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LEGITTIMO AFFIDAMENTO DEL CONTRIBUENTE E STRUMENTI DI TUTELA

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

TESI DI LAUREA

Legittimo affidamento del contribuente e

strumenti di tutela

CANDIDATO RELATORE

Corina Galatanu Prof.ssa Giulia Boletto

CONTRORELATORE

Prof. Nicolò Zanotti

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

1. La Buona Fede ... 5

1.1 Il principio della buona fede nel diritto civile... 5

1.2. Il principio della buona fede nel diritto amministrativo ... 6

1.3. Il principio della buona fede nel diritto tributario ... 8

2. Leggi Tributarie: retroattività e interpretazione ... 11

2.1 Retroattività delle leggi tributarie ... 11

2.2 Interpretazione delle leggi tributarie ... 14

2.3 Le circolari interpretative ... 16

2.4 Riflessioni sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria ... 22

3. Atti e attività dell’amministrazione finanziaria come fonte di legittimo affidamento ... 24

3.1 Premessa ... 24

3.2 Affidamento in seguito ad attività di verifiche ed accertamento ... 27

3.3. L’autotutela tributaria ... 33

3.4 L’autotutela in malam partem e condoni in ambito tributario ... 39

3.5 Accordi tra enti impositori e contribuenti ... 42

4. L’affidamento nella giurisprudenza della Corte di Giustizia ... 48

4.1 La Buona Fede ... 48

4.2 Applicazioni del principio dell’affidamento ... 50

4.3 (Segue)Imposta sul valore aggiunto e legittimo affidamento ... 54

4.4. (Segue) Aiuti di Stato ... 62

4.5 (Segue) Recupero dei dazi doganali ... 66

5. Risarcimento del danno da lesione dell’affidamento ... 69

5.1 Premessa ... 69

5.2 Responsabilità da informazioni inesatte ... 72

5.3 Risarcimento in seguito ad autotutela in malam partem ... 77

5.4 Giurisdizione ed affidamento incolpevole ... 79

Conclusioni ... 85 Bibliografia ... 90 Giurisprudenza e prassi ... 94 Siti web ... 97

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3 INTRODUZIONE

L'articolo 10 della L. 27 luglio 2000 n. 212, rubricato “Tutela dell'affidamento e della buona fede, errori del contribuente”, dopo aver affermato che i rapporti fra il contribuente e l'Amministrazione sono improntati al principio di collaborazione e buona fede, dispone al secondo comma che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente che si è conformato a indicazioni contenute in atti dell'Amministrazione, ancorché successivamente modificate, o qualora il suo comportamento risulti posto essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'Amministrazione. Al terzo comma della norma si legge che non sono comunque irrogate sanzioni quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.

Ai fini del presente studio l'analisi si concentrerà sul primo e secondo comma ovvero sulla tutela del legittimo affidamento del contribuente, sul collegamento con il principio della buona fede e in particolare si cercherà di capire se l'affidamento oltre a consentire non applicazione di sanzioni ed interessi si possa spingere fino a una tutela piena ovvero fino alla non applicazione tout court del tributo. Questo perché da una prima lettura di tale articolo e un'interpretazione letterale si può notare come il contribuente sia immune sì da sanzioni e interessi nelle ipotesi di cui sopra ma non anche dal pagamento tributo.

L'obiettivo dunque di tale lavoro è l'approfondimento della portata del principio dell'affidamento nel sistema tributario attingendo anche alle sue manifestazioni nel diritto civile, amministrativo e comunitario.

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capire quali possano essere casi di violazione di tale diritto del contribuente e quali siano le tutele desumibili dall'ordinamento.

Poiché l’affidamento si produce come conseguenza di effetti creati e consolidati da norme vigenti in un determinato momento, da atti o comportamenti di una Pubblica Autorità, ma anche in conseguenza del comportamento dello stesso soggetto si analizzeranno in seguito vari casi.

L’intento è di capire se le previsioni di cui all’articolo 10 dello Statuto primo e secondo comma siano “indispensabili” o meno in ambito tributario e quanto a tutele previste da tale articolo, se esse siano sufficienti.

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1. La Buona Fede

1.1 Il principio della buona fede nel diritto civile

In diritto civile ogni rapporto obbligatorio ha alla base la regola fondamentale di cui all'art. 1175 c.c. e cioè quella del dovere di correttezza.1 Sono dunque

auspicabili il rispetto di principi quali “il buon padre di famiglia”, “l'ordinaria diligenza”, “la diligenza tecnica”, “la buona fede”, “la correttezza professionale”, “la lealtà”.

Di questi principi ai fini del presente lavoro desta particolare interesse la regola di ampia portata che prescrive nei rapporti contrattuali tra privati una condotta di buona fede. Trattative, interpretazione, integrazione, esecuzione e attuazione del contratto sono tutte fasi da porre in pratica in buona fede.

L'espressione viene considerata secondo due profili diversi: buona fede in senso oggettivo e buona fede in senso soggettivo. La prima viene a prescrivere una regola comportamentale connotata da 2 elementi caratteristici:

a) la correttezza nei rapporti obbligatori, in tutte le fasi sottostanti ad un contratto, nel possesso ecc.

b) la lealtà cioè l'obbligo di evitare di creare falsi affidamenti per poi contestarli successivamente. Va detto, inoltre, che gli interessi della controparte andrebbero tutelati se ciò non implica un sacrificio rilevante (principio del neminem laedere). Esempi di violazioni di affidamenti creati possono essere la locazione da parte di un soggetto non proprietario il quale successivamente diventato tale eccepisce l'invalidità del contratto adducendo che egli non aveva titolo per affittare nella circostanza di partenza.

La buona fede soggettiva invece è uno stato psicologico ovvero il convincimento di agire iure, è in altre parole l'ignoranza non colposa di ledere diritti di altri.

1Art 1175 c. c. Comportamento secondo correttezza. “Il debitore e il creditore devono comportarsi

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Esempio di buona fede soggettiva può essere l'adempimento di un'obbligazione a un soggetto che secondo circostanze univoche, sembrava (ma non lo era) il creditore legittimato a ricevere la prestazione. Cosi l'art 1189 c.c. 2 libera il

debitore quando questo ha adempiuto in buona fede.

Generalmente, nei casi in cui è rilevante la buona fede soggettiva, essa si presume, sarà la controparte a dover dimostrare la malafede. Fanno eccezione i casi del pagamento al creditore apparente e l'acquisto dall'erede apparente dove chi si vuole avvalere deve provare il possesso della buona fede soggettiva.34

Il principio di buona fede ha le sue origini e naturali applicazioni nella materia dei contratti e delle obbligazioni tuttavia esso è alla base dell'intero ordinamento. Infatti, è un principio tra l'altro desumibile dall'art 2 della Costituzione. I doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale fanno sì che la libertà fisica e morale dei cittadini protetta dalla Costituzione debba giovare non solo all'interesse egoistico dei cittadini ma al benessere di tutti, detto in modo più spedito altro non vuol dire che i comportamenti devono essere corretti, onesti e leali.

1.2. Il principio della buona fede nel diritto amministrativo

Con riferimento alla Pubblica Amministrazione la buona fede trova collocazione nell'art 97 della Costituzione. L’articolo recita infatti: - “I pubblici uffici sono

organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità̀ dell’amministrazione”.

