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Gli anni polifonici della neoavanguardia

In cerca della voce primordiale: i Beat e gli archetipi del sacro

Capitolo 4 Altre latitudini

4.2 Gli anni polifonici della neoavanguardia

Ed è proprio questo «vecchio bisogno di far esplodere il linguaggio» che ci porta da una parte all'altra del continente europeo e avanti e indietro nel tempo: è il linguaggio l'imputato alla sbarra dei testimoni chiamato a rispondere delle sue mancanze, dei suoi limiti, talvolta dei suoi "tradimenti". Le avanguardie storiche erano caratterizzate da un atteggiamento di superamento quando non addirittura di rifiuto del linguaggio; l'obiettivo dei poeti della neoavanguardia, che avevano assistito al suo depauperamento ad opera dei mass media - è quello di sottrarlo «ai giornali, per farlo rinascere in poesia con vesti completamente diverse.»22

Mentre in America non è dovuto trascorrere molto tempo dopo il secondo conflitto mondiale, perché l'insoddisfazione facesse emergere una nuova generazione di autori viva ed intraprendente, in Europa, nell'immediato dopoguerra, le migliori menti in circolazione erano ancora troppo impegnate nella ricostruzione fisica e morale del dopoguerra, per portare avanti sistematiche sperimentazioni in campo letterario.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, c'era in giro uno spreco di teorizzazioni e tutti parlavano di nuova poesia. Ma di poesie nuove, tra tante riviste e rivistine, se ne vedevano ben poche. E quelle poche buone non soddisfacevano che in piccola parte l'attesa di una poesia che tenesse testa in qualche modo alla realtà, alla degradazione dei significati, alle lacerazioni e alle complicazioni del mondo verbale, alla sua fisionomia instabile.23

In Italia, possiamo parlare della nascita di una nuova generazione letteraria solo intorno al 1956, quando cominciò a delinearsi «una condizione di coerente convergenza tra le arti nella ricerca comune, e un orientamento di pensiero capace di intendere, di dominare, di sollecitare il tumulto del nuovo»24, indirizzando queste energie al rinnovamento della poesia e del 21 P. Zumthor, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Il Mulino, Bologna, 1984, pag. 203. 22 A. Spatola, Verso la poesia totale, Paravia, Torino, 1978.

23 A. Giuliani, Autunno del Novecento: cronache di letteratura, Feltrinelli, Torino, 1984, pagg. 199-200. 24 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Mursia, Milano,

romanzo. È la nascita della cosiddetta "neoavanguardia", che ha origine «dall'avvertimento dello stato di insufficienza [...] della situazione culturale e letteraria del dopoguerra, e figura come una risposta reattiva nei suoi confronti.»25 «Almeno fino alla metà degli anni Cinquanta, seppure si danno delle trasformazioni e non mancano aspettativa e ricerca del nuovo, queste non sono tante né tali da costituire e procurare una profonda, decisiva innovazione, così in campo socio-economico come in campo culturale e letterario.»26 Sostanzialmente la situazione culturale e letteraria italiana rimane invariata negli anni che precedono e seguono la guerra, se non per una progressiva tendenza degli intellettuali ad impegnarsi sul fronte civile e politico, piuttosto che continuare a contemplare dalla loro torre d'avorio gli sviluppi della storia. Fino al 1956, le aspirazioni al rinnovamento e i primi goffi sebbene fervidi tentativi di realizzarlo, si risolsero in molta carne al fuoco e pochi risultati; è determinante l'entrata in scena di una nuova generazione, che rileva l'esigenza di rinnovamento culturale e letterario della generazione precedente e si adopera ad attuarlo, guardando alle cose della letteratura in modo organico «con uno sguardo che è contemporaneamente un intervento.»27

«Con diverse caratteristiche particolari, ma in un movimento pressoché concorde, e talora intrattenendo fruttuosi scambi di esperienze, altri gruppi si costituiscono in Europa e altrove, così che viene a configurarsi, nel dopoguerra tra anni '50 e '60, una sorta di coiné internazionale dell'avanguardia»28 di cui fa parte, naturalmente, anche la Beat Generation. A differenza dei vari -ismi passati prima in rassegna, «oggi non si tratta più di gruppi organizzati sulla base di una poetica comune, ma di una spinta generale che chiama in causa artisti operanti indipendentemente l'uno dall'altro, e i cui contatti sono più la conseguenza che non l'avvio di una comune visione della realtà.»29 Certi gruppi prediligono una sperimentazione di tipo endoletterario, cioè lavorano all'interno della letteratura con i soli strumenti messi a disposizione da questa disciplina, altri invece operano sulla letteratura evadendo i suoi confini, prendendo cioè in prestito materiali, strumenti e tecniche proprie delle altre arti (dalla musica alla pittura). Questa seconda area di ricerca detta esoletteraria, «comprensiva delle pratiche eteromorfe della cosiddetta “poesia totale”»30, si dirama in due ambiti operativi,

1992. 25 Ivi, pag. 12. 26 Ivi, pag. 3.

