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Riassunti e Apparato

I 86 Giudizio ambivalente su Tacito (a mezzo del Lipsio), alla fine assolto.

Lipsio chiede e ottiene perdono da Tacito per le accuse precedentemente rivoltegli, e la benevolenza dimostratagli sortisce l‟effetto di accrescere ulteriormente la sua «antica e svisceratissima divozione» nei confronti del maestro, fino a farla diventare una “fissazione” («più della propria frequentava la casa di Tacito, con niun altro letterato più li dilettava di ragionare, non altra conversazione più gli aggradiva, non altro istorico più celebrava»), che lo induce, ancor più strenuamente di prima, a voler sembrare «un Tacito novello», e a chiamarlo, «con una odiosa antonomasia», «il suo autore». Ciò suscita la gelosia degli altri seguaci di Tacito (il Mercero, Beato Renano, Fulvio Orsino, Marc'Antonio Mureto e altri), i quali lo citano in giudizio presso Apollo, ritorcendogli contro l'accusa di idolatria ed empietà già da lui mossa a Tacito. Apollo, offeso per lesa maestà, «dalla coorte pretoria de' poeti lirici incontinente legato di catene lo si fece condurre alla sua presenza: e appresso con faccia sopra modo corrucciata e con gesti grandemente minacciosi l'interrogò in qual concetto nel suo cuore egli aveva un certo Cornelio Tacito, nato di un oglieraio da Terni», al che il Lipsio prorompe in una sfilza di iperboli e antonomasie in lode di colui in cui si trovavano più concetti che parole e che si poteva definire l'idea stessa della verità storica, alle quali Apollo, a quel punto persuaso della fondatezza della denuncia, replica tempestandolo a sua volta con una sequela di “capi” di biasimo verso colui che invece si poteva definire il «nuovo Senofonte di

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una crudele ed esecranda tiberipedia», nei cui scritti «compitissimamente scelerati» erano più numerose «l'empietà che le carte, le linee, le parole, le sillabe e le lettere», «agricoltor» di una dottrina infernale che era stata appresa non solo dai principi ma perfino da bottegai e facchini, col risultato di riempire il mondo di «politici lerciamestieri». Lipsio, uscito «semivivo» dalla tirata, si scusa, ma ribadisce la sua fedeltà a Tacito, cui interamente doveva la sua fama (in lui solo «stando fondata la machina tutta del credito nel quale egli era tenuto appresso i virtuosi»), e a nulla valgono i tentativi degli amici tacitisti per indurlo a pentirsi. Apollo dunque lo condanna ad essere bruciato vivo per empietà: per aver celebrato l'autore che insegna ai principi ad essere tiranni - in particolare viene censurata la parte della sua opera sulla vita di Tiberio che, rimasta per secoli sepolta nei luoghi più nascosti della Germania, «con pestifera curiosità da un alemanno, al mondo tutto più fatale del suo compatriota inventor della mortal bombarda, nel tempo medesimo fu cavata fuori, che quella nobilissima provincia cominciò ad esser appestata dalla scelerata moderna eresia: solo affine che con prodigio tanto grande nel tempo stesso che l'esecrando Lutero travagliava le cose sacre, l'empio Tacito sovvertisse le profane». Ciò che imprevedibilmente salva il Lipsio è un affondo teologico sul “cristianesimo inconsapevole” di Tacito, quando, sul punto di esser mandato al rogo, tenta un‟ultima difesa di Tacito definito da Apollo «empio ateista»: «faceva noto ad ognuno che la verità era che intanto Tacito conobbe Dio, che solo tra tutti gli scrittori gentili con l'altissimo saper suo essendo arrivato a conoscere quanto nelle cose della religion vaglia la fede di quelle cose che non si veggono o non si possono provar con la ragione, liberamente avea detto “sanctiusque ac reverentius visum de actis deorum

credere, quam scire": parole santissime e degne d'esser considerate da quei

teologi che negli scritti loro si erano perduti nelle troppe sofistiche sottigliezze». A queste parole Apollo lo fa sciogliere e lo abbraccia per il coraggio e la gratitudine dimostrate, confessando di aver voluto metterlo alla prova con le stesse accuse addotte da quelli che non studiavano Tacito o non lo intendevano, mentre la sua difesa era «cavata» da Tacito. Infine, addita ai virtuosi l‟esempio della fedeltà di Lipsio perché la imitino nei riguardi dei loro principi, evitando «la doppiezza di mangiar da ambedue le ganasse, la falsità di star a cavallo del fosso per poter poi in ogni sinistro accidente del suo signore tener da chi vince».

A Bilde Beatus, detto Renano Beato (1485-1547): umanista, curatore di un‟edizione di Tacito, la

Basilaeensis secunda del 1533;

Giusto Lipsio (1547-1606): nato presso Bruxelles, filologo ed editore di Tacito nel 1574;

Mercier des Bordes Josias (m. 1626), autore di un commento a Tacito uscito a Parigi nel 1606 [nota F];

Muret Marc Antoine (1526-1585): francese, umanista, residente in Italia e docente in varie città, nel 1580 pubblicò erudite emendazioni al testo di Tacito [nota F];

Orsini Fulvio (1529-1600): romano, erudito: come segnala Firpo (nelle note relative a I 23) Fulvio Orsini fu un erudito commentatore di molti storici antichi, ma non di Tacito;

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B Allusione all'«inventore della bombarda»: per la cui plausibile identificazione si veda I 46; Arpocrate, nel mondo greco-romano dio del silenzio (di origine egiziana);

Cesare (102-44 a.C): in realtà la fazione cesariana, in merito all‟atticismo; Cicerone (106-43 a.C.);

Democrito (460-360 a.C.);

Lutero (Martin Luther) (1483-1546), in realtà i Luteri;

Orazio, citato un verso dalle Satire; Tiberio (al potere dal 14 al 37).

C Il ragguaglio fa chiaro riferimento all‟evento capitale della pubblicazione dei primi sei libri degli

Annales, a cura di Filippo Beroaldo il Giovane, avvenuta nel 1515 per volere di Leone X, a cui

Angelo Arcimbaldo aveva presentato il codice oggi Mediceus prior (conservato alla Medicea Laurenziana), in seguito al ritrovamento avvenuto nel 1508 nel monastero di Corvey in Vestfalia. I rimanenti libri superstiti degli Annales e delle Historiae sono invece tràditi dal Mediceus alter (anch‟esso conservato alla Medicea Laurenziana), ritrovato a Montecassino probabilmente da Zanobi da Strada nel 1362, di cui poté usufruire Boccaccio e che, passato a Niccolò Niccoli, fu successivamente a San Marco, per poi confluire alla Laurenziana.

Allusione all'invenzione della bombarda, plausibilmente ante 1453.

Allusione all‟azione di Lutero e alla diffusione della riforma protestante a partire dal 1517.