• Non ci sono risultati.

Gli aggettivi attributivi: una proposta di analis

Aggettivi attribut

2.2. Gli aggettivi attributivi: una proposta di analis

Nella sezione precedente abbiamo illustrato diverse proposte riguardanti la sintassi dei modificatori aggettivali ed abbiamo avuto modo di osservare che tale argomento di ricerca è piuttosto controverso, come dimostra la quantità di modi differenti in cui gli aggettivi attributivi sono stati analizzati all’interno del modello formale della Grammatica Generativa. Ad esempio, per ciò che concerne il loro status categoriale, alcuni autori (a partire da Stowell 1981 e, all’interno della DP- analysis, da Abney 1987) hanno proposto che essi sono inseriti come teste di sintagmi che fanno parte della proiezione estesa del NP; altri autori hanno invece suggerito che gli aggettivi sono da considerarsi come sintagmi (i.e., AP), inseriti nella struttura come aggiunti (cfr. la struttura in (130)) o in posizione di Spec (si vedano in particolare le analisi di Crisma 1990, 1993, Cinque 1994, Scott 1998, 2002a); infine, abbiamo illustrato anche diverse analisi “miste”, in cui alcuni aggettivi

140 Sebbene in francese la marca di plurale sia realizzata sia sul determinante sia sul nome (oltre che su eventuali modificatori aggettivali), Bouchard (2002: 41-sg.) propone che esso sia codificato soltanto una volta all’interno del sintagma nominale e che le altre realizzazioni non abbiano alcuna funzione semantica ma siano dovute solamente ad un meccanismo di accordo. In particolare, l’autore mostra alcune proprietà del francese che suggeriscono che l’elemento che codifica tale tratto in un modo rilevante per l’interpretazione semantica sia il determinante, mentre il nome e gli eventuali aggettivi lo realizzano in modo più “superficiale”, vale a dire come conseguenza dell’accordo. Ad esempio, è possibile osservare che l’opposizione fra singolare e plurale viene realizzata sul determinante in maniera sistematica (cfr. le [lə], la [læ], les [lε], ma [mæ], mes [mε], etc.), ma non è sempre presente sul nome-testa (cfr. mal [mæl] vs.

maux [mo], ma anche saut [so] ~ sauts [so], patte [pæt] ~ pattes [pæt], etc.). Oltre all’obbligatorietà della marca di

numero sul determinante (ma non sul nome) in francese, altre prove che suggeriscono che questa lingua codifichi il numero sul determinante sono illustrate in Bouchard (1998: 160) e, in modo più dettagliato, in Bouchard (2002). Sull’analisi del tratto di numero proposta da Bouchard, cfr. anche infra (§ 2.2).

141 Bouchard (2002) mostra infatti che gli aggettivi ammessi in posizione postnominale in inglese sono quelli che modificano un elemento “atomizzato”, vale a dire il complesso [NUM + N]. Torneremo su questo punto nel seguito della trattazione.

vengono considerati come teste ed altri come interi sintagmi (cfr. ad esempio Lamarche 1991, Bernstein 1992, 1993a,b, Svenonius 1994, Scott 2002b, Dimitrova-Vulchanova 2003). A tale proposito, abbiamo tuttavia riportato alcuni dati, tratti da Cinque (2005b, 2007b), che mostrano in maniera convincente l’impossibilità di considerare come teste sia gli aggettivi lessicali (cfr. gli esempi in (159-160)) sia quelli funzionali (cfr. (161-164)); pertanto, come abbiamo già accennato, in questo lavoro assumeremo, in conformità con quanto suggerito in Cinque (2005b, 2007b), che tutti gli aggettivi attributivi siano inseriti nella struttura come interi sintagmi (i.e., AP) e non come semplici teste (i.e., A°).

