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I L GIUDIZIO DI EFFICIENZA DELLE SOLUZIONI ADOTTATE NEI PROGETTI DI ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO DEI CONTRATT

3.3 – I L DOVERE DI RINEGOZIAZIONE TRA MODELLO CONSENSUALISTICO E MODELLO CONSERVATIVO Analoghe questioni si pongono con riguardo

4. I L GIUDIZIO DI EFFICIENZA DELLE SOLUZIONI ADOTTATE NEI PROGETTI DI ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO DEI CONTRATT

Per valutare l’adeguatezza delle soluzioni adottate dai testi di armonizzazione del diritto dei contratti, per l’ipotesi dello squilibrio contrattuale determinato da sopravvenienze perturbative, è utile muovere considerando il grado di consapevolezza manifestato dai redattori nei confronti di quello che abbiamo, sinteticamente, definito realismo delle premesse. In particolar modo, gli aspetti cruciali si individuano nella fisiologica incompletezza dei contratti di durate e nel particolare rilievo che, in detta fattispecie, assumono gli effetti

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della razionalità limitata delle parti: segnatamente, la loro incapacità di prevedere specifici meccanismi rimediali atti a governare le sopravvenienze, addossandone il rischio su di un contraente. La scelta di una regola legale, da un lato, così come le scelte negoziali delle parti, dall’altro, assumono un rilievo e trasmettono incentivi differenziati a seconda che intervengano nell’ambito di una relazione contrattuale di durata ovvero in una istantanea205.

Le disposizioni esaminate in precedenza rivelano un alto grado di consapevolezza circa tali problematiche. Ciò emerge, indirettamente, dall’analisi dei requisiti di applicabilità dei rimedi, ove il riferimento alla mancata espressa assunzione del rischio della sopravvenienza, da parte del debitore, segnala come il carattere dell’incompletezza contrattuale sia stato preso specificamente in considerazione, nella predisposizione del meccanismo rimediale. Allo stesso modo, richiedendo che l’evento sopravvenuto si collochi al di fuori della sfera di controllo del debitore e che lo stesso non lo abbia preso in considerazione al tempo della stipula (né fosse a ciò tenuto), si esprime il rilievo attribuito al tema della razionalità limitata delle parti, coniugata con un principio di autoresponsabilità emergente, del resto, anche dal dovere di buona fede, destinato a governare l’intera vicenda contrattuale.

205BELLANTUONO, I contratti incompleti nel diritto e nell’economia, cit.,

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Alcune soluzioni (CEC, DCFR), tuttavia, prestano il fianco a un rilievo critico, laddove indicano, quale presupposto di rilevanza della sopravvenienza, il suo carattere straordinario o eccezionale. Tale requisito, se preso in considerazione acriticamente, sul modello dell’interpretazione letterale dell’art. 1467 c.c., rischia di vanificare la portata applicativa (e innovativa) della disposizione. L’approccio più corretto pare quello che si focalizza non già sulle caratteristiche intrinseche dell’evento sopravvenuto, bensì sugli effetti che il medesimo produce sull’equilibrio del rapporto negoziale, come fatto dal legislatore italiano allorché ha circoscritto l’applicabilità del rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta alle sole ipotesi in cui lo squilibrio ecceda l’alea normale.

Un ulteriore profilo di indagine concerne l’approccio interpretativo adottato, nel dettare una regola per intervenire sull’accordo squilibrato. Abbiamo segnalato le distinzioni tra un approccio letterale ex ante e uno più elastico che prenda in considerazione specificamente gli effetti delle sopravvenienze contrattuali, senza tuttavia privilegiare rimedi fondati esclusivamente sul tentativo di ricostruire una volontà ipotetica delle parti, giacché un approccio che non tenga specificamente conto dell’incompletezza del contratto rischia di condurre a esiti non soddisfacenti206.

206BELLANTUONO, I contratti incompleti nel diritto e nell’economia, cit.,

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I testi di armonizzazione consentono un intervento sul contratto che, al fine di riequilibrarne le sorti, ovvero di pori fine, stabilisca i relativi termini e le relative condizioni, tenendo conto delle circostanze sopravvenute, degli interessi espressi dalle parti in sede di negoziazione e di stipula, nonché delle richieste svolte in sede di rinegoziazione o nel giudizio (cfr., specificamente, il modello del CEC). Tale meccanismo è rafforzato, altresì, dalla previsione del potere del giudice di condannare al risarcimento del danno la parte che rifiuti o faccia naufragare la rinegoziazione, violando il dovere di buona fede (PECL).

Se tali previsioni già segnalano la preferenza per un approccio ex post, altrettanto emerge dalla strutturazione del meccanismo rimediale. Nello specifico, l’onere imposto alla parte pregiudicata dalla sopravvenienza di dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’accesso al rimedio – e, segnatamente, l’eccessiva onerosità della prestazione ovvero l’alterazione fondamentale dell’equilibrio del contratto – impone al giudice, eventualmente adito, di tenere in considerazione gli effetti dell’evento perturbativo rispetto al sinallagma negoziale e agli interessi delle parti in vista del mantenimento o dello scioglimento del contratto.