Dalla lettura dell’articolo, sono scindibili 3 principi che, seppur strettamente collegati, sono espressione di tre diverse criteri: l’imparzialità, il buon andamento e la legalità. Questi tre criteri formano quello che oggi si identifica come il nucleo

2Art 1189 c. c. Pagamento al creditore apparente. “il debitore che esegue il pagamento a chi appare (1835

) legittimato a riceverlo in base circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede (534,1147,1153,1264,1415,1992,2559). Chi ha ricevuto il pagamento è tenuto alla restituzione verso il vero creditore (2019,2027) secondo le regole stabilite per la restituzione dell'indebito (2033 ss.)

3G. Iudica, P. Zatti, Linguaggio e regole del diritto privato, Cedam, 2011, p234.

4Art 1147 c.c Possesso di buona fede. “É possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui

diritto (535, 1153, 1159 ss.). La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave. La buona fede è presunta e basta che vi sia al momento dell'acquisto (534,1153,1159,1415,1445,2728).”

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teorico dell’attività amministrativa: il principio del buon andamento e imparzialità della funzione amministrativa.

Buon andamento dell’amministrazione per molto tempo sia da parte della dottrina che giurisprudenza è stato interpretato come un mero auspicio, come un principio-guida meramente teorico, distaccato dalla sfera organizzativa del diritto amministrativo e dalla funzione amministrativa. Un po’come fosse una ripetizione del principio di legalità e del rispetto del indirizzo del Parlamento lasciando spazio alla discrezionalità. Dagli anni 70 in poi si è assistito a una interpretazione diversa che è culminata con la legge sul procedimento amministrativo riempiendo di significato il secondo comma dell’art 97 della Costituzione.

Buon andamento sia a livello organizzativo che nei rapporti con i privati si riempì di significati quali: economicità e rendimento, rapidità, efficienza, capacità di adeguamento, trasparenza, motivazione, collaborazione, solidarietà, rispetto della fiducia dei cittadini, lealtà. “La fiducia nel corretto esercizio dell’attività

amministrativa, che è un bene giuridico di primaria importanza, rappresenta una delle principali aspettative dei cittadini e la sua violazione si configura come un modo scorretto di operare e quindi contrasta con la formula del buon andamento della pubblica amministrazione. Tale canone si traduce, quindi, anche nel dovere di buona fede in base al quale una volta assunto un comportamento- il soggetto pubblico è tenuto a non discostarsi rispetto ai rapporti in essere e conformati a quel comportamento.”5

Nei saggi di Allegretti e di Merusi si trovano importanti elementi che portano a riconoscere la presenza di tale principio nel diritto amministrativo. Secondo Allegretti “si tratta di una regola che dimensiona i rapporti di collaborazione tra

autorità e parti esprimendo la conformità del comportamento alla coscienza, alla verità ed alla sincerità”6. L’Autore si riferisce inoltre al principio di buona fede

nel diritto pubblico esemplificando doveri come “il divieto di venire contra factum

proprium e di commettere dolo, i limiti alla revocabilità del provvedimento, il riconoscimento di un’implicita clausola rebus sic stantibus, la fedeltà

5 F. Benatti, Principio di buona fede e obbligazione tributaria, in Boll.trib,1986, pag.947s 6 Allegretti, L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965, pag.274

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dell’impiegato ed il reciproco dovere di assistenza dell’amministrazione, i doveri di informazione e di soccorso che fanno capo alla p.a. nel procedimento ed in particolare l’aiuto da prestare ai cittadini in vari procedimenti, avvertenze sulle conseguenze di eventuali errori od omissioni etc”.

Secondo Merusi il canone di buona fede “non riguarda solo il legislatore ma anche

la p.a. e impone di comportarsi correttamente ovvero di venire contra factum proprium. Tale principio presupporrebbe sempre e comunque una ponderazione si interessi confliggenti ovvero quello che ha ad oggetto la tutela dell’affidamento ingenerato nel cittadino e gli altri interessi pubblici che di volta in volta vengono in considerazione”7. Come si nota, ancora prima della legge sul procedimento

amministrativo, dove all’art. 21 nonies l. n. 241/1990 si tutela il legittimo affidamento, e ancora prima dello Statuto del contribuente, la buona fede e il legittimo affidamento acquistavano sempre più maggiore attenzione.

L'imparzialità della PA invece, sotto il profilo oggettivo, è da tradurre nel rispetto del principio di legalità, dell'uguaglianza formale e sostanziale di cui all'art 2 della Costituzione mentre dal punto di vista soggettivo essa deve proseguire gli obbiettivi di pubblico interesse rispettando principi di equità, buona fede e parità di trattamento ovvero il rispetto di limiti alla discrezionalità. “L’imparzialità

dunque si risolve in un dovere di buona fede oggettiva”8.

1.3. Il principio della buona fede nel diritto tributario

Arrivati fin qui alla conclusione che la buona fede sia un valore imprescindibile sia nel diritto privato che nel diritto pubblico, con riferimento alla materia tributaria, profilo di interesse della presente disamina, possiamo tradurre quanto detto nel seguente modo: legislatore e Amministrazione Finanziaria nei loro rapporti con i contribuenti, ai fini di rispettare il canone della buona fede e del

7 Merusi, Il principio di buona fede nel diritto amministrativo, in Scritti per Mario Nigro, II, Milano,

199,223

8 F. Benvenuti, Per un diritto amministrativo paritario, in Studi in memoria di Enrico Guicciardi, Padova,

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legittimo affidamento il cui significato può essere ricondotto a sicurezza, fiducia e garanzia 9 , devono evitare di introdurre e applicare leggi sfavorevoli

retroattivamente nonché tradire aspettative creatisi in seguito a comportamenti della stessa amministrazione.

Nel rapporto con il cittadino contribuente è auspicabile che il sistema tributario di uno stato di diritto sia dotato di un’amministrazione tributaria che persegua la giusta imposizione e non la mera massimizzazione del gettito come fondamentale obiettivo. Un fisco quindi che si propone sì di sanzionare e punire i comportamenti contra legem ma anche di collaborare, di essere di supporto, e perché no, di proteggere il contribuente meritevole di tutela è un fisco che agisce in buona fede. Nell’attingere la sfera giuridica dei cittadini, proporzionalità e limitazioni dei mezzi con i quali si incide sui soggetti privati devono essere garantiti.10 Aggravare

il procedimento di attuazione delle leggi tributarie senza eccezionali e motivate esigenze costituirebbe un comportamento contrario alla correttezza ma volto ad ottenere a tutti i costi un possibile gettito.11

Con riferimento al contribuente il senso del dovere di buona fede si coglie bene pensando al divieto di porre in essere comportamenti elusivi, servendosi di norme e strumenti di per sé legali ma che in realtà servono a indebiti e ingiusti risparmi d’imposta. “Maneggiar le gride”12 del diritto tributario in modo sleale è proprio un

comportamento contrario alla buona fede. Buona fede quindi in relazione alle norme e buona fede nelle relazioni con il fisco.

Ancora prima della previsione di cui all'articolo 10 dello Statuto dei diritti dei contribuenti dottrina e giurisprudenza tentava di dare spiragli di tutela laddove i principi di cui sopra fossero violati.

In effetti, che la buona fede sia elemento imprescindibile anche dell'obbligazione

9 Lo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, Bologna 2002, 50. 10 Cass.,13 febbraio 2009, n.3559, in Fisco 1, 2009, 1547

11 In tema di buona fede si esprime F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Parte generale, Torino,2011,

169 dove l’autore afferma che “l’Amministrazione finanziaria in base al principio di buona fede oggettiva

deve ad esempio correggere errori macroscopici commessi in buona fede dal contribuente, ritirare atti illegittimi in autotutela anche se divenuti definitivi, rimborsare il contribuente del costo delle fideiussioni rilasciate per ottenere la sospensione o la rateizzazione o i rimborso dell’imposta non dovuta, non dare applicazione retroattiva ai suoi ripensamenti interpretativi sfavorevoli al contribuente.”

