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Le politiche di Comunicazione durante la pre-leaving experience

2. Il Destination marketing e la gestione della relazione con il turista

2.1 Le politiche di Comunicazione durante la pre-leaving experience

Come già anticipato, la prima fase del processo di Destination Marketing ha luogo prima che l’ospite raggiunga la meta di vacanza ed è, dunque, orientata al perseguimento di obiettivi di comunicazione e promozione che “materializzino” la destinazione agli occhi dei target. In questo come in tutti gli stadi successivi, il principale “capitale” da investire nel promotional effort è costituito dai valori e dai significati espressi nella dimensione culturale, sociale, naturale ed economica, che determinano la forza attrattiva e la vendibilità del luogo. A tal fine, lo spirito profondo di una destinazione viene ancorato a un brand dalla personalità forte, che avanzi promesse, rassicuri sulla qualità e sulla sicurezza e trasmetta al viaggiatore un significato simbolico, con forti implicazioni valoriali, con cui identificarsi.

Nonostante nella realtà quotidiana, i termini “informazione” e “comunicazione” siano spesso usati in modo interscambiabile, tra queste due espressioni linguistiche esiste un’importante differenza, anche se non vi è una cesura che permetta di delimitarne i confini in modo assoluto. Declinati settore turistico, sostanzialmente l’informazione si basa su dati descrittivi e ha lo scopo di diffondere notizie utili al turista, mentre la comunicazione serve a “orientarlo” nei comportamenti e nelle scelte. Dall’informazione turistica ci si aspetta che vengano menzionati tutti i soggetti economici operanti sul territorio ed essa si configura come la “materia prima” della piena fruizione dell’esperienza turistica, anche se non ha di per sé una funzione commerciale. Per mezzo della comunicazione, invece, la destinazione mira ad accrescere la propria notorietà e ad aumentare la propria forza di attrazione turistica, attraverso messaggi motivanti che forniscono stimoli e suggestioni ai mercati. L’espressione comunicativa è, dunque, uno strumento di persuasione e d’incentivazione finalizzato a conquistare la preferenza del consumatore e a fargli assumere nel breve periodo il comportamento desiderato.

Nel modo del turismo, la sovrapposizione dei termini è dovuta a un equivoco di partenza, dovuto all’istituzionalizzazione dell’espressione “promozione turistica” nella Legge quadro sul turismo del 1983, che definiva il ruolo delle Aziende di Promozione Turistica. In realtà, la funzione di questi soggetti pubblici super partes può essere ricondotta al dominio dell’informazione turistica, in quanto essi si occupano di rappresentare una destinazione nel suo complesso in modo generico, neutrale e indifferenziato rispetto agli interessi dei vari stakeholder. L’azione dell’ente territoriale a beneficio della destinazione, dunque, è quella di rappresentanza generale, configurandosi come una sorta di bene pubblico, a ricaduta diffusa e indivisibile sul territorio.

Per ciò che concerne l’azione di promozione vera e propria, individuare in modo netto il profilo degli interlocutori dell’azione di marketing è un passaggio fondamentale per sviluppare esperienze che siano in linea con i loro specifici interessi, ma anche per studiare i mezzi, i canali e gli strumenti più adatti per raggiungerli. Tuttavia, l’evoluzione del mercato turistico mostra una domanda in evoluzione e sempre più orientata da esigenze specifiche, che non si configura più

come un chiaro e definito “bersaglio fisso”, come quello al quale si fa spesso riferimento nella letteratura di marketing. La difficoltà delle politiche di promozione e commercializzazione consiste nel presidiare un posizionamento e avanzare promesse che siano, da un lato, sufficientemente specifiche da evocare una risposta psicologia ed emozionale nei viaggiatori selezionati e, dall’altro, abbastanza ampie da attrarre audience di cui in prima istanza non si era colto l’interesse. Inoltre, i viaggiatori modificano costantemente i propri bisogni e le proprie motivazioni, anche in relazione all’aumento delle proprie esperienze di viaggio, e agiscono sempre più come “nomadi” di stili, delle motivazioni e dei temi, non solo da un’esperienza di viaggio a un’altra ma anche all’interno della stessa vacanza. Tale “surfing dei consumi”, essenza di un percorso che tende alla ricerca dell’auto-realizzazione personale e allo sviluppo di se stessi, ha generato una crisi delle tradizionali tecniche di marketing basate su campagne unidirezionali calcolabili e pianificabili e su un approccio di promozione generico e indifferenziato.

