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La gestione del ricordo e della residenzialità affettiva degli ospit

2. Il Destination marketing e la gestione della relazione con il turista

2.3 La gestione del ricordo e della residenzialità affettiva degli ospit

L’esperienza di viaggio e soggiorno non si conclude al rientro dell’individuo nella quotidianità, poiché, a questo punto, egli rifletterà su ciò che ha vissuto, lo ripercorrerà in modo dinamico e lo manterrà vivo nei suoi ricordi, nei souvenir, nelle fotografie, nei filmati mostrati ai propri amici e nei commenti sul luogo di lavoro. Dell’Ara (2006) caratterizza questa fase per il comportamento ostentatorio del turista, fiero di dimostrare l’acquisizione dei nuovi significati simbolici e materiali, dall’incremento della conoscenza all’abbronzatura o all’acquisto di souvenir. Dal punto di vista della DMO, tale stadio contiene enormi potenzialità per “coltivare” il ricordo, ossia l’esperienza mentale frutto dell’esperienza reale, ma solo se lo si osserva nell’ottica del Customer Relationship Management. In questo senso, l’obiettivo del Destination Marketing diventa dare forma e struttura organizzativa alle attività tese all’ascolto del cliente, alla comprensione del suo grado di soddisfazione e

alla dilazione nel tempo degli effetti positivi derivanti dall’esperienza, al fine di attivare processi di fidelizzazione e di word of mouth positivo.

Al di là delle emozioni e delle sensazioni appaganti veicolate durante il soggiorno nella destinazione, una componente essenziale per stimolare la generazione di ricordi positivi nei visitatori risiede nel garantire loro un’esperienza di qualità, che, com’è ovvio, è percepita in modo estremamente soggettivo. In linea generale, la qualità della vacanza è data dalle componenti tecniche, relative alle singole prestazioni, e dalle componenti relazionali, riferite al contatto che il turista stabilisce con il territorio nel suo insieme. Mentre le componenti tecniche della qualità rappresentano una condizione necessaria e possono essere presidiate attraverso variabili organizzative ed efficaci sistemi di controllo, è sulle relazioni tra l’ospite e tutti i soggetti che incontra nel corso della sua permanenza che si gioca la competitività di una destinazione. Un primo indice della variabilità di questa valutazione può essere ricondotto alla novità dell’esperienza di fruizione della destinazione, che determina meccanismi valutativi differenti tra turisti che la visitano per la prima volta e

repeaters.

Nel caso di “nuovi turisti”, l’arrivo nella meta di vacanza è una vera e propria transizione “dal sogno alla realtà”, ossia dalle aspettative sulla destinazione, infarcite di letture, fotografie e conversazioni, alla sua esperienza reale. Sperimentando la qualità dei servizi offerti ed entrando in contatto con gli attori che operano localmente, infatti, inizia il processo di confronto tra l’aspettativa, ossia la qualità attesa che l’azione di Destination Marketing ha contribuito a creare, e la percezione della realtà che caratterizza il territorio. Nel caso di ospiti fidelizzati, invece, la dimensione immaginativa è più contenuta e la consapevolezza delle caratteristiche della destinazione precedentemente esperite rappresentano il termine di paragone con cui valutare la nuova esperienza. La loro soddisfazione deriverà dall’intensità dei cambiamenti che la località ha subito sotto il profilo ambientale, economico e culturale, dall’evoluzione o involuzione dell’offerta proposta e dai possibili rinnovamenti che ne accrescono la forza attrattiva. Tuttavia, nel caso di ritorno dopo un lungo periodo, anche il turista “fedele” dovrà subire una fase di ri-adattamento e i

progressi o regressi avvenuti nel territorio saranno ai suoi occhi estremizzati, condizionando fortemente la possibilità di un’ulteriore visita futura.

Al di là di questa differenziazione generale, è chiaro che la percezione della qualità da parte di un qualsiasi consumatore è di difficile determinazione, soprattutto poiché essa è relativa e dipendente dalle sue motivazioni, dal suo stile di vita, dalle sue attese, dalle sue esperienze precedenti e dalle alternative che egli aveva a disposizione. Tutti questi aspetti fungono da filtro per comporre le mappe mentali utilizzate individualmente per valutare, a posteriori, la corrispondenza tra la promessa trasmessa dall’offerta, che ha influenzato le sue aspettative e le sue scelte, e la reale sperimentazione della qualità. Inoltre, la qualità è dinamica e contingente, a causa dei continui mutamenti nelle caratteristiche della domanda e delle offerte concorrenti, e multidimensionale, in quanto concerne molteplici fasi dell’attività produttiva.

Nel settore turistico, questi limiti diventano più complessi, soprattutto per via della multidimensionalità del bundle, generato con risorse diffuse e frutto di un processo di produzione “a più mani”, per cui diventa difficoltoso istituire una politica di controllo e di garanzia unificata e oggettivamente misurabile. La fruizione del composito prodotto turistico si configura come una prestazione prolungata il cui valore è determinato nella sua globalità, piuttosto che rispetto ai singoli episodi di scambio. Infatti, nel processo di generalizzazione percettiva e valutativa, la qualità di ogni singola componente costituisce solo un aspetto della qualità globale, che dipende anche dalle relazioni instauratesi all’interno della comunità locale e da quelle venutesi a creare tra i suoi membri e il singolo viaggiatore. La difficoltà di monitoraggio della qualità è ostacolata anche dalla presenza di fattori incontrollabili, quali la variabile metereologica, il grado di affollamento o la presenza di tensioni sociali. In definitiva, in senso manageriale non si può aspirare astrattamente a una qualità assoluta, bensì a una qualità adeguata in riferimento alle caratteristiche dell’offerta, al segmento a cui è indirizzata e al prezzo con il quale è proposta. Infine, occorre precisare che, per via dello smaccato dinamismo del mercato, la qualità non può essere considerata come un obiettivo da raggiungere ma da perseguire, nella consapevolezza che la sinergia e il coordinamento a livello di destinazione rappresentano un vantaggio rilevante in questo processo di miglioramento continuo.