Ripercorrendo le analisi che sono state avanzate in Grammatica Generativa sulla sintassi degli aggettivi attributivi, è possibile osservare che, mentre inizialmente esse tendevano ad essere uniformi per tutti i tipi di aggettivi (si pensi ad esempio alle analisi illustrate nel § 2.1.1, risalenti per lo più al periodo della Grammatica Generativo-Trasformazionale), in tempi più recenti si tende invece a distinguerli in “gruppi” diversi, definiti per lo più in base alla loro posizione rispetto alla testa nominale (cfr. ad esempio Bolinger 1967, Abney 1987, Svenonius 1994, Bouchard 1998, 2002) oppure alla loro natura funzionale vs. lessicale142 (cfr., fra gli altri, Bernstein 1993a, Scott

2002b, Cinque 2005b, 2007b, Alexiadou, Haegeman & Stavrou 2007). In particolare, come abbiamo accennato nel § 2.1.3 e come avremo modo di osservare in modo più dettagliato nel seguito del capitolo, tale opposizione fra aggettivi funzionali e lessicali riflette un’asimmetria significativa sia a livello sintattico che semantico. Riteniamo dunque che un’analisi adeguata della modificazione aggettivale debba tenere conto di tale opposizione, che pertanto occuperà una posizione di primo piano nella nostra proposta. Per rendere conto delle loro proprietà sintattiche ed interpretative, ipotizziamo infatti che i due tipi di aggettivi siano inseriti in posizioni strutturali differenti, e che nelle varie lingue essi siano soggetti a diversi movimenti in base al modo in cui determinati tratti sono codificati all’interno del DP.

Consideriamo dapprima gli aggettivi lessicali. Poiché, anche qualora siano usati come modificatori, essi vengono interpretati allo stesso modo di quando occorrono in funzione predicativa, proponiamo che in entrambi i casi essi siano generati come predicati all’interno di una struttura che in questa fase iniziale dell’analisi indichiamo come SC (Small Clause, Frase Ridotta). In questa parte della trattazione non ci soffermiamo sulla derivazione degli aggettivi predicativi, che sarà affrontata con maggiori dettagli nel capitolo III; ci limitiamo qui ad indicare in (173) la struttura che si assume generalmente per tali aggettivi:

142 Ricordiamo che l’asimmetria fra questi due tipi di aggettivi attributivi è definita sulla base della possibilità che essi hanno di svolgere la funzione predicativa: infatti, mentre gli aggettivi lessicali sono quelli che possono occorrere anche come predicati, quelli funzionali (come mero, futuro, e le interpretazioni “non-predicative” di alcuni aggettivi ambigui, come vecchio in un vecchio amico oppure povero in un pover’uomo) sono invece esclusi da tale funzione predicativa.

(173) Aggettivi predicativi: L’uomo è intelligente

Come si può osservare in (173), la SC è una struttura predicativa “ridotta”, all’interno della quale un soggetto (in questo caso, il DP [l’uomo]) ed un predicato (l’AP [intelligente]) sono uniti insieme tramite l’operazione Merge (per maggiori dettagli sulle strutture predicative, alcuni dei quali verranno presentati nel seguito della trattazione, si vedano in particolare Cardinaletti & Guasti eds. 1995, Moro 1997, den Dikken 2006). In (173) è inoltre illustrato il movimento del DP [l’uomo] in Spec,IP, vale a dire in posizione di soggetto della frase sovraordinata, in cui esso verifica i tratti- φ (realizzati dalla copula sollevata in I°) e riceve caso nominativo.

Come già accennato, la nostra proposta è che un aggettivo attributivo di tipo lessicale (che, come tale, riceve la stessa interpretazione che ha quando svolge la funzione predicativa) sia anch’esso generato come predicato all’interno di una struttura (che per il momento indichiamo come SC; tuttavia nel corso della trattazione osserveremo la necessità di ipotizzare un tipo diverso di struttura predicativa per queste costruzioni) che in questo caso, a differenza di quanto illustrato in (173), è interna al DP proiettato dalla testa nominale alla quale l’aggettivo si riferisce.143 Illustriamo

tale proposta nel diagramma in (174):

143 Per le strutture predicative interne al DP, cfr. i riferimenti indicati nella nota 92. IP I’ VP V’ AP SC èv tv tDP intelligente DP l’uomo