27 P. Valesio, Strutturalismo e critica letteraria, in L. Vetri, Letteratura e caos, pag. 81.

28 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Mursia, Milano, pag. 92.

29 A. Spatola, Verso la poesia totale, Paravia, 1978.

30 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Mursia, Milano, 1992, pag. XIV.

quello della “poesia visuale” (di cui fanno parte la “poesia concreta”, la “poesia visiva” e la “nuova scrittura”) e quello della “poesia fonetico-sonora”.

Gli scrittori della Beat Generation, pur avendo talvolta sconfinato, non si sono mai arrischiati fuori dalla letteratura propriamente detta, nel senso che in ultima istanza le loro opere erano affidate alla scrittura verbo-lineare e per quanto potessero sfruttare fantasiosamente lo spazio della pagina (si pensi alla poesia Bomb di Gregory Corso, che ha la forma di un fungo atomico) non hanno mai spinto oltre la sperimentazione in ambito visuale. Anche quando prendevano di mira il linguaggio, deformando le parole, o provando a demolire il loro uso consolidato e consuetudinario per stabilire una comunicazione più autentica, non ne rinnegavano comunque la necessità. Per quanto riguarda invece l'ambito fonetico-sonoro, i Beat, di cui abbiamo già detto l'amore per la musica (il bebop in particolare) e il loro tentativo di assimilarne misure e ritmi nella scrittura, hanno ugualmente tenuto una linea moderata. Le poesie composte da Ginsberg su nastro magnetico, includendo nel testo anche le interferenze radiofoniche, il chiacchiericcio di sottofondo, stralci delle canzoni che passavano per radio, non sono dei veri esempi di poesia fonetico-sonora. Ricordano i lavori di Brion Gysin, inventore del metodo del cut-up che prevede il montaggio di frammenti di nastro magnetico preregistrato, con la differenza non trascurabile che l'opera di Gysin era una traccia audio e come tale veniva fruita dal pubblico, mentre quella di Ginsberg, pur avendo avuto una genesi orale, ci è stata consegnata in forma (tra)scritta. «Il poema sonoro è concepito tenendo presente la fruizione orale, per cui le tonalità, i rumori, i timbri, le dissonanze e tutto ciò che appartiene allo spettro del suono veicolano sensazioni, emozioni o messaggi»31; trascrivere questo tipo di poema, quand'anche fosse possibile, altererebbe radicalmente la natura del messaggio. «Si parla di poesia da ascoltare, poesia orale, sonora, fonica, parlata, acustica, di audipoema, testo sonoro, vocale, eccetera. […] Ciò che conta è che è l’autore a creare, a provvedere l’effetto sonoro o registrando di persona sul magnetofono con o senza partitura di supporto»32.

Se da una parte abbiamo un orientamento di ricerca endoletterario che si mantiene entro l'ambito della letteratura (con interventi, per esempio, sul piano del lessico e della sintassi), dall'altra si colloca la ricerca esoletteraria, che trasferisce l'esercizio delle lettere fuori dalla pagina e dal corpo del libro. «Si viene così a realizzare una trasfigurazione della poesia in arte 31 https://www.culturedeldissenso.com/poesia-sonora/, pagina consultata il 20/06/2020.

32 A. Lora-Totino, Futura, Poesia Sonora, Antologia storico critica della poesia sonora, introduzione di Renato Barilli, Cramps, Milano, 1978.

totale o in arte generale del segno»33, in quella che Adriano Spatola definisce "poesia totale", facendo rientrare in questa definizione tutta la poesia fatta con i materiali, gli strumenti e le tecniche delle altre arti, utilizzando un'ampia gamma di linguaggi.

