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di Giuliana Galvagno

Nel documento Miti d'oggi. L'immagine di Marilyn (pagine 143-147)

Il rapporto tra Marilyn Monroe e lo scrittore Truman Capote può essere rappresenta- to al meglio da una fotografia pubblicata sulla rivista «Time», ma sicuramente non una delle più famose o meglio riuscite della diva. È infatti lo scatto di un paparazzo, non un’immagine posata, e ritrae Truman Capote e Marilyn Monroe durante un ballo nel locale El Morocco di New York. L’anno è il 1955, lo stesso in cui è ambientato il conver-

sational portrait poi inserito nel 1979 nella raccolta Musica per camaleonti. Nella fotografia,

Marilyn rivolge lo sguardo, quasi imbarazzata, con un sorriso timido, verso qualcuno al di fuori dell’inquadratura, mentre Capote, sicuramente più goffo e impegnato nel ballo, si aggrappa all’attrice stringendole il polso. Una seconda immagine, sempre della stessa sera, mostra invece una Marilyn che ride apertamente mentre Capote, rimasto senza occhiali, la fa volteggiare per la pista, quasi fossero due bambini.

Proprio l’infanzia infelice è uno dei tratti comuni tra lo scrittore e l’attrice, per en- trambi a causa del difficile rapporto con le loro madri: se Marilyn viene abbandonata a causa dell’instabilità mentale della sua, Capote, nato in realtà Truman Streckfus Persons, viene affidato dopo il divorzio dei genitori a dei parenti a Monroeville, in Alabama, dove diventa vicino di casa di Nelle Harper Lee, che anni dopo lo ritrarrà come Dill in Il buio oltre la siepe.

Capote conosce Marilyn grazie al regista John Huston durante le riprese di The

Asphalt Jungle (Giungla d’asfalto, 1950) e da quel momento mantengono un rapporto di

grande confidenza, intensificatosi durante il soggiorno a New York della Monroe. Proprio questi anni e la nascita del rapporto con Arthur Miller fanno da sfondo a i due ritratti che lo scrittore dedica alla diva.

La prima apparizione di Marilyn Monroe all’interno della produzione letteraria di Capote è in realtà parte di un progetto fotografico: il volume Observations, edito nel 1959, in cui le fotografie di Richard Avedon sono inframmezzate da brevi testi di Capote.

La prima immagine ritrae Marilyn con l’allora marito Arthur Miller: un ritratto inserito in una serie di immagini di coppie famose accompagnate da citazioni lette- rarie che va sotto il titolo di A brief anthology in honor of love. La fotografia è accompa- gnata da una didascalia tratta da un verso del poema Isabella di John Keats: «They could not sit at meals but feel how well it soothed each to be the other by».

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La seconda fotografia della diva è accompagnata dal ritratto di Capote che tante ire avrebbe poi suscitato in biografi poco attenti o forse troppo innamorati del soggetto del loro lavoro1. «Monroe? Just a slob», «Solo una sciattona» sono le prime parole del

racconto, che contrastano immediatamente con l’immagine di Marilyn, splendida e coperta solo di ventagli di piume, a cui sono accostate. Nel ritratto Capote descrive Marilyn come una divinità disordinata, come soltanto un dessert sontuoso come una banana split può esserlo. Lo scrittore sottolinea che nonostante le sue caratteristiche emblematiche, le sue labbra lucide, le spalline cadenti, la biondezza eccessiva, la diva passi in realtà inosservata nella sua vita quotidiana a New York, tanto che spesso è necessario che alle persone venga detto che la Monroe è la Monroe per riconoscerla. Questo perché l’attrice rappresenta solo un altro esempio della geisha americana, ma benché alcuni aspetti siano tipici del genere, Marilyn non è abbastanza dura per es- serlo fino in fondo ed è capace di una sensibile concentrazione che fa risaltare il suo talento. Il personaggio che interpreta deriva dal suo essere un’orfana, spiritualmente e concretamente. Come lo scrittore, Marilyn è segnata e illuminata da quelle che Capote chiama le «stimmate della mentalità dell’orfano»2: non fidandosi di nessuno,

lavora duramente per compiacere tutti, ma questo sforzo continuo è destinato a ge- nerare ansia e angoscia profonde. Secondo Capote, l’eccessiva vitalità di Marilyn non permette di ridurla, o innalzarla, a simbolo, ma non di meno viene nel libro usata simbolicamente, come un nudo ma piumato spirito di un paradiso di cerone, “grease-

paint paradise”, per introdurre la parata di artisti vari: Buster Keaton, Anna Magnani,

Katharine Hepburn, Brigitte Bardot e molti altri

La definizione più celebre e calzante di Marilyn Monroe viene tuttavia coniata da Capote nel titolo del secondo e controverso ritratto, scritto per la rivista fondata da Andy Warhol, «Interview», e pubblicato soltanto nel 1980 nella raccolta Musica per

camaleonti, che rappresenta un testo essenziale per capire l’evoluzione dello stile di uno

degli scrittori chiave del Novecento americano.