12 Espressione ripresa dai “I Promessi Sposi”, A. Manzoni, Edizione Integrale a cura di F. Ghisalberti

,Capitolo 3, pag. 33: “perché, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente”; “purché non abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci”.

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tributaria non lo è sempre stata una questione scontata. Dottrina prevalente della metà anni '8013 affermava che:

• nell'obbligazione tributaria vi è il soggetto attivo che ha un potere di autotutela e che l'art 1175 c.c. si applica solo all'obbligazione privata di diritto comune

• l'azione dell'amministrazione finanziaria sarebbe peculiare e disciplinata dalla legge

• i doveri che fanno capo al contribuente di correttezza, di buona fede e diligenza scaturirebbero dagli obblighi dichiarativi e di comunicazione che incombono su di esso

• e in fine il creditore, cioè il fisco, si troverebbe in una situazione di supremazia.

Tra le varie obiezioni alla tesi della non applicabilità del principio della buona fede altra dottrina affermava che “L'esercizio di una funzione pubblica non è sufficiente

per negare validità al principio di buona fede, non essendo indicate le ragioni o la norma per cui l'affidamento del cittadino nel comportamento della pubblica amministrazione non debba avere alcuna tutela di fronte ad una condotta scorretta di quest'ultima, alla quale pertanto sarebbe concesso di operare slealmente senza andare incontro ad alcuna sanzione”14. Quanto alla posizione non paritaria

dell'Amministrazione rispetto al contribuente, l'autore rileva a maggior ragione l'importanza della buona fede rispetto alla sua auspicabile presenza nei rapporti privatistici. Di fatto, è vero che vi si deve riconoscere una posizione superiore ma non in quanto al rapporto credito-debito ma semmai nella fase procedimentale. L' obbligazione sorta si estingue come quella nel diritto comune. La buona fede oggettiva è elemento essenziale dunque di ogni rapporto credito-debito e in generale anche nei rapporti tra un soggetto che persegue interessi pubblici ed il singolo cittadino. 15

13 Si veda F. Benatti, op.cit.,948. 14 F. Benatti, op.cit.,948.

15 Assunto condiviso tra tanti da Man. trib. Russo P.gen., pag 149 ss., dove si legge l’obbligazione

d’imposta, dal punto di vista ontologico, pur appartenendo al novero delle obbligazioni pubbliche, “non si differenzia per nulla dalle obbligazioni di diritto privato” Se una differenza è riscontrabile essa attiene ad aspetti concernenti la rigorosa disciplina di attuazione del rapporto. “E’ peraltro, indubbio che laddove la suddetta disciplina manchi, torna senz’altro applicabile, in quanto compatibile, quella specificatamente

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Fornire determinate informazioni (errate) ai fini del ricorso e poi il loro utilizzo per ottenere il rigetto del ricorso, circolari ministeriali interpretative alle quali seguono un revirement interpretativo, inviti ad aderire a sanatorie e condoni per poi avanzare comunque le pretese “originali”, sopralluoghi e atti formali che convincono il contribuente che esso stia agendo iure ma poi smentiti sono solo alcuni casi in cui il contribuente necessita di tutela e che attribuisca all'amministrazione una responsabilità in capo ad essa.

2. Leggi Tributarie: retroattività e interpretazione

2.1 Retroattività delle leggi tributarie

Una legge è retroattiva quando riqualifica fatti e circostanze che fino all’entrata in vigore della legge in questione erano diversamente disciplinate da una norma anteriore. Quindi si ha un atto giuridico con effetti ex tunc, cioè che tranne che per i rapporti estinti, esplica i suoi effetti non dal momento in cui viene posto in essere ma a partire da un’epoca anteriore cioè “da allora”.

Contrario di “ex tunc” è appunto l’espressione “ex nunc” che tra l’altro caratterizza la stragrande maggioranza della produzione legislativa in virtù del principio della certezza del diritto.

I comportamenti dei membri di una società in un dato momento devono poter essere valutabili e ponderati in base a un assetto giuridico conoscibile. Le conseguenze che la legge pone a certi comportamenti devono appunto poter essere considerate nella scelta dell’adozione o meno del comportamento stesso.

Già nel diritto romano l’idea della fides dei cives aveva una grande importanza circa la conservazione degli effetti giuridici creatisi in un dato momento. “Il

cittadino romano e del resto i cittadini di tutti i tempi, per essere libero, deve poter contare su una evoluzione prevedibile e non fraudolenta, deve poter avere fiducia nell’ordine giuridico costituito, deve aver a che fare con soluzioni giuridiche di

contenuta nel codice civile (…)”.

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continuità e non di rottura.”16

“La legge non dispone che per l’avvenire”: così leggiamo anche all’art 11 disp. prel al codice civile.

Da garanzia costituzionale è coperta invece solo l’irretroattività delle leggi penali in virtù del principio di legalità nullum crimen sine lege ove all’art 25 della Costituzione al secondo comma si legge: “nessuno può essere punito se non in

forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso” mentre al

terzo comma si sancisce che “nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza

se non nei casi previsti dalla legge”. Ancora, all’art 1 del codice penale vi si ripete

che: “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”. Nel campo penale, si coglie bene l’importanza delle norme che impongono che la legge disponga se non per il futuro, data la particolarità e gravità dei fatti eventualmente contestati e delle conseguenze in materia di libertà personale, infatti qui semmai le leggi penali favorevoli al reo sono retroattive.

In casi fuori dal campo penale, il principio di irretroattività può dunque essere derogato dal legislatore. La Corte Costituzionale in tante occasioni ha infatti ripetutamente precisato che “il divieto di retroattività della legge - pur costituendo

fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell’ordinamento, cui il legislatore deve in linea di principio attenersi - non è stato tuttavia elevato a dignità costituzionale, se si eccettua la previsione dell’art. 25 Cost., limitatamente alla legge penale. Il legislatore ordinario, pertanto, nel rispetto del suddetto limite, può emanare norme con efficacia retroattiva, interpretative o innovative che esse siano, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti”17.

Lo Statuto dei diritti del contribuente disciplina altresì l’efficacia delle norme tributarie nel tempo e all’art. 3 dispone: “salvo quanto previsto dall'articolo 1,

16 Broggini, La retroattività della legge nella prospettiva romanistica, in Coniectanea, Milano, 1966,

385-386.

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comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.” Quando si fa riferimento al “salvo quanto previsto

dall’articolo 1 comma 2” si richiama a disposizioni di interpretazione autentica. Compiuto un fatto, effettuata una scelta, ai fini del legittimo affidamento è ovvio che una legislazione sfavorevole pregiudica la fiducia e arreca maggior disaggio rispetto a una di tipo favorevole.

Generalmente si usa distinguere tra retroattività della norma tributaria propria e impropria. La prima si ha quando sia i fatti rilevanti che gli effetti sono anteriori all’entrata in vigore della nuova norma e gli esempi possono essere l’introduzione di un tributo relativo a presupposti di ricchezza verificatesi appunto prima della legge stessa e una proroga di termini decadenziali ai fini dell’accertamento e rettifica o anche proroga di esenzioni scadute.