Abbiamo a che fare qui con un poeta "primitivo" che si riappropria della poesia come puro atto creativo che origina e dà forma alla materia:

La poiesi artistica si riteneva trovasse esercizio sia per mezzo delle parole, come per mezzo dei colori, dei suoni musicali, dei valori plastici e dei movimenti: non si identificava, perciò, con la sola poesia, ma del pari e unitamente con la pittura, la musica, la danza. Nell'odierna etichetta di "poesia totale", il termine poesia va proprio restaurato nel suo significato originario, come nome compendiario del fare artistico, anziché essere specializzato ad indicare il fare letterario. Non si tratta più di sola poesia, ma di qualcosa di più complesso che si muove nel miraggio della fusione delle arti.34

Non assistiamo alla scomparsa del segno verbale, ma ad una radicale trasformazione del suo utilizzo. Nella poesia visiva, le lettere vengono trattate come puri segni grafici e si promuove un uso atomistico delle parole; il significante viene esaltato, a volte a discapito del senso, altre volte favorendo «una incentivazione e una estrinsecazione spettacolare del significato della parola»35.

La poesia fonetico-sonora invece tende ad esaltare la dimensione acustica della poesia, portando ulteriormente a compimento la sua emancipazione dalla scrittura. «La direzione di ricerca della poesia sonora, che prescinde dalla scrittura (o ne fa un uso solo accessorio), riattinge la naturalezza e l'immediatezza dell'atto di fonazione»36, valorizzando le potenzialità della viva voce.

Qui l'attenzione si focalizza sulla dimensione sonora della parola e sugli effetti acustici della sua pronuncia; allo strumento-scrittura subentra lo strumento-voce; alle varie tecniche di scrittura si sostituiscono varie tecniche di dizione (solista o polifonica): con effetti spazianti dal musicale al rumoristico, con sfumature armoniche o bruschi salti tonali, timbrici e di volume.37

33 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Mursia, Milano, 1992, pag. 269.

34 Ivi, pag. 270. 35 Ivi, pag. 269. 36 Ivi, pag. 282. 37 Ibid.

«Alla scrittura espansa della poesia visuale corrisponde una sonorità espansa»38, ottenuta mediante l'utilizzo di figure del suono come allitterazioni, onomatopee, consonanze, assonanze, omofonie, riverberi; attraverso procedimenti che alterano la struttura della parola, come anagrammi, ellissi, metatesi, aferesi; oppure con interventi che smembrano il corpo verbale, separando tra loro le singole lettere in una sorta di puntinismo acustico.

Per amore di precisione, diremo che della poesia poesia fonetico-sonora fanno parte la poesia sonora propriamente detta, nella quale il poeta si avvale di strumenti elettroacustici ed elettronici per la manipolazione del suono, e quella fonetica, la cui materia prima è essenzialmente una, la voce. Alle pratiche mute della poesia concreta, della poesia visiva e della nuova scrittura si sostituiscono le «pratiche vocali, che puntano decisamente sulla parola come dato fisico-acustico e sugli effetti sonori che possono trarsene attraverso l'esecuzione orale.»39

La manipolazione del suono può avvenire in contemporanea alla sua emissione oppure in differita, elaborando il materiale preinciso sul nastro. Il montaggio permette al poeta di lavorare con più di una traccia audio per volta, creando dei veri e propri collages, o dei cut-up come quelli realizzati da Brion Gysin. Uno dei primi ad aver sfruttato le potenzialità offerte dal magnetofono è stato Henry Chopin, che nei suoi audio-poèmes deformava la voce attraverso echi, riverberi, variazioni di velocità e sovrapposizioni. «Con le ricerche elettroniche – scrive Henri Chopin – la voce è diventata finalmente concreta»40. L'importante è servirsi del suono come di una materia plastica, manipolabile, esplorare le potenzialità della voce e della macchina applicate alla materia verbale ma anche a quella pre-verbale; il linguaggio può servire, ma non è indispensabile - anche una sequenza di suoni priva di significato è un atto comunicativo.

Ci sono autori, come ad esempio Adriano Spatola, che hanno cercato di ridurre al minimo gli interventi tecnologici, lavorando essenzialmente con la voce, in presenza, facendo perno su un utilizzo delle parole teso ad annichilirne il senso e su una gestualità molto marcata. Il gesto associato alla parola può servire a smentirla o a confermarla, può avere un significato antitetico o conseguente, può alludere a significati ulteriori, enfatizza il messaggio e coinvolge nella performance il corpo del poeta. È una poesia che si configura come arte totale perché «prende l'avvio, nel suo processo di formazione, dai linguaggi tipici di altre arti, in 38 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Ugo Mursia

Editore, 1992, pag. 323. 39 Ivi, pag. 322.

particolare delle arti plastiche, per farsi "oggetto" che rifiuta la lettura: la lingua, secondo Garnier, non è più infatti un codice per comunicare, ma una materia cui bisogna dar vita.»41 Se si può impostare un collegamento tra la neoavanguardia e la Beat Generation, questo collegamento riguarda anche la figura del poeta, che in misura sempre maggiore impegna il proprio corpo, la propria voce e le risorse tecnologiche a sua disposizione per dare vita alla poesia.

