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Giurisdizione ed affidamento incolpevole

5. Risarcimento del danno da lesione dell’affidamento

5.4 Giurisdizione ed affidamento incolpevole

potremmo dire che la colpevolezza del ritardo è evidente quando si tratta di istanza del privato, non essendo ipotizzabile una colpevolezza del ritardo in caso di annullamento dell’ufficio (vorrebbe dire che tutti gli atti devono essere riesaminati tempestivamente!!!). Al contrario va detto in caso di autotutela in malam partem: non dovrebbe essere difficile ipotizzare la colpevolezza del ritardo. Trattandosi di agevolazioni, condoni, aiuti ovvero misure che costituiscono fattispecie particolari è doveroso un elevato grado di diligenza nel concederle queste misure e nel annullarle.

5.4 Giurisdizione ed affidamento incolpevole

Per capire di fronte a quale giudice invocare il risarcimento del danno occorre fare una riflessione preliminare. Se l’atto di annullamento del condono o del annullamento di un rimborso viene ricondotto ad un’esercizio dell’autotutela va stabilito se esso è impugnabile di fronte alle commissioni tributarie ex art 19 del Dlgs 546/1992. Nell’elenco tassativo di tali atti esso non risulta per cui si pone la questione di come contestare l’illegittimo esercizio del potere di annullamento in malam partem.

In altre parole la domanda che ci dobbiamo porre è seguente: la commissione tributaria in caso di eventuale impugnazione deve valutare la sussistenza o meno dei requisiti ai fini dell’ammissibilità ad una sanatoria o anche della legittimità del esercizio di annullamento (che viola principi di buona fede e correttezza)? Gioé ad esempio assimila tale atto di annullamento agli atti di cui all’art 19 comma 1 lettera “h” ovvero al "il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari” e dunque qualifica tale provvedimento come impugnabile143. In sostanza l’autrice afferma che “cosi come l'atto con cui

l'Amministrazione illegittimamente annulli il condono (quando non sia ancora decaduta dal potere di verifica), va impugnato davanti alle Commissioni tributarie, allo stesso modo, dinanzi agli organi di giustizia tributaria potrà essere impugnato - se illegittimo - l'annullamento di un precedente provvedimento di

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accoglimento del condono, successivo alla scadenza dei termini di decadenza”.

Anche in caso di non accoglimento di tale tesi l’autotutela in malam partem così esercitata mi sembra sindacabile attingendo alle discussioni in dottrina circa l’impugnabilità del diniego espresso o tacito di autotutela. In fondo l’atto di diniego di autotutela favorevole, che dovrebbe annullare un atto impositivo, è un atto sfavorevole per il contribuente come lo è l’annullamento di un condono. Se un omesso o ritardato ritiro di un atto impositivo possa arrecare danno ed essere sindacabile altrettanto potremmo dire che un’autotutela in malam partem oltre termini ragionevoli sia sindacabile e suscettibile di risarcimento del danno. Il giudizio di impugnazione dovrà tenere conto del consolidamento incolpevole in capo al contribuente di un legittimo affidamento sopravenuto e si spera porti alla caducazione della pretesa tributaria e al risarcimento del danno.

Quello che varia per i diversi orientamenti dottrinali è l’organo competente a decidere sulla legittimità e sul risarcimento del danno.

Andiamo per gradi: in caso di un uso “cattivo” dell’esercizio di autotutela parte della dottrina riconduce l’impugnabilità al Giudice amministrativo144. Alla

giurisdizione amministrativa infatti spetta la tutela degli interessi legittimi ed il sindacato sugli atti della PA.

In caso di diniego di autotutela il g.a. si pronuncia sull’annullamento del diniego e non sull’atto impositivo. Nel nostro caso annullando l’atto di autotutela in malam partem vorrebbe dire che conferma l’atto favorevole al contribuente.