In un mercato sempre più globale e che trasmette ai consumatori un elevatissimo livello di stimoli comunicativi, è particolarmente difficile emergere e differenziarsi dalle destinazioni concorrenti. Inoltre, l’evoluzione dei media, concernente tanto la loro moltiplicazione quanto la modalità di fruizione, ha determinato un minor tempo a disposizione per lanciare un messaggio e una minore attenzione agli elementi di contorno da parte degli utenti. Alla luce dell’importanza che le politiche di comunicazione e promozione rivestono e delle difficoltà connesse al sovraffollamento, le decisioni circa la natura e l’entità dell’azione di marketing non possono essere improvvisate, ma sono necessarie strategie specifiche che tengano conto di numerosi fattori.

La ricerca d’informazioni è uno degli step più importanti nel processo decisionale, sia per i potenziali viaggiatori, desiderosi di ridurre alcuni rischi, proteggersi e massimizzare la propria soddisfazione, sia per la destinazione, che può influenzare la loro scelta e indirizzare anche le loro successive decisioni in situ. Di conseguenza, la comprensione del comportamento e della strategia di information search è fondamentale per disegnare e sviluppare efficaci e personalizzate politiche comunicative e promozionali. Solitamente, mentre la prima fase della ricerca è

solitamente “interna”, utilizzando come fonte informativa le personali esperienze passate conservate nella memoria, in uno stadio successivo vengono raccolte informazioni aggiuntive “esterne”, dalle molteplici fonti rinvenibili sul mercato. Si tratta di una fase molto dispendiosa a livello di sforzo psicologico e di tempo, la cui lunghezza ed estensione dipendono dalla personale valutazione dei potenziali fruitori che, tendenzialmente, proseguiranno nella ricerca fin quando riconosceranno un equilibrio tra i costi e i benefici derivanti da quest’azione. Naturalmente, in questo

frame generale vanno introdotte variabili soggettive, come la cultura, il

coinvolgimento e l’expertice dell’utente, e fattori esterni, come le influenze di terzi e l’apprendimento accidentale.

Lo scenario attuale impone l’esigenza di trasmettere messaggi dai contenuti sempre più personalizzati, caratterizzati da un’informazione profonda, ma anche da una smaccata dimensione edonistica e affettiva. Quando la strategia si declina in comunicazione, infatti, l’emozionalità è fondamentale e, per il viaggiatore, essa rappresenta una promessa, che deve essere necessariamente ancorata agli stessi elementi contestuali da cui è scaturita. In linea generale, risulta di estrema importanza l’utilizzo di un linguaggio chiaro, comprensibile e dotato di forza emotiva, in modo che il mercato di riferimento possa capirlo, coglierne il valore e condividerlo. Per quanto concerne le decisioni circa la quantità di risorse investite nell’azione di marketing, è necessario individuare il cosiddetto “effetto soglia”, vale a dire il livello ottimale di stimolazione per gli utenti. Le politiche di comunicazione e promozione, infatti, hanno un effetto positivo e si traducono in un effettivo beneficio economico solo entro una certa dimensione d’investimento. Al di sotto di tale soglia (understimulation), ossia utilizzando stimoli insufficienti per quantità e intensità, lo sforzo sostenuto risulterà inutile, perché non vi sarà un ROI proporzionale. Allo stesso modo, un’esposizione esagerata (overstimulation) lamenterà investimenti eccedenti non giustificati, perché non si tradurranno in margini maggiori. Tuttavia non si tratta solo di quantità, ma di qualità e di conoscenza delle dinamiche attive nel processo di valutazione, di scelta e d’acquisto della vacanza da parte dei turisti potenziali, che conducono ad agire con gli stimoli adeguati e a utilizzare le tecniche e gli strumenti di marketing opportuni, in termini di mezzi, tempi, modi e linguaggi.

La scelta di una vacanza è un processo complesso e articolato in cui s’intrecciano molteplici fattori, razionali ed emozionali, e i benefici da essa derivanti prenderanno forma anche nella fase “post-viaggio”. Prima che l’effettiva visita abbia luogo, il rapporto turista-destinazione è guidato tanto da fattori pull, ossia dalle forze motivazionali che sorgono dai bisogni psicologici dell’individuo, quanto da fattori

push, ossia dalle peculiarità della destinazione che fungono da attrattori dei flussi.

Tuttavia, la riduzione delle motivazioni e dei bisogni dei viaggiatori a un modello basato su aspetti oggettivi non permette di catturare la complessità e la varietà dei fattori che spingono all’acquisto di una vacanza.

