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Giornali, social network e motori di ricerca

2 1 Come cambia la professione “dalla carta al web”

2.4 Giornali, social network e motori di ricerca

L’avvento dei social network nei primi anni del Duemila rivoluzionò. Pratellesi definisce Twitter come lo strumento più utile per il giornalismo fin dall’invenzione del telefono71. Nel

2007 fu un ragazzo olandese di nome Michael Von Poppel, che per primo si accorse delle potenzialità di questa piattaforma per le news. A soli diciotto anni fondò BNO news, un’agenzia formata da ragazzi molto giovani sparsi in tutto il globo che si sono fatti conoscere grazie a Twitter. Twitter fornisce notizie in tempo reale con una semplicità prima sconosciuta. Se un normale cittadino si trova ad essere testimone di un qualsiasi evento che la sua sensibilità considera interessante, basta digitare su uno smartphone un testo di centoquaranta caratteri e lanciarlo dall’account di Twitter che la “tua” notizia comincia a diffondersi immediatamente grazie al meccanismo dei retweet dei followers. Oggi la forza di questo nuovo strumento per divulgare news in tempo reale ha messo in crisi le redazioni giornalistiche, nessuna testata al mondo può contare su milioni di testimoni sparsi nel globo in grado di dare in diretta notizie, video e foto72. Certo questo non è giornalismo, ma è sicuramente un utilissimo strumento che il giornalismo può e deve usare. Ogni testata ha adottato una strategia diversa cercando di trovare la strada più adeguata. Facebook e Twitter hanno imposto al giornalismo nuovi approcci alla scrittura. I social network tendono, o almeno dovrebbero, ad accorciare le distanze tra giornalisti e lettori, ma la questione e il rapporto tra le piattaforme digitali e le testate giornalistiche non è così semplice come si potrebbe credere. Per le redazioni non è più possibile non far uso dei social, anche perché

71 Pratellesi, New journalism…, p. 168.

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oggi l’informazione passa volenti o nolenti da lì, soprattutto è la principale fonte di informazione per i Millenials. Quindi “per gli editori è vitale essere presenti sui social ma soprattutto, saperli usare bene e questo non è così scontato73”. Questo è il breve commento di Pier Luca Santoro che ben definisce la conflittualità tra testate giornalistiche e social network. I portali di informazione hanno spesso cambiato le proprie politiche di approccio ai social network in funzione delle politiche di Facebook. È opportuno ricordare che a Facebook, il social più usato al mondo, conviene che l’utente rimanga, il più possibile, all’interno del proprio portale. Per far ciò modifica il suo algoritmo o codice di programmazione molto frequentemente. Dall’altra parte, i principali quotidiani nazionali usano il network per condividere link che rimandano ai propri siti internet. Ma questo approccio non piace per niente al colosso americano che fa di tutto perché l’utente rimanga nella propria piattaforma e non vada ad atterrare altrove. Per regolare questo braccio di ferro tra editori e Facebook, nel 2016 sono nati gli “istant article”, che sono articoli creati direttamente sulla piattaforma Facebook e possono essere aperti molto velocemente dall’utente di smartphone. La paura di molti editori è quella di perdere il controllo sui lettori, che non entreranno più sul sito web della testata giornalistica perché quest’ultima ha il timore di perdere i dati relativi all’esperienza utente (frequenze di rimbalzo, tempo di permanenza sull’argomento) e soprattutto il controllo economico sulle inserzioni pubblicitarie che passeranno prima per l’intermediazione di Facebook. In buona sostanza il rapporto tra testate giornalistiche e social network non è affatto facile, gli editori sanno che Facebook ha “il vantaggio di essere il padrone di casa e di avere le chiavi”.74 Rimane il fatto che i giornali

non possono fare a meno di passare dalle piattaforme social, le uniche oggi in grado dialogare con i propri lettori.

Facebook è un bar, una piazza di paese dove incontrare persone, condividere interessi, motivazioni, aspirazioni e soprattutto dati da interpretare correttamente per tradurli e renderli disponibili nel proprio sito […] solo in questo modo si crea valore aggiunto, anche economico per le persone, i giornali e il giornalismo75.

Esempi virtuosi di interazione e dialogo con i propri lettori all’interno dei social network ce ne sono parecchi; tra questi spiccano sicuramente “La Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano”. Un altro aspetto degno di riflessione è il rapporto tra giornalista e motore di ricerca, prima tra tutti Google. Tutto ciò che si trova nella rete è costretto a passare tra gli algoritmi di Google, quindi anche gli articoli delle testate online dovranno fare i conti con le

73 Pier Luca Santoro, Un gorilla in redazione, in “Il Manifesto”, 2, 11, 2016.

74 Luca Della Dora, Perché gli istant articles non riguardano (solo) Facebook, (manca la rivista), 18, 5, 2015. 75 P. Santoro, Un gorilla in redazione, in “Il Manifesto”, 2, 11, 2016.

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tecniche di “indicizzazione” delle SERP (search engine results page) nei motori di ricerca. L’articolo giornalistico deve avere, ma soprattutto mantenere, un buon posizionamento nella pagina di Google, una ormai celebre frase ormai ripetuta da molti cita: “il posto migliore dove nascondere un cadavere è la seconda pagina di Google”76. Il giornalista 2.0 oggi, quindi, per poter sopravvivere al cambiamento digitale dovrà anche utilizzare nuovi strumenti tecnici e di marketing, che in gergo vengono chiamati SEO (search engine opimation)77. Le tecniche SEO più comuni del giornalismo online sono: corrispondenza del contenuto; originalità del testo; aggiornamenti del testo; uso dei link; uso delle parole chiave. La conoscenza base delle tecniche SEO è ormai fondamentale per la sopravvivenza di qualsiasi sito78. In definitiva scrivere un buon articolo e far sì che questo possa essere trovato dagli utenti sui motori di ricerca non comporta particolari stravolgimenti nella pratica della professione giornalistica, ma solo nuovi accorgimenti.