(174) Aggettivi attributivi di tipo lessicale: L’uomo intelligente

Per quanto riguarda il sintagma nominale italiano qui illustrato, riteniamo che esso raggiunga il punto di Spell-Out così come indicato in (174).144 Nel corso di questo capitolo vedremo tuttavia

che un’analisi comparativa della sintassi degli aggettivi attributivi ci porterà ad ipotizzare l’esistenza di una serie di proiezioni funzionali che dominano il nodo indicato in (174) come SC, nonché di determinati movimenti necessari per il meccanismo di feature-checking: come vedremo, tali movimenti possono differire nelle varie lingue in base al modo e alla posizione sintattica in cui i diversi tratti sono realizzati; inoltre, prenderemo in esame anche alcune costruzioni marcate, la cui interpretazione richiede la codifica (e dunque la verifica) di tratti relativi alla struttura dell’informazione, rendendo perciò necessari ulteriori movimenti.

Prima di illustrare la struttura che assumiamo per gli aggettivi funzionali, osserviamo più in dettaglio quella degli aggettivi lessicali che abbiamo mostrato in (174). Come abbiamo detto, la lettura “predicativa” dei modificatori aggettivali di tipo lessicale è dovuta al fatto che essi sono inseriti all’interno di una struttura predicativa (che finora abbiamo indicato come SC), così come avviene quando essi svolgono la funzione di predicato (cfr. (173)). Le due strutture tuttavia differiscono in quanto nel caso degli aggettivi predicativi (cfr. (173)) la SC è esterna al DP proiettato dal nome a cui l’aggettivo si riferisce: in (173), infatti, è l’intero DP [l’uomo] che costituisce il soggetto dell’AP [intelligente], che dunque viene inserito come predicato all’esterno di tale DP. Al contrario, la predicazione illustrata in (174), corrispondente al caso degli aggettivi attributivi di tipo lessicale, implica la generazione dell’AP all’interno del DP proiettato dal nome a cui esso si riferisce, e ciò permette di rendere conto della sua funzione di modificatore nominale.

144 La proposta di considerare gli aggettivi postnominali delle lingue romanze come predicati all’interno di strutture a SC è presente anche in Demonte (1999a). Come vedremo nel § 3.5, altri autori propongono una struttura simile per gli aggettivi appositivi (cfr. ad esempio Bernstein 1993a, Zamparelli 2000, Laenzlinger 2000, 2005a,b, Scott 2002b). In questo lavoro riteniamo tuttavia che i due tipi di aggettivi (i.e., quelli restrittivi lessicali e quelli appositivi) debbano essere analizzati in modo differente in quanto ricevono due interpretazioni distinte. Proponiamo pertanto che una derivazione come quella qui discussa sia adeguata solo per i modificatori restrittivi di tipo lessicale, mentre per gli aggettivi appositivi offriremo un’analisi diversa (cfr. infra § 3.5).

DP D’ AP SC intelligente l’ NP uomo

Come si può notare, infatti, l’AP in (174) si trova nello scope del determinante in D°, e questo indica che la struttura riceve la seguente interpretazione semantica: l’insieme denotato dal nome uomo si interseca con quello denotato dall’aggettivo intelligente, e l’inserzione della testa D° rende referenziale il contenuto semantico definito da tale insieme-intersezione; in altre parole, il sintagma in (174) viene interpretato come denotazione di un individuo che ha sia la proprietà di essere uomo sia quella di essere intelligente (corrispondente dunque all’interpretazione intersettiva, che abbiamo trattato nel § 1.4.1).145 Invece, il fatto che nella struttura in (173) l’AP sia inserito esternamente al

DP proiettato dal N uomo, e che dunque esso non sia nello scope del determinante in D°, suggerisce un’interpretazione in cui la proprietà denotata dall’aggettivo intelligente si applica ad un elemento pienamente referenziale (i.e., a quello definito dal DP l’uomo).

