Il Fatto Quotidiano: nasce qualcosa di nuovo
4.4. Peter Gomez (intervista telefonica del 7/05/2019)
In questo capitolo riporto l’intervista che Peter Gomez mi ha gentilmente concesso. Il giornalista di origini statunitensi ha lavorato per “L’Espresso” ed è rimasto celebre per le sue inchieste su Tangentopoli nel 1992. Attualmente è direttore della versione telematica de “Il Fatto Quotidiano” e della rivista mensile “FQ Millennium”. Qui sotto, le domande:
1) Quali sono i motivi che vi hanno spinto a entrare nel mondo digitale un solo anno dopo la nascita del cartaceo?
PETER GOMEZ – Da una parte noi eravamo nati grazie alla rete, perché avevamo raccolto quasi 30.000 abbonamenti prima dell’uscita del giornale cartaceo tramite il blog “Voglio Scendere” che avevamo io, Travaglio e Pino Corrias, quindi c’era un debito di gratitudine, dall’altra c’era il fatto che io personalmente da tempo mi ero convinto di voler provare il web. Perché? Perché penso che tra i compiti del giornalista non ci sia solo quello di raccontare il mondo, ma ci sia anche il compito di raccontarlo al maggior numero di persone possibili e quindi pensavo che il mezzo tecnico mi desse questa possibilità. All’inizio io avevo pochissimo di internet e qualcosa ho imparato. Inizialmente abbiamo, e continuiamo a farlo e abbiamo copiato, noi nasciamo per esempio con un layout e una grafica che è identica a quella dell’Huffington Post inizialmente, molto simile a questo di diversa tendenza politica, diverse opinioni, ecc.…, non c’erano ancora l’Huffington Post in Italia, tant’ è vero che quando nacque l’Huffington Post in Italia molti scrivevano sui social, ma hanno copiato dal fattoquotidiano.it, che era molto da ridere questa roba. Questa è la prima esigenza. Io non avevo competenze tecniche, che mi sono fatte, è stata una partenza da tragedia perché ci siamo affidati a dei fornitori che non erano i migliori diciamo, quindi abbiamo avuto delle
85
difficoltà tecniche a stare in piedi per dei giorni, dopodiché ho cominciato a imparare delle cose anche tecnicamente. Noi siamo ancora credo il più grande sito che c’è in Italia e uno dei più grandi del mondo, Word Press col core non spezzato, il codice rimane il suo, adesso abbiamo 3 sviluppatori interni che lo aggiornano, ma noi rimaniamo un Word Press classico. Praticamente il core non lo abbiamo aperto. Avevamo dei problemi tecnici all’inizio, soprattutto sui commenti che poi abbiamo risolto in varie maniere, e abbiamo dimostrato un Word press. Noi adesso per Google Analytics viaggiamo a più di 2 milioni di utenti unici a giorno di media, a 140 milioni di pagine viste oggi, e riusciamo a farlo ancora con il Word Press.
2) Quali sono le caratteristiche strutturali grafiche e linguistiche della versione online del “Fatto”?
PETER GOMEZ – Noi siamo l’unico sito di un giornale di carta che ha 2 direzioni e 2 redazioni diverse. C’è un minimo di integrazione dovuto al fatto che noi pubblichiamo pochissimi pezzi al giorno, massimo 4 fra articoli e commenti liberi dal giornale di carta, o noi scriviamo per il giornale di carta. Perché abbiamo avuto questa scelta? Perché siamo pochi giornalisti da una parte e pochi d’altra, l’integrazione è possibile con redazioni più grosse. Qui c’è gente che scrivendo sulla carta non scrive più tutti i giorni, dovrebbe avere del tempo poi per agire sul web, se sei pochi sulla carta è difficile che possano lavorare anche su web se devono portare un prodotto aggiunto. Poi il giornale fatto tipo quotidiano di carta diretto da Marco Travaglio è un giornale identitario, come stanno diventando identitari tutti i giornali. Cioè vuol dire che è un giornale che ha la sua comunità e che ha le sue idee e che tende a essere una bandiera per i suoi lettori. Noi invece, pur avendo lo stesso Press, facciamo un ragionamento diverso, il nostro scopo dichiarato, irraggiungibile, è di superare il Corriere della Sera e La Repubblica, quindi abbiamo bisogno di raggiungere il maggior numero di lettori possibili. Io anche come carattere cerco sempre di tenere sempre separati nettamente
86
i fatti dalle opinioni, per questo le opinioni nella colonna sinistra, per questo i fatti in quella di destra, ovviamente gerarchizzate secondo i nostri valori, che sono l’anticorruzione, l’antimafia, il rispetto della Costituzione, l’anti Casta, la meritocrazia. E c’è una gerarchizzazione diversa rispetto a quella di molti altri siti. Te ne accorgi anche oggi quanto noi stiamo facendo sull’operazione anticorruzione di Milano, e questa roba è il risultato vincente diciamo.