La seconda, quella impropria, riguarda i casi in cui la fattispecie si è verificata sì in epoca antecedente l’entrata in vigore della nuova legge ma gli effetti sono ex nunc. Si pensi a revoche di agevolazioni fiscali di durata (esenzioni da un’imposta per un certo numero di anni) oppure alla riduzione dell’esenzione da ogni imposta di determinati redditi (esempio dei titoli pubblici anche con riferimento a quelli già in possesso). In questi casi è vero che la legge ha effetti ex nunc ma alla base vi è una fattispecie durevole come ad esempio il possesso di un’immobile, di un’automobile, di titoli pluriennali che viene tassata in modo differente rispetto al passato. In sostanza vengono comunque violati i diritti acquisiti e le aspettative legittimate da leggi precedenti.

In effetti i nostri fini, dato che la differenza tra retroattività propria e impropria è sottile e dato che comunque o i fatti presupposto di obbligazione di imposta o anche le conseguenze cambiano rispetto al passato questo è ovviamente sufficiente al che sia tradito in un modo o nell’altro l’affidamento nella certezza del diritto. Quanto a disposizioni retroattive, in materia previdenziale, la Corte Costituzionale si è pronunciata ancorando il principio del legittimo affidamento all’art 3 della Costituzione con sentenza n.416 del 4 novembre 1999. La Corte in questa

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pronuncia ritiene fondata la censura dell’operatività retroattiva dell’art 1, comma 189, della legge 62 del 1996 rammentando che “l’affidamento del cittadino nella

sicurezza giuridica, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti”18. Viene pertanto dichiarata

l’illegittimità costituzionale dell’art 1, comma 189, della legge 23 dicembre 1996, n 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui, con effetto sui trattamenti liquidati dal 30 novembre 1996 al 31 dicembre 1996, prevede, quanto alla quota liquidata con il sistema retributivo, il totale divieto di cumulo dei ratei della pensione di anzianità, maturati in detto periodo, con redditi da lavoro autonomo. Si legge in tale sentenza, che la disposizione è affetta da irragionevolezza e viola l’esigenza di tutelare l’affidamento del cittadino, più precisamente, di coloro i quali hanno intrapreso un’attività libero professionale o comunque avente natura di prestazione autonoma nel periodo nel periodo sopra indicato.

2.2 Interpretazione delle leggi tributarie

L’interpretazione dei precetti giuridici di diritto tributario non è affatto opera agevole. Il fenomeno impositivo rappresenta un elevato grado di complessità, peculiarità e delicatezza il ché non contribuisce ad agevolare l’interprete nel delimitare l’ambito applicativo delle norme.

Indiscutibilmente assume rilevanza la capacità dei vari legislatori a produrre un sistema di fonti legislative efficiente e razionale ma data anche l’interconnessione dell’imposizione con il sistema economico il quale è in continuo mutamento, data la creazione da parte dei contribuenti di nuovi schemi e metodi evasivi ed elusivi e la necessità di contrastarli, data la necessità che si presenta in determinati momenti di risorse finanziarie per far fronte a delle spese straordinarie ecco che il diritto tributario ben si presta ad offrire, o meglio, ad imporre una produzione legislativa instabile, confusa, mal coordinata e frammentata. Competenze in

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diritto, ragioneria, finanza spesso non bastano per captare a pieno la portata di una determinata norma.

Fra i vari criteri ermeneutici si ricorda il criterio letterale il quale prevede che alla norma non può essere attribuito un significato diverso da quello fornito dalle parole, dai termini stessi ovvero dalle parole usate nell’enunciato19. Il problema è

che vi possono essere dei termini tecnici propri del diritto tributario con significato diverso dal diritto e linguaggio comune, mutuati da altri settori o da altri ordinamenti, trattati, convenzioni quindi si tratta in questi casi di capire come collocare il termine in un dato settore o ordinamento senza fare un affrettato travaso o traduzione.

Altro strumento di interpretazione è quella logico sistematica con la quale si usa andare alla ricerca di quale sia stata la ratio della norma, quale sia stato lo scopo e l’obiettivo da raggiungere. Andrebbero studiati lavori preparativi e le relazioni alla legge.

Si deve tenere conto anche che le norme vanno interpretate in modo da renderle conforme alle norme sovraordinate come la Costituzione e le convenzioni internazionali.

Una norma fa parte di un sistema o quanto meno in un microsistema e perciò va interpretata inoltre anche in relazione all’ambiente circostante.

Caratteristica del settore tributario è l’interpretazione anti elusiva ovvero quella che obbliga a non adottare il significato che si presta al solo obiettivo di indebito risparmio di imposta.

Leggi interpretative, interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali sono alcuni strumenti che possono guidare la difficile attività di interpretazione delle norme tributarie. Un particolare ruolo in questo campo hanno inoltre le c.d. circolari interpretative.

19 Art. 12 Disp. Prel.: Al primo comma si legge: “Nell’applicare la legge non si può attribuire ad essa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (…)”

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16 2.3 Le circolari interpretative

Un contributo fondamentale nell’interpretazione delle norme lo dà spesso la dottrina e la giurisprudenza producendo più di una pronuncia, più di un orientamento ma che insieme forniscono alla platea dei contribuenti una base per poter agire di certo più edotti rispetto al caso di una norma in cui non vi sono delle pronunce in oggetto.

Nel diritto tributario assume un ruolo fondamentale il ruolo dell’Amministrazione Finanziaria la quale nell’attività di direzione, programmazione e coordinamento incide spessissimo sui comportamenti dei singoli.

Rifacendosi ad uno schema che permette di individuare i livelli in cui si svolge l’attività interpretativa20 abbiamo:

• il primo, a livello centrale tramite i poteri di normazione attribuitegli da fonti di legge primarie e il riferimento è ad esempio a circolari del Ministero che indica agli uffici periferici il significato della norma insieme a varie ed opportune direttive e indicazioni di tipo pratico e concreto; • il secondo livello si ha quando l’Amministrazione Finanziaria emana delle

circolari, note, risoluzioni ecc,

• il terzo viene individuato nella fase di adozione dei singoli atti nei confronti del contribuente come conseguenza dell’attività di accertamento, riscossione e liquidazione.

In dottrina si distingue tra circolari rigide “che forniscono indicazioni chiare e puntuali, esaustive, anche con riferimenti esemplificativi a possibili fattispecie concrete sì da potersi ritenere che l’orientamento assunto sia “inequivocabile” e quelle flessibili che “si limitano a mere parafrasi della norma, che forniscono un’interpretazione generica o di largo respiro, con una terminologia indicativa di lacune e perplessità, sì da potersi affermare che il messaggio si presenti incerto se non equivoco”.21

20 Trimeloni, Atti interpretativi dell’Amministrazione finanziaria, Corr. Trib. n 2/94, III

21 S.Sammartino, Le circolari interpretative delle norme tributarie emesse dall’amministrazione finanziaria,

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Ancora, si distingue tra circolari in senso proprio ovvero quelle che contengono norme interpretative generali e astratte destinate a regolare una serie indeterminata di casi e quelle che essendo rivolte a dare soluzioni interpretative in singole fattispecie denominate note e risoluzioni. 22

Le circolari sono dunque atti generali che tendono a fornire criteri direttivi di interpretazione ed applicazione di norme di legge mentre le risoluzioni e le note sono atti che risolvono un problema pratico e concreto, si rammentano ad esempio le pronunce del Ministero in seguito a quesiti di uffici periferici e/o cittadini in seguito a casi specifici.

A questo punto della disamina è opportuno soffermarci sulle circolari, note e risoluzioni avvertito che vi è un interrelazione di tale attività con la buona fede ed il legittimo affidamento qualora a distanza di tempo si verifichi il c.d revirement sfavorevole al contribuente.

In una prima analisi si potrebbe affermare che vari atti interni all’Amministrazione Finanziaria vincolano gli uffici di piano “inferiore” ad uniformarsi al comportamento previsto dall’ufficio sovraordinato e quindi non sono vincolanti nei confronti del contribuente.

