati.

Nel Settecento la scienza, come più in generale la cultura, avevano uno spiccato carat-tere internazionalista, ed erano al servizio più delle corti e dei principi che delle nazioni. Non c’era differenza fra i grandi stati nazionali e gli staterelli italiani o germanici. Il pre-stigio di Accademie e Università offriva libertà di movimento a scienziati e intellettuali. Con l’Ottocento nascono le discipline scientifiche professionali e professionalizzanti, gli scienziati diventano valore aggiunto per gli stati nazionali che possono avviare la rivolu-zione industriale, e la concorrenza fra gli stati da politica e religiosa si fa anche com-merciale e scientifica. Gli scienziati singoli hanno meno libertà di movimento fra i vari stati, per ragioni economiche ma anche politiche ed ideologiche, sia in entrata che in uscita, e vi rimediano aggregandosi e facendosi scudo dell’autonomia scientifica e della interdisciplinarietà individuata nei Congressi degli Scienziati.

Essi nascono in Svizzera nel 1815 e si estendono a partire dal 1823 in Germania, non a caso Paese, come l’Italia, frammentato allora in una miriade di staterelli. Hanno subito dimensione nazionale anche in nazioni non ancora unificate politicamente in uno stato. Sono però aperti a scienziati di altri Paesi che da un lato ottengono più facilmente il visto di ingresso e dall’altro garantiscono l’internazionalismo del contenuto scientifico. Ufficialmente si parla solo di scienza, ma in privato ci sono scambi ideologici e anche trattative di potenziale rilevanza politica interna e internazionale.

Dalla Germania si propagano poi in Italia nel 1839 all’Università di Pisa e, anno dopo anno in tempi burrascosi, a Torino, Firenze, Padova, Lucca, Milano, Napoli, Genova, Venezia (spostato da Bologna), e dopo l’Unità nel 1862, 1873 e 1875, in condizioni che li rendevano ormai superati.

Anche quest’ultima data non è casuale, quasi che a unificazione avvenuta uno degli Fig. 16 - Giovanni Capellini in tarda età guarda virtualmente la lapide che ricorda la fondazione della Società Geologica Italiana in Via Zamboni 59, a Bologna.

scopi non dichiarati dei Congressi non fosse più un obiettivo (e anche perché non sus-sistevano più vincoli politici alla mobilità nazionale degli scienziati)

Caratteristica speciale di questi Congressi, specie di quelli italiani, fu il ruolo preminente svolto dai geologi, anche nella loro veste di fondatori dell’archeologia preistorica (con Scarabelli nel 1850), in consessi formati anche da matematici, chimici, fisici, astrono-mi, zoologi, botanici, medici. Fra i temi ricorrenti e più discussi figura infatti l’intenzione di redigere una Carta Geologia d’Italia dopo un’attenta valutazione delle ragioni, delle modalità e dei vantaggi di una tale impresa. Nessuno dubitava dell’utilità, anche perché la totalità dei geologi e forse degli scienziati convenuti auspicava l’unificazione. Fra i geologi c’erano almeno Sismonda, Della Marmora, Pilla, Catullo, Provana di Collegno, Pareto, Savi, Pasini, Zuccagni Orlandini, forse Scarabelli e Cocchi, oltre ai maggiori colleghi europei, in pratica tutti i più bei nomi della geologia italiana di quel ventennio a metà del secolo.

Erano per lo più giovani, con una frazione di uomini maturi. Era quindi abbastanza na-turale che, nella varietà degli orientamenti politici, prevalesse fra di loro il nazionalismo rispetto all’internazionalismo imperiale. Ma in questo essi avevano avuto buoni maestri, veri pionieri nel prefigurare una identità e unitarietà dell’Italia a partire dalle sue carat-teristiche geologiche.