Nel dinamico processo di choice-making, gli aspetti razionali della scelta seguono un paradigma logico, basato sulla frammentazione dell’intero percorso valutativo e selettivo in singoli ambiti decisionali, ciascuno dei quali è gestibile attraverso un meccanismo orientato all’obiettivo e di tipo risolutorio. Dal punto di vista dell’offerta territoriale, un primo passo fondamentale consiste nel riuscire a inserirsi nell’opportunity set, ossia l’insieme di alternative di vacanza prese in considerazione dal mercato-obiettivo, incidendo sul suo sistema percettivo e sull’immaginario collettivo. Lungo le varie fasi del processo di selezione, il potenziale turista cerca risposte alle proprie esigenze e definisce le proprie priorità, per cui risulta fondamentale posizionare correttamente l’offerta e veicolare le diverse esigenze che la destinazione può soddisfare. Infine, al momento della decisione finale, il modello razionale suggerisce che gli sforzi di Destination Marketing si concentrino nel rendere evidenti i vantaggi in termini di rapporto qualità/prezzo e nel facilitare l’attività di prenotazione e acquisto.

Nonostante l’utilità di tale modello, il processo di scelta e acquisto di una vacanza non può essere totalmente ricondotto a schemi di assoluta razionalità, basati un ordinato e sequenziale comportamento di valutazione. Innanzitutto, il potenziale turista si trova in una situazione emotivamente molto coinvolgente, perché nella scelta sono implicate due rilevanti misure d’investimento personale: il proprio tempo e il proprio budget. Oltre agli aspetti psicologici soggettivi, legati al rischio e all’incertezza, alle differenze avvertite tra le alternative di scelta e all’importanza assegnata alla decisione, è anche difficile stabile in modo certo se il viaggiatore dia

priorità al luogo o al prodotto, ossia se decida prima dove andare e poi cosa fare o viceversa. In aggiunta, il processo interessa il soggetto nella sua individualità, ma presenta anche aspetti collettivi e, dunque, combina stimoli interni e stimoli esterni, dovuti a influenze solo in parte controllabili e prevedibili.

Il turista moderno, sempre più prosumer, ha oggi la possibilità di comparare in tempo reale le diverse proposte immesse sul mercato dalle destinazioni, di reperire un’enorme mole d’informazioni, di progettare la propria vacanza fin nei minimi particolari e di acquistarla in modo autonomo. I nuovi strumenti a disposizione degli utenti e i nuovi soggetti insinuatisi nella filiera turistica hanno condannato, in alcuni casi, gli operatori della commercializzazione tradizionale a un ruolo subalterno e hanno reso chiaro che, nell’attuale situazione competitiva, ogni ostacolo o difficoltà può comportare la perdita del potenziale fruitore. Di conseguenza, il percorso verso la competitività della destinazione implica il superamento del concetto statico di promozione e l’introduzione di strumenti di promo-commercializzazione, che semplifichino il processo d’acquisto e rendano la destinazione “tangibile” per il viaggiatore. Se la strategia di Destination Marketing è venuta in essere in equilibrio tra pianificazione e rapporti sinergici tra le parti e ha prodotto un’offerta integrata da proporre sul mercato, sarà possibile coniugare in un unico luogo d’approdo i percorsi di ricerca delle informazioni, di scelta, di prenotazione e d’acquisto compiuti dal turista. Gli strumenti che si possono impiegare per “vendere” una meta a vocazione turistica sono molteplici, da quelli più classici e tradizionali a quelli più alternativi, innovativi ed emergenti, ma solo una strategia integrata, coerente e in linea con le aspettative degli utenti otterrà un’effettiva risposta cognitiva, affettiva e comportamentale.

Tale processo integrato implica, in primo luogo, vantaggi per il turista, a cui è presentata una proposta che combina i vantaggi di strutturazione tipici del sistema “package” e la libertà di personalizzazione caratterizzante la configurazione “punto- punto”. In questo modo, l’offerta si arricchisce ai suoi occhi di un servizio di aggregazione, dato dalla completezza e coerenza con le specifiche motivazioni di vacanza, di un servizio d’informazione, grazie al quale può ottimizzare la permanenza nel territorio, e di un servizio di trasparenza, poiché il tutto è proposto a un prezzo

determinato e con definite condizioni di scambio. In secondo luogo, per gli operatori locali, la promo-commercializzazione funge da sostegno alla loro attività commerciale, poiché le singole offerte vengono indirizzate all’interno di specifici temi di vacanza, garantendo maggiore visibilità e un conseguente aumento delle vendite. Infine, la destinazione ne guadagnerà in competitività, poiché si dimostrerà al passo con i tempi e realmente dedita alla facilitazione del percorso di costruzione dell’esperienza turistica compiuto del turista.