Passiamo ora a presentare la struttura che assumiamo per gli aggettivi attributivi di tipo funzionale, vale a dire quelli la cui interpretazione non li rende adatti a svolgere la funzione predicativa. Come mostra il diagramma in (175), proponiamo che i modificatori aggettivali di questo tipo siano inseriti nella struttura sintattica come Spec di determinate teste funzionali della proiezione estesa del NP, seguendo quanto suggerito in Crisma (1990, 1993), Cinque (1994, 2005b, 2007b) e Scott (1998, 2002a) (nella struttura in (175) ci limitiamo ad indicare genericamente la proiezione funzionale in questione con XP; l’analisi della proiezione estesa del NP verrà affrontata nel seguito della trattazione):

(175) Aggettivi attributivi di tipo funzionale: Il futuro presidente

145 L’idea che una struttura predicativa sia interpretata semanticamente tramite l’operatore logico “∩” (i.e., intersezione) è proposta anche in den Dikken (2006: 17), che considera “the semantics of predication as an intersective relationship between two sets, one (corresponding to the function [i.e., the predicate]) denoting a property ascribed to the other (the argument [i.e., the subject])”. Su questo punto, si veda anche la proposta di Rebuschi (2002, 2005), che sarà illustrata più avanti nel testo.

DP D’ AP X’ futuro il NP presidente XP X°

Confrontando le due strutture in (174) e (175), corrispondenti a quelle che assumiamo per i due tipi di aggettivi attributivi (rispettivamente, lessicali e funzionali), è possibile osservare che in entrambi i casi l’AP si trova in una posizione interna al DP proiettato dal nome da esso modificato, vale a dire nello scope della testa D°, e ciò rende conto del fatto che in entrambi i casi esso ha la funzione di modificatore nominale (diversamente da quanto avviene in (173), in cui infatti l’aggettivo non si trova all’interno dello scope di D°). D’altra parte, i due tipi di aggettivi attributivi differiscono nella posizione di inserzione: mentre in (174) l’AP è generato come predicato, in (175) è invece inserito nello Spec di una delle teste funzionali della proiezione estesa del NP. Secondo la nostra analisi, tale differenza strutturale è alla base della diversa interpretazione che i due tipi di aggettivi ricevono e in particolare della distinzione fra l’interpretazione intersettiva di (174) e quella non-intersettiva di (175) (cfr. § 1.4.1): infatti, mentre il sintagma in (174) si riferisce a qualcuno che è sia un uomo sia intelligente, non è possibile interpretare quello in (175) come un individuo che è sia un presidente sia futuro.

È ora importante osservare che la nostra analisi, oltre a rendere conto delle differenze e delle somiglianze fra gli aggettivi predicativi e quelli lessicali da un lato e fra quelli lessicali e quelli funzionali dall’altro, permette anche di ipotizzare che l’interpretazione semantica delle costruzioni di modificazione aggettivale sia sempre di tipo composizionale. Infatti, la struttura che abbiamo proposto in (175) per gli aggettivi funzionali è compatibile con alcuni suggerimenti presenti nei lavori di Bouchard (1998, 2002), che abbiamo illustrato alla fine del § 2.1.3. Come abbiamo già osservato, diversi autori hanno proposto che alcuni aggettivi (i.e., quelli che in questo lavoro definiamo come funzionali, seguendo la terminologia di Bernstein 1993a) non modificano il nome a cui si riferiscono nella sua interezza ma ne modificano soltanto una parte (cfr. nota 53). In particolare, Bouchard (1998, 2002) assume che la semantica di un nome debba essere analizzata come una rete di tratti (quali la funzione caratteristica f, l’intervallo di tempo i, il mondo possibile w e la funzione g di assegnazione di valori alle variabili) e propone un’analisi secondo la quale la relazione semantica fra un nome e qualsiasi tipo di aggettivo che lo modifica è sempre di tipo intersettivo (i.e., composizionale). Infatti, se da un lato gli aggettivi estensionali si applicano all’intera rete dei tratti semantici del N (i.e., il sintagma in questione viene interpretato come l’intersezione fra l’insieme definito dal N e quello definito dall’A, come abbiamo mostrato per l’aggettivo lessicale in (174)), dall’altro lato, nel caso degli aggettivi intensionali come quello in (175), Bouchard propone che la proprietà denotata dall’aggettivo si applichi soltanto ad una parte dei tratti semantici del nome. Di conseguenza, come osservato alla fine del § 2.1.3 (cfr. la discussione relativa agli esempi in (172)), secondo l’autore la differenza fra l’interpretazione di un aggettivo postnominale (lessicale) ed uno prenominale (funzionale) in francese non risiede nel fatto