Tali aspetti potrebbero condurre, per il vero, anche a rilevare un profilo critico delle discipline in esame. Occorre, quindi, valutare se la possibilità di rimettere in discussione l’equilibrio del rapporto, come originariamente fissato in contratto, non si ponga in contrasto con il

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principio pacta sunt servanda, rendendo poco credibile la promessa di adempimento. Anche sotto tale profilo, infatti, come si è visto, può rivelarsi una inefficienza della disciplina, ove, cioè, il contratto sia ridotto a mera dichiarazione di intenti non vincolanti, sempre rinegoziabili e poco credibili207. Tale rischio è avversato mediante

l’enunciazione di requisiti rigorosi per l’accesso ai rimedi che, come detto, impongono al debitore di rivelare gli specifici interessi che lo spingono a richiedere la rinegoziazione del contratto. In alcuni casi (UPICC, CEC), al debitore è imposto di comunicare per iscritto i motivi della richiesta e i termini di rinegoziazione cui sarebbe disposto ad aderire; deve fare ciò entro un termine e può ricevere un’intimazione, in tal senso, dalla controparte (CEC). Dette previsioni, a ben vedere, costituiscono specificazioni del generale dovere di buona fede e correttezza nelle relazioni negoziali e rendono sanzionabile la condotta opportunistica del debitore che ricorra ai rimedi esaminati per sottrarsi all’adempimento di quanto dovuto.

Sempre sotto il profilo dell’adeguatezza del rimedio, nella sua strutturazione applicativa, è utile considerare il ruolo della quasi rendita e il rilievo degli investimenti cooperativi, per verificare se le disposizioni adottate nei testi di armonizzazione consentano di disincentivare le condotte opportunistiche delle parti, anche rispetto a tali questioni. In termini generali, come si è rilevato, nella relazione

207NICITA, Contratti incompleti, investimenti specifici e opportunismo, cit.,

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contrattuale di durata, caratterizzata da una rilevante specificità degli investimenti e da una fisiologica incompletezza dell’accordo che ne sta alla base, la quasi rendita assume particolare rilievo, rendendo poco credibile la minaccia di uscita dal contratto208. Per altri versi, poiché

molti degli investimenti che le parti realizzano comportano, quantomeno parzialmente, un aumento del valore dello scambio per la controparte, la posizione del contraente che maggiormente si è impegnato a realizzare detti investimenti cooperativi risulta indebolita, in sede di rinegoziazione, poiché rischia di perdere una parte consistente del surplus generato dall’investimento medesimo209.

Anche relativamente a tali aspetti la strutturazione delle discipline rimediali esaminate pare appropriata, in quanto incentiva il debitore a rivelare i dati economici e organizzativi dai quali emerge l’impegno dal medesimo assunto in vista della conclusione del contratto e nel corso della sua esecuzione. Ciò, parallelamente, impone al creditore che si attenga al dovere di buona fede e correttezza, di negoziare l’adeguamento del rapporto nell’ambito di un contraddittorio specifico. Tutti gli elementi emersi in quella sede, poi, potranno essere valutati dal giudice, ove chiamato a intervenire sul contratto per

208NICITA, Contratti incompleti, investimenti specifici e opportunismo, cit.,

p. 201.

209BELLANTUONO, I contratti incompleti nel diritto e nell’economia, cit., p.

200

modificarlo, ovvero per dettare i termini e le condizioni del suo scioglimento.

Un profilo critico che emerge dall’esame dei progetti di armonizzazione attiene alle conseguenze risarcitorie della violazione del dovere di buona fede. Il diritto al risarcimento è riconosciuto in termini generici, mentre sarebbe stato opportuno specificare l’estensione del risarcimento che, come si è visto, può trasmettere differenti incentivi ai contraenti. In particolare, per spingere i contraenti a rivelare, in sede di rinegoziazione, il peso della quasi rendita e degli investimenti cooperativi (rendendo tali dati disponibili in sede giudiziale), sarebbe stato opportuno prevedere – quale regola di default, derogabile dalle parti210 – la risarcibilità dei danni diretti e

di quelli connessi alla delusione delle aspettative della controparte emerse (esplicitamente ovvero in quanto ordinariamente rilevabili) nella contrattazione, riducendo l’ammontare della condanna dell’importo corrispondente alla quasi rendita e al maggior valore dello scambio lucrato dalla controparte per effetto degli investimenti cooperativi, pur mantenendo il valore della responsabilità superiore al costo residuo per adempiere211. A tali approdi, certo, il giudice potrà

giungere sfruttando l’elasticità delle previsioni esaminate, ma una

210 VAN WIJCK, Foreseeability, in Encyclopedia of law and economics,

edited by De Geest, vol. 6, Contract law and economics, edited by De Geest, Cheltenham-Northampton, 2011, p. 225.

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