Sostiene l’Autrice che anche la domanda di risarcimento del danno può confluire

144G. Boletto, Responsabilità aquiliana e amministrazione finanziaria, op cit p.53: “L’impostazione tradizionale (e, a mio avviso, maggiormente condivisibile) è quella che ammette la sindacabilità dell’esercizio del potere di autotutela davanti al Tar”; Muscara’, La giurisdizione (quasi) esclusiva delle Commissioni tributarie nella ricostruzione sistematica delle SS.UU. della Cassazione, (Nota a Cass.,

SS.UU., 10 agosto 2005, n. 16776), in Riv. dir. trib., 2006, II, pp. 44-45 “dovendosi riconoscere carattere discrezionale al potere di autotutela tributaria, l’impugnazione dei relativi, atti almeno finché non si dimostri l’esistenza di una giurisdizione esclusiva delle Commissioni ratione materiae, “dovrebbe ricondursi alla giurisdizione dei Tar (che ne accertano la legittimità, in specie sotto il profilo del vizio di straripamento o di eccesso di potere)”; Scarpa, L’autotutela tributaria, Riv. dir. trib., fasc.3, 2001, pag. 441: “In linea teorica, però, sembrerebbe potersi prospettare la possibilità di adire gli organi della giurisdizione

amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) impugnando il silenzio-rifiuto dell'ente delle finanze, che potrà essere condannato a provvedere e perciò a riesaminare il provvedimento ( ..) Sembra, infatti, doversi escludere che le Commissioni tributarie siano titolari di siffatto potere, in quanto il DPR n. 546/1992, che ha riformato la materia del contenzioso tributario, ha individuato un elenco tassativo di provvedimenti impugnabili”

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in questo processo essendo la giurisdizione del Tar in seguito alla riforma del processo amministrativo145 estesa anche alle questioni risarcitorie, resta salva però

l’autonoma azione risarcitoria aquiliana di fronte al giudice ordinario dove sarà comunque rilevante l’esercizio illegittimo dell’autotutela in quanto sarà l’elemento che costituirà il comportamento antigiuridico.

Parte della dottrina ammette l’impugnazione del diniego di autotutela di fronte alle commissioni tributarie facendo leva su un’interpretazione estensiva dell’art 19 del d.lgs 546/92. In altri termini si interpreta il diniego come atto equivalente all’avviso di accertamento precedente che stava a significare una pretesa fiscale a carico del contribuente o che comportava una trattenuta di quanto da lui versato, nonostante la richiesta di rimborso, o che revocava un provvedimento di accertamento con adesione.146

Secondo Boletto anche ammettendo la tutela dell’impugnazione dell’atto di diniego di fronte alla commissione tributaria il risarcimento del danno non essendo legata alla lite tributaria comporta che l’azione risarcitoria va proposta di fronte al giudice ordinario, L’Autrice riconduce sì il risarcimento del “maggior danno consistente alla svalutazione monetaria” nella competenza delle commissioni tributarie essendo rientranti nella categoria “altri accessori” di cui all’art 2 del D.lgs. 546/1992 ma in tema di violazione del principio del neminem laedere derivante da comportamento doloso o colposo imputabile all’amministrazione finanziaria sostiene che l’unico in grado di accertare tali presupposti anche per gli

145 L. n. 205 del 21 luglio 2000

146 Per questa interpretazione Tesauro, Riesame degli atti impositivi e tutela del contribuente, in Profili

autoritativi e consensuali del diritto tributario, a cura di La Rosa, Milano, 2008, pag. 141; Tesauro , Gli atti impugnabili, in Giurisdizione unica tributaria: nuovi profili e problematiche, a cura di F.Batistoni Ferrara,Torino,2007, pag. 65 e ss ; FICARI, Autotutela e riesame nell'accertamento del tributo, Milano,1999, pag. 271. L’Autore ha proposto un diverso inquadramento del diniego di autotutela nell’ambito dell’elenco ex art. 19, ritenendo che il diniego possa essere assimilato ad un atto di rigetto dell’istanza di rimborso (art. 19, comma 1, lett. g). Per una tesi contraria Gianoncelli, Giurisdizione tributaria e diniego di autotutela, in Dir. prat. trib., 2008, I, p. 1178-1179 secondo l’autore l’inclusione per via ermeneutica nell’elenco dell’art. 19 di atti non espressamente menzionati da tale norma è consentita solo per gli atti di accertamento o di riscossione, i quali devono necessariamente considerarsi impugnabili per via della intervenuta estensione della giurisdizione tributaria a tutti i tributi di ogni genere e specie; Basilavecchia, Diniego di autotutela e giurisdizione delle Commissioni, in Riv. giur. trib., 1998, p. 622. In giurisprudenza si veda a sentenza delle SS.UU n. 16776/2005, SS.UU n. 7388 del 6 debbraio 2007 e SS. UU N. 9669 del 23 aprile 2008 tutte che ammettono il sindacato di fronte alle Commissioni tributarie anche se con dei limiti.