Dal punto di vista emozionale, la qualità della vacanza dipende dalle sensazioni che la destinazione ha saputo regalare ai suoi ospiti, per cui le condizioni atte a favorire il perpetuarsi del ricordo piacevole devono essere costruite durante la fase di fruizione. La componente di storytelling, che ha reso l’esperienza in loco più emozionante e avvincente, assume un ruolo chiave anche in questa terza fase del Destination

Marketing, perché contribuisce a fissarne la piacevolezza nell’immaginario del

visitatore e stimola quest’ultimo a riproporlo nelle occasioni di comunicazione interpersonale con i soggetti con cui entra in contatto.

Nel corso della vacanza, un momento da sempre vissuto con entusiasmo dai turisti concerne l’acquisto sul posto di determinati beni, che diventeranno “preziosi” non per il loro valore materiale, ma per i ricordi che veicolano. Per gli operatori di marketing della destinazione, la vendita di memorabilia e souvenir particolari associati all’esperienza vissuta è un ulteriore modo per fissare, richiamare ed estendere nel tempo l’esperienza all’interno della mente dell’ospite. Nella logica del visitatore, tali oggetti-ricordo rappresentano un punto fermo all’interno della realtà esperita e si qualificano come simboli per fermare una porzione del tempo e ampliarne le sensazioni positive. Possedere materialmente un elemento tipico, che rappresenti la

pars pro toto delle peculiarità, del genius loci e dello spirito idealizzato del suo

contesto di provenienza, permette di “tangibilizzare” l’esperienza che si vuole ricordare ed è al tempo stesso un mezzo per socializzala e trasmetterne l’essenza agli altri. Dal punto di vista dell’offerta, i souvenir dovrebbero essere “concepiti come

prodotti di una vera e propria industria del ricordo” (Dell’Ara, 2006), quindi occorre

“esperienzializzarli” e “sensorializzarli”, in modo che il legame tra l’esperienza soggettiva del luogo e l’oggetto destinato a evocarla s’intensifichi e che la memoria ne risulti supportata, prolungata e riaccesa nel tempo.

Il legame emozionale che si genera nell’inconscio del turista in conseguenza a un’esperienza memorabile sviluppa un senso di “residenzialità affettiva”, un feeling che fa sentire i turisti parte della destinazione stessa. Nella fase post-vacanza, questo senso di appartenenza e inclusione si esplicita in un prolungato interesse per la località e nel commento di ciò che si è fatto, visto e vissuto. Tale condivisione diviene l’espressione del livello di coinvolgimento e interazione con la destinazione,

alla quale si sono assegnati dei significati simbolici che ne permettono di veicolarne l’essenza. La fase di sharing può anche prolungarsi nell’arco della vita e, a livello di marketing, tale comportamento volontario di diffusione di informazioni, suggerimenti e consigli sui luoghi visitati opera quale importante stimolo nel condurre altri individui a desiderare il viaggio. Il passaparola è un’attività spontanea che può essere gestita solo parzialmente dalla destinazione e che trova i suoi punti di forza nella personalizzazione, nell’imparzialità e nell’attendibilità presumibili da una forma di comunicazione one-to-one e, dunque, da una fonte informativa diretta e autentica. La DMO può limitarsi a svolgere un ruolo di incentivo, fornendo ai visitatori topic di discussione, stimoli, motivazioni e argomenti interessanti da raccontare al loro rientro, e a mantenere costantemente monitorata l’immagine che si sta diffondendo della destinazione.

Questa fase della relazione con i viaggiatori è estremamente importante, giacché il loro atteggiamento rappresenta il miglior feedback a disposizione della DMO, e necessita una cura attenta e prolungata, oltra al riconoscimento della simmetria ospite-destinazione. Per trasformare il turista nel più influente advocate della destinazione è evidente che è necessario costruire un rapporto cooperativo, costituito da ripetuti scambi bidirezionali improntati su sincerità, rispetto e fiducia, oltre che sull’impegno mutuo a mantenere la relazione nel tempo.

Il vantaggioso rapporto con gli ospiti non si esplicita solo a livello attitudinale nel desiderio e nell’intenzione di questi ultimi di raccomandare la destinazione ad altri, ma ha anche ripercussioni comportamentali, ossia induce a ripetere della visita. Si parla di “fidelizzazione” quando un forte legame emozionale tra una particolare offerta e il consumatore può invogliare quest’ultimo a continuare a destinare nel tempo il proprio potere d’acquisto al medesimo fornitore. Il concetto di fidelizzazione è piuttosto complicato da declinare all’ambito turistico, in primo luogo, perché è più che naturale che un viaggiatore desideri visitare anche altre località e, in secondo luogo, perché la possibilità di un ritorno dipende dalla disponibilità di risorse e attrazioni che lo giustifichino. Dal punto di vista strategico-operativo, un primo aspetto da presidiare riguarda la ricerca dell’equilibrio tra l’esigenza di re-

sfruttamento. Infatti, mantenere la località attraente, limitando le ricadute negative a livello sociale, ambientale e culturale, e innovare l’offerta in linea con l’evoluzione della domanda e del mercato sono elementi chiave, non solo nell’ottica della fidelizzazione.