La Cassazione si è espressa più volte sulla loro natura vincolante o meno2324.

22 Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 1995, 36-37

23Cass., Sez. trib., 10 novembre 2000, n. 14619: “ E' poi ovvia l'efficacia meramente interna delle circolari e degli atti della Amministrazione finanziaria (Cass., 1° marzo 1988, n. 2157; Cass. 25 marzo 1983, n. 2092 che ha cassato la decisione impugnata, con cui era stato ritenuto illegittimo l'accertamento ai fini dell'imposta di r.m. perché effettuato difformemente dalle disposizioni di "una circolare").

Questa Corte con sentenza n. 11931 14 giugno 1995 ha, inoltre, sottolineato che l'amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella terminazione delle imposte dovute e, di fronte alle norme tributarie, detta amministrazione ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale (proviene di solito da uffici centrali dell'Amministrazione finanziaria), sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituisce fonte di diritto. Conseguentemente a detti atti ministeriali non si estende il controllo di legittimità esercitato dalla Corte di Cassazione (ex art. 111 Cost. e 360 cod. proc. civ.), in quanto essi non sono manifestazione di attività normativa, bensì atti interni della medesima Pubblica Amministrazione destinati ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ma inidonei ad incidere sul rapporto tributario. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.”

24Cass.,Sez.Unite,2 novembre 2007,n.23031. “Le circolari amministrative, quindi, non possono spiegare alcun effetto giuridico nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione, né acquistare efficacia vincolante per quest'ultima, essendo destinate esclusivamente ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, senza poter incidere sul rapporto tributario, tenuto anche conto che la materia tributaria è regolata soltanto dalla legge, con esclusione di qualunque potere o facoltà discrezionale dell'amministrazione finanziaria (in questa prospettiva cfr. Cass., Sez. I, 25 marzo 1983, n. 2092 e 17 novembre 1995, n. 11931; Cass. Sez. V, 10 novembre 2000, n. 14619 e del 14 luglio 2003 n. 11011).”

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È vero che non tali atti non sono vincolanti però altresì non si può negare che spesso questi vari atti “interni” si propagano anche all’esterno andando ad incidere inevitabilmente nella sfera giuridica dei contribuenti.

Vi possono essere ovviamente delle circolari le quali veramente non siano rilevanti all’esterno ma qualora si fosse in presenza di circolari che prevedono dei comportamenti inequivocabili verso l’esterno, quasi a voler limitare la discrezionalità degli uffici, è logico e palese che tale strumento assume anche un ruolo di previsione di determinate conseguenze in caso di precisi comportamenti e circostanze verificate.

Il contribuente o chi per esso, quando interpreta la legge e quando compie delle scelte se va a studiare/consultare questi atti “interni” e se prevede una certa conseguenza in base ad essi non è del tutto irrazionale, anzi, si aspetta che i vari uffici rispettino tali atti.

Non seguire l’interpretazione dell’Amministrazione potrebbe corrispondere ad una alta probabilità di un successivo accertamento.

Data l’attività non agevole di interpretazione delle norme tributarie e qualificando cosi il rapporto amministrazione - contribuente come una situazione di asimmetria informativa, ovvero una situazione in cui una delle due parti detiene più informazioni rispetto all’altra si può descrivere il comportamento del contribuente attingendo agli studi di microeconomia che si riferiscono alle scelte del consumatore in casi di asimmetria informativa e precisamente al concetto di avversione al rischio.

Con l’espressione “avverso al rischio” si intende la caratteristica di un soggetto che in condizioni di incertezza preferisce avere un risultato certo piuttosto che uno aleatorio. Nel campo delle assicurazioni, ad esempio, un soggetto avverso al rischio preferirà pagare il prezzo di una polizza assicurativa nei vari rami piuttosto che rischiare di andare incontro all’evento incerto. Tale evento temuto può essere una malattia in caso di polizza infortuni/vita, un evento atmosferico nel caso di assicurazione della casa, un sinistro nel caso delle polizze RCA (caso in cui è la legge stessa ad imporre una stipula di una polizza) ecc. Il soggetto avverso al rischio preferisce assicurarsi perché altrimenti potrebbe arrivare a sostenere spese

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maggiori del prezzo della polizza nel caso si verificasse l’evento incerto (cioè temuto in questi esempi).

Traslando il ragionamento e il meccanismo appena spiegato, assimilata l’attività di accertamento ad un evento indesiderato, data l’attività di interpretazione come una variabile che incide sulla probabilità di un eventuale accertamento, e dato che l’interpretazione adottata dalla AF costituisce una variabile che comporta una minore probabilità di un successivo accertamento, più il contribuente è avverso al rischio più esso nell’interpretare la norma sceglierà tale soluzione interpretativa cosi da minimizzare il rischio di subire accertamenti e contestazioni di conseguenza.

Neutrale al rischio è invece il soggetto che è indifferente tra avere un evento certo, o nel nostro caso meno rischioso (l’interpretazione fornita dalla AF), e uno evento rischioso (cioè la scelta di una diversa interpretazione).

È’ propenso al rischio il soggetto che preferisce sempre il rischio piuttosto che pagare un prezzo per avere un risultato certo. Nel nostro caso il soggetto sceglierebbe sempre una soluzione interpretativa diversa perché preferisce disattendere l’interpretazione così fornita e adottarne un’altra.

Ipotizzo però che nel settore tributario prevalgano però i soggetti avversi al rischio ovvero quelli che preferiscono seguire le indicazioni della PA in generale e fidarsi dell’interpretazione offerta dalla Amministrazione finanziaria piuttosto che applicare una propria difforme.

Va specificato che l’amministrazione finanziaria all’interno del proprio apparato come PA e quindi verso gli uffici periferici deve svolgere attività di continua informazione nei confronti dei propri dipendenti ai fini di una realizzazione dei vari obiettivi nel pieno rispetto della legge e nella rispondenza a criteri come efficienza, trasparenza, unitarietà ecc.

L’attività di informazione va svolta anche nei confronti dei contribuenti cioè all’esterno ed in un sistema tributario basato su numerosi adempimenti di autodichiarazione e autotassazione il contribuente ha bisogno di una certa “assistenza”.

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diritti del contribuente dove si legge che l’Amministrazione deve “portare a conoscenza dei contribuenti tempestivamente e con i mezzi più idonei tutte le circolari e le risoluzioni da essa emanate nonché ogni altro atto o decreto che dispone sulla organizzazione, sulle funzioni e sui procedimenti”.

In dottrina è stato rilevato un collegamento tra correttezza dell’operato amministrativo e il problema delle informazioni date dalla p.a. e l’obbligo precontrattuale di far conoscere alla controparte ogni elemento influente sulla conclusione del negozio.25

Con riferimento all’art 10 dello Statuto si ha quindi che in caso di un susseguirsi di circolari il contribuente che si è adeguato alla prima si trova in una posizione di tutela in materia di sanzioni e interessi ma sorge la domanda se e quando esso possa opporre di non dovere nemmeno il tributo anche in virtù del primo comma eventualmente in materia di buona fede.

L’amministrazione finanziaria nella misura in cui è evidente che una precedente sua interpretazione è “sbagliata” è naturale che deve correggersi. Non è una facoltà è un obbligo per il principio di legalità che sorregge l’imposizione fiscale.

Per rispettare anche il dovere di non venire contra factum proprio potremmo affermare che tale nuova posizione interpretativa debba valere ex nunc e non ex tunc.