Tanto alla base dell'esercizio grafico della parola, quanto alla base dell'esercizio orale della parola si dà infatti un atto di performance [...]. Tanto la poesia visuale quanto la poesia sonora mettono in scena il corpo, teatralizzano i gesti del linguaggio, esibiscono la coreografia della parola, e fanno del linguaggio teatrale dei gesti una parola della poesia.42

Inoltre, come la Beat Generation recupera un dialogo ancestrale con il mondo dell'oralità, anche la poesia totale «avvia e compie una sorta di viaggio alle origini della comunicazione, se è vero che la forma comunicativa più arcaica è orale-gestuale, che il linguaggio parlato precede storicamente quello scritto, che la scrittura amanuense precede quella tipografica.»43

«Fin dalle sue origini più remote la poesia aspira, come a un termine ideale, a liberarsi dai vincoli semantici, a uscire dal linguaggio, a andare incontro a una totalità in cui sia abolito tutto ciò che non è semplice presenza. La scrittura occulta o reprime questa aspirazione»44, ed ecco allora che per aggirarla la poesia tende a quelle che sono state le sue origini orali, preverbali, musicali, e che in tutti quei poeti giunti ai ferri corti con la scrittura si sviluppa «una ricerca, un po' anarchica, dei valori perduti della viva voce.»45

Ci sono ormai poeti che scrivono in vista di un'esecuzione, e questa intenzione incide sul loro linguaggio. Alcuni respingono addirittura la mediazione della scrittura e si danno all'improvvisazione, modellando il loro discorso sulle risorse della bocca: parole e silenzio, colpi di glottide, respiro, o su quelle del corpo stesso, accostandosi il microfono al cuore, perché se ne sentano i battiti...46

La poesia concreta, nelle sue varie forme, è stata praticata soprattutto in Italia, in Brasile, in 41 A. Spatola, Verso la poesia totale, Paravia, Torino, 1978.

42 L. Vetri, Letteratura e caos. Poetiche della «neo-avanguardia» italiana degli anni sessanta, Ugo Mursia Editore, 1992, pag. 282.

43 Ivi, pag.

44 P. Zumthor, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Il Mulino, Bologna, 1984, pag. 199. 45 Ivi, pag.

Svizzera, in Germania e in Francia. In Brasile, i fratelli Augusto e Haroldo de Campos insieme a Décio Pignatari hanno dato vita, nel 1952, al Grupo Noigandres, che in breve tempo è diventato un punto di riferimento per i poeti concreti di tutto il mondo, con le due mostre organizzate a San Paolo nel 1956 e a Rio de Janeiro nel 1957 e con la pubblicazione, l'anno seguente, del manifesto Piano-pilota per la poesia concreta. In Francia, Henri Chopin, dopo aver militato per qualche anno nell'avanguardia lettrista, esplora le possibilità espressive offerte dal magnetofono e dalla macchina da scrivere, pubblicando i primi dactylo-poèmes (testi scritti a macchina dove la fittissima rete di lettere sovrapposte crea particolari effetti visivi) e gli audio-poèmes, ovvero brani in cui la sua voce è deformata e scomposta nei singoli fonemi. Pierre Garnier, altra figura di spicco nel panorama della poesia concreta francese, inizia ad interessarsi alla relazione che intercorre tra suono, parola, immagine e gesto dopo l'incontro con Chopin. Ha elaborato la teoria dello spazialismo, che prendeva in considerazione lo spazio occupato dalle parole e la disposizione del testo sulla pagina quali variabili determinanti della composizione e, nel 1963, teorizza la «Sonie», una nuova forma d'arte che ha al suo centro il soffio emesso dall’uomo e impresso sul nastro magnetico.