3) Che ruolo giocano l’interattività e la multimedialità?
PETER GOMEZ – Tanto. Tieni conto che ormai il 70% del nostro traffico oggi è traffico da mobile, solo il 30% circa del nostro traffico è traffico diretto, il rimanente del nostro traffico arriva principalmente da Google e da Facebook. Noi nel corso del tempo ci siamo indicizzati bene, abbiamo una SEO Manager molto brava che si chiama Guardella che considerano in varie classifiche come una delle prime 5 o 6 manager italiani, abbiamo 2 bravissimi Social Media Manager che ci permettono di essere molto forti su Facebook. Perché, come tu sai, l’unico Social che conta è Facebook. Quando i politici ti dicono che conta Twitter... conta niente! Conta Facebook. Il traffico dagli altri Social non ti arriva, e ti dirò di più: Twitter è un Social solo per giornalisti appassionati di televisione e di politica, anche quando ti dicono che la gente viene influenzata da Twitter è una balla, basta vedere il numero di persone che utilizzano Twitter, Facebook è un’altra cosa. È il social tutt’ora, anche sta cambiando, tanto traffico ci arriva da lì, quindi noi abbiamo anche un sacco di traffico di gente che non passa dall’homepage, anche se arriva direttamente all’articolo, quindi anche la gerarchizzazione che va in homepage è importante, ma fino a un certo punto.
87
PETER GOMEZ – I nostri contenuti continuano a essere gratuiti e rimarranno tutti gratuiti, salvo in un probabile futuro, salvo a pagamento di articoli ovviamente al giornale cartaceo che qualche volta compaiono e quindi bisogna pagare, e nel futuro stiamo progettando di dare qualcosa di più Ad alcuni abbonati, che sono gli abbonati al sito che oggi hanno diritto di navigare senza pubblicità, partecipare alle riunioni di redazione in diretta streaming, a scrivere sul blog a loro dedicato, ad accedere all’archivio e avere della scoutistica e roba del genere, stiamo pensando di dare solo per loro alcuni contenuti, pochi al giorno, che siano accessibili solo a loro. È un progetto che è in corso, sostanzialmente stiamo cercando di fare qualcosa che Talament ci ha meno seguito, il modello rincari pubblicitari che ha più modelli Guardian che porta alla membership di abbonamenti, ma agli abbonamenti senza paywall, per premiare, non tanto per invogliare questi nostri 7.000 abbonati al sito sostenitori, vogliamo regalargli qualcosa di più. Per fidelizzarli, però sinceramente è questo lo scopo insomma della cosa, è giusto. Tu ci dai 80 euro l’anno, ce ne sono invece più di 200, quasi 250 che ti danno addirittura 500 euro l’anno, e questo è servito per noi per andare in pareggio dei conti insieme all’iniziativa di FQ Millennium che invece è un cartaceo che ci serve 1) per fare il giornalismo di inchiesta con calma ecc.., ma anche perché in questo modo parte dei costi del sito si spalmano su budget di FQ Millennium che ha i suoi ricavi perché viene venduto in edicola, quindi mi abbassa il costo del lavoro, anche il mio stipendio non è tutto sul sito, ma va in parte su FQ Millennium.
5) Come avete potenziato il sito negli anni e con quali iniziative?
PETER GOMEZ – Noi siamo partiti che eravamo in 5 persone, noi adesso siamo 22 giornalisti, abbiamo 3 persone che lavorano sui Social, 3 sviluppatori. All’inizio eravamo in 5, io e altre
88
4 persone. Questo è avvenuto nel giro di 9 anni e speriamo nei prossimi anni di continuare a potenziare. Credo che però il nostro numero di persone continui a rimanere, da quello che so, molto inferiore rispetto a quello del Corriere della Sera o di Repubblica a cui bisogna sommare sul sito non solo quelli che lavorano sul sito a Roma, ma quelli che ci lavorano da altre redazioni locali.
6) Quindi più o meno il numero di giornalisti rimarrà lo stesso?
PETER GOMEZ – No, noi abbiamo una necessità, speriamo che se i ricavi si mantengano, dato che la funzione di prendere il Corriere della Sera e della Repubblica è seria, che per farlo abbiamo bisogno di produrre ancora più contenuti, se ce ne sarà la possibilità economica certamente prenderemo altre persone. Non è una cosa che ti dico che succede fra un mese o fra 6 mesi, ma questa è l’idea.
7) Il calo della vendita del cartaceo è compensata dalla versione online?