Tra i diversi soggetti che interagiscono con il territorio, assumono particolare rilevanza gli intermediari turistici, che svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo della destinazione turistica, fungendo sia da canali di distribuzione sia da formatori d’immagine. Infatti, essi, in primo luogo, scelgono di puntare e promuovere determinati territori “confezionandoli” come destinazioni in base a come pensano di poterli vendere ai propri clienti. In secondo luogo, essi, veicolando informazioni ai viaggiatori, influenzano le loro opinioni e aspettative e condizionano il modo in cui la destinazione viene percepita. Di conseguenza, la conoscenza che gli intermediari hanno di un’area turistica e l’attitudine che essi mostrano nei suoi confronti hanno un forte peso nel processo di selezione della meta di vacanza messo in atto dai potenziali turisti. In quest’ottica, l’offerta di educational, ossia viaggi promozionali indirizzati al settore dell’intermediazione, rappresenta non solo una gratificazione per l’impegno profuso, ma anche un’occasione di aggiornamento e di scambio di esperienze e una possibilità per “correggere” un’immagine del luogo che non corrisponde alla realtà. Naturalmente, deve esserci alla base una ponderata selezione dei tour operator da coinvolgere, in base al mercato, alle caratteristiche della loro clientela e alle loro strategie di vendita.

Il passaggio evolutivo dall’ottica “price-based” a quella “quality-based”, che caratterizza le tendenze della domanda turistica internazionale, consacra il ruolo dell’immagine percepita circa una destinazione quale motore delle scelte turistiche, anche in relazione a fenomeni d’identificazione e di auto-realizzazione sociale. Il turista costruisce il proprio viaggio, in termini simbolici, ben prima di arrivare alla meta prescelta, vivendo una pre-esperienza “virtuale” che anticipa quella reale, sulla base delle immagini, delle conoscenze e delle impressioni che si sono formati

progressivamente e in modo a volte stereotipato nella sua mente. La soggettiva rappresentazione mentale che i viaggiatori hanno circa un luogo turistico è, infatti, generata da frammenti d’informazioni trasmessi nel tempo da differenti fonti, non tutte direttamente controllabili, e viene in essere con una logica differenziale, ossia dal confronto con le altre destinazioni. Questa prima forma di percezione del luogo accompagnerà e inciderà inevitabilmente in ogni momento dell’esperienza turistica, giacché “tra gli effetti personali ciascun turista porta con sé un bagaglio di pre-

conoscenze, di pregiudizi, d’immagini di luoghi verso cui si dirige”11

. Monitorare il processo di creazione e alimentazione della propria immagine è fondamentale per una meta turistica, perché dalla corrispondenza tra questa “realtà immaginaria”, che determina inconsciamente il suo orizzonte di attesa, e le esperienze concretamente vissute durante la vacanza deriverà la soddisfazione o insoddisfazione degli ospiti. I diversi approcci proposti dalla letteratura al fine di valutare l’immagine di una destinazione propongono essenzialmente due diverse visioni. Dalla prospettiva

attribute based, il profilo d’immagine di una destinazione è considerato come la

sommatoria delle idee e impressioni circa le prerogative e le peculiarità della località, per cui la percezione complessiva dell’individuo è facilmente ricavabile aggregando le opinioni espresse rispetto alle diverse caratteristiche scomponibili. Dalla prospettiva non attribute based, invece, l’immagine è un costrutto olistico e sovraordinato rispetto alle singole percezioni, per cui l’opinione complessiva deve essere valutata attraverso tecniche sintetiche. Per concettualizzare la complessità insita nell’immagine della destinazione è necessario considerare entrambe le dimensioni, in modo da avere una rappresentazione più accurata ed esauriente. Adottando l’ottica multi-item, Gartner (1993) propone un modello teorico che frammenta la percezione complessiva della destinazione in tre componenti gerarchiche, dalla cui interrelazione dipende la generale predisposizione dell’individuo. L’insieme delle credenze e conoscenze relative agli attributi, soprattutto quelli fisici, dell’area turistica opera a livello cognitivo e costituisce la premessa per l’esplicitazione della dimensione affettiva, che si manifesta nella personale attitudine (positiva, negativa o neutra) nei confronti di tale luogo.                                                                                                                

L’interrelazione tra queste due componenti chiave nella costruzione dell’immagine complessiva che l’individuo si forma circa la destinazione ha dirette conseguenze nella sfera conativa, ossia nella concreta volontà di intraprendere il viaggio e nell’azione ultima di acquisto della vacanza.