Si ricorda che in caso di un’interpretazione in seguito a istanza di interpello l’Amministrazione è vincolata in pieno ad adottare nei confronti del contribuente la posizione interpretativa fornita. Qui è evidente la tutela piena dell’affidamento perché l’impulso proveniente dal contribuente stesso, la fattispecie singola è a sé riferibile e la peculiarità dell’interpello stesso lo mette al riparo dai “ripensamenti” successivi.

Nel caso delle circolari interpretative non da interpello la tutela dell’affidamento va ricercata dunque nell’art. 10 dello Statuto del contribuente.

Diversa prospettiva di tutela, in qualche modo collegata all’interpretazione “variabile” delle leggi tributarie, offre anche l’esimente delle obiettive condizioni

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di incertezza. All’articolo 10 al terzo comma della norma si legge che non sono comunque irrogate sanzioni quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria. L’esimente la si ritrova anche nell’art 6 del D.lgs. 472/1997 il quale al secondo comma dispone “Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obbiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono nonché quelle dovute alla indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento nonché precedentemente in ordine temporale” ed inoltre all’art. 8 del D.lgs. 546 del 1992 dove si legge “ la commissione tributaria dichiara inapplicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono” norma ripresa dall’art 39 bis del D.P.R. 636 del 1972.

Tale scusante ridondante nelle varie disposizioni spinge a domandarsi quale sia il collegamento tra vari successivi ripensamenti interpretativi e l’incertezza sulla norma. Un collegamento c’è visto che più è incerta la norma più vi sarà spazio per dei revirement da parte dell’Amministrazione stessa. In tutti i vari richiami delle norme di cui sopra non vi è mai un esonero anche del tributo ma solo delle sanzioni riconoscendosi l’oggettiva assenza di colpevolezza, principio di colpevolezza tra l’altro disciplinato anche dall’art 5 del D. Lgs 472/92.

L’affidamento deve scaturire, purché sia tutelato, da fonti interpretative attendibili, da una larga diffusione dell’interpretazione, un importante lasso di tempo tra le due interpretazioni.26

Al primo comma dell’art 5 dello Statuto dei contribuenti “l'amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, anche curando la predisposizione di testi coordinati e mettendo gli stessi a disposizione dei contribuenti presso ogni ufficio impositore.”

Quanto detto porta ad affermare che l’Amministrazione non può nel tempo avere

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un atteggiamento per il quale precedenti esternazioni interpretative siano come non esistenti. Rimane da stabilire come conciliare il fatto che in seguito ad una prima analisi trattasi di atti non vincolanti per i contribuenti con la constatazione che comunque incidono tanto sui doveri dell’Amministrazione stessa verso l’esterno quanto sui contribuenti.

Non sono fonti di diritto vincolanti ma se hanno ingenerato un affidamento importante nel contribuente esse non possono essere disattese tout court. In caso di una nuova interpretazione che tratterebbe in peius il contribuente ma che perseguirebbe l’interesse pubblico si tratta appunto di capire fino a che punto in virtù del principio di affidamento la tutela si possa spingere fino alla non debenza dell’eventuale tributo tutelando integralmente la situazione ormai consolidata. Vi è in dottrina chi sostiene che “L’adeguamento alle circolari può essere favorito

dalla previsione dell’esclusione delle sanzioni e degli interessi e laddove si escludesse la recuperabilità anche delle imposte si potrebbe avere l’effetto contrario cioè di inibire l’emanazione di atti come le circolari dato che gli obblighi informativi di cui all’art 5 dello Statuto sono sprovvisti di sanzione.”27.

2.4 Riflessioni sull’indisponibilità dell’obbligazione tributaria

Dare peso vincolante alle circolari interpretative fino ad escludere la non debenza del tributo è stato avanzato dalla dottrina che comporterebbe violare il principio costituzionale di riserva relativa di cui all’art 23 della Costituzione.28

“Un principio di buona fede che pur non costituzionalmente garantito nei rapporti

con la Pubblica Amministrazione, o espressamente previsto in corrispondenza della fattispecie che si sta esaminando, potesse desumersi dal complesso delle norme che regolano i rapporti con la Pubblica Amministrazione, non potrà costituire limite alla pretesa tributaria. Alla pienezza di tale diritto si oppongono

27 Luca Peverini, Giurisprudenza Italiana, Agosto/Settembre 2007, “La tutela del legittimo affidamento del contribuente ed il divieto di recuperare il maggior tributo accertato: riflessioni critiche”, 2006,

p.2085, nota 13.

28 Falsitta G, Rilevanza delle circolari interpretative e tutela giurisdizionale del contribuente in Rass.

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quell’interesse pubblico al prelievo che si manifesta nell’inderogabilità delle norme tributarie, nell’indisponibilità dell’obbligazione fiscale”29.

Spetta in effetti solo al legislatore stabilire l’an e il quantum. Fonte di diritti e obblighi è solo la legge. An, quantum, esenzioni e agevolazioni devono essere previste dalla legge e le norme tributarie sono inderogabili. Questo è quanto si ha alla base del c.d. dogma dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

Strumenti deflativi del contenzioso e rivolti ad una veloce ed agevole definizione del rapporto obbligatorio comunque fanno pensare che il dogma sia stato superato. Il riferimento è alla conciliazione giudiziale, alla mediazione, reclamo, accertamento con adesione, adesione al verbale, autotutela ecc.

Si potrebbe obiettare a questo avanzando il fatto che con la circolare vi è una interpretazione della legge e non certo una espressa rinuncia al credito, un vincolo all’attività di accertamento e alla riscossione.

Per quanto detto fino ora tale obiezione non ha fondamento. Quando l’amministrazione interpreta la legge non fa altro di quello che deve fare in buona fede cioè applicare la legge e lo deve fare responsabilmente. Se si è consolidato un affidamento e si è in presenza di una situazione tutelabile non si tratta di rinunciare al tributo sic et sempliciter ma lo si fa in virtù dell’art 10 comma 1 e 2 e degli articoli 3 e 97 della Costituzione.

Inoltre, ritornando alla fattispecie delle condizioni di obiettiva incertezza sulla norma si può notare come al comma 4 dell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente viene esclusa la possibilità di accedere allo strumento dell’interpello qualora “l'amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie

corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell'articolo 5, comma 2” ovvero atti come circolari e risoluzioni. Dato che

l’amministrazione non si può discostare dalla risposta fornita in sede di interpello si può arrivare ad affermare quindi che se vi è una circolare dal contenuto inequivoco su una determinata fattispecie e la “incertezza” debba ritenersi esclusa e non più esistente, chi si è adeguato a tale circolare può ritenersi senza dubbio

29 Di Pietro, I regolamenti, le circolari e le altre norme amministrative per l’applicazione della legge tributaria, in Trattato di diritto tributario, diretto da Amatucci, Padova, vol I, 2° tomo,1994,659.

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indenne anche dall’imposta e non solo da sanzioni e interessi in caso di interpretazione mutata.

Qualora dottrina e giurisprudenza propongano diversi orientamenti interpretativi e l’agenzia ne “abbracci” uno solo di questi in una circolare oppure qualora insista su un orientamento a prescindere dalla dottrina e giurisprudenza che eventualmente ha mutato indirizzo, oppure ancora, vada a contrastare l’interpretazione ministeriale centrale, con in seguito disconoscimento dell’interpretazione precedente e conseguente applicazione retroattiva in peius pure in questi casi la tutela va ricercata nel principio di buona fede in quanto il comportamento dell’Amministrazione è palesemente scorretto. 30

3. Atti e attività dell’amministrazione finanziaria come fonte di legittimo affidamento

3.1 Premessa

Prima di passare ad una analisi dei vari altri atti idonei a ingenerare un affidamento ci si deve domandare se nella valutazione della sussistenza di una situazione tutelabile

si deve valutare la provenienza dell’atto e la tipologia della fonte e inoltre la “posizione” e la preparazione del contribuente destinatario dell’atto in materia fiscale.