Il soffio, per l’artista, è l’anello di congiunzione tra corporeo e incorporeo, rappresentando, così, l’energia necessaria per abbattere le barriere tra un linguaggio e l’altro, al fine di crearne uno aperto, fluido [...]. Il suono quasi impercettibile del soffio eleva l’ascoltatore al di sopra dell’idioma e dell’universo, introducendolo, difatti, a una dimensione primitiva da cui tutto può ancora nascere.47

Per quanto riguarda l’ambiente culturale italiano, viene riconosciuto un ruolo pionieristico a Carlo Belloli, esponente dell’ultima generazione di poeti futuristi nonché precursore della poesia concreta e della poesia visuale, di cui ha fornito una prima enunciazione teorica nell'introduzione alla sua raccolta di Testi-poemi murali del 1944. Marinetti ha riconosciuto subito la novità dei testi di Belloli:

«si tratta di tavole destinate a collocazione murale in modo che le parole si liberino nello spazio e vi circorrano. [...] Il testo-poema di Belloli anticipa quel linguaggio di parole-segnali collocate nella rete comunicante di una civiltà matematica che dovrà riconoscersi nell'economia del colloquio dei gesti e delle emozioni. [...] testi-poemi murali dalle pareti di oggi si incammineranno verso le piazze di domani»48

47 https://www.culturedeldissenso.com/poesia-sonora/, consultato il 20/06/2020. 48 F. T. Marinetti, Collaudi Futuristi, Guida Editori, Napoli, 1977, pagg. 279-280.

Il testimone di Carlo Belloli è stato raccolto, tra gli altri, da Arrigo Lora-Totino e Adriano Spatola. Il poeta torinese Arrigo Lora-Totino ha avuto un ruolo importante nella pubblicazione e diffusione dei nuovi linguaggi della poesia, a partire dalla pubblicazione della rivista d'avanguardia Antipiugiù e della rivista d'arte contemporanea Modulo, all'interno della quale viene pubblicata la prima antologia di Poesia Concreta Internazionale stampata in Italia. A partire dal 1974 allestisce una serie di spettacoli nel corso dei quali si esibisce in performance di poesia liquida, sonora e ginnica (il poeta accompagna l'esecuzione vocale con movimenti sinuosi del corpo, accordati al suono delle parole), mediante l'impiego di innovativi strumenti musicali, come l'idromegafono, il tritaparole e il liquimofono a fiato, progettati da Piero Fogliati. Nel 1978 Lora-Totino ha pubblicato Futura. Antologia storico-critica della poesia

sonora, dove ha raccolto in sette LP le voci dei più interessanti poeti sonori del Novecento,

dalle declamazioni futuriste e dadaiste alle opere di autori contemporanei. Nel volumetto di 60 pagine allegato al cofanetto di dischi, scrive:

La poesia non è sempre "sonora"? Dico la poesia scritta, quella che sembra starsene muta nella pagina. Non contiene un mondo echeggiante di suoni? È vero che oggi è sempre più difficile per il lettore eseguirsi mentalmente quelle partiture che sono le poesie. L'educazione poetica è come l'educazione musicale, anzi si trova in una condizione peggiore perché la si apprende per caso, perché capita di amare la poesia come si ama la musica, ma non esistono manuali che insegnino

Come imparare a leggere la poesia. [...] La poesia è un sistema di notazione molto complesso; per

capirlo, anche quando si presenta linea per linea, ci vuole un'intelligenza o una percezione, se preferite, verticale. A ogni modo, più che la poesia "muta" (la cui musica spetta al lettore cavar fuori dalla partitura) al nostro tempo si addice la poesia "sonora".49

Adriano Spatola abbraccia lo sperimentalismo dopo un'iniziale stagione legata alla poesia lineare e alla narrativa tradizionale, riconoscendo l'aspirazione universale della poesia a estendere il proprio campo d'azione: «la nuova poesia cerca oggi di farsi medium totale, di sfuggire a ogni limitazione, di inglobare teatro, fotografia, musica, pittura, arte tipografica, tecniche cinematografiche e ogni altro aspetto della cultura, in un'aspirazione utopistica al ritorno alle origini.»50 Il suo esordio concreto è rappresentato dagli zeroglifici pubblicati nel 1966, «il cui evidente richiamo ai geroglifici egizi esprime la volontà di tornare al grado 49 A. Lora-Torino, Futura - Antologia storico critica della poesia sonora, introduzione di Renato Barilli,

Cramps, Milano, 1978.

“zero” della scrittura e quindi della parola»51; si tratta fondamentalmente di collage realizzati con frammenti di lettere dell'alfabeto in cui viene azzerato il valore semantico delle parole (che non ci sono o sono irriconoscibili) a vantaggio del messaggio iconico veicolato dalla composizione. Nel 1978 fonda con Ivano Burani l’audio-rivista su cassette BAOBAB.