Le impressioni e i pensieri emozionali legati a un determinato luogo sono particolarmente complessi da gestire, poiché, oltre ad essere soggettivi e relativistici, sono multidimensionali ed estremamente dinamici in relazione al tempo e allo spazio. I limiti naturali al completo controllo della diffusione dell’immagine possono trovare nel destination brand un funzionale strumento strategico e di supporto per far fronte alla crescente necessità di comunicare in modo univoco con l’articolato universo di soggetti con cui la destinazione entra in contatto. Il risultato ideale del complesso processo di Destination Marketing è proprio la costruzione di quest’importante componente intangibile che, per mezzo di un nome, un logo, un simbolo, dei colori e uno slogan, abbraccia l’identità, la personalità, le qualità e il valore della destinazione, promettendo esperienze memorabili ai visitatori.

Tradizionalmente, il brand è stato inteso soprattutto come lo strumento per identificare un prodotto e distinguerne le caratteristiche e gli attributi, affinché esso si collochi nell’immaginario collettivo e sia riconoscibile sul mercato in modo distintivo. Infatti, un destination brand prende corpo sintetizzando il prodotto- territorio e fungendo da elemento catalizzante, in grado di rappresentare in modo conciso e immediato l’identità delle singole proposte che connotano l’offerta della destinazione. Racchiudendo la sedimentazione storica dei fattori tangibili e intangibili della località, un marchio agisce sulla notorietà dell’area turistica ed esplicita il suo posizionamento, solitamente cristallizzato in uno slogan breve, diretto, significativo e accattivante, che trasmette un’idea forte e legata a qualcosa di unico e non asportabile geograficamente.

In una situazione di elevata dinamicità e competitività dei mercati, diffusa omogeneità delle offerte e rapida capacità d’imitazione delle innovazioni, il brand riesce ad agisce quale sigillo di qualità ed eccellenza. Nonostante l’eterogenea composizione del prodotto turistico renda complesso lo sviluppo di una logica operativa sulla qualità, le certificazioni istituzionali, definite internamente alla

regione o aderendo a parametri internazionalmente riconosciuti, assumono un ruolo di crescente rilevanza nella percezione dei turisti, rassicurandoli nella fase di scelta e rafforzando la credibilità della proposta. Agli occhi del pubblico, il grado di rispetto degli standard minimi di servizio è legato, in primo luogo, al fatto che il garante sia un ente esterno e, in secondo luogo, alla credibilità e all’authority dello stesso. La forza propulsiva insita in tali riconoscimenti ufficiali può essere rafforzata dall’attivazione di processi di garanzia attuati internamente alla destinazione stessa e incorporati con coerenza nel messaggio veicolato nel brand, combinando l’aspetto squisitamente comunicativo con la definizione e il monitoraggio di specifici standard ufficialmente riconosciuti. Tuttavia, essere presenti con una chiara identità nella sfera dell’awareness dei bacini di attrazione e utilizzare un marchio a testimonianza della qualità non bastano per generare interesse e stimolare il desiderio che condurrà, poi, all’azione di acquisto. Per far ciò, occorre caratterizzarsi per una specifica personalità da veicolare e da far recepire correttamente ai destinatari ed evocare emozioni e promesse di valore.

Oggigiorno, al brand si attribuisce, oltre ai compiti di connotare, identificare e differenziare, anche la funzione di creare associazioni simboliche, cognitive ed emotive. Infatti, le marche si mostrano sempre più spesso indipendenti dai prodotti o servizi che rappresentano e diventano vere e proprie filosofie di vita, capaci di stabilire una profonda relazione comunicativa e affettiva con i consumatori. In virtù del suo potere evocativo e di sintesi degli elementi oggettivi, cognitivi, valoriali ed emozionali, il brand funge da ponte tra la destinazione e i fruitori, permettendo a questi ultimi di toccare con mano la sua identità, e dà origine a un flusso comunicativo potenzialmente traducibile in legame affettivo. Le informazioni e le emozioni propagate dal marchio, in questo modo, si sedimentano nella memoria,