PETER GOMEZ – Non ancora, non realmente. Direi che siamo a pareggio l’anno scorso, non siamo più un costo, spero che faremo degli utili quest’anno, ma noi come strategia di società, che è più complessa, abbiamo anche una riproduzione televisiva e abbiamo anche Appunto Millenium e abbiamo una casa editrice. Tutto questo serve per compensare l’inevitabile calo del cartaceo che riguarda tutti i giornali, che è causato da una parte dal fatto che le edicole non ci sono più, e dall’altra dal fatto che il tempo speso da ciascuna persona per leggere ogni
89
giorno è limitato. Se tu leggi tanto sullo smartphone o sul tuo computer, è difficile che poi leggi qualcosa di carta. È possibile però, io ne sono molto convinto, noi abbiamo dentro il giornale di carta 12.000 che è un numero molto più alto in proporzione rispetto alle copie in edicola rispetto a Repubblica e il Corriere. Li si possono fare tanti abbonamenti. Tieni conto che però gli attuali prezzi... cioè, hai bisogno di più copie digitali per fare una copia cartacea. 2 e mezzo, adesso non sono sicuro, cioè 2 abbonamenti e mezzo per fare una copia cartacea
8) L’iniziativa dei festival che fate a Roma, alla Versiliana ha uno scopo preciso
PETER GOMEZ – Sì, ha uno scopo di fidelizzazione. Noi abbiamo il dovere di tenere in piedi questa baracca per pagare i nostri e gli stipendi degli altri, ma non è che... a me serve comprarmi la barca a vela, però fino a adesso non è successo. e non è nemmeno il primo scopo principale, il nostro scopo è fare informazione per quello che piace a noi, quindi per noi è importante incontrare i nostri lettori.
90
“Il fatto quotidiano”, quando uscì nel settembre del 2009, ebbe lo stesso impatto de “La Repubblica” quando nel lontano gennaio 1976 andò per la prima volta in stampa. L’uscita de “La Repubblica” fu un avvenimento sensazionale per il panorama giornalistico dell’epoca. Un prodotto nuovo, un formato nuovo, simile ad un tabloid inglese e non a “lenzuolo”, quindi più agevole da maneggiare149. La scommessa del direttore e fondatore Eugenio Scalfari fu quella di avere a che fare con una classe di lettori nuova, diversa rispetto al passato. La struttura del giornale pensava ad un lettore “scomodo” che doveva leggere le notizie “al volo”. Ciò ebbe delle conseguenze sullo stile del giornale. Non si trattava di uno stile aulico, classico ma molto veloce ed essenziale. Non venivano utilizzati gerundi, solo soggetti, verbi e complementi oggetto, andando dritti al punto. Scalfari, inizialmente, puntò ad una squadra composta da una redazione ibrida, per metà fatta di gente molto giovane; molti di loro non avevano la tessera da giornalista, erano dei veri e propri praticanti. L’altra metà era composta da grandi firme del giornalismo italiano dell’epoca e anche da grandi intellettuali come Italo Calvino, Alberto Ronchey, Oliviero Beha (divenuto poi giornalista de “Il Fatto Quotidiano”), Gianni Brera, Alberto Arbasino, Giorgio Forattini. La redazione creata dal direttore era formata da giornalisti provenienti anche da “L’Unità” perché abili nel saper maneggiare una macchina da scrivere e sapevano rispettare i tempi stabiliti e richiesti dalla redazione. La conoscenza delle lingue già negli anni Settanta era considerata condizione fondamentale per la professione giornalistica. Nella redazione c’era una forte sinergia, ogni giornalista dava una mano all’altro, senza escludere nessuno; in tipografia ci andavano tutti e anche l’ultimo collaboratore poteva dire la “sua” sull’uscita dell’articolo. Si trattava di una vera e propria struttura orizzontale tra tutti i giornalisti, con un grande editore in alto che aveva un controllo totale sulla testata giornalistica. Le caratteristiche principali che rendevano unica “La Repubblica” nel panorama editoriale degli anni Settanta, erano quindi: creatività, qualità e innovazione. Inoltre, nei primi anni di vita, il quotidiano non usciva il lunedì e la presenza di notizie sullo sport era fortemente culturale, prediligendo soltanto notizie di nicchia150. Lo stile de “La Repubblica” era un mix tra giornalismo francese, basato sulla qualità, e un giornalismo britannico, caratterizzato dalle 5 W. Quindi, dritti alla notizia con qualità. Le grandi firme non mancavano nemmeno