che il primo è di tipo intersettivo ed il secondo di tipo non-intersettivo; al contrario, in entrambi i casi la relazione semantica fra i due insiemi definiti dal N e dall’A è quella di intersezione, ed essi differiscono nell’unità semantica con cui l’insieme-aggettivo si interseca (cfr. anche nota 138): infatti, mentre nel caso di un aggettivo postnominale tale unità corrisponde alla totalità dei tratti semantici che compongono il nome-testa (e questo determina la sua semantica estensionale), un aggettivo prenominale si interseca soltanto con uno di questi tratti (e ciò rende conto della sua semantica intensionale).

Occorre innanzitutto osservare che, mentre per Bouchard l’opposizione rilevante fra i due tipi di aggettivi è definita in base alla loro posizione rispetto alla testa nominale (l’autore parla infatti di aggettivi prenominali vs. postnominali), in questo lavoro assumeremo invece che la differenza rilevante sia da identificarsi nell’asimmetria fra aggettivi funzionali ed aggettivi lessicali, come abbiamo già discusso in questa e nella precedente sezione: come vedremo, nel caso dell’italiano (e, più in generale, delle lingue romanze) l’interpretazione di un aggettivo come funzionale o lessicale è per lo più (anche se non sempre) connessa con la sua posizione, rispettivamente prenominale e postnominale (cfr. Ramaglia 2007b); tuttavia, date le proprietà di alcuni aggettivi nelle lingue romanze146 e di determinate strutture aggettivali in altre lingue, mostreremo che la caratteristica

rilevante che distingue i due tipi di aggettivi non va identificata nella loro posizione rispetto al nome-testa ma nella loro natura semantica di modificatori funzionali o lessicali.

Sulla base di tale premessa, vediamo ora come le osservazioni di Bouchard riguardanti la relazione semantica fra un N ed un A possano essere applicate all’analisi che abbiamo proposto in (174) e (175). Se da un lato l’inserimento degli aggettivi lessicali all’interno di una struttura predicativa consente di spiegare la loro interpretazione intersettiva (e in particolare il fatto che l’insieme denotato dall’aggettivo si interseca con la totalità dei tratti semantici che compongono il suo soggetto; cfr. anche nota 145), dall’altro, per rendere conto del fatto che un aggettivo funzionale si applica soltanto ad una parte della semantica della testa nominale che esso modifica, proponiamo che l’insieme definito da un aggettivo inserito in posizione di Spec (i.e., di un aggettivo funzionale) si interseca con il singolo tratto codificato nella testa funzionale corrispondente (i.e., nell’elemento con cui esso instaura una configurazione Spec-Testa). Illustriamo questi due tipi di relazione semantica in (176) e (177), corrispondenti rispettivamente al caso di un aggettivo lessicale e a quello di un aggettivo funzionale:147

146 Si tratta in particolare degli aggettivi relazionali (cfr. § 1.4.6), che nelle lingue romanze sono realizzati necessariamente alla destra del nome pur essendo aggettivi di tipo funzionale; per gli aggettivi delle altre classi, invece, la generalizzazione è che essi occorrono in posizione prenominale se sono di natura funzionale, mentre quelli lessicali sono postnominali.

147 Nella struttura in (176) indichiamo il soggetto della SC come XP in quanto, come vedremo nel seguito dell’analisi, tale elemento non si identifica necessariamente con il NP ma può anche essere costituito da una delle proiezioni

(176) Aggettivi lessicali (semantica estensionale):

(177) Aggettivi funzionali (semantica intensionale):

Come abbiamo indicato, la proprietà denotata dai due diversi tipi di aggettivi si applica ad elementi differenti nelle due strutture. In (176) l’insieme denotato dall’aggettivo di tipo lessicale si interseca con l’intero XP inserito come soggetto, che comprende sia la testa X° sia eventuali elementi nelle posizioni di Spec,XP e di Compl,XP. Invece un aggettivo funzionale come quello in (177), che secondo la nostra analisi viene generato in posizione di Spec,XP, si applica soltanto al tratto semantico codificato nella testa X° e non a tutti gli elementi sintattici dominati da XP: ad esempio, nella struttura illustrata in (177), l’AP non si applica al costituente in Compl,XP, sebbene esso lo c-comandi (i.e., abbia scope su tale costituente).