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strumenti probatori dei quali si può far uso sia il giudice ordinario.147

Zanotti sottolinea opportunatamente come si stia assistendo a un’apertura della Cassazione in tema di competenze in capo alle commissioni tributarie in materia di danno anche alla luce della sentenza 14499 del 16 giugno 2010. Tuttavia l’Autore non ritiene condivisibile tale orientamento. Si esprime infatti “più difficile

mi pare sia sostenere la proponibilità dell’azione risarcitoria di fronte al giudice tributario. Per quanto la tesi possa apparire suggestiva, i limiti propri della giurisdizione tributaria non sembrano consentire una tale soluzione. Il risarcimento del danno, infatti, non attiene alla debenza del tributo e non appare legato alla controversia principale da un rapporto di accessorietà. Allo stato attuale l’unica via percorribile per consentire al giudice tributario di statuire sul risarcimento sembra essere quella di una modifica legislativa che estenda in questo senso il campo di intervento delle commissioni”148.

Se l’atto di autotutela si impugna di fronte al Giudice amministrativo in quanto giudice in materia di interessi legittimi e competente in sindacabilità di atti della Pubblica amministrazione si può concludere che in tale sede si può chiedere anche il risarcimento del danno pur restando salva la possibilità di addire il giudice ordinario ovvero il giudice dei diritti soggettivi.

Secondo Zanotti tuttavia, tale attribuzione non appare auspicabile. L’Autore sostiene che anch’esso, come le commissioni tributarie non sarebbe specializzato nella giurisdizione del giudice ordinario.

Le tesi che riconducono l’azione di risarcimento del danno di fronte al giudice ordinario, soprattutto per il caso di cui si scrive, ovvero del provvedimento favorevole annullato, trovano in effetti conferma in recenti sentenze della Cassazione149. Con la recente ordinanza 4 settembre 2015 n. 17586 le Sezioni unite

147 G. Boletto, Responsabilità aquiliana e amministrazione finanziaria, op cit pag. 46

148 N. Zanotti, “Buona fede e autotutela: la risarcibilità del danno provocato dal comportamento illecito dell’amministrazione finanziaria”, op cit. pag. 464

149 In questo senso hanno disposto tre sentenze importantissime della Sezioni Unite del 23 marzo 2011

con n. 6594,6595,6596. I casi riguardano per la verità una concessione edilizia successivamente annullata tramite esercizio di autotutela, un certificato di destinazione urbanistica di un fondo che ha rilevato per l’acquisto di un fondo e l’ottenimento della concessione edilizia successivamente anch’essa annullata dal giudice amministrativo in quanto illegittima infine si tratta di un servizio di ristorazione scolastica in seguito a gara di affidamento dichiarata illegittima dal giudice amministrativo.

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civili hanno confermato che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario l'azione risarcitoria promossa nei confronti della Pubblica Amministrazione da chi assuma leso il suo diritto all'affidamento sulla legittimità dell'attività amministrativa, conseguente all'intervenuto annullamento in sede di autotutela o in sede giurisdizionale di un atto favorevole. Secondo la Corte si esclude la giurisdizione del g.a. perché il privato ciò che denuncia è la lesione di una situazione di diritto soggettivo rappresentata dalla conservazione dell’integrità del suo patrimonio sotto il profilo di perdite e mancati guadagni a causa dell’agire della p.a. concretandosi nell’illegittima emissione di un provvedimento e non la lesione di un interesse legittimo.

In seguito alle riflessioni che dottrina e giurisprudenza ha espresso quindi sul diniego di autotutela o comunque sul uso scorretto dell’esercizio di autotutela possiamo dire che in caso di esercizio di autotutela in malam partem tale il provvedimento sia sindacabile. Esso potrebbe essere impugnato ai sensi dell’art19 comma 1 lettera “h” del D.Lgs 546/1992 ("il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata”) di fronte alle commissioni tributarie o comunque accogliendo un interpretazione estensiva dell’art 19. In tal caso il risarcimento del danno per violazione dei principi di buona fede, correttezza, legittimo affidamento va proposta al giudice ordinario. Tale azione può essere esperita a prescindere dall’impugnazione dell’atto di autotutela in malam partem non essendo necessario il preventivo annullamento. Ritengo che il giudice ne terrà comunque conto. Se ad esempio in seguito alla revoca di un rimborso il contribuente impugnando l’atto di fronte alla Commissione, ha ottenuto l’annullamento in autotutela dell’atto che annullava il diritto al rimborso e dunque ha incassato le somme il risarcimento per violazione della buona fede correttezza e legittimo affidamento sarà una somma ulteriore. Viceversa se non ha impugnato l’atto di autotutela in malam partem nel risarcimento dovrebbero rientrare anche tali somme che non ha ricevuto.