Come già avvenuto con Brando, descritto nel celebre Il Duca nel suo dominio, brano pubblicato per la priva volta nel 1957 sulla rivista «New Yorker», Capote utilizza nuo- vamente le tecniche da lui elaborate nello sviluppo del concetto di letteratura non fiction per offrire una rappresentazione dell’attrice che va al di là del semplice abbozzo o articolo giornalistico. Con Marlon Brando Capote, in linea con lo stile che andava svi- luppando in quegli anni e che avrebbe poi trovato il culmine in A sangue freddo (1966), sceglie di eliminare completamente la sua figura dalla narrazione. Al contrario nel brano su Marilyn lo scrittore utilizza quella che nell’introduzione a Musica per camale-

onti definisce come un’evoluzione della tecnica della non fiction capace di riunire «ogni

1 Il brano tratto da Observations, a differenza degli altri presenti nel volume, viene raramente presentato nelle raccolte degli scritti di Capote, comparendo solo in I cani abbaiano (1973). 2 Cfr. Avedon Richard, Capote Truman, Observations, Simon & Schuster, New York, 1959, pp. 85-87.

145 altra forma di scrittura»3 e che prevede la presenza dell’autore come personaggio del

racconto/incontro con l’attrice.

Il dialogo al centro del ritratto colloquiale, ricostruito a partire dai diari dello scrit- tore, avviene nel 1955, quando Capote incontra la diva, struccata e vestita sobriamen- te di nero, al funerale di Constance Collier, un’insegnante di recitazione che vedeva in Marilyn – definita «il mio problema particolare»4 – una luminosità che non poteva essere colta sul palcoscenico, ma solo davanti alla cinepresa, breve ed effimera «come il volo di un colibrì»5. Tra il rito funebre e una bottiglia di champagne condivisa in un ristorante

cinese, il ritratto dell’attrice che emerge dalle pagine è quello di una persona fragile e in- sicura, così simile per certi versi a Capote stesso. Una figura così simile a Holly Golightly, la protagonista di Colazione da Tiffany (1958), che non a caso l’autore avrebbe voluto inter- pretata al cinema proprio da Marilyn piuttosto che dall’esile Audrey Hepburn.

Il brano ha la struttura di un copione: le battute del dialogo vengono introdotte dalle sigle TC e MM e le scene sono costellate da inserti di prosa descrittiva che ri- cordano le indicazioni di regia, ma che spesso servono anche a esplicitare il pensiero dell’autore o a riassumere parte della conversazione. Questa struttura, utilizzata anche in altri pezzi scritti per «Interview», risulta molto duttile e malleabile e rispecchia la familiarità dell’autore con la scrittura cinematografica. Tra aneddoti sconci sull’at- tore Errol Flynn, riflessioni sui difficili rapporti con le croniste mondane Dorothy Kilgallen, Hedda Hopper e Louella Parsons e confessioni sulla nascente storia d’amo- re con Arthur Miller, l’attrice viene presentata come un sensuale mix di frivolezza e fragilità, ma appare circondata da un’aura fantasmatica dovuta ai continui rimandi inseriti nel testo alla brevità della vita dell’attrice.

Alla fine del brano Capote riprende l’espressione presente anche nel precedente ritratto:

Marilyn: Ricordi? Ti ho chiesto se qualcuno mai ti domandasse com’ero io, come era veramente Marilyn Monroe... allora cosa risponderesti? (Il tono era scherzoso, iro-

nico, ma anche serio; voleva una risposta sincera) Scommetto che diresti che ero una

sciattona. Un banana split.

La chiusura del testo, dove viene ripreso il titolo, è introdotta da un’immagine evanescente: «La luce andava calando. Lei pareva dissolversi con essa, fondendosi con il cielo e le nubi, svanendo ancora oltre»6, che sottolinea ulteriormente come quello di

Capote sia un dialogo con un fantasma7.

3 Capote Truman, Musica per camaleonti, tr. it. Garzanti, Milano, 2004, p. 15. 4 Capote Truman, Una bellissima bambina, in Musica per camaleonti, cit., p. 227. 5 Ivi, p. 228.

6 Ivi, p. 242.

7 Grobel Lawrence, Colazione da Truman, tr. it. Minimun Fax, Roma, 2007, p. 195. “Una bellissima bambina”. Marilyn Monroe, Capote e l’evoluzione della non fiction

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Nel libro-intervista Colazione da Truman di Lawrence Grobel, Capote dichiara che la definizione di “sciattona” era

quello che lei pensava che io pensassi di lei. No, io amavo Marilyn. Era straor- dinaria. Ecco la sua è una morte che mi ha davvero scioccato. Mi trovavo in un piccolo paesino della Spagna e lessi la notizia sui giornali. Non riuscivo a crederci, per quanto avesse tentato il suicidio almeno quattro o cinque volte da quando la conoscevo8.

Nel suo epistolario, pubblicato sotto il titolo di Too Brief a Treat, si nota come Capote scriva spesso della morte di Marilyn. In particolare, in una lettera al suo mentore ed ex partner Newton Arvin dell’8 agosto 1962, l’autore ribadisce come Marilyn fosse così di buon cuore, così pura, quasi dalla parte degli angeli9.

Capote incontra Marilyn per l’ultima volta poche settimane prima della sua mor- te, trovando che non era mai apparsa meglio, avendo perso molto peso per girare

Something’s Got to Give e scoprendo una maturità nuova nei suoi occhi10. Non era più

“una bellissima bambina”.

8 Ivi, p. 194.

9 Cfr. Clarke Gerald (a cura di), Delizie e crudeltà. Lettere 1959-1982, tr. it. Archinto, Milano, 2006.

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“E così la tua bellezza non fu più bellezza”.

Nel documento Miti d'oggi. L'immagine di Marilyn (pagine 143-147)