La nostra proposta è dunque che gli aggettivi lessicali e quelli funzionali si distinguono in base alla posizione strutturale in cui essi vengono generati, e che tali posizioni sono correlate con due tipi di interpretazione semantica differenti: la relazione che un aggettivo attributivo stabilisce con il nome da esso modificato è infatti sempre di tipo intersettivo, ma tale intersezione può avvenire con la totalità dei tratti semantici di cui è composto il nome se l’aggettivo è generato come predicato (cfr. (176)), oppure con uno solo di questi tratti se l’aggettivo è generato in posizione di Spec (cfr. (177)). In quanto proposto finora, tuttavia, ci siamo limitati ad illustrare questi due tipi di relazione semantica e le strutture sintattiche ad essi correlate ad un livello molto astratto: i diagrammi in (174-177) sono infatti molto semplificati rispetto a quello che un’analisi adeguata della modificazione aggettivale dovrebbe prevedere, e le proiezioni funzionali che abbiamo ipotizzato sono indicate genericamente con XP. Vorremmo ora proporre una struttura più finemente

funzionali che lo dominano.

AP SC XP X’ Spec X° Compl XP X’ AP X° Compl

articolata della proiezione estesa del NP, che ci permetta di rendere conto sia dell’ordine lineare dei diversi aggettivi all’interno del DP sia della loro interpretazione.

Per quanto riguarda gli aggettivi funzionali, assumiamo che essi siano inseriti nello Spec di determinate teste funzionali in base ai tratti semantici relativi alla classe a cui essi appartengono, così come proposto ad esempio in Crisma (1990, 1993), Cinque (1994, 2005b, 2007b)148 e Scott

(1998, 2002a). In altre parole, proponiamo che all’interno del DP sia presente una serie di proiezioni funzionali, ognuna delle quali codifica un tratto semantico del nome e può ospitare nel suo Spec un aggettivo funzionale che sia semanticamente compatibile con tale tratto. Inoltre, come indicato in (177), la nostra ipotesi è che un eventuale aggettivo funzionale, inserito in tale posizione di Spec, riceva un’interpretazione di tipo composizionale determinata dall’intersezione fra l’insieme definito dall’aggettivo stesso e quello definito dalla testa funzionale con cui esso instaura una configurazione locale (i.e., una relazione Spec-Testa). In (94-96) e in (137) e (139) abbiamo illustrato alcune delle gerarchie che sono state proposte per rendere conto dell’ordine lineare fra i diversi aggettivi che modificano la stessa testa nominale. In questa sede non ci dedicheremo ad osservare l’ordine relativo fra due o più aggettivi interni al sintagma nominale (argomento già approfondito in numerosi lavori; cfr. nota 79); sulla base delle gerarchie già illustrate, proponiamo che la struttura del sintagma nominale contenga (almeno) le proiezioni funzionali nei cui Spec possano essere inserite le seguenti classi di aggettivi:

(178) qualità > dimensione > tempo > forma > colore > aggettivi tematici > aggettivi classificatori Come è possibile osservare, questa gerarchia riflette in parte quelle che abbiamo indicato in (94-96) e in (137) e (139). In particolare, la classe di aggettivi di ‘qualità’ in (178) corrisponde a quella definita allo stesso modo in Sproat & Shih (1988, 1990) e in Cinque (1994) e a quella indicata come ‘commento del parlante’ in Scott (1998, 2002a,b) (cfr. anche la classe di aggettivi ‘orientati al parlante’ di Cinque 1994). Quella che in (178) è indicata come ‘tempo’ corrisponde invece alla