Da quanto detto fin’ ora si può concludere fermamente che un’azione risarcitoria ex art 2043 c.c. è configurabile e inoltre la tutela potrebbe essere ulteriore rispetto al consolidamento della situazione favorevole in capo al contribuente. Il giudice

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da adire è quello ordinario in virtù della non necessità dell’annullamento dell’atto di autotutela in malam partem, delle opportunità probatorie e termini di prescrizione, della specializzazione in diritti soggettivi lesi e alla luce delle pronunce recenti. Verrà valutata la violazione del principio del neminem laedere, della buona fede e correttezza di tutte le parti in causa. In ipotesi quindi di legittimo affidamento leso verrà infine risarcito il danno.

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Conclusioni

Obiettivo della tesi era capire e riflettere sulla portata del principio del legittimo affidamento nel diritto tributario e quali siano le tutele a disposizione del soggetto leso. Si è avuto occasione di constatare che tale principio interessa l’intero ordinamento giuridico, venendo in applicazione in ambito privatistico e anche in quello pubblicistico. Si è prestata l’occasione di apprendere come all’interno di ogni singolo settore giuridico le situazioni di affidamento si manifestano in numerose fattispecie e situazioni pur se eterogenee tra loro.

Si può concludere senza dubbio che esso ha un ruolo fondamentale nello Stato di Diritto in generale e dunque anche nel diritto tributario. Infatti, non si può negare che aspettative prima formatesi e poi tradite incidono sulla libertà della persona prima di tutto e poi come contribuente. Le aspettative incidono infatti incidono nelle decisioni di fare impresa e di come fare impresa, incidono infine sull’economia in generale.

Il legittimo affidamento non può essere analizzato prescindendo da un' altro principio essenziale: quello della buona fede soggettiva e oggettiva, anche’ esso immanente nel diritto pubblico e dunque non solo nel diritto privato.

La stretta correlazione tra le due nozioni, legittimo affidamento e buona fede, ha portato a ritenere che canoni come la correttezza, la lealtà e il dovere di non venire contra factum proprium siano valori imprescindibili alla base del rapporto Contribuente e Fisco.

La funzione pubblicistica deve essere esercitata rispettando e valorizzando concetti come la buona fede ed il legittimo affidamento per potersi qualificare come rispettosa di principi cardine guida dell’azione amministrativa quali legalità, buon andamento e imparzialità di cui all’articolo 97 della Costituzione.

Il legittimo affidamento costituisce un limite all’attività legislativa retroattiva nonché all’attività interpretativa retroattiva svolta dall’amministrazione finanziaria. In primis va detto che un mutamento interpretativo in peius può comportare la tassazione postuma di una ricchezza non più tangibile nel senso non più attuale.

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Quando il legislatore introduce leggi sfavorevoli retroattive, agendo cosi, viene senza dubbio leso il diritto di conoscere a priori, prima di determinarsi in un certo modo, le regole giuridiche e non si possono prevedere le conseguenze delle proprie azioni andando così a porre sotto pressione le libertà personali -una delle quali desta particolare interesse nel nostro caso e trattasi del diritto all’ iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Costituzione.

Nella trattazione si è cercato di non trascurare la difficoltà che nel diritto tributario si presenta in tema di interpretazione delle norme e dell’importanza di tale attività svolta da parte dell’Amministrazione Finanziaria, attività che deve svolgere nei confronti della platea dei contribuenti e che inoltre è auspicabile che tale compito venga svolto con correttezza.

Sulla questione delle circolari interpretative si può dire che quantomeno in caso di alcune circolari “rigide” ovvero quelle dal contenuto univoco, chiaro e preciso la tutela del legittimo affidamento è doverosa.

Alla luce della tutela già prevista dall’articolo 10 dello Statuto dei diritti del Contribuente e alla luce delle analisi svolte sopra si può infatti concludere che non è sostenibile la tesi che nega vincolatività, importanza e rilevanza tout court alle circolari interpretative. Abbiamo visto come tali atti siano rilevanti all’esterno senza dubbio e possono essere fonte di un legittimo affidamento e di conseguenza si ritiene che in caso di mutamento di orientamento dell’Amministrazione è controverso quale sia la tutela da invocare per il contribuente. Oltre a non applicazione delle sanzioni e degli interessi in alcune fattispecie concrete è auspicabile anche l’inesigibilità del tributo. Alla tutela che consiste nell’inesigibilità del tributo si è prospettata una tutela che consiste in un risarcimento del danno da circolazione di informazioni inesatte, strumento di difesa questo che, si ripete, potrebbe essere anche ulteriore e complementare alla prima qui menzionata.

Studiando vari casi che costituiscono, si può dire, leading case in materia, ovvero dei precedenti giuridici si è preso atto di come fonte di legittimo affidamento vi possono costituire anche atti e determinazioni dell’amministrazione finanziaria che essa emana e svolge quotidianamente nell’attività di accertamento, consulenza

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Il contribuente indotto in errore, convinto di agire iure anche e soprattutto in seguito alle informazioni ricevute dai funzionari dell’amministrazione, agli esiti espressi o taciti nei processi verbali di constatazione, agli inviti ad aderire a determinate procedure di definizioni agevolate, sanatorie ecc se dovesse essere privo di sufficienti tutele comporterebbe un modo di fare dell’amministrazione che non ha nulla a che fare con il concetto della buona amministrazione. In casi che sono concreti e personali se l’attività impositiva “appare” fortemente e ragionevolmente esaurita è auspicabile che non vi siano ulteriori e diverse pretese. In caso di interpello, come è ben noto i casi personali e concreti in seguito a tale procedura non sono più “sindacabili” pena la nullità dell’atto. In questo caso la tutela è piena. Non vi è ragione perché in seguito ad altri tipi, molto affini, di determinazioni e atti riferibili a casi concreti e personali la tutela si limiti solo all’esimente da sanzioni e interessi.150

Si deve ribadire che in tema di atti e fatti a distanza di tempo sconfessati dallo stesso ente non sempre si traducono in un corretto e legittimo esercizio della prerogativa dell’autotutela.

Caso particolare che ha destato notevole attenzione è stato infatti quello della autotutela in malam partem. La fattispecie si verifica quando un provvedimento favorevole apparentemente legittimo viene annullato in autotutela dall’amministrazione finanziaria. A differenza della autotutela favorevole al contribuente in cui si annulla un atto impositivo qui l’autotutela, se esercitata oltre termini ragionevoli e in contrasto a canoni come la buona fede e la correttezza, è illegittima. Si ritiene che una precisa disciplina dell’autotutela tributaria in malam partem sia necessaria cosi da delinearne i limiti e da tutelare il legittimo affidamento eventualmente consolidato.

Il comportamento contradittorio dell’amministrazione può essere fonte di risarcimento del danno di cui all’art 2043 c.c. Un’ incoerenza dell’azione amministrativa pur se sotto certi aspetti in alcuni casi “legittima” obbliga a risarcire

150 Per questa tesi si veda la relazione al convegno tenutosi presso la Luiss Guido Carli, Roma, 19

dicembre 2012 di M. LOGOZZO, Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra contribuente e amministrazione.

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il danno subito dal contribuente in virtù della violazione dell’obblighi del neminem leadere e di non venire contra factum proprium. Indipendentemente dall’annullamento dell’atto impositivo o dell’annullamento dell’atto di autotutela in malam parte è sempre percorribile la via dell’azione risarcitoria di fronte alla giurisdizione ordinaria. La pubblica amministrazione, e l’Amministrazione Finanziaria ne fa parte, indipendentemente dal fatto che svolge una funzione pubblica e dal fatto che si trova in una certa posizione di “supremazia”, comunque discutibile, è tenuta a principi generali di correttezza, prudenza, diligenza che riguardano soggetti di diritto pubblico e privato indistintamente.151

Analizzando la giurisprudenza della Corte di Giustizia si nota come il legittimo affidamento si un principio espressione di certezza del diritto. Due sono le questioni che si ritiene siano molto importanti: la prima, che in ambito comunitario esso è sì valorizzato e tutelato ma viene prestata particolare attenzione al destinatario del provvedimento, dell’informazione ecc. il quale deve prestare un certo grado di diligenza e prudenza; la seconda che il diritto a vedersi tutelato il legittimo affidamento come tutti i diritti tra l’altro, non è un diritto assoluto infatti in ambito comunitario “cede il passo” a uno dei principi basilari sul quale si basa