149 Gozzini, Storia del giornalismo…, p. 273. 150 Forno, Informazione e potere…, p. 193.
91
nella redazione cinematografica. Un esempio può essere fatto con Irene Bignardi, Guglielmo Pepe, futuro direttore del “National Geographic” e Dante Matelli, vincitore di due nastri d’argento con “L’udienza” e “L’ultima donna”, entrambi diretti da Marco Ferreri. Lo stesso impatto dirompente lo produsse, nel settembre 2009, l’uscita de “Il Fatto Quotidiano”. Fu un avvenimento sensazionale non solo per il vasto pubblico dei lettori ma anche e soprattutto per i giornalisti. “Il Fatto Quotidiano”, non aveva un editore, era una cooperativa di giornalisti che si finanziava con le loro liquidazioni oppure con lo stipendio ricevuto in passato da altre redazioni giornalistiche, non avevano finanziamento pubblico151. Come ha ribadito Antonio Padellaro:
L’adesione al progetto del giornale è stata spontanea. Chi veniva a lavorare con noi lo faceva per una scelta di libertà- affermati professionisti o giovani alla prima esperienza- e non in base ad una campagna acquisiti che tra l’altro non potevamo neppure permetterci, vista la ristrettezza iniziale delle nostre finanze152.
Questo fu un esperimento di nuovo giornalismo che piacque a molti di loro. Si trattò di un vero e proprio sogno perché dava ai giornalisti una fortissima libertà, avendo come unica linea guida da seguire l’esempio della Costituzione e quella di distinguere i fatti dalle opinioni. Anche la grafica riprendeva molto quella de “La Repubblica” nei suoi primi anni di vita: Non a caso il grafico era Paolo Residori, ex art director de “L’Espresso”, così come tanti altri giornalisti avevano avuto legami con il gruppo “L’Espresso”. La formula de “Il Fatto Quotidiano” era nuova graficamente, uno degli obiettivi principali era quello di abituare il lettore ad un giornalismo veloce, che non faceva sconti a nessuno, libertario. Questa scelta fu fatta anche in base ad una necessità dettata dai tempi. Nel 2009, il digitale era già esploso, pertanto vi era la consapevolezza di dover fare i conti con il sovraccarico informativo a cui l’utente era già sottoposto. Il lettore non aveva più tanto tempo da dedicare alla lettura di un giornale lungo. Se da una parte la mancanza di un editore fu visto da molti giornalisti italiani come un sogno, quello di far parte di un giornale indipendente senza l’ingerenza di un grande editore, dall’altra, ha portato “Il Fatto Quotidiano” a non avere sostegni economici e politici da parte di nessuno. Non ha mai avuto un grande partito che lo sostenesse. I trent’anni che separano la nascita de “La Repubblica” dalla nascita de “Il Fatto Quotidiano” sono anni che hanno
151 Padellaro, Il fatto personale…, p. 83. 152 Ivi, cit., p. 145.
92
trasformato completamente gli scenari politici (fine dei partiti di massa), economici e sociali del paese; di conseguenza anche il giornalismo ha cambiato modo di essere. “Il Fatto Quotidiano” fu un tentativo di sfida nell’ambito dell’informazione, quello di fare un giornalismo totalmente indipendente. La sfida fu vinta, tant’è che il break even, ossia la linea in cui si va pari tra spese e incassi, che era stata stabilita a 49.000 copie fu nel primo anno ampiamente superata. Nel 2009, il giornale vendette 110.000 copie al giorno, permettendo così di distribuire sei milioni di profitto153. Le cose oggi non vanno altrettanto bene; la crisi dell’editoria colpisce tutti i quotidiani di carta. Per “Il Fatto Quotidiano” il tentativo di sopravvivere solo con le vendite non basta più. I due quotidiani che abbiamo analizzato in questi capitoli, presentano stili di scrittura diversi. Nella descrizione dei fatti, lo stile de “La Repubblica” appare più leggero, i giornalisti raccontano i fatti così come sono. Per quanto riguarda “Il Fatto Quotidiano”, oltre a raccontare i fatti così come sono, danno spesso una loro versione e hanno la tendenza di dire al mondo come si deve comportare, apparendo talvolta moralisti. La differente consistenza economica tra i due quotidiani influisce sul modo di fare giornalismo. Da una parte abbiamo il giornalista de “Il Fatto Quotidiano” che è prettamente sedentario, avvezzo molto alla frequentazione delle cancellerie e delle questure; dall’altra abbiamo la consistenza economica di un giornale che si può permettere di inviare i propri giornalisti fuori, “sul campo” e di avere inviati in gran parte del mondo. A livello redazionale, il giornale diretto da Marco Travaglio mantiene due redazioni separate; quella per il cartaceo a Roma, quella digitale a Milano. In “La Repubblica” le due redazioni sono all’interno della stessa sede romana e presentano una forte sinergia tra giornalisti delle due versioni. Le caratteristiche si riscontrano totalmente nelle versioni digitali, che d’altro canto non sono cosa diversa; è solo una maniera differente per arrivare al lettore. Se la carta nei prossimi anni scomparirà questo nessuno potrà dirlo. Di sicuro, non scomparirà il giornalismo: il supporto che si usa non cambia nulla dal punto di vista della sostanza.
153 Padellaro, Il fatto personale…, p. 84.
93