L’articolo 10 comma 2 dello Statuto si esprime tout court ad “indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria” senza elencare determinati tipi di atti ed escluderne altri, non individua quali siano gli uffici competenti a fornirli purché vi sia tutela e non viene nemmeno menzionata una minima diligenza da parte del destinatario.

Sulla prima questione, a parere di chi scrive, va fatta distinzione tra le varie fonti. Un certo tipo di atto è un accordo raggiunto con un ente impositivo e un altro è la

risposta per telefono in seguito ad una chiamata al numero verde messo a

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disposizione dei contribuenti e questo aldilà della difficoltà probatoria.

Non vi è dubbio entrambi sono idonei a sviare il contribuente e ad indurlo a credere di agire secondo iure tuttavia si deve affermare che più sono formalizzate le procedure di fornimento di indicazioni provenienti dagli uffici e dai funzionari tanto più in esse consentiranno una maggiore tutela in tema di legittimo affidamento non solo con riferimento al aspetto probatorio ma anche in tema di merito.

Sulla seconda questione ad una prima analisi sembrerebbe che meriterebbe sì tutela il contribuente privo di conoscenze fiscali e viceversa si potrebbe affermare che in seguito alla ordinaria diligenza e alla natura dell’incarico che il destinatario eventualmente ricopre non spetterebbe ad esso la tutela relativa all’affidamento. 31 Questo anche perché nelle pagine precedenti si è constatato che la buona fede si applica sia nella valutazione dell’amministrazione ma anche nei confronti dei contribuenti. Tale posizione non pare sia del tutto corretta.

Se in seguito alla domanda rivolta al funzionario di quale sia la scadenza relativa alla possibilità di esercitare una certa opzione o di effettuare una determinata dichiarazione segue una risposta “errata” da parte del funzionario, si dubita che vi sia margine di tutela laddove eventualmente la norma sia chiara e ad esempio affermi “tale opzione/dichiarazione va effettuata entro “gg/aaaa.” In tal caso, si dice in gergo, “la norma parla chiaro”.32 Un’omissione di un qualsiasi controllo

da parte del consulente delle dichiarazioni del funzionario in effetti potrebbe essere qualificata come lassismo, indifferenza più che un incolpevole affidamento. 33

31 Il riferimento è ad esempio ai consulenti, ai caaf ecc

32 Si veda,a titolo meramente esemplificativo, l’articolo 1, commi da 115 a 120, della legge 28 dicembre

2015, n. 208, che ha introdotto un regime fiscale agevolato per consentire l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci di alcuni beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa, nonché per la trasformazione in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni stessi Tali bene dovevano essere posseduti al giorno 31.10.2015 e l’ opzione si esercitava entro il 31.5.2016, con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 1°.1.2016, subordinatamente al pagamento di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta regionale sulle attività produttive nella misura dell’8% da computare sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il loro valore riconosciuto fiscalmente.

33 Altro è il caso in cui nonostante la norma sia “chiara” viene previsto per espressa previsione di legge un

obbligo informativo in capo all’ente. Una fattispecie può essere richiamata è quella di cui all’art. 7 dello Statuto dove si legge che in calce all’atto impositivo devono essere inserite le modalità e le tempistiche per la proposizione del ricorso e gli organi dotati di giurisdizione. In questo caso è stata comunque prevista una la tutela data dalla rimessione in termini del contribuente che si è conformato ad una delle

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Vero è però che, come rilevato sopra scrivendo di incertezza di diritto tributario, sono pochi i casi in cui la norma è “chiara” ed è più facile che anche il consulente o il dipendente del caaf abbia difficoltà a qualificare una determinata fattispecie, a capire la “bontà” e “l’attendibilità” della risposta ovvero dell’atto che potrà poi rilevare ai fini di un legittimo affidamento. L’esistenza stessa delle circolari interpretative si deve proprio perché è facile che non ci sia una sola possibile interpretazione ma più di una e la circolare non riporta altro se non quella accolta dall’amministrazione.

Quindi, con riferimento al secondo profilo, più che valutare il bagaglio conoscitivo in materia fiscale, economica e contabile in possesso del destinatario dell’atto si deve ragionare più che altro sui seguenti elementi:

• capacità della norma di ingenerare incertezza

• atti emanati in seguito a determinazioni da parte dell’amministrazione che rientrano nella sua ordinaria attività che sono inerenti ad esempio all’attività di accertamento o alla possibilità di promuovere e/o acconsentire alla definizione del rapporto tributario tramite l’utilizzo degli strumenti deflattivi del contenzioso

• ritardi, omissioni od errori della stessa amministrazione che possono comportare il venir meno agli obblighi informativi di cui all’articolo 5 il quale prevede l’obbligo per l’amministrazione ad assumere specifiche iniziative volte a consentire “la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria” ed introduce espressamente l’obbligo di avvalersi di strumenti di “informazione elettronica”, a disposizione gratuita degli interessati, tale da permettere aggiornamenti in tempo reale.

“erronee” informazioni.

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3.2 Affidamento in seguito ad attività di verifiche ed accertamento

L’attività amministrativa del settore fiscale è delegato alle 4 agenzie ovvero: L’Agenzia delle Entrate e del territorio34, delle dogane e dei monopoli e del

demanio. La titolarità dell’obbligazione è a seconda del tipo di imposta dello Stato, Regioni o dei Comuni mentre i compiti operativi vengono svolti dagli uffici periferici delle Agenzie di Entrate e del Territorio nonché quella delle Dogane. Tra i compiti istituzionali vi rientrano ad esempio il controllo delle dichiarazioni, richieste di chiarimenti, indagini, scambi di informazioni con vari enti pubblici, accertamenti, rappresentazione in caso di contenziosi, definizione mediante istituti deflattivi dello stesso, l’interpello ecc35. L’attività di accertamento esprime una

fase di controllo del comportamento del contribuente e dell’iter logico-giuridico da questo stesso percorso nella determinazione della base imponibile e, quindi, per la liquidazione dell’imposta dallo stesso dovuta. 36 Nell’azione di contrasto

all’evasione l’Agenzia delle Entrate utilizza metodologie di controllo “su misura” ovvero vengono distinte varie categorie di contribuenti (grandi e medie imprese, piccole imprese e lavoratori autonomi, enti non commerciali, persone fisiche ecc.). All’ articolo 32, primo comma, n. 1 del DPR 600/1973 che disciplina i poteri degli uffici, si può leggere “Per l'adempimento dei loro compiti gli uffici delle imposte

possono: 1) procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche a norma del successivo articolo 33;” e tali accessi, ispezioni e verifiche vengono effettuate

anche dalla polizia amministrativa ovvero la Guardia di Finanza.

L’obiettivo è ovviamente quello di avere riscontro di una condotta incensurabile in materia fiscale e precisamente relativamente ad una auspicabile corretta tenuta dei libri contabili e fiscali, delle liquidazioni di imposte nei termini previsti dalle norme tributarie, tempestivi pagamenti delle imposte liquidate e dovute ecc. Aldilà delle tutele previste dalla Costituzione, dallo Statuto del Contribuente e dalle altre norme per perseguire una ponderazione di interessi privati e pubblici

34 Dal 1 dicembre 2012 l'Agenzia delle Entrate ha incorporato l’Agenzia del Territorio (articolo 23-quater

del Dl 95/2012).

35 L’attività di accertamento e controllo è disciplinata dal D.P.R 600/1973, Titolo IV, articoli 31-45 36A. Fantozzi, La fase di accertamento e la nozione di procedimento, in Dir. trib., Torino, 1991, 297;

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meritevoli di tutela in materia di violazione dell’abitazione, dei luoghi commerciali e luoghi in cui si esercita attività economica, ciò che ci preme analizzare ai fini di questa disamina sono gli effetti che tali particolari attività possono assumere in tema di legittimo affidamento.

“La descrizione dettagliata delle operazioni compiute viene effettuata nel processo verbale di verifica redatto giornalmente; in esso devono essere riportate le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente, e le risposte ricevute. Viene redatto da ultimo un “processo verbale di constatazione”37 che sintetizza i dati rilevati (attività del contribuente, scopo dell’accesso, struttura produttiva, documenti esaminati, violazioni riscontrate, i soggetti intervenuti ecc.”38.

“A conclusione della verifica il processo verbale viene trasmesso all’ufficio dell’Agenzia delle entrate; inoltre se ritengono di aver rilevato fatti gravi penalmente rilevanti, i verificatori lo inoltrano alla Procura della Repubblica”39.

Il contribuente può entro 60 giorni esporre ulteriori richieste, informazioni, motivazioni che se rilevanti e attendibili potranno essere prese in considerazione ai fini dell’emanazione o meno dell’avviso di accertamento.

In base alle disposizioni contenute nel D. Lgs n.218 19 giugno 1997 vi si può arrivare ad una serie di ipotesi di definizione consensuale.

All’articolo 5 bis vi è la previsione della possibilità di aderire al processo verbale di constatazione nel termine di 30 giorni e previa adesione al contenuto integrale al pvc.

In base all’ articolo 5 di tale norma può pervenire al contribuente un invito “a comparire” o “al contradittorio” dove viene indicata anche la pretesa fiscale. In questo caso il contribuente può comunicare l’intenzione entro 15 giorni di aderire e pagare la somma o la rata.

37Il sito web dell’Agenzia

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/home/cosadevifare/incasodi/controlli/processo+ve rbale+di+constatazione definisce cosi il processo verbale di constatazione: “In caso di verifica fiscale

presso la sede del contribuente, l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza si conclude con la consegna di un processo verbale di constatazione (pvc) in cui sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti.”

38 Francesco Tesauro, op cit, pag 187 39 Francesco Tesauro, op cit, pag 193

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Infine, in base all’articolo 6 del medesimo decreto viene previsto l’accertamento con adesione in base al quale contribuente e ufficio possono proporre, entro il termine di impugnazione, l’utilizzo di tale strumento deflattivo del contenzioso. Il termine per “trovare un accordo” è di 90 giorni. In tema di accertamento con adesione, dato che esso nasce definitivo e impegna contribuente ed ufficio, in casi tassativamente previsti esso può essere integrato con un accertamento successivo40:

• se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi dai quali si desume un maggior reddito superiore al 50 per cento del reddito definito e comunque non inferiore a 77468,53 euro;

• se la definizione riguarda redditi accertamenti parziali

• se la definizione riguarda redditi da partecipazione nelle società di persone, o da associazioni, o da aziende coniugali non gestite in forma societaria • se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti della società o

dell’associazione o aziende di cui al precedente punto alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la definizione.

Tutti e tre strumenti consentono ovviamente una riduzione considerevole delle sanzioni e dovrebbero permettere una veloce ed efficace realizzazione del credito fiscale. Si evitano in caso di adozione il ricorso all’organo giurisdizionale e non vi dovrebbero essere alle eccezioni da parte dell’ufficio circa gli elementi cosi definiti consensualmente.

In materia di legittimo affidamento il peso di tali procedure e atti non è affatto trascurabile. Si ripete, definito il rapporto obbligatorio così, per i periodi di imposta oggetto di verifica e per i tributi che hanno subito “l’adesione” e “l’accordo” non vi dovrebbe essere margine di ulteriore pretesa.

Vi sono stati tuttavia dei casi in cui si è reso necessario l’intervento della giurisprudenza del legittimo affidamento in vari gradi di giudizio fino ad arrivare ad avere delle pronunce in Cassazione in materia di condizioni di operatività. Si ritiene sia utile ripercorrere i tratti salienti di alcuni di questi esempi.

Il primo richiamo è alla sentenza della Cassazione, Sezione Tributaria, n. 17576

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del 10 dicembre 2002. Il caso sottoposto al Supremo Collegio riguarda in particolare un processo verbale di constatazione, preceduto da una richiesta di chiarimenti, il quale, notificato, contestava il superamento del plafond Iva41 e

riportava inoltre la dicitura “sanatoria art. 21 D.L. n. 69/89”. La società contribuente aveva provveduto tempestivamente ad adempiere a quanto cosi richiesto42 e vi è stata archiviazione per cessata materia del contendere dello stesso da parte dell’ufficio anche se non è stata comunicata alla società.

In seguito, nell’esercizio del potere di autocontrollo, si è proceduto alla rettifica della dichiarazione Iva per gli anni 1986 e 1987. I medesimi rilievi del processo verbale di constatazione vengono ad essere alla base di un avviso di rettifica notificato 3 anni dopo alla società la quale con ricorso in primo grado ottiene l’annullamento dell’atto43 e, in seguito al ricorso della parte soccombente in

appello, ottiene la conferma della sentenza di primo grado anche in sede di appello44.

La pretesa dell’ufficio si basa sull’assunto che la potestà impositiva non viene meno in capo all’ufficio in seguito all’archiviazione del processo verbale di constatazione e che nel merito la disciplina della sanatoria riportata nel pvc non era applicabile in questa fattispecie. Quanto alla archiviazione del pvc l’ufficio eccepisce che non rileva all’esterno in quanto l’archiviazione costituisce un atto meramente interno.

In Cassazione le parti promuovono sostanzialmente gli stessi elementi difensivi. La società contribuente lamenta inoltre che confidando nella definizione del

41 Ai sensi dell’articolo 8 e 28 del D.P.R. n.633 del 1792 è riservata una particolare disciplina in tema di

Iva in quanto per gli operatori economici che ricoprono la qualifica di esportatori abituali ovvero quelli che esportano per un quantitativo superiore del 10 % del volume di affari. Essi possono acquistare in sospensione di imposta, in altri termini senza Iva, senza Iva comunicando all’Agenzia delle Entrate e successivamente ai fornitori l’intenzione di avvalersi di tale agevolazione. L’obiettivo è di evitare che operatori con questa caratteristica si trovino nei confronti del fisco con un credito Iva “cronico” acquistando con Iva e vendendo senza Iva. Vi sono dei limiti e gli acquisti senza Iva devono essere effettuati nel limite del plafond di esportazioni effettuato del esercizio precedente (plafond fisso) o nei 12 mesi precedenti (plafond mobile).

42 La norma disponeva “Per ciascuno dei periodi d’imposta a cui si riferiscono le violazioni indicate al

comma 1 del presente articolo è dovuta, con la loro estinzione ad ogni effetto, la somma di lire un milione che deve essere versata entro la stessa data di presentazione dell’istanza” e quindi la società ha

provveduto tempestivamente ad adempiere in questi termini per gli anni in contestazione 1986 e 1987”.

43 Con ricorso del 28/01/1994 alla Commissione Tributaria di I grado si deduceva che il rapporto doveva

ritenersi definito in seguito all’archiviazione ed